Contratto metalmeccanici: grazie ai sindacati tricolore i vantaggi vanno solo al padronato

(«il comunista»; N° 107; Dicembre 2007 / Gennaio 2008)

 

L’ennesima piattaforma calata dall’alto di Fim-Fiom-Uilm, oltre ad essere incentrata sulla collaborazione attiva con le esigenze del mercato, delle aziende e quindi soprattutto sulle esigenze padronali, oltre a chiedere un’elemosina per incrementare il salario decurtato da gragnole di aumenti, tariffe, tasse, di ogni genere, oltre a fissare in “regole” il peggioramento avvenuto delle condizioni di lavoro e di vita dei proletari, mette su carta le premesse per un’ulteriore aumento della concorrenza fra operai, con il nuovo inquadramento professionale, la flessibilità d’orario  di lavoro anche per picchi produttivi, “fissando” in percentuale contrattuale i lavoratori precari per anni rispetto ai lavoratori “fissi”  aumentandone la frammentazione e l’ulteriore indebolimento a tutto vantaggio dei padroni.tc "L’ennesima piattaforma calata dall’alto di Fim-Fiom-Uilm, oltre ad essere incentrata sulla collaborazione attiva con le esigenze del mercato, delle aziende e quindi soprattutto sulle esigenze padronali, oltre a chiedere un’elemosina per incrementare il salario decurtato da gragnole di aumenti, tariffe, tasse, di ogni genere, oltre a fissare in “regole” il peggioramento avvenuto delle condizioni di lavoro e di vita dei proletari, mette su carta le premesse per un’ulteriore aumento della concorrenza fra operai, con il nuovo inquadramento professionale, la flessibilità d’orario  di lavoro anche per picchi produttivi, “fissando” in percentuale contrattuale i lavoratori precari per anni rispetto ai lavoratori “fissi”  aumentandone la frammentazione e l’ulteriore indebolimento a tutto vantaggio dei padroni."

 

Partiamo dal salario per vedere in sostanza cosa contiene quella che dovrebbe essere una piattaforma rivendicativa del miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita degli operai metalmeccanici, una questione centrale per i lavoratori soprattutto dopo gli aumenti subiti negli ultimi anni al costo della vita e la soppressione della scala mobile nel ‘92 che recuperava in parte il salario mangiato dall’inflazione, infatti oggi dopo quasi 15 anni in cui il salario ha continuato a perdere terreno a una velocità doppia rispetto ai prezzi un salario medio dovrebbe essere almeno di 3.000 euro per poter pareggiare i conti (cioè mediamente il doppio dell’attuale salario percepito dalla maggior parte degli operai).  Và tenuto conto inoltre che il “biennio economico” contrattuale stabilito con gli accordi di luglio ’92 dove alla scadenza si sarebbe dovuto andare al recupero dell’inflazione è di fatto diventato un triennio tra lungaggini per il trascinamento delle trattative e allungamenti sottoscritti dagli sessi sindacalisti, quindi ci si dovrebbe aspettare delle richieste più sostanziose di salario dovendo subire questo allungamento della durata contrattuale. Tanto per cominciare come in uso ormai da anni è l’ultimo punto di tale piattaforma, e questo dà la scala di priorità da parte dei collaborazionisti sindacali, si tratta di un aumento di 117 euro al 5° livello retributivo, ora siccome gli aumenti sono differenziati secondo una scala parametrale di 8 livelli, il 5° rappresenta il livello medio, ma la maggior parte dei lavoratori è inquadrata ai livelli più bassi cioè tra il 3°e il 4°e sempre più i nuovi assunti anche al di sotto di questi, ciò significa che la cifra si abbassa a 101 euro per un 3°, se poi teniamo conto che sono al lordo delle tasse, tolte queste ne rimangono 75 circa, e si capisce chiaramente, che è praticamente un’elemosina per la maggior parte dei lavoratori che i sindacati collaborazionisti richiedono. Non così per i quadri che addirittura hanno una richiesta di incremento del 6,7% della loro indennità specifica.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro i sindacati chiedono che l’orario plurisettimanale (cioè un periodo di 4 mesi dove l’orario di lavoro medio rimane 40 ore, ma per due mesi può aumentare fino a un massimo di 48 ore e in teoria negli altri 2 mesi diminuire a un minimo di 32, ricevendo una indennità per le ore lavorate oltre le 40 ma in misura minore rispetto allo straordinario, introdotto con il contratto del ‘99) venga concesso oltre che per le produzioni di carattere stagionale, come era fino ad ora,  anche “di fronte a particolari e non altrimenti affrontabili picchi produttivi” ciò significa estendere questo regime d’orario praticamente a tutti i settori e le aziende che ne facciano richiesta, in cambio c’è la richiesta di un incremento delle percentuali di maggiorazione per le ore lavorate oltre le 40.

Nel capitolo dedicato al mercato del lavoro, si “rivendica” che tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato, di qualsiasi tipo e durata, possano raggiungere al massimo il 15% della forza occupata a tempo indeterminato, per singola unità produttiva, (sempre per esigenze di flessibilità non altrimenti affrontabili), ma questo non è sufficiente e quindi si precisa anche che “la percentuale del 15% potrà essere derogata con specifiche intese a livello di azienda”, si capisce perfettamente che in pratica non solo un lavoratore su sei può restare tranquillamente per i sindacati precario per anni, ma è anche possibile estendere questa percentuale azienda per azienda con la loro collaborazione.

Veniamo ora al capitolo sull’ambiente di lavoro, salute e sicurezza, a parte la richiesta alle imprese di fornire ai lavoratori conoscenze adeguate sulle condizioni ambientali e di rischio sul lavoro, e la traduzione delle norme di sicurezza nelle lingue di provenienza dei lavoratori immigrati addetti a tali lavorazioni (come è naturale che sia), viene richiesta addirittura 1 ora di assemblea retribuita all’anno, dove appunto la direzione assieme ai sindacati dovrà illustrare i temi della salute e della sicurezza, in un altro punto si rivendica il raddoppio delle ore di legge assegnate alle Rls (sarebbero i rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza eletti dentro le RSU, cioè le filiali del collaborazionismo sindacale in fabbrica) per questioni di sicurezza di lavoro e programmi di formazione di questi ultimi. Ora già da anni esistono le RLS istituite dalla 626 (una ennesima legge in materia di sicurezza e salute sul lavoro varata nel settembre del ’94, che in realtà rispetto a prima tende a scaricare sul lavoratore stesso la responsabilità della sua salvaguardia fisica, e al padrone l’obbligo più che altro di fornire informazioni sui rischi che corre)  che doveva in qualche modo dare voce – secondo i sindacalisti – sul tema della sicurezza ai lavoratori, a parte il fatto che queste provengono direttamente dall’influenza del collaborazionismo sindacale, che mette quindi sempre come priorità la salute delle aziende più che degli operai, e per far rispettare l’esigenza di salvaguardia fisica e mentale dei lavoratori bisogna imporre con la lotta determinate misure, è completamente sbagliato il metodo perché si tende a fare degli esperti in materia di sicurezza che normalmente nella pratica non tendono mai a coinvolgere i lavoratori stessi sul tema della salute e sicurezza sul posto di lavoro, ma spesso l’azienda riesce a corromperli o a intimorirli proprio perché sono slegati dai lavoratori sempre sul principio della delega, e inoltre questi ultimi arrivano a giustificare la loro inerzia per il fatto che i lavoratori stessi accettano determinate condizioni di lavoro a rischio. In pratica è lo stesso meccanismo del ricatto padronale attraverso il posto di lavoro, che poi significa un salario, per quanto misero che fa passare condizioni sempre più a rischio per i lavoratori, quindi quelle ore in più che eventualmente saranno strappate per le RLS saranno solo un ulteriore privilegio pagato dai lavoratori ad elementi legati mani e piedi dal collaborazionismo sindacale che non intendono incidere sulle vere cause che rendono i lavoratori più ricattabili anche sul piano della loro stessa vita in fabbrica.

Nell’inquadramento unico dove si suddivide i lavoratori in 8 livelli retributivi più altri due riferiti ai quadri, i sindacati propongono di raggrupparli in 5 fasce, all’interno delle quali ognuna contiene due dei livelli precedenti, in pratica gli scalini salariali tra i lavoratori rimangono gli stessi, ma si vuole modificare tutto l’impianto delle declaratorie professionali, per far in modo che il passaggio da un livello retributivo all’altro sia meno rigido attraverso un percorso prefissato prima, che naturalmente prevede il raggiungimento di tutta una serie di obiettivi di miglioramento della prestazione a favore dell’organizzazione e del lavoro dell’azienda, in sostanza si tende a rendere meno rigido il passaggio (rispetto alle declaratorie precedenti) per ottenere un incremento di salario ma per ottenerlo si deve dimostrare di essere più flessibile, disponibile, più capace, ecc., tutti criteri stabiliti nell’interesse dell’azienda, ma che servono in sostanza ad aumentare la concorrenza tra lavoratori e quindi contrario all’interesse dei lavoratori stessi, che per avere un aumento di salario decente dovrebbero unirsi in lotta contro il padrone.

È evidente che questi obiettivi non solo sono in sintonia con le esigenze delle aziende e quindi dei padroni, ma vanno oltre e si prefiggono di mettere in condizioni i lavoratori di essere ancora più flessibili, disponibili, sfruttabili, in nome della competitività delle aziende e dell’industria italiana, e ciò significa dunque difesa soprattutto dei profitti padronali. Gli scioperi, le manifestazioni organizzate servono soprattutto a coinvolgere i lavoratori su obiettivi che in realtà sono contrari ai loro stessi interessi, non certamente ad incidere minimamente anche nelle azioni organizzate sui profitti dei padroni, servono più che altro a stancare i lavoratori e a portarli ad accettare la miseria che essi hanno proposto ai padroni, questo significa oltretutto – dato che i padroni sono, loro sì   abituati a contrattare e a lottare costantemente per i loro specifici interessi – che questa disponibilità, questa debolezza dei proletari che lasciano che il collaborazionismo sindacale rappresenti i loro interessi, sarà recepita nel senso di peggiorare ulteriormente quelle condizioni inizialmente presentate dai sindacati (vedi la proposta padronale di legare una parte dell’aumento salariale alle condizioni di produttività delle singole aziende) che almeno sul piano formale del minimo salariale nazionale tentavano di mantenere. Si và verso un ulteriore frammentazione delle tipologie di lavoratori, di salari sempre più differenti tra aree geografiche diverse, aziende, gruppi di lavoratori, immigrati, precari, donne, lavoratori anziani, insomma sempre più individuali. È la condizione migliore per il capitalista quella di trovarsi con una massa di lavoratori perennemente in concorrenza fra loro, e con la possibilità di dare un pezzo sempre più alto di salario secondo i parametri che lui stabilisce per il buon andamento della sua azienda e dei suoi profitti.

Non sarà facile per i proletari rigettare tutto questo, oggi non ne hanno la forza e lo si vede quando per un misero salario che basta appena per sopravvivere, subiscono il ricatto di accettare condizioni di lavoro che mettono seriamente a repentaglio la propria vita e la propria salute nei posti di lavoro, gli infortuni, i morti sul lavoro e per malattie professionali sono in aumento in rapporto ai lavoratori occupati e lo testimoniano giorno dopo giorno, in una catena infernale che mai si è spezzata da quando esiste il modo di produzione capitalistico, ma che in assenza della lotta di classe a difesa delle condizioni migliori di sicurezza sul lavoro fanno impennare sempre più quelle statistiche anche ufficialmente.

La condizione principale e inevitabile per invertire la rotta è però necessariamente quella di rompere con la pratica del collaborazionismo sindacale, cioè con quei metodi che ricercano sempre la conciliazione degli interessi degli operai con quella dei padroni a priori, con i mezzi di lotta che non sono mai finalizzati ad incidere significativamente sugli interessi dei padroni, con quei obiettivi e organizzazione delle lotte che mai tendono ad unificare i proletari il più possibile per renderli compatti e forti di fronte ai padroni. È quella che i proletari si devono riabituare attraverso l’organizzazione di assemblee, a partire dai luoghi e dalle condizioni in cui lavorano alla discussione, alle decisioni da prendere, a designare direttamente i propri rappresentanti di fiducia ma revocabili in qualsiasi momento non rispettino le loro esigenze,  riprendendo quindi nelle loro mani la loro difesa, senza delegare mai più ai galoppini del sindacato tricolore, cioè elementi influenzati direttamente dalla politica della conciliazione con le esigenze delle aziende e del mercato, le quali fanno aumentare i profitti dei padroni ma schiacciano i salari e la stessa vita dei proletari. 

Quando riusciranno a fare questo saranno già sulla strada che può iniziare ad erigere una barriera al peggioramento ulteriore delle condizioni di vita e di lavoro, è chiaro che avranno tutti contro dai padroni alle istituzioni, e soprattutto i galoppini dei sindacati tricolore esperti di sabotaggio delle lotte che escono fuori del loro controllo, ma l’unità, la solidarietà che nasce spontanea dalla lotta dei proletari uniti all’esperienza nella continuità possono far fronte anche alla difesa della lotta, e agli attacchi di sabotaggio della stessa come alle intimidazioni.

La classe dei capitalisti ha interesse ad aumentare sempre più la concorrenza fra proletari, perché in questo modo essi ottengono maggiori vantaggi dallo sfruttamento della forza lavoro e riescono ad affrontare con più forza la loro specifica concorrenza fra capitalisti. I collaborazionisti sindacali hanno il compito ormai da anni di far passare tra i proletari condizioni che li rendano più flessibili negli orari, nel lavoro, nei salari, nell’accettare i tagli delle garanzie di carattere previdenziale/assistenziale attuate dai governi borghesi, di alimentare la concorrenza fra proletari diffondendo il ricatto del posto di lavoro, le gabbie salariali, la frammentazione in mille inquadramenti diversi dei lavoratori. La classe dei lavoratori proletari ha l’interesse opposto, quello di diminuire al massimo la concorrenza fra proletari, e ad unire le forze del lavoro salariato per resistere ed opporsi alla pressione del capitale e dei capitalisti; più si combatte la concorrenza fra proletari e più si mette in difficoltà la classe dei capitalisti che dovrà attenuare la propria pressione sul proletariato e diminuire le proprie pretese.

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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