Referendum sull’ “acqua pubblica”, il “nucleare”, il “legittimo impedimento”

(«il comunista»; N° 121; luglio 2011)

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Pubblichiamo qui di seguito il volantino distribuito dal partito in occasione dello scorso ed ennesimo referendum col quale il "popolo elettore" è stato chiamato a votare per la terza volta in un mese e mezzo, per via delle elezioni amministrative. Il fatto che lo scrutinio finale abbia dato un risultato positivo al referendum, ossia la grande maggioranza degli elettori si è pronunciata contro la "privatizzazione dell'acqua pubblica", contro la costruzione di nuove centrali nucleari e per negare al presidente del consiglio una norma sul "legittimo impedimento" che lo avrebbe protetto per l'ennesima volta da un processo per lui particolarmente fastidioso, non cambia la sostanza della questione: il proletariato ha dato la sua "opinione", la classe dominante borghese "ne tiene conto" all'immediato e scoverà altre furbate per fare gli affari propri, alla faccia della democrazia elettorale. Nel frattempo le condizioni generali della classe lavoratrice peggiorano costantemente, e i proletari sono più soli e abbandonati che mai!

Hanno un bel vantarsi, i partiti del centrosinistra e dell'estrema sinistra, per lo smacco che col referendum ha ricevuto il governo berlusconi: non trovano di meglio che dimenarsi in parlamento e fuori cianciando di leggi e di decisioni per "uscire dalla crisi", per riavviare una "crescita" che sarebbe la sola salvezza per non ...fare la fine della grecia! I proletari hanno una ragione in più, se mai ci fosse stato bisogno, di riprendere in mano le sorti della propria vita, delle proprie condizioni di esistenza e organizzarsi non per andare a votare, ma per andare a lottare in difesa esclusivamente dei propri interessi e rompere una buona volta con tutta quella massa di burocrati, professionisti del parlare del nulla, affaristi del sottobanco, portaborse e bonzi sindacali che hanno a cuore soltanto i propri privilegi di casta, il proprio prestigio personale, i propri affari.

 

 

Con i referendum si deviano i proletari nel pantano di un elezionismo impotente di cui approfittano soltanto i politicanti di mestiere.

Per non essere soffocati dalle leggi borghesi, confermate o abrogate, i proletari hanno una sola alternativa: scendere in lotta sul terreno dell’antagonismo di classe!

 

I prossimi 12 e 13 giugno, si è chiamati a votare per la terza volta in un mese e mezzo – dopo le elezioni amministrative e i relativi ballottaggi – su 4 quesiti referendari abrogativi di norme di legge esistenti. I promotori di questi referendum si illudono di poter battere la voracità del grande capitale che vuole impossessarsi dell’acqua “pubblica”, che vuole avviare giganteschi affari nella costruzione di centrali nucleari per la produzione energetica e che intende proteggere ulteriormente la carica del presidente del consiglio da tempo sottoposto a indagini giudiziarie e a processi per vari reati.

E’ interessante notare che i primi due quesiti, che riguardano “l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” e la “determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito” – per questo motivo si parla comunemente di referendum sull’acqua pubblica, sebbene la normativa che si vuole abrogare riguardi anche i trasporti pubblici e i rifiuti –, vogliono fare intendere che l’acqua “non è una merce” ma “un bene comune”. Questi due quesiti sono stati promossi dal “Forum Italiano dei movimenti per l’acqua”, che raccoglie molti movimenti di base a sfondo ecologista. Ci si dimentica che siamo in pieno capitalismo e che qualsiasi cosa, anche l’aria che respiriamo, è merce e che qualsiasi capitale investito, sia esso privato o pubblico, pretende una adeguata remunerazione, il che significa semplicemente un adeguato profitto! L’acqua perderà la sua caratteristica di merce solo ed esclusivamente nella società comunista, nella società che avrà completamente distrutto il capitalismo eliminando il valore di scambio e riconducendo ogni prodotto al suo solo valore d’uso. L’illusione che la proprietà pubblica sia “proprietà di tutti”, e perciò non sia una “merce”, è un vecchio inganno che l’opportunismo di sinistra ha cavalcato da sempre, fino a far crede a milioni di proletari che la società socialista sia una società dove esiste il denaro, il mercato, il profitto ma “diversamente” ripartiti in modo che “tutti” ne possano beneficiare (s’è visto la fine che ha fatto il falso socialismo sovietico!).

Il terzo quesito, promosso dal partito Italia dei Valori, si occupa di energia nucleare. Qui si vuole l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. Anche in questo caso si diffonde l’illusione che il grande capitale, che domina prepotentemente su tutta l’economia e quindi su tutta la società, possa essere “indirizzato”, con una legge “adeguata”, ad investire su produzioni di energia elettrica da fonti cosiddette “rinnovabili” che di per sé non sarebbero dannose, come quelle fotovoltaiche, eoliche ecc. Il problema a monte, in realtà, non è se il nucleare, il fotovoltaico o l’idroelettrico siano più o meno dannosi, ma è l’enorme quantità di energia elettrica che la società capitalistica consuma, e spreca, proprio perché ogni sua attività è volta esclusivamente alla produzione di profitto. E’ questa caratteristica fondamentale del modo di produzione capitalistico che porta ogni attività produttiva ad aumentare i rischi e i danni, sia che si basi su innovazioni tecniche dell’ultima ora, sia che si basi su tecniche già abbondantemente collaudate. Fukushima, Chernobyl, Tree Miles Island, evocano incidenti alle rispettive centrali nucleari, con morti e malati mostruosamente deformati. Ma non sono niente a confronto dei morti, dei mostruosamente deformati e malati cronici che hanno causato le bombe atomiche lanciate dal democraticissimo capitalismo americano a Hiroshima e Nagasaki: non è il nucleare in sé che uccide, è l’uso che ne fa il capitalismo! Per non morire di fame e di miseria, di guerre e di repressione, di incidenti sul lavoro o di amianto, di costruzioni malfatte e crollate per un terremoto o in un crollo in miniera, per una diga che non resiste alla pressione dell’acqua o per una diga che tiene perfettamente ma viene scavalcata dall’acqua, per non morire di profitto capitalistico, sono il capitalismo, la sua società, il potere borghese, che tiene le leve del comando, che vanno abbattuti!

Il ridicolo, rispetto al nucleare, è che, mentre i partiti di governo, Pdl e Lega, hanno sostenuto tenacemente la necessità di dotare l’Italia di fonti energetiche più produttive per non dipendere così pesantemente dall’importazione di energia elettrica dall’estero, molti dei loro governatori locali hanno continuato a sostenere che “nel loro territorio” non si sarebbero mai costruite le centrali nucleari…

Il quarto quesito, anch’esso promosso dal partito Italia dei Valori, si occupa della norma conosciuta come “legittimo impedimento”, norma che riguarda il Presidente del Consiglio e i Ministri chiamati a comparire in udienza penale, per i quali è possibile dichiarare di non poter comparire al processo che li riguarda a causa di “impegni istituzionali”. Che questa norma sia stata fatta su misura per proteggere Berlusconi dai suoi processi è evidente a tutti. Ma è altrettanto evidente che in ogni Stato borghese, mentre si dichiara che “la legge è uguale per tutti”, in realtà i capitalisti, i ricchi, gli uomini di potere, difficilmente vengono indagati, processati e condannati. E anche quando qualcuno di essi capita sotto le mani della magistratura, quest’ultima – che è una istituzione borghese e che ha il compito di difendere gli interessi borghesi in generale – non riesce quasi mai a completare in modo tempestivo e trasparente la procedura d’indagine e processuale, un po’ perché i tempi della “giustizia” sono lunghissimi, un po’ perché lo stuolo di avvocati che il ricco si può permettere ha il compito, per l’appunto, di tirare in lungo, fino alla prescrizione del reato. Non è una norma di legge, per quanto odiosa nella sua faziosità, a cambiare il corso della giustizia borghese: fatta la legge, trovato l’inganno, recita un famoso detto italiano, e la storia della classe borghese dominante di casa nostra lo dimostra ampiamente. Solo che, rispetto a questa pratica storica della borghesia italiana, se ne aggiunge anche un’altra, recente e contraria, che potrebbe essere definita così: fatto l’inganno, trovata la legge, e così la creatività della borghesia italiana non si ferma solo alla finanza ma si estende anche alla giustizia.

La realtà è che la giustizia borghese non è riformabile a favore del proletariato, ma soltanto a favore dei borghesi: tolta una norma ne inseriranno un’altra, e così l’inganno si fa legge!

L’arma del proletariato non è la scheda di voto, ma i mezzi e i metodi di lotta con i quali riconosce finalmente l’antagonismo di classe che ogni pratica elezionista e referendaria tenta di nascondere.

A differenza delle elezioni politiche o amministrative, il referendum appare come un terreno più vicino anche ai proletari perché si tratta di dire sì o no a qualcosa di più preciso e comprensibile (salvo non capirci nulla dei commi, degli articoli di legge e del numero di tale o talaltra legge citata nei quesiti). Questa volta, con i referendum sull’acqua e sul nucleare, i proletari possono essere ingannati ancor più facilmente. E’ sempre viva l’idea che il “pubblico” sia sempre un bene e il “privato” possa essere anche un “male”, perciò l’acqua pubblica sembra un bene che non costa nulla – ma le tasse che paghiamo servono anche a coprire i costi della distribuzione dell’acqua e dei continui sprechi di un’inefficiente manutenzione delle condutture – mentre la privatizzazione della sua distribuzione produrrebbe un inevitabile rialzo dei costi, come a suo tempo era già successo alla distribuzione del gas quando dalle mani pubbliche passò alla gestione privata.

Per il nucleare, invece, l’emozione di un incidente come quello di Fukushima, come accadde per Chernobyl, lavora inevitabilmente sulla paura non solo dell’incidente in sé, ma anche dell’inganno continuo nelle informazioni date, e a più riprese smentite come hanno fatto i responsabili della gestione della centrale giapponese. Ci sono perciò motivi più che comprensibili perché questi referendum possano raccogliere il favore anche di molti proletari.

Resta però il fatto che il proletariato non avrà alcun beneficio nelle sue condizioni di vita e di lavoro da una società che si materializza in modo pesante nello sfruttamento del lavoro salariato e in una sempre più acuta precarizzazione del lavoro e della vita. Il proletariato nel suo futuro, non solo lontano ma anche molto prossimo – e per molti proletari addirittura nel presente – non vedrà alcun benessere, né dal nucleare né dall’assenza di nucleare, né dall’acqua pubblica né dall’acqua privatizzata, né vedrà all’opera una giustizia che applichi davvero la regola della “legge uguale per tutti”. Il proletario nel suo futuro deve vedere il risorgere della lotta unitaria e unificante per l’emancipazione dalla causa del suo sfruttamento, della sua oppressione economica, politica, sociale, per l’emancipazione dal capitalismo e dalla società eretta a sua immagine e somiglianza in cui la classe dominante borghese continuerà ad utilizzare, in difesa del suo potere politico, tutti mezzi dell’inganno democratico che gli servono per tramortire e intossicare il proletariato affinché si pieghi alle esigenze del profitto capitalistico, e tutti i mezzi della repressione, anche la più brutale, come è successo a Genova nel 2001 o come succede, ma lo si viene a sapere raramente, in casi come quelli di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e di altri morti “non si sa come” quando erano nelle mani di polizia e carabinieri.

La borghesia può imbellettarsi con referendum ed elezioni finché vuole: resta classe dominante, prepotente, arrogante e crudele, avvinghiata ai profitti e ai privilegi sociali. Solo il proletariato, scendendo sul terreno della lotta di classe e rivoluzionaria può affrontarla, combatterla e vincerla. 

 

9 giugno 2011

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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