La donna e il socialismo (4)

Di August Bebel

La donna nel passato, nel presente e nell’avvenire

(«il comunista»; N° 128; novembre 2012 - gennaio 2013)

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(continua dal n. 114)

 

II. La donna nel presente

 

 

Negli scorsi numeri 111, 112 e 114 del giornale abbiamo pubblicato ampi estratti del primo capitolo del libro di Bebel dedicato alla condizione della donna nel passato, nelle società precapitalistiche. Ora iniziamo la pubblicazione di altri estratti del capitolo secondo dedicato, per l'appunto, alla condizione della donna nella società presente, la società capitalistica. Sebbene Bebel abbia scritto quest'opera nel 1890, i tratti fondamentali della condizione della donna nel capitalismo non sono sostanzialmente cambiati a 120 anni di distanza; per questa ragione il testo di Bebel La donna e il socialismo non ha perso per nulla la sua validità.

 

L'istinto sessuale - Il matrimonio - Freni e impedimenti al matrimonio

 

Platone ringraziava gli dei perché gli avevano elargito otto benefici. Egli considerava come primo beneficio di averlo fatto nascere libero anziché schiavo; come secondo beneficio quello di essere nato uomo e non donna. Concordi in queste idee sono probabilmente tutti gli uomini, e moltissime donne dichiarano che avrebbero desiderato poter nascere uomini. In questo vicendevole concetto si rispecchia la posizione reale del sesso femminile. Prescindendo affatto dalla questione se la donna è oppressa come proletaria, essa è oppressa quasi generalmente come donna nel mondo moderno della proprietà privata. Per essa esistono una infinità di vincoli e di impedimenti ignoti all'uomo, che la impacciano ad ogni passo. Molte cose permesse all'uomo, sono negate a lei; molti diritti sociali e molte libertà che sono goduti dal primo, costituiscono un errore o un delitto se esercitati da essa. La donna soffre come ente sociale e nella sua qualità di donna, ed è difficile dire in quale di queste due qualità essa soffra di più.

Fra tutti gli istinti naturali che l'uomo possiede, quello carnale è, insieme coll'instinto di mangiare per vivere, il più forte. L'istinto di propagare la specie è l'espressione più potente della «volontà di vivere» ed è radicata profondamente nell'uomo normalmente sviluppato, e l'appagarlo, all'epoca della maturità, costituisce una condizione essenziale per il suo benessere fisico e morale. Aveva perfettamente ragione Lutero quando, come abbiamo già ricordato, diceva: «Chi vuol resistere agli stimoli naturali e non vuol lasciar fare quel che la natura vuole e deve, che cosa fa egli se non impedire alla natura di essere natura, al fuoco di bruciare, all'acqua di bagnare, all'uomo di mangiare, di bere, di dormire?». Sono parole queste che si dovrebbero scolpire sulle porte delle nostre chiese, nelle quali si predica tanto volentieri contro «i peccati della carne». Nessun medico e nessun fisiologo può significare con maggiore precisione la necessità di soddifare il bisogno di amore che si desta nell'uomo sano mediante l'istinto carnale.

E' un precetto dell'uomo verso se stesso, che deve osservare rigorosamente, se vuole svilupparsi in modo normale e sano, di non lasciare inerte alcun membro del suo corpo e di non negare il proprio soddisfacimento ad alcuno stimolo naturale. Ogni membro deve compiere la funzione alla quale venne destinato dalla natura, quando non si voglia che venga guastato l'intero organismo. Perciò le leggi dello sviluppo fisico dell'uomo devono essere studiate e seguite con non  minore cura delle leggi dello sviluppo intellettuale. L'attività psichica dell'uomo è l'espressione della costituzione fisica dei suoi organi. La perfetta salute della prima è intimamente connessa con la salute della seconda. La perturbazione di una parte deve produrre una perturbazione anche sull'altra. Le cosiddette passioni animali non occupano un gradino più basso  delle cosiddette passioni morali, perché così le une come le altre sono l'effetto dello stesso organismo complessivo ed esercitano una vicendevole influenza. Ciò vale tanto per l'uomo quanto per la donna.

Ne segue che la conoscenza delle proprietà fisiche degli organi sessuali è altrettanto necessaria quanto quella degli organi che producono l'attività psichica, e che l'uomo deve averne la stessa cura. Egli deve comprendere che gli organi e gli istinti radicati in ogni uomo, i quali costituiscono una parte essenzialissima della sua natura, e che anzi lo dominano interamente in  certi periodi della vita, non devono essere oggetto di mistero, di un falso pudore e di una completa ignoranza. Ne segue ancora che la conoscenza della fisiologia e dell'anatomia, e quella degli organi della generazione e delle loro funzioni negli uomini e nelle donne dovrebbero essere altrettanto diffuse quanto quelle di ogni altro ramo del sapere umano. Corredati di nozioni precise sulla nostra natura fisica, guarderemmo con occhio del tutto diverso molte cose. Si imporrebbe da sé la questione di rimuovere gli inconvenienti sui quali oggi la società passa sopra tacendone con sacro terrore, ma che si incontrano in quasi tutte le famiglie.

Del resto, il sapere è considerato dappertutto come una virtù, come lo scopo più degno di ogni sforzo e più umanamente bello, ma non così è considerata la scienza di ciò che è in stretta relazione col carattere e la salute del nostro Io, e coi principi d'ogni sviluppo sociale.

Kant dice: «Uomo e donna formano appena insieme tutto l'uomo; un sesso completa l'altro». Schopenhauer dichiara: «L'istinto sessuale è l'espressione più perfetta  della volontà di vivere e per conseguenza la concentrazione di ogni valore». E altrove: «L'affermazione della volontà di vivere si concentra nell'atto generativo, che è di quella l'espressione più pronunciata. Concorde in ciò, dice Mainländer: «Il centro di gravità della vita umana sta nell'istinto sessuale. Esso solo assicura la vita all'individuo, la vita che egli vuole sopra ogni altra cosa... L'uomo non consacra a nessun'altra cosa maggior serietà di quello che all'atto generativo, e in nessun altro affare condensa e concentra così energicamente». E prima di tutti questi, Buddha diceva: «L'istinto carnale è più acuto dell'uncino, con cui si dominano gli elefanti selvatici; è più ardente del fuoco, è come una freccia, che vien piantata nello spirito dell'uomo (48).

Tale essendo l'intensità dell'istinto sessuale non c'è da stupirsi se l'astinenza sessuale all'epoca della maturità influisca in tale modo nell'uno e nell'altro sesso sul sistema nervoso e su tutto l'organismo umano, da generare le massime perturbazioni e aberrazioni, e, in date circostanze, anche la demenza e la morte. (...) Intorno al danno tutto particolare che deriva alla donna dall'astinenza sessuale, anche il Busch nella sua opera: «La vita sessuale della donna dal punto di vista fisiologico, patologico e terapeutico» si esprime, tra l'altro, così: «L'astinenza fu considerata in ogni tempo come specialmente dannosa al sesso femminile, ed è un fatto che così l'eccesso come l'astinenza influiscono sinistramente nello stesso grado sull'organismo della donna, facendone sentire più forti e intensi gli effetti che nel sesso maschile».

A seconda della misura in cui gli istinti e le manifestazioni della vita nei sessi danno l'impronta allo sviluppo dell'organismo e dell'intelligenza e si estrinsecano nella forma e nel carattere, l'individuo è più perfetto, sia egli uomo o donna. Ogni sesso allora raggiunge la più alta perfezione di se stesso. Negli uomini costumati, dice Klencke nel suo libro «La donna come moglie» la violenza degli appetiti sessuali è posta sotto la guida dei principi morali dettati dalla ragione, ma non sarebbe possibile anche alla libertà più illimitata il far tacere del tutto le esigenze della conservazione della specie, esigenze insite nella normale costituzione organica di entrambi i sessi. Se uomini e donne non soddisfano a questo dovere verso la natura nel corso della vita, non può dirsi che ciò sia l'effetto di una resistenza  liberamente voluta anche se questa resistenza si gabelli come tale, ovvero si chiami, per illudere se stessi, libero-arbitrio, bensì la conseguenza di ostacoli e illazioni sociali, che soffocarono il diritto naturale e lasciarono attutire gli organi; imprimendo a tutto l'organismo il tipo del rattrappimento, dell'antitesi sessuale così nell'aspetto come nel carattere, e suscitando con lo squilibrio nervoso morbose condizioni e tendenze tanto nello spirito quanto nel corpo. L'uomo assume aspetto e carattere femmineo, e le donne aspetto e carattere maschile, perché l'antitesi sessuale non si realizzò giusta il piano della natura; l'uomo è rimasto unilaterale, e non raggiunge il perfezionamento di se stesso e il punto più alto della sua esistenza.

E il dottor Elisabetta Blackwall scrive nel libro «L'educazione morale del giovane in relazione al sesso»: «L'istinto sessuale esiste come condizione indispensabile della vita e come fondamento della società».

E' una delle forze più vigorose della natura umana. Tutto può sparire, questa no. Anche non sviluppata, anche senza formare oggetto del pensiero, codesto istinto necessario che è, si può dire, il fuoco centrale della vita, costituisce la salvaguardia naturale contro ogni possibilità di distruzione.

La scienza esatta concorda quindi colle idee dei filosofi e col sano concetto dell'uomo, espresso da Lutero. Ne segue che ogni essere umano ha il diritto non solo di soddisfare, ma anche quello di poter soddisfare ed anzi di dover soddisfare quegli istinti che sono intimamente connessi con la sua più intima essenza, e che costituiscono anzi l'essere suo. Se ciò viene impedito o reso impossibile da leggi o pregiudizi sociali, ne seguirà un arresto di sviluppo nella vita dell'individuo e quindi una stagnazione e un regresso. Quali ne siano le conseguenze lo sanno i nostri medici, i nostri ospedali, i manicomi e le carceri, anche tacendo del turbamento recato ad una infinità di famiglie. (...).

Le seguenti cifre ci insegnano come soffrano uomini e donne se l'istinto sessuale viene compresso, e come anche un matrimonio mal fatto sia preferibile al celibato. In Baviera nel 1858 sopra 4899 mentecatti, 2576 e cioè il 53% erano uomini, 2323 cioè il 47% erano donne. Gli uomini quindi erano rappresentati più delle donne. Ma, nel totale, il numero dei non coniugati d'ambo i sessi era rappresentato dall'81%, quello dei coniugati soltanto dal 17%, del 2% non si conosceva lo stato civile. Ciò che attenua di un poco questa spaventosa proporzione è il fatto che un numero non minore di mentecatti fino dalla giovinezza si trovava fra i non coniugati. Nell'Annover, secondo un calcolo fatto nell'anno 1856, la proporzione dei dementi appartenenti ai diversi ceti della popolazione era di un pazzo su 457 non coniugati, di uno su 564 vedovi, e di uno su 1316 coniugati. In Sassonia, sopra un milione di celibi, si contano 1000 suicidi, e 500 soltanto sopra un milione di ammogliati. Fra le donne, che danno un contingente di suicidi molto inferiore a quello degli uomini, si ebbero 260 suicide su un milione di nubili, e 125 soltanto su un milione di maritate. Consimili risultati presentano molti altri stati. Il numero delle suicide è straordinariamente grande nelle età dai sedici ai ventun anni, ciò che si deve attribuire specialmente al non soddisfatto stimolo sessuale, alle amarezze e afflizioni amorose, alle occulte gravidanze ed ai tradimenti degli uomini. Le stesse cause producono, come già misero in rilievo parecchie delle ricordate autorità mediche, anche la pazzia, ed anzi una proporzione molto sfavorevole per i non coniugati. Il professor Krafft-Ebing, uno dei più insigni psichiatri, si esprime così sulla condizione della donna ai tempi nostri, considerata come sesso:

«Una causa non ultima della pazzia nelle donne si trova nella loro posizione sociale. La donna, che per natura sente più dell'uomo gli stimoli sessuali, almeno in senso ideale, non conosce alcun altro onesto soddisfacimento di tale bisogno all'infuori del matrimonio (49).

«Soltanto con questo essa può provvedere. Il suo carattere si è formato attraverso infinite generazioni seguendo questo indirizzo. La fanciulla fa già da madre con la sua bambola. La vita moderna colle sue cresciute esistenze offre sempre minori speranze a soddisfarlo per mezzo del matrimonio. Ciò vale specialmente per i ceti più elevati in cui i matrimoni sono più rari e più tardivi.

«Mentre l'uomo, perché più forte per le sue maggiori facoltà fisiche e intellettuali, e la sua libera posizione sociale, si procura senza fatica, il soddisfacimento sessuale o trova facilmente un equipollente in qualche occupazione che assorbe tutta la sua attività, queste vie sono chiuse alle donne nubili dei ceti più elevati. Ciò conduce scientemente o inconsciamente al malcontento di sé e degli altri, ed a insidie morbose. Per un po' si cercherà un compenso nella religione, ma inutilmente. Dal fanatismo religioso, con o senza masturbazione, si sviluppano una quantità di sofferenze nervose fra le quali non sono rari l'isterismo e la pazzia

«Solo con ciò si comprende il fatto che la maggiore frequenza nella pazzia delle donne nubili si nota nell'età dai 25 ai 35 anni, e cioè nell'età in cui scompare la floridezza e svaniscono le speranza della vita, mentre negli uomini la pazzia si sviluppa più frequentemente dai 35 ai 50 anni, e cioè in un'età in cui sono più gravi le esigenze nella lotta per l'esistenza.

«Non è certo un caso che col cresciuto celibato la questione della emancipazione della donna sia venuta sempre più all'ordine del giorno. Io la considererei come un indizio urgente delle condizioni sociali della donna che diventano sempre più incompatibili col progrediente celibato, come indizio della legittima pretesa che sia procacciato alla donna un equivalente di ciò a cui essa stessa è tratta da natura, e che le moderne condizioni sociali le negano» (50).

(...) E' quindi certissimo che la mancata soddisfazione dell'istinto sessuale esercita la più sinistra influenza sulla costituzione fisica e psichica degli uomini e delle donne, e non possono essere considerate come sane quelle condizioni sociali, le quali vietano e impediscono un soddisfacimento normale di costesto istinto.

Sorge ora il quesito: La società moderna ha dato soddisfazione alle pretese avanzate dagli uomini e specialmente dal sesso femminile per un sistema di vita razionale? Ovvero: Può essa soddisfarle? E, in caso negativo, sorge la domanda: Come possono tali esigenze essere appagate? «Il matrimonio è la base della famiglia, la famiglia è la base dello stato, ciò che colpisce il matrimonio, colpisce la società e lo stato, e rovina entrambi»; così vanno gridando i difensori dell'ordine odierno. Ora la monogamia è assolutamente uno dei principi più importanti della società civile, ma se codesto matrimonio a base di monogamia, che è un portato dell'ordinamento industriale borghese, sia anche quello che risponde pienamente allo scopo dello sviluppo dell'umanità, è un'altra questione. Dimostreremo che il matrimonio basato sul sistema borghese della proprietà è un matrimonio più o meno forzato, porta con sé molti inconvenienti e deformità e spesso non raggiunge completamente od anche non raggiunge affatto il suo scopo. Dimostreremo inoltre che esso è per giunta una istituzione sociale, di cui moltissimi non possono profittare, e che un matrimonio basato sul libero amore, pur essendo il solo rispondente ai fini della natura, non può essere per la generalità

Riguardo al matrimonio odierno, Stuart Mill, che non può essere sospetto di comunismo, esclama: «Il matrimonio è la sola vera schiavitù che la legge conosca». Giusta le idee già riferite di Kant, soltanto uomo e donna insieme formano l'uomo. Il sano sviluppo della specie umana riposa sulla unione normale dei sessi. L'esercizio naturale dell'istinto sessuale è una necessità per un vigoroso sviluppo fisico e psichico dell'uomo e della donna. Ma poiché l'uomo non è un animale, per il completo soddisfacimento del suo più energico ed impetuoso istinto non gli basta il semplice appagamento del senso; egli esige anche l'attrattiva  intellettuale e l'armonia coll'essere col quale si accoppia. Se codesto accordo non c'è, l'accoppiamento è puramente meccanico, e tale unione si dice, a buon diritto, immorale. Esso non basta alle più elevate pretese dell'uomo, le quali mirano a nobilitare intellettualmente, nel mutuo affetto di due esseri, un rapporto che riposa su leggi puramente fisiche. L'uomo superiore esige che la forza d'attrazione dei due sessi duri anche dopo la copula, ed estenda la sua efficacia nobilitante anche all'essere vitale che nascerà dall'accoppiamento (*).

I riguardi e i doveri verso i discendenti non  meno che la gioia che essi procacciano, rendono durevole la relazione amorosa di due esseri in tutte le forme sociali. Ogni coppia che vuole entrare in relazioni sessuali durevoli, e quindi contrarre matrimonio, dovrebbe proporsi il quesito, se le qualità fisiche e morali di entrambi si adattano a tale unione. Ma perché la risposta possa riuscire imparziale, è necessario in primo luogo: l'esclusione di ogni interesse estraneo, che non abbia a che fare col vero scopo dell'unione, che consiste nell'appagamento dell'istinto sessuale e nella riproduzione di se stesso, nella riproduzione della razza; in secondo luogo, un certo grado di perspicacia per frenare la passione cieca. Ora, poiché ambedue le condizioni, come proveremo più innanzi, nella società presente vengono a mancare in moltissimi casi, così ne deriva che il matrimonio moderno è molto lontano dal raggiungere il suo scopo, e che perciò esso non può considerarsi né «santo» né «morale».

Naturalmente non si può provare statisticamente la quantità dei matrimoni che vengono oggidì conchiusi con idee assai differenti da quelle esposte. Le parti sono interessate a far apparire agli occhi del pubblico il matrimonio diverso da quello che è. In questa materia specialmente domina una tendenza all'ipocrisia, quale, in misura uguale, non si incontra in alcuna società primitiva. Anche lo stato, quale rappresentante di questa società, non ha interesse di istituire delle indagini anche solo per prova, perché il risultato di esse potrebbe diffondere una curiosa luce intorno alla stessa opera sua. Le massime osservate dallo stato in ordine di matrimonio delle grandi categorie dei suoi impiegati e servitori, non comportano l'applicazione di una norma che egli stesso dichiara necessaria.

Il matrimonio, per raggiungere il suo scopo naturale, dev'essere una unione, e in ciò consentono anche gli idealisti borghesi, di due esseri per scambievole amore. Questo movente però si presenta schietto oggi in pochissimi casi. Dalla maggior parte delle donne il matrimonio viene considerato come una specie di istituto di collocamento, in cui esse devono entrare a qualunque costo. Viceversa, anche un grande numero di uomini considerano il matrimonio dal solo punto di vista dell'affare, e tutti i vantaggi e i danni vengono accuratamente calcolati e pesati soltanto sotto un aspetto materiale.

Ed anche nei matrimoni non determinati da bassi motivi egoistici, la cruda realtà reca tanto turbamento e tanta dissoluzione che in ben pochi casi si realizzano le speranze concepite dagli sposi nel loro giovanile entusiasmo e nel bollore della passione erotica.

Ciò è naturale. Se si vuole che il matrimonio assicuri agli sposi una convivenza soddisfacente, bisogna che insieme al vicendevole amore e alla stima reciproca, si accoppi la sicurezza dell'esistenza materiale, e quella quantità di mezzi per le necessità e le comodità della vita, che credono indispensabile di avere per sé e i loro figliuoli. Le gravi cure e la lotta aspra per l'esistenza sono il primo chiodo per la bara della felicità coniugale. Le preoccupazioni diventano tanto maggiori, quanto più feconda si mostra la comunione coniugale, e quindi quanto più il matrimonio raggiunge il suo scopo naturale. E qui è notevole un fatto. Il contadino che si compiace di ogni vitello che la giovenca gli partorisce, che conta con soddisfazione il numero dei porcellini che una troia gli reca, e narra, compiacendosene, l'avvenimento ai suoi vicini, questo medesimo contadino si fa cupo quando sua moglie gli regala un altro rampollo, che viene ad aumentare il numero - che non può essere grande - di quelli che egli crede di potere educare e mantenere senza soverchie cure, e ancora più cupo, se il neonato ha la sventura di essere una femmina.

Che poi, non soltanto i matrimoni, ma anche le nascite siano dipendenti dalle condizioni economiche, è dimostrato dal numero delle nascite in Francia. Quivi prevale nelle campagne il sistema parcellare. Il suolo, sbocconcellato e frazionato oltre misura, non basta più a nutrire il suo padrone. Di fronte a codesta illimitata divisione del suolo, permessa dalla legge, il contadino francese ben di rado dà la vita a più di due figli, donde il celebre sistema dei due figli che si è elevato in Francia ad una vera istituzione sociale e che mantiene quasi stazionaria la popolazione con grande spavento dei capi dello stato, e che in molte province, anzi, ne segnala una rilevante diminuzione. (...).

Il fatto addotto che la nascita di un uomo, come i regligiosi dicono «immagine di Dio», viene in molti casi calcolato ad un tasso inferiore a quello di un animale domestico, dimostra la condizione iniqua in cui ci troviamo. Ed è specialmente il sesso femminile che ne soffre. Per certi riguardi le nostre idee sono poco diverse da quelle degli antichi popoli barbari e di alcuni di quelli che vivono anche oggi. Se là le ragazze sopranumerarie spesso venivano e vengono ammazzate, noi non le uccidiamo più perché siamo troppo civilizzati. Ma esse sono trattate spesso da paria nella società e nella famiglia. L'uomo, più forte, le opprime da per tutto nella lotta per l'esistenza; e dove esse tuttavia accettano la lotta spinte dall'amore per la vita, vengono rabbiosamente perseguitate dal sesso forte come concorrenti moleste. In ciò i diversi ceti del sesso maschile non fanno alcuna differenza. Se operai dalla vista corta esigono che sia assolutamente proibito il lavoro alle donne (la domanda venne presentata nel 1877 al congresso operaio francese, ma fu respinta a grande maggioranza) una tale crudeltà d'anino è da scusare, poiché tale pretesa può esser giustificata dal fatto indiscutibile che con la crescente introduzione del lavoro femminile, la vita domestica degli operai cade completamente in rovina, rendendo così inevitabile la degenerazione della specie. Tuttavia il lavoro delle donne non si può vietare, perché centinaia di migliaia di donne sono costrette al lavoro industriale e ad ogni altro lavoro non domestico, non potendo esse altrimenti campare la vita. La stessa donna maritata è costretta a prendere parte alla lotta della concorrenza, perché spesso accade che i guadagni del marito non bastano più da soli a mantenere la famiglia (**). Ciò accade in grado molto minore nelle nostre classi cosiddette elevate; eppure esse si oppongono con viva gagliardia e col massimo astio alla concorrenza femminile.

Certo la società moderna è più colta d'ogni altra. La donna è collocata più in alto; anche le sue occupazioni sono molto diverse e più degne, ma il concetto sui rapporti dei due sessi è rimasto in fondo essenzialmente lo stesso. (...) Oggi il traffico dei matrimoni nelle classi abbienti - per le classi non abbienti non ha alcun significato - si fa spesso con tanta impudenza da far parere un vero scherno la frase continuamente ripetuta sulla «santità» del matrimonio.

Ciò, del resto, ha, come ogni cosa, il suo discreto fondamento. In nessun tempo, come nel presente, è diventato più difficile alla grande maggioranza degli uomini di sollevarsi ad un benessere corrispondente alle idee della generalità; ma in nessuna epoca, come in questa, ha predominato la tendenza ad un'esistenza più degna dell'uomo ed al godimento della vita.

E diventa tanto più doloroso non raggiungere lo scopo propostosi, in quanto tutti credono di dover godere gli stessi diritti. Formalmente non vi è alcuna distinzione di ceti e di classi. Il concetto democratico dell'eguaglianza nel diritto di godere, ha risvegliato in tutti il desiderio di tradurre in realtà questa parificazione di diritti. Ma la maggioranza non ha ancora compreso che l'eguaglianza nei godimenti è possibile soltanto allorquando coesiste la parificazione dei diritti e l'uguaglianza delle condizioni sociali di esistenza. Invece l'idea dominante e l'esempio dall'alto insegnano ai singoli di valersi di ogni mezzo che, senza comprometterli, lo conduce, secondo il loro intendimento, alla meta. Così la speculazione dei matrimoni per danaro è diventata un mezzo per salire. La sete dell'oro, possibilmente di molto oro, da un lato, e la brama di gradi, titoli e dignità dall'altro, trova il proprio reciproco soddisfacimento, specialmente negli strati cosiddetti più elevati della società. Qui il matrimonio viene per lo più considerato come un semplice affare, come un legame convenzionale, che i contraenti apparentemente rispettano, mentre, nel resto, ognuna delle parti opera assai spesso secondo le proprie inclinazioni. Ai matrimoni per politica, nelle più alte sfere, accenneremo soltanto per esaurire l'argomento. Anche in questi matrimoni, di regola, ed anzi per l'uomo assai più che per la donna, ha perdurato tacitamente il privilegio di compensarsi secondo il capriccio ed il bisogno, e senza danno, fuori del matrimonio (51).

(...) Il codice penale germanico (§§ 180 e 181) punisce severamente il ruffianesimo, ma se i genitori, i tutori, i parenti fan da mezzani ai loro figli, pupilli o congiunti perché sposino un uomo o una donna che non amano, ma solo per viste d'interesse o d'ambizione, non vi è nessuna autorità dello stato che li colpisca, benché sia un reato. Molte agenzie organizzate di matrimoni, mezzani e mezzane d'ogni genere vanno a far bottino e cercano i candidati e le candidate per il «santo vincolo del matrimonio». Simili agenzie sono lucrose, in ispecie quando lavorano per i membri dei ceti elevati. (...)

Le pagine degli annunzi di quasi tutti i nostri giornali sono diventate oggi altrettante agenzie di matrimoni. Chi, sia esso uomo o donna, non trova subito ciò che gli conviene, affida i bisogni del suo cuore a più giornali conservatori o a quelli moralmente liberali, i quali, a un tanto la riga, si adoperano affinché le anime che vanno d'accordo si trovino e s'incontrino. (...) Insomma il pervertimento morale di alcune classi della nostra società non può meglio essere posto alla berlina che con questo sistema di richieste matrimoniali (52).

(...)

Stato e chiesa colla loro «santità del matrimonio» rappresentano anche per altri  rispetti una parte molto amena. L'impiegato dello stato o il sacerdote cui corre l'obbligo di conchiudere i matrimoni, può essere fermamente persuaso che la coppia che gli sta davanti fu unita per opera di arti le più vergognose, vedere chiaramente che i coniugandi non armonizzano menomamente né per età né per qualità fisiche e morali; può quindi la sposa avere vent'anni e lo sposo settanta o viceversa, può essere la sposa giovane, bella, geniale, lo sposo vecchio, deforme, brontolone; tutto ciò non dà pensiero ai rappresentanti dello stato o della chiesa, né su ciò hanno da interloquire; il vincolo matrimoniale viene «benedetto» e per parte della chiesa di regola con tanta maggior pompa, quanto è più copiosa la mercede per «l'atto santo».

Ma se dopo qualche tempo si scopre che tale matrimonio, come tutti prevedevano, e la vittima infelice più spesso è la donna, è disgraziato, e una delle parti si decide alla separazione, allora stato e chiesa, i quali non domandarono prima se il vincolo si stringe per vero affetto e per impulso naturale e morale, ovvero per mero egoismo, allora, ripeto, stato e chiesa vanno a gara nel sollevare le più gravi difficoltà. Essi non credono loro obbligo di segnalare, prima del matrimonio, quanto v'è di evidentemente innaturale e perciò altamente immorale nella unione. Solo di rado si riguarda come motivo sufficiente di separazione l'incompatibilità morale; richiedendosi di solito prove palpabili, prove che disonorano e avviliscono sempre una parte davanti alla opinione pubblica; altrimenti non si pronuncia la separazione (53). Il divieto opposto dalla chiesa cattolica al divorzio, concesso soltanto con speciale dispensa del papa, dispensa che si ottiene difficilmente, eccetto il caso di semplice separazione di letto e mensa, rende ancora peggiore la condizione triste e insopportabile di tutte le popolazioni cattoliche. (...)

L'uomo, il quale è spesso la pietra dello scandalo nel matrimonio, come è provato dalle cause di divorzio, sa rifarsi altrove, conscio della sua sovranità.

La donna può traviare assai più raramente; anzitutto perché è per lei più pericoloso per ragioni fisiche, come parte che concepisce; poi perché ogni passo fuori del matrimonio le viene imputato come delitto, che né il marito né la società le perdonano. La donna si decide alla separazione solo nei casi più gravi di infedeltà maritale o di seri maltrattamenti, perché essa deve considerare il matrimonio prevalentemente come un istituto di mantenimento. Essa trovasi il più delle volte in una posizione materialmente non libera, e, come separata, in una posizione anche socialmente non invidiabile.

Nondimeno, se il numero delle domande di separazione da parte delle donne cresce continuamente (...) bisogna dire che questo è un sintomo della gravità dei mali coniugali onde la donna è oppressa. Il numero sempre crescente delle separazioni pronunciate in quasi tutti i paesi, è molto significativo. (...)

La incertezza sempre crescente dei guadagni, la difficoltà sempre maggiore di raggiungere una posizione bastantemente sicura nella lotta economica di tutti contro tutti, non offrono alcuna speranza che cessi o diminuisca codesto traffico matrimoniale nel vigente sistema sociale. Devono, al contrario, crescere ed aumentare i mali matrimoniali, perché il matrimonio è intimamente connesso colle odierne condizioni della proprietà e della società.

La crescente corruzione del matrimonio da una parte, e la impossibilità dall'altra per moltissime donne di poter contrarre matrimonio dimostrano la insensatezza di frasi come queste: La donna deve limitarsi alle faccende domestiche, e compiere la sua missione di padrona di casa e di madre. Al contrario, la corruzione sempre necessariamente crescente, i maggiori ostacoli - malgrado che lo stato lo abbia facilitato - la pratica delle cognizioni carnali fuori del matrimonio, devono aumentare la prostituzione e tutta la serie dei vizi contro natura (54).

Nelle classi abbienti la donna non di rado si abbassa, come nell'antica Grecia, al solo ufficio di procreare figli legittimi, di custodire la casa e di aver cura del marito quando lo colpisce qualche malattia. Il marito conserva ed alimenta per suo diletto, per soddisfare il suo bisogno di amare, cortigiane ed etère - oggi chiamate ganze (55) - delle cui eleganti abitazioni si potrebbero fare nelle grandi capitali i più bei quartieri della città. Oltre a ciò le relazioni matrimoniali contro natura conducono ad ogni sorta di delitti, come l'uxoricidio ed alla creazione artificiale di maniaci. (...)

Nelle classi che non possono permettersi il lusso di mantenere una ganza, si ricorre ai pubblici luoghi di piacere, alle sale da concerto e da ballo, ai postriboli. L'aumento della prostituzione è un fatto ovunque riconosciuto.

Se avviene lo scioglimento del matrimonio nei ceti medio ed alto della società perché fatto per denaro, o a motivo di eccessi d'ogni genere, dell'ozio, della crapula, collegati ad un corrispondente alimento dello spirito e dell'intelligenza mediante rappresentazioni teatrali frivole, musica voluttuosa, lettura di romanzi immorali ed osceni, e pitture dello stesso genere, anche negli infimi strati sociali agiscono nello stesso senso queste ed altre ragioni (56). La possibilità che il salariato si elevi ad una posizione indipendente è, oggi giorno, tanto lontana che non viene neppure tenuta in considerazione dalla grande massa degli operai. Per il salariato, dunque, il matrimonio per denaro è impossibile, come è impossibile per la donna del suo ceto. Di regola, egli si decide al matrimonio per affetto verso una donna, ma non di rado conta anche sul guadagno che essa è in condizione di fare, ovvero sulla aspettativa che i figli si facciano valere presto come strumenti di lavoro e provvedano così da sè alle loro spese. Non mancano però motivi perturbatori anche per il matrimonio degli operai. Una più copiosa prole dimezza la forza produttiva della donna o la toglie del tutto ed aumenta le spese. Le crisi commerciali, l'introduzione di nuove macchine o di migliorati sistemi di lavoro, le guerre, i trattati commerciali e doganali poco favorevoli, le imposte indirette, insomma tutto ciò che perturba o muta la vita economica e industriale, diminuisce più o meno e per un tempo più o meno lungo il guadagno del lavoratore, se pur talvolta non lo getta sul lastrico. Questi rovesci di fortuna amareggiano e inaspriscono la vita domestica, poiché non passa giorno ed ora che la moglie o i figliuoli non domandino ciò che è strettamente necessario; e non sempre il marito può appagare tali richieste. Spesso, per disperazione, egli cerca conforto nelle bettole, consumando in pessima acquavite l'ultimo soldo; ed allora le contese e gli alterchi non hanno più fine. La rovina del matrimonio e della vita domestica sta qui.

Osserviamo un altro quadro. Marito e moglie si recano al lavoro: i figli sono abbandonati a se stessi, oppure dati in custodia ai fratelli maggiori, che hanno anch'essi estremo bisogno di vigilanza e di educazione. Si ingoia in fretta il cosiddetto pranzo, ammesso che i genitori abbiano il tempo di poter andare a casa (ciò che in moltissimi casi è impossibile per la brevità del riposo e per la lontanaza dello stabilimento dall'abitazione); stanchi ed affaticati ritornano entrambi a casa la sera. Invece di una abitazione graziosa ed amena, trovano una dimora angusta e malsana, priva di aria, luce e d'ogni più indispensabile comodità. Il crescente bisogno di abitazioni e le turpitudini che derivano dalla loro scarsità sono uno dei lati più tenebrosi del nostro ordinamento sociale e causa di molti mali, di molti vizi e di molti delitti. E questo bisogno di abitazioni si fa in tutte le città e in tutti i centri industriali ogni anno maggiore e si diffonde sempre più coi suoi incovenienti nei diversi strati sociali, tra i piccoli industriali, impiegati, maestri, commercianti ecc.

La moglie dei lavoratori tornando a casa alla sera stanca ed affaticata deve di nuovo far tutto da sè; lavorare accanitamente e a rompicollo per allestire almeno il più necessario. I figli piangenti e schiamazzanti vengono posti a letto in tutta fretta; la donna siede a cucire ed a rattoppare fino a tarda notte. Manca il sollazzo e il conforto dello spirito pur tanto necessari. Il marito è spesso incolto ed ignorante, la donna ancora di più; quel poco che si hanno da dire è presto esaurito. Il marito va all'osteria a ricercarvi il diletto che non trova a casa; beve, ed anche quel poco che gli basta è già molto per le sue condizioni. Talvolta ha il vizio del gioco che fa tante vittime anche nelle classi più elevate, e perde dieci volte di più di quello che egli spenderebbe bevendo.

Frattanto la moglie a casa siede crucciata, dovendo lavorare come una bestia da soma; per lei non v'è risposo né ristoro; il marito gode la libertà che gli ha fornito il caso di essere nato uomo. Di qui le discordie, che se poi la moglie è meno ligia ai suoi «doveri», tornando la sera a casa stanca del lavoro, cerca una legittima ricreazione; allora l'economia sparisce e la miseria diventa doppiamente maggiore. Davvero che noi viviamo nel «migliore dei mondi».

Per tutte queste circostanze, il matrimonio del proletario si guasta sempre più. Anche le epoche più favorevoli al lavoro esercitano la loro influenza dissolvente, perché costringono il proletario a lavorare la domenica e in ore straordinarie e gli tolgono il tempo che ancora gli rimaneva per la famiglia. In moltissimi casi per recarsi allo stabilimento si deve consumare una mezzora ed anche un'ora: approfittare del riposo del mezzogiorno per recarsi in famiglia è impossibile; egli si alza alla mattina per tempo quando ancora i figliuoli dormono profondamente e torna a casa soltanto a tarda sera quando essi si trovano nuovamente nello stesso stato. Mille altri, e specialmente coloro che lavorano nelle costruzioni delle grandi città, restano assenti tutta la settimana a causa della gran distanza e tornano a casa soltanto alla fine della medesima, oppure la domenica; ed è in tali condizioni che la vita domestica deve prosperare. Inoltre il lavoro delle donne e dei fanciulli va sempre più prevalendo specialmente nell'industria tessile, che permette di servirsi con poca spesa nei telai a vapore e nelle macchine da fusi della mano della donna e dei fanciulli. Là si è quasi invertito il rapporto dei sessi e dell'età. Donne e ragazzi vanno alla fabbrica, mentre il marito, rimasto senza occupazione, se ne sta non di rado a casa per accudire alle faccende domestiche.

L'ammissione della donna in tutte le occupazioni industriali oggidì è in vigore dappertutto. La società borghese, che dà continuamente la caccia al profitto e al guadagno, ha riconosciuto già da gran tempo quale eccellente oggetto da sfruttare sono le operaie, le quali si contentano molto più facilmente degli uomini senza averne le pretese; onde il numero degli uffici e delle occupazioni in cui le donne trovano impiego come operaie va crescendo sempre più.

La diffusione e i miglioramenti della meccanica, la semplificazione dei processi di lavoro dipendente da una sempre maggior divisione dello stesso, la crescente concorrenza che si fanno i capitalisti e i diversi paesi industriali entrati in lotta nel mercato mondiale favoriscono questo sempre crescente impiego del lavoro femminile che è un fenomeno egualmente notevole in tutti i moderni stati industriali. nella stessa misura che cresce il numero delle operaie, aumenta anche la concorrenza per gli operai maschi. Un ramo d'industria dopo l'altro, una branca di lavoro dopo l'altra vengono occupati dalle operaie che vanno più o meno incalzando e scacciando i lavoratori maschi. Molte dichiarazioni nelle relazioni di una parte degli ispettori delle fabbriche e i dati statistici sull'impiego delle donne confermano quanto si è detto.

Pessima è la condizione delle donne in quei rami d'industria nei quali sono impiegate in numero preponderante come, per esempio, nell'industria dei vestiti e della biancheria. Le ricerche sui salari delle operaie impiegate nelle fabbriche di biancheria e nel ramo confezioni, ordinate nel 1886 dalla Dieta hanno messo in luce che le mercedi di queste operaie sono spesso così meschine da constringerle a vendere se stesse. La maggior parte delle prostitute si reclutano fra le operaie impiegate nelle industrie mal pagate.

Il nostro stato cristiano, il cui «cristianesimo» si cerca quasi dappertutto invano là dove dovrebbe essere applicato e che si trova invece dove è superfluo e pernicioso, questo stato cristiano tratta precisamente come il borghese cristiano; ciò che d'altronde non reca meraviglia a chi sa che lo stato cristiano non è che il commesso della nostra borghesia cristiana. Difficilmente lo Stato si decide a promulgare delle leggi che limitino in misura normale il lavoro delle donne e proibiscono del tutto il lavoro dei fanciulli, né a concedere a molti dei suoi impiegati il pieno riposo domenicale, né una durata normale di lavoro, perturbando così considerevolmente la loro vita di famiglia. Gli impiegati alle poste, alle ferrovie, alle carceri e così via devono spessissimo lavorare molto al di là del tempo tollerabile, e la loro mercede sta in ragione inversa delle loro prestazioni. Ma questa oggi è dappertutto una condizione normale, che anche la maggioranza trova finora perfettamente regolare (...)

L'impiego sempre crescente anche delle donne maritate porta le conseguenze le più fatali, specialmente per le gravidanze e per i parti, e nei primi mesi di vita del bambino, durante i quali egli riceve l'alimento materno.

Durante la gravidanza si manifestano molte malattie, che operano in modo pernicioso tanto sul feto quanto sull'organismo della madre, aborti, nascite precoci e nati morti. Ma di ciò tratteremo più avanti. Quando il bambino è nato, la madre è costretta a ritornare il più presto possibile alla fabbrica per impedire che il suo posto venga occupato da un'altra concorrente.

Le conseguenze immancabili per i neonati sono: cura trascurata, alimentazione disadatta, totale mancanza di nutrimento; vengono rimpinzati di oppiati perché rimangano tranquilli. Le conseguenze di ciò sono: un numero stragrande di morti, di infermità e di mali; in una parola: degenerazione della razza. I fanciulli crescono perlopiù senza aver goduto l'amore materno o paterno e senza aver provato dal canto loro vero affetto per i genitori. Così nasce, vive e muore il proletario. E lo stato «cristiano», questa società cristiana si meravigliano dell'aumento della rozzezza, dell'immoralità e del delitto!

(...) Nella industria domestica, che i teoretici romantici rappresentano tanto idilliacamente, le condizioni della vita di famiglia e della morale non sono punto migliori. Qui, mentre la donna è incatenata al lavoro da mane a sera insieme al marito, i figli vengono impiegati fino dalla tenera età allo stesso lavoro. Agglomerati nel più ristretto spazio immaginabile, vivono insieme il marito, la moglie ed i figli, ragazzi e ragazze fra i cascami del lavoro, le esalazioni e i fetori più sgradevoli, privi della più indispensabile nettezza. All'ambiente per l'abitazione e il lavoro corrispondono le stanze da letto. Sono, di solito, canili oscuri, senza ventilazione, i quali accolgono la notte un certo numero di persone che riunite anche soltanto in parte dovrebbero ritenersi come altamente malsane. Insomma sono tali condizioni da far accapponare la pelle a chi è abituato a un'esistenza degna dell'uomo.

La crescente lotta per la vita costringe spesso uomini e donne ad azioni e tolleranze da cui altrimenti aborrirebbero. Così nel 1877 fu constatato a Monaco che fra le prostitute iscritte e vigilate dalla polizia, non meno di 203 erano mogli di operai e di artigiani. E quante mogli esercitano per bisogno questo vergognoso mestiere, senza assoggettarsi al controllo della polizia, controllo che offende e ferisce profondamente il sentimento del pudore e la dignità umana!

L'esperienza insegna che gli alti prezzi dei cereali per un anno solo influiscono sulla diminuzione dei matrimoni e delle nascite, come vi influiscono ancor più perniciosamente le lunghe cirisi e il generale peggioramento delle condizioni economiche che sono indissolubilmente connesse al nostro sistema economico. Ciò è provato luminosamente dalle statistiche matrimoniali dell'impero germanico. (...) In Francia si vide lo stesso fenomeno (...). Un quadro identico, se non più desolante, presentano i dati statistici degli altri stati europei. (...).

La condizione delle mercedi ha quindi una decisiva influenza sul numero dei matrimoni, e poiché quella condizione è complessivamente sfavorevole fino dalla metà del 1870, non v'è da meravigliarsi della diminuzione del numero di matrimoni. Ma non sono soltanto le condizioni dei salari, bensì anche le condizioni della proprietà che agiscono sui matrimoni, come si è già visto in Irlanda. (...)

Non vi può quindi essere dubbio che il frazionamento delle proprietà favorisce i matrimoni, rendendo possibile l'esitenza a un maggior numero  di famiglie mentre la grande proprietà li ostacola e favorisce il celibato. Quelle cifre dunque dimostrano che non sono cause morali, ma soltanto cause materiali quelle che danno il tracollo alla bilancia, e che così il numero dei matrimoni, come tutto lo stato morale, dipendono unicamente dalle basi materiali della società. Inoltre, la paura della miseria, la preoccupazione di non poter educare i figli secondo il loro stato spingono le donne di ogni classe ad atti che non sono in armonia né con gli scopi della natura, né sempre col codice penale. Fra tali atti si annoverano i molteplici mezzi per impedire il concepimento o, se questo ebbe luogo pur contro volontà, la soppressione del feto immaturo, l'aborto. Si ingannerebbe a partito chi volesse sostenere che questi mezzi sono adoperati soltanto dalle donne leggere e senza coscienza; al contrario, sono le donne più fedeli al loro dovere quelle che, per sottrarsi al dilemma di respingere il marito, e di dover soffocare violentemente l'istinto naturale, ovvero per la paura che il marito tràvi, come forse ne avrebbe desiderio, preferiscono correre il pericolo di servirsi di mezzi abortivi. Vi sono anche delle donne, specialmente nei ceti più elevati, le quali per nascondere un fallo, ovvero perché male comportano gli incomodi della gravidanza, del parto, dell'allevamento, o per timore di perdere più presto i loro vezzi e quindi di scapitare nella considerazione presso lo sposo o gli uomini in genere, commettono tali azioni penalmente imputabili e trovano a caro prezzo medici e levatrici pronti a venire loro in aiuto. (...)

La paura del soverchio aumento di prole in proporzione al patrimonio ed ai mezzi di alimentazione eressero ad un vero sistema le norme repressive, che qua e là sono divenute veramente una calamità pubblica. Così è un fatto notorio che in tutte le classi della società francese venne introdotto il sistema dei due figli. In pochi paesi civili del mondo i matrimoni sono relativamente tanto numerosi come in Francia, ed in nessun paese, quanto in Francia, il numero medio delle nascite è più esiguo, né più lento l'aumento della popolazione.

Il borghese, come l'abitante delle piccole borgate, come il contadino, seguono questo sistema, e l'operaio francese va ad ingrossare la corrente. In parecchie regioni della Germania pare che le condizioni del possesso favoriscano un identico stato di cose. Conosciamo una deliziosa contrada del sud-ovest della Germania, ove nel giardino d'ogni podere è piantato un albero così detto Sabina, di cui la parte essenziale, convenientemente preparata, si adopera come mezzo abortivo.

E' poi sorprendente il vedere come si estende e diffonde in Germania quella letteratura, la quale tratta dei mezzi 'per la sterilità facoltativa e li raccomdanda. Naturalmente sempre sotto la bandiera della scienza e con la mira rivolta al pericolo minaccioso dell'eccesso di popolazione.

Quanto accade in Francia si ripete anche in Transilvania presso la Sassonia. Nell'intento di mantenere uniti i loro grandi possessi per non frazionare soverchiamente i patrimoni e conservare la razza con una certa misura, procurano possibilmente di avere poca discendenza legittima. E però gli uomini cercano la soddisfazione degli stimoli sessuali più spesso fuori del matrimonio, e con ciò si spiega il fatto, onde gli etnologi si sorprendono, dei biondi zingari e dei rumeni dal tipo spiccatamente germanico, nonché dei tratti caratteristici che altrimenti si notano assai di rado in quest'ultimo popolo, e cioè la attività e il risparmio. Perciò i Sassoni della Transilvania, sebbene siano immigrati in gran numero già fin dalla fine del secolo XII, oggi sono aumentati appena di 200.000 anime.

In Francia invece, dove per usarne sessualmente non vi sono razze straniere, il numero degli infanticidi e delle esposizioni d'infanti (57) è in notevole aumento, favoriti entrambi anche dal divieto sancito dalla legge civile della ricerca della paternità (58).

La borghesia francese, comprendendo bene quale crudeltà essa commetteva rendendo per legge impossibile alla donna tradita di rivolgersi per gli alimenti al padre del figlio suo, cercò di renderle meno disagiata la posizione, fondando gli istituti per gli esposti. Il sentimento paterno, secondo la nostra famosa «morale» non esiste per il figlio illegittimo, esiste soltanto per gli eredi legittimi. Mediante gli istituti per gli esposti, i neonati dovrebbero venire privati anche della madre. Essi vengono al mondo come orfani. La borghesia fa educare e mantenere i suoi figli illegittimi a spese dello stato come fossero «figli della patria».

Una magnifica istituzione. Ma ad onta degli ospizi per gli esposti ove la cura è difettosa e i bambini muoiono in massa, gli infanticidi e gli aborti aumentano in Francia in una proporzione molto maggiore della popolazione. In Germania si è già sulla via di emulare i francesi. Le disposizioni di un progetto di codice civile per l'impero germanico relativamente alla condizione giuridica dei figli illegittimi contengono principi che sono in stridente contrasto col diritto più umano fino ad oggi in vigore.

Secono il progetto, la fanciulla tradita, anche se la sua illibatezza fosse stata piena, sedotta sotto promessa di matrimonio o indotta da un'azione delittuosa a tollerare l'amplesso del seduttore, non ha verso di questo che il diritto alla rifusione delle spese del parto e al mantenimento per le prime sei settimane dalla nascita del figlio, ed anche ciò entro i limiti dello stretto bisogno. Solo in alcuni dei più gravi delitti contro il buon costume può essere assegnato alla donna sedotta un corrispondente risarcimento in una misura arbitraria, anche indipendentemente dalle prove di un danno patrimoniale (§ 728).

Ma il figlio illegittimo non può in questo caso pretendere dal seduttore della madre che gli alimenti strettamente necessari, e solo fino al suo quattordicesimo anno di età. Il figlio però non può elevare alcuna pretesa verso alcuno se anche altri ebbe rapporti carnali con la madre durante il periodo del concepimento. Giusta i motivi di quel progetto spetta al figlio querelante fornire la prova che tali rapporti non si verificarono.

Il Menger del quale seguiamo le idee esposte nel suo trattato «Il diritto civile e il proletariato» (Tubinga 1890) (59) muove a buon diritto contro queste disposizioni l'acerbo rimprovero che giovano soltanto ai benestanti scostumati che si fanno seduttori delle ragazze incoscienti, e spesso tratte a fallire per miseria, lasciando privi di ogni protezione le povere cadute e i loro figli del tutto innocenti, spingendoli anzi ancor più nella miseria e nella depravazione. (...)

Si può a buon diritto essere curiosi di vedere se verranno adottate in un codice civile per la Germania delle disposizioni completamente reazionarie ed ostili alle donne. Il criterio cui si ispira la nostra legislazione è il regresso.

Davanti alle corti d'assise di Francia si svolsero dall'anno 1830 all'anno 1880, 8563 processi per infanticidio (...). Nello stesso periodo vennero sottoposti a giudizio più di 1032 casi di aborto (...). Naturalmente i casi di aborto che giungono a conoscenza della giustizia sono pochissimi, quelli cioè che portano per conseguenza o malattie gravi o la morte. Negli infanticidi la popolazione della campagna è rappresentata dal 75%, negli aborti le città dal 67%. Siccome nelle città le donne hanno maggiore facilità di procurarsi i mezzi per impedire le nascite, così molti casi d'aborto e relativamente pochi di infanticidio. Nelle campagne invece la proporzione è invertita.

Questo è il quadro che la società moderna offre riguardo ai suoi rapporti più intimi. E' molto diverso dalla pittura che ne fanno i poeti e i visionari, ma ha il vantaggio di essere vero. Noi dobbiamo per altro aggiungere a questo quadro alcune altre importanti pennellate.

( Continua )

 


 

(48) Mainlander: Filosofia della redenzione, vol. II, 12 Saggio (nota di A. Bebel).

(49) Si dirà che oggi, entrati nel terzo millennio, grazie al progresso civile, almeno nei paesi più sviluppati, la donna ha più "libertà" nell'onesto soddisfacimento del bisogno sessuale, cosa che può fare senza  doversi per forzasposare o incorrere ad ostracismi sociali che la emarginano nei gironi delle donne scostumate e di malaffare. Ciò non toglie che  la condizione sociale della donna nella società capitalistica resti comunque vincolata alle forme del matrimonio previste dalle leggi e ai pregiudizi, radicati da infinite generazioni, sulla famiglia.

(50) Richard Freiherr von Krafft-Ebing, psichiatra e neurologo tedesco (1840-1902), fu autore di Psychopathia sexualis (1886) - da cui con ogni probabilità è tratto il brano citato da Bebel -; questo è stato il primo tentativo di studio sistematico di tutti i comportamenti sessuali devianti.

(51)A questo proposito non può non venire in mente quanto scritto nel Manifesto del partito comunista di Marx-Engels, quando nel II capitolo Proletari e comunisti, si affronta l'argomento della famiglia borghese: «Abolizione della famiglia! Anche i più estremisti si riscaldano parlando di questa ignominiosa intenzione dei comunisti. Su che si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica.

«La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale (...).

«Tutta la borghesia ci grida contro in coro: ma voi comunisti volete introdurre la comunanza delle donne. Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di produzione. Sente dire che gli strumenti di produzione devono essere sfruttati in comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non che la sorte della comunanza colpirà anche le donne. Non sospetta neppure che si tratta proprio di abolire la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione.

«Del resto non c'è nulla di più ridicolo del moralissimo orrore che i nostri borghesi provano per la pretesa comunanza ufficiale delle donne fra i comunisti. I comunisti non hanno bisogno di introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita quasi sempre. I nostri borghesi, non paghi di avere a disposizione le moglie e le figlie dei loro proletari, per non parlare neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli. In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli. Tutt'al più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una comunanza delle donne ufficiale e franca al posto di una comunanza delle donne ipocritamente dissimulata. Del resto è ovvio che, con l'abolizione dei rapporti attuali di produzione, scompare anche quella comunanza delle donne che ne deriva, cioè la prostituzione ufficiale e  non ufficiale».

(52) Bebel scrive questo nel 1891, ma a più di cent'anni di distanza la situazione non solo non si è ridimensionata, ma è ulteriormente degenerata sviluppandosi non solo nei mezzi a stampa ma anche attraverso le nuove tecnologie, come il web.

(53) In molti stati civili, oggi, la separazione tra coniugi e il divorzio sono previsti e regolati da leggi apposite. Nonostante ciò, la situazione reale rende la separazione e il divorzio impraticabili per una parte notevole della popolazione proletaria proprio per ragioni economiche, le stesse ragioni che sono alla base del matrimonio borghese.

(54) Anche il dottor Carlo Bucher lamenta nell'opera citata la decadenza del matrimonio e della vita domestica; condanna il lavoro femminile nelle industrie e domanda il ritorno sul terreno più proprio alla donna dove essa soltanto crea valori, casa e famiglia. Egli chiama dilettantismo gli sforzi degli odierni amici delle donne e, infine, egli spera che si rientri tosto in carreggiata; ma non è in grado di additare una via che riesca a condurre all'intento. Le condizioni del matrimonio come la posizione di tutto il mondo femminile non sono l'effetto dell'arbitrio, ma il prodotto naturale del nostro sviluppo sociale. Lo sviluppo della civiltà dei popoli non commette errori, né traccia circoli viziosi, ma si compie ed obbedisce a leggi immanenti. E' compito di chi studia tale civiltà di scoprire queste leggi e sulla base di esse insegnare la via di togliere i mali presenti. (Nota di A. Bebel).

(55) Oppure amanti, mantenute.

(56) E oggi si possono aggiungere foto, film, programmi televisivi, siti internet ecc.

(57) Le esposizioni dei bambini si usavano negli orfanotrofi; il sistema della "esposizione" serviva per offrire a famiglie benestanti, ma impossibilitate a procreare, una scelta di bambini da adottare.

(58) L'art. 340 del codice civile suona: La ricerca della paternità è vietata; invece l'art. 341 stabilisce: La ricerca della maternità è ammessa. E' questa una legge che esprime nel modo più vergognoso la ingiustizia verso la donna sedotta e cresima un privilegio per i seduttori; naturalmente sotto il pretesto di impedire col timore la scostumatezza della donna. I tentativi fatti per cancellare l'art. 340 andarono finora a vuoto (nota di A. Bebel).

(59) Vedi Antonio Menger, professore di Diritto presso l'Università di Vienna, Il diritto civile e il proletariato. Studio critico sul progetto di un codice civile per l'impero germanico, F.lli Bocca Editori, Torino 1894.

 

 

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