Incompatibilità comuniste

Dalle Tesi della Frazione Comunista Astensionista, maggio 1920 (II)

(«il comunista»; N° 137; Novembre 2014 - Gennaio 2015)

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1. La critica comunista che incessantemente si elabora sulla base dei suoi metodi fondamentali, e la propaganda delel conclusioni a cui essa perviene mirano a sradicare l'influenza che hanno sul proletariato i sistemi ideologici propri di altre classi e di altri partiti.

2. Il Comunismo sgombra in primo luogo il terreno dalle concezioni idelaistiche secondo le quali i fatti del mondo del pensiero sono le basi anziché il risultato dei rapporti reali di vita dell'umanità e del loro sviluppo. Tutte le formulazioni religiose e filosofiche di tal genere vanno considerate come il bagaglio ideologico di classi il cui periodo di dominio precedette l'epoca borghese, ed era basato sopra un'organizzazione ecclesiastica, aristocratica o dinastica giustificabile solo con pretese investiture sovrumane.

Un sintono di decadenza della moderna borgehsia è il riapparire frammezzo ad essa, in nuove forme, di queste vecchie ideologie che essa stessa distrusse.

3. In modo ancora più caratteristico il Comunismo rappresenta la demolizione critica delle concezioni del liberalismo e della democrazia borghese. L'affermazione giuridica della libertà di pensiero e della uguaglianza politica dei cittadini, la concezione secondo cui le istituzioni basate sul meccanismo della reppresentanza elettorale universale sono la base sufficiente per un progresso indefinito e graduale della società umana, costituiscono le ideologie corrispondenrti al regime dell'economia prfivata e della libera concorrenza, e agli interessi di classe dei capitalisti.

4. Fa parte delle illusione della democrazia borghese il concetto che possa conseguirsi un miglioramento delle condizioni di vita delle masse mediante l'incremento dell'educazione e dell'istruzione ad opera delle classi dirigenti e dei loro istituti. L'elevamento intellettuale di grandi masse ha invece come condizione un migliore tenore di vita materiale incompatibile col regime borghese; d'altra parte, la borghesia attraverso le sue scuole tenta diffondere appunto quelle ideologie che trattengono le masse dal riconoscere nelle istituzioni attuali l'ostacolo alla loro emancipazione.

5. Un'altra delle affermazioni fondamentali della democrazia borghese è il principio di nazionalità. Corrisponde alle necessità di classe della borghesia nel costituire il proprio potere, la formazione delgi stati su base nazionale, allo scopo di avvalersi delle ideologie nazionali e patriottiche corrispondenti a certi interessi comuni nel periodo iniziale del capitalismo agli uomini della stessa razza, della stessa lingua e degli stessi costumi, per ritardare ed attenuare il contrasto tra lo stato capitalistico e le masse proletarie.

La borghesia stessa non esita a calpestare il principio di nazionalità quando lo sviluppo del capitalismo le impone la conquista anche violenta dei emrcati esteri, e quindi determina la contesa di essi tra le grandi unità statali. I Comunismo supera il principio di nazionalità in quanto mettein evidenza l'analogia di condizione in cui il lavoratore nullatenente si trova dinanzi al datore di lavoro qualunque sia la nazionalità dell'uno e dell'altro; e pone l'unione internazionale come tipo dell'organizzazione politica che il proletariato formerà quando a sua volta giungerà al potere.

6. Il Comunismo è anche in opposizione alle vedute del pacifismo borgehse ed alle illusioni Wilsoniane sulla possibilità di una associaizone mondiale degli stati basata sul disarmo e sull'arbitrato, condizionata dall'utopia di una suddivisione delle unità statali secondo le nazionalità. Per i comunisti le guerre saranno rese impossibili e le questioni nazionali saranno risolte solo qaundo il regime capitalista sarà stato sostituito dalla Repubblica internazionale comunista.

7. Sotto un terzo aspetto, il Comunismo si presenta come il superamento dei sistemi di socialismo utopistico che proponevano di eliminare i difetti della organizzazione sociale mediante piani completi di nuove costituzioni della società, la cui possibilità di realizzazione non era in alcun modo messa in rapporto al reale svolgimento della storia ed era affidata alle iniziative di potentati o dell'apostolato di filantropi.

8. La elaborazione da parte del proletariato di una propria interpretazione teorica della società e della storia, che sia guida della sua azione contro i rapporti di vita del mondo capitalistico, dà luogo continuamente al sorgere di scuole o tendenze più o meno influenzate dalla immaturità stessa delle condizioni della lotta e dai più svariati pregiudizi borghesi. Da ciò conseguono errori ed insuccessi dell'azione proletaria; ma è con questo materiale di esperienza che il movimento comunista giunge a precisare la dottrina e la tattica in lineamente sempre più chiari, differenziando nettamente e combattendo apertamente tutte le altre correnti che si agitano nel seno stesso del proletariato.

9. La costituzione di aziende corporative di produzione, nelle quali il capitale appartiene agli operai che vi lavorano, non può costituire una via per la soppressione del sistema capitalistico, in quanto l'acquisto delle materie primne e il collocamento deio prodotti si svolgono in tali aziende secondo le leggi dell'economia privata, e sullo stesso capitale collettivo di esse finisce per esercitarsi il credito e quindi il controllo del capitale privato.

10. Le organizzazioni economiche professionali non possono essere considerate dai comunsiti né come organi sufficienti alla lotta per la rivoluzione proletaria, né come organi fondamentali dell'economia comunista.

L'organizzazione in sindacati professionali vale a neutralizzare la concorrenza tra gli operai dello stesso mestiere e impedisce la caduta dei salari ad un livello bassissimo, ma, come non può giungere alla eliminazione del profitto capitalistico, così non può nemmeno realizzare l'unione dei lavoratori di tutte le professioni contro il privilegio del potere borghese. D'altra parte il semplice passaggio della proprietà delle aziende dal padrone privato al sindacato operaio non eralizzerebbe i postulati economici del comunismo, secondo il quale la proprietà deve essere trasferita a tutta la collettività proletaria, essendo questa l'unica via per eliminare i carattere dell'econom,ia privata nell'appropriazione e ripartizione dei prodotti.

I comunisti considerano il sindacato come il campo di una prima esperienza proletaria, che permette ai lavoratori di procedere oltre, verso il cocnetto e la pratica della lotta politica il cui organo è il partito di classe.

11. E' in genere un errore credere che la rivoluzione sia un problema di forma di organizzaione dei proletari secondo gli aggruppamenti che essi formano per la loro posizione e i loro interessi nei quadri del sistema capitalistico di produzione. Non è quindi una modifica della struttura di organizzazione economica che può dare al proletariato il mezzo efficace per la sua emancipazione.

I sindacati d'azienda o consigli di fabbrica sorgono quali organi per la difesa degli interessi dei proletari dfelle varie aziende, quando comincia ad apparire possibile il limitare l'arbitrio capitalistico nella gestione di esse. L'acquisto da parte di tali organismi di più o meno largo diritto di controllo sulla produzione non è però incompatibile col sistema capitalistico e potrebbe essere per questo una risorsa conservativa. Lo stesso passaggio ad essi della gestione delle aziende non costituirebbe (analogamente a quanto si è detto per i sindacati) l'avvento del sistema comunistico. Seconda la sana concezione comunistica il controllo operaio sulla produzione si realizzerà solo dopo l'abbattimento del potere borghese come controllo di tutto il proletariato unificato nello Stato dei consigli sull'andamento di ciascuna azienda; e la gestione comunistica della produzione sarà la direzione di essa in tutti i suoi rami e le sue unità da parte di razionali organi collettivi che rappresenteranno gli interessi di tutti i lavoratori associati nell'opera di costruzione del Comunismo.

12. I rapporti capitalistici di produzione non possonio venire alterati dall'intervento degli organi del potere borgehse. Perciò il passaggio di intraprese private allo stato o alle amministrazioni locali non corrisponde minimamente al concetto comunista. Tale passaggio è sempre accompagnato dal pagamento del valore capitale delle aziende all'antico possessore che conserva così integro il suo diritto di sfruttamento; le aziende stesse seguitano a funzionare come aziende private nei quadri dell'economia capitalistica; esse divengono speso mezzi opportuni per l'opera di conservazione e di difesa di classe che svolge lo stato borghese.

13. Il concetto che lo sfruttamento capitalistico del proletariato possa venire gradualmente attenuato e quindi eliminato con l'opera legislativa e riformatrice delle attuali istituzioni politiche, sollecitata dai rappresentanti in esse del partito proletario od anche da agitazioni delle masse, conduce solo a rendersi complici della difesa che la borghesia fa dei suoi privilegi, cedendo talvolta apparentemente una minima parte di essi per tentar di placare l'insofferenza delle masse e deviare i loro sforzi rivoluzioanri contro i fondamenti del regime capitalistico.

14. La conquista del potere politico da parte del proletariato, anche considerato come scopo integrale dell'azione, non può essere raggiunta attraverso la maggioranza degli organismi elettivi borghesi. La borghesia, a mezzo degli organi esecutivi dello stato, suoi diretti agenti, assicura molto facilmente la maggioranza degli organi elettivi ai suoi mandatari o agli elementi che, per penetrarvi individualmente o collettivamente, sono caduti nel suo gioco e sotto la sua influenza. Inoltre la partecipazione a tali istituti comporta l'impegno di rispettare i cardini giuridici e politici della costituzione borghese. Il valore puramente formale di tale impegno è tuttavia sufficiente a liberare la borgehsia perfino del lieve imbarazzo dell'accusa di illegalità formale, quando essa ricorrerà logicamente a servirsi dei suoi mezzi reali di difesa armata prima di consegnare il suo potere e lasciare infrangere la sua macchina burocratica e militare di dominio.

15. Riconoscere la necessità della lotta insurrezionale per la presa del potere, ma proporre che il proletariato eserciti il suo potere concednendo alla borghesia una rappresentanza nei nuovi organismi (assemblee costituenti o combinazioni di queste col sistema dei consigli operai), è anche un programma inaccettabile e contrastante col concetto centrale comunistico della dittatura proletaria. Il processo di espropriazione della borghesia sarebbe immediatamente compromesso ove ad essa rimanessero adentellati per influire comunque nella costituzione delle rappresentanze dello stato proletario espropriatore. Ciò permetterebbe alla borghesia di utilizzare le influenze che inevitabilmente le resteranno in forza della sua esperienza e preparazione tecnica ed intellettuale, per innestarvi la sua attività politica tendente al ristabilimento del suo potere in una controrivoluzione. Le stesse conseguenze avrebbe ogni preconcetto democratico circa la parità di trattamento che il potere proletario dovrebbe usare ai borghesi nei riguardi della libertà di associazione, di propaganda e di stampa.

16. Il programma di un'organizzazione di rappresentanze politiche, basata su deleghe delle varie categorie professionali di tutte le classi sociali, non è neanche un avviamento formale al sistema dei consigli operai perché questo è caratterizzato dalla esclusione dei borghesi dal diritto elettorale, e il suo organismo centrale non è designato per professione ma per circoscrizioni territoriali. La forma di rappresentanza in parola rappresenta piuttosto uno stadio inferiore alla stessa democrazia parlamentare attuale.

17. Profondamente contrastante con le concezioni comuniste è l'anarchismo, che tende alla instaurazione immediata di una società senza stato e senza organamento politico, e che nella econiomia futura ravvisa il funzionamento autonomo di unità produttive, negando ogni centro organizzatore e regolatore delle attività umane nella produzione e nella distribuzione. Una tale concezione è vicina a quella della economia privata borghese, e resta estranea al contenuto essenziale del comunismo. Inoltre l'eliminazione immediata dello stato come apparecchio di potere politico equivale alla non resistenza alla controrivoluzione, oppure presuppone la immediata abolizione delle classi, la cosiddetta espropriazione rivoluzionaria contemporanea all'insurrezione contro il potere borghese.

Una tale possibilità non esiste nemmeno lontanamente, per la complessità del compito porletario nella sostituizione dell'economia comunista a quella attuale e per la necessità che tale processo sia diretto da un organismo centrale che coordini in sé l'interesse generale del proletariato subordianndo a questo tutti gli interessi locali e particolari il cui gioco è la maggior forza di conservazione del capitalismo.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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