Proletariato e guerra

La Sinistra di Zimmerwald

(«il comunista»; N° 142;  Febbraio 2016)

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Alla Conferenza di Zimmerwald, 5-8 settembre 1915 (1), su iniziativa dei partiti socialisti italiano e svizzero, un piccolo gruppo di delegati socialisti che si opponevano alla guerra, raccolti intorno a Lenin (6 su 38), presentò due progetti, uno di risoluzione e uno di manifesto, che ponevano il problema della lotta internazionale contro la guerra sul terreno intransigente e classista della lotta per l’abbattimento del regime capitalista, contro ogni posizione non soltanto di aperto appoggio alla guerra, ma anche di centrismo pacifista e neutralista. I due progetti non furono accolti dalla maggioranza come base di discussione, e si ripiegò su un manifesto, preparato da Trotsky, firmato anche da Lenin, di contenuto e intonazione più generici. Ma la Sinistra di Zimmerwald continuò la sua lotta, in piena guerra mondiale, sulle posizioni che l’avevano contraddistinta a quel primo convegno.

All’epoca non esistevano ancora i partiti comunisti che nasceranno dopo il fallimento della Seconda Internazionale e la degenerazione dei partiti socialisti in partiti socialimperialisti e socialpatriottici. I richiami ai socialisti e ai socialdemocratici rivoluzionari che si possono leggere in questi progetti erano perciò del tutto legittimi, come era del tutto normale, grazie all’attività di carattere parlamentare di questi stessi partiti, rivendicare che la tribuna parlamentare servisse non per votare i crediti di guerra ma per denunciare il carattere capitalista e antisocialista della guerra mondiale scoppiata un anno prima. In questi testi emerge con forza l’appello alla lotta contro la guerra, contro il capitalismo e per il rovesciamento del potere borghese in ogni paese come unica via per mettere fine alla guerra e per raggiungere la fratellanza tra i popoli. Nello stesso tempo è sottolineata con forza la denuncia del tradimento di quasi tutti i partiti socialisti (salvo quello russo, serbo e italiano e salvo Liebknecht in Germania) aderenti alla Seconda Internazionale, che soltanto un anno prima dello scoppio della guerra avevano sottoscritto l’appello alla lotta proletaria contro la borghesia che in ogni paese si stava preparando alla guerra.

Alla Conferenza di Zimmerwald Liebknecht non poté essere presente fisicamente, ma lo fu con una lettera: “Sono prigioniero del militarismo, sono in catene, perciò non posso parlarvi, ma il mio cuore e il mio pensiero, tutto il mio essere è con voi.”. Nel suo messaggio Liebknecht inoltre chiedeva: “Un’inesorabile resa dei conti con i disertori e i voltagabbana dell’Internazionale in Germania, Gran Bretagna, Francia e altrove.[…] La comprensione reciproca, l’incoraggiamento e uno stimolo per coloro che restano fedeli alla propria bandiera e determinati a non cedere di un pollice all’imperialismo internazionale, anche fino alla morte. E Ordnung (ordine) nelle fila di coloro che sono determinati a resistere, a stare saldi e a lottare, con i piedi ben piantati sulle fondamenta del socialismo internazionale.[…] Non pace civile, ma guerra civile! [...] La solidarietà internazionale del proletariato sopra e contro la pseudo-nazionale e pseudo-patriottica armonia tra le classi. La lotta di classe internazionale sopra e contro la guerra tra gli stati. La lotta di classe internazionale per la pace, per la rivoluzione socialista.”

Riprendiamo quei due progetti come documenti della storia viva del movimento proletario rivoluzionario, in tempi in cui le borghesie di ogni paese continuano a parlare di pace, mentre si è fatta la guerra in ogni angolo del mondo, fin dalla guerra di Corea del 1950 in poi. Tempi, quelli odierni, in cui gli imperialisti più assetati di sangue proletario parlano di negoziati per portare la pace in Siria e in Libia dopo aver provocato in quei  paesi – ultimi, solo in ordine di tempo – il dissesto economico e sociale; tempi in cui i governi delle metropoli più importanti del mondo diffondono auspici di democrazia e di civiltà quando milioni di uomini, donne e bambini sono  massacrati nelle guerre borghesi di accaparramento di risorse naturali, di vie di comunicazione, di masse proletarie da sfruttare e mentre si acutizzano i contrasti non solo fra le maggiori potenze imperialistiche, ma anche tra i diversi paesi e frazioni borghesi coinvolti nei giochi di influenza  e di rapina di quelle stesse potenze imperialistiche. Contrasti – malamente e ipocritamente nascosti dalle diplomazie di tutti i paesi – che spingono inesorabilmente verso un terzo conflitto mondiale per il quale si stanno preparando le “vecchie” e le “nuove” alleanze.

Nella prospettiva di un terzo conflitto mondiale, che non potrà essere che enormemente più devastante e distruttivo della seconda guerra mondiale, ogni borghesia dominante fa e farà di tutto per attirare i proletari del proprio paese, attraverso la politica della “solidarietà nazionale”, nella difesa della “patria”, dei “valori della civiltà moderna” e “della democrazia”, e nel contrastare, col sacrificio della loro vita, “l’aggressione subita” dal nemico del momento.

I proletari, per non essere trasformati per l’ennesima volta in carne da cannone, per non essere massacrati a beneficio esclusivo dei capitalisti e sfruttatori borghesi, avevano ed hanno una sola via da imboccare: rompere con la conciliazione interclassista e con la pace sociale imposte da capitalisti e opportunisti di ogni risma, quindi rompere con le cause della loro lunga paralisi sociale e riallacciarsi con la loro vera e viva storia classista di ieri, abbracciando nuovamente la causa della loro classe contro ogni nemico, dal più apertamente dichiarato a quello più insidioso e mimetizzato, come è certamente l’opportunismo. La lotta di classe, che i comunisti rivoluzionari di ogni tempo richiamano come movimento indispensabile per l’emancipazione da ogni sfruttamento e da ogni oppressione, non è una formula magica che, per incanto, risolve tutti i problemi: è la via storicamente data, ardua e inevitabile perché la classe del proletariato utilizzi materialmente la sua enorme forza sociale a beneficio di se stessa – e, in prospettiva, a beneficio dell’intera umanità – e non a beneficio del capitalismo, cioè di un regime politico ed economico che sta in piedi e rafforza il suo potere nella misura in cui il proletariato continua a farsi sfruttare e schiacciare senza sollevarglisi contro.

 

 


 

 

(1)   Nella sua autobiografia Trotskij scrive: “I giorni della conferenza, dal 5 all’8 settembre, furono tempestosi. L’ala rivoluzionaria, guidata da Lenin, e l’ala pacifista, che comprendeva la maggior parte dei delegati, si accordarono a fatica su un programma comune del quale avevo preparato la bozza. Esso era ben lungi dal dire tutto ciò che avrebbe dovuto dire, ma, anche così, fu un grande passo in avanti. Alla conferenza, Lenin rappresentava l’estrema sinistra: su molte questioni si trovò ad essere una minoranza di un singolo, anche all’interno della stessa sinistra di Zimmerwald - a cui io non appartenevo formalmente, anche se concordavo con loro sulle questioni fondamentali. A Zimmerwald, Lenin stava mettendo a punto la futura lotta internazionale. In un villaggio di montagna svizzero, stava ponendo la pietra angolare dell’Internazionale rivoluzionaria.La conferenza vietò in maniera rigorosa ogni diffusione fuori da Zimmerwald del resoconto dei propri lavori, cosicché nulla potesse trapelare prematuramente alla stampa e creare difficoltà alle frontiere ai delegati di ritorno in patria. Pochi giorni dopo, però, il nome fino ad allora sconosciuto di Zimmerwald era noto in tutto il mondo. Ciò ebbe un effetto sconcertante sul proprietario dell’albergo; l’ottimo svizzero disse a Grimm che prevedeva un notevole incremento del valore della sua proprietà e perciò era pronto a donare una certa somma a favore della Terza Internazionale. Ho il sospetto, tuttavia, che ben presto abbia cambiato idea.” (Lev Trotskij, La mia vita).

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Progetto di risoluzione

 

 

La guerra mondiale che da un anno devasta l’Europa è una guerra imperialista, intrapresa per lo sfruttamento del mondo, per degli sbocchi, delle fonti di materie prime, delle sfere di investimento del capitale ecc. Essa è il prodotto diretto dello sviluppo del capitalismo, che da una parte unifica il mondo in una sola unità di produzione, dall’altra mantiene in ogni stato-nazione gruppi di produttori indipendenti gli uni dagli altri e aventi interessi contrari.

Ne segue che la borghesia e i governi, affermando, per valutare l’autentico carattere di questa guerra, che si tratta di una lotta imposta loro per la difesa dell’indipendenza nazionale, ingannano il proletariato, poiché il vero scopo di questa guerra è al contrario l’assoggettamento di popoli e paesi stranieri.

Non sono meno menzognere le leggende sulla difesa della democrazia mediante la guerra, perché l’imperialismo significa il dominio più sfrontato del grande capitale e della reazione politica.

L’imperialismo non può essere superato che mediante l’eliminazione delle contraddizioni che l’hanno fatto nascere e l’instaurazione del socialismo in tutti i paesi di capitalismo avanzato, in cui le condizioni oggettive del socialismo sono già mature.

Quando è scoppiata la guerra, la più gran parte dei capi dei partiti operai non hanno opposto all’imperialismo questa parola d’ordine, la sola possibile. Trascinati dal nazionalismo, rosi dall’opportunismo, allo scoppio della guerra mondiale, essi hanno consegnato la classe operaia mani e piedi legati all’imperialismo, rinunciando a tutti i principi fondamentali socialisti e, di conseguenza, ad ogni vera lotta per gli interessi del proletariato.

Il socialismo patriota e il socialismo imperialista – nelle cui file si schierano in Germania così la maggioranza degli antichi leaders del partito il cui atteggiamento è francamente patriottico, come il centro del partito che fa perno intorno a Kautsky; in Francia e in Austria la maggioranza del partito; in Inghilterra e in Russia una parte dei dirigenti (Hyndman, i Fabiani, le Trade-Unions, Plechanov, Rubanovic, il gruppo “Nace Dielo”) – sono per il proletariato un nemico più pericoloso che i propagandisti borghesi dell’imperialismo perché abusando dello stendardo socialista, possono indurre in errore la parte incosciente dei lavoratori.

“Una lotta senza quartiere contro il socialismo imperialista dovrà necessariamente precedere ogni mobilitazione del proletariato e ogni ricostruzione dell’Internazionale”.

E’ dunque dovere tanto dei partiti socialisti quanto delle opposizioni socialiste in seno ai partiti divenuti ora socialimperialisti, di chiamare le masse alla lotta rivoluzionaria contro i governi borghesi per la conqusita del potere politico, indispensabile per l’instaurazione della società sulle basi del socialismo. Grazie a questa lotta condotta sotto la parola d’ordine del socialismo, ogni richiesta di assoggettamento di un popolo da parte di un altro, che trova la sua espressione nell’appoggio al dominio di un popolo su un altro e nelle strida a favore delle annessioni, diventerà inammissibile per le masse.

Questa lotta renderà le masse sorde ad ogni discorso sulla solidarietà nazionale, ai discorsi mediante i quali i lavoratori sono stati trascinati sui campi di battaglia.

Questa lotta avrà inizio con la lotta contro la guerra mondiale e per la cessazione del massacro umano. Essa impone ai socialisti il dovere di rifiutare ogni credito militare, di lasciare immediatamente i ministeri, di smascherare dalla tribuna parlamentare, nella stampa legale e, se impossibile, nell’illegale, il caratere capitalista e antisocialista della guerra attuale: di condurre la più intransigente lotta contro il socialpatriottismo; di approfittare di ogni moto popolare derivante dagli effetti della guerra (come la miseria, le perdite di vite umane ecc.) per organizzare dimostrazioni antigovernative; di propagandare la solidarietà internazionale nelle trincee; di sostenere ogni sciopero economico e cercar di trasformarlo, in caso di circostanze favorevoli, in sciopero politico.

La nostra parola d’ordine non è la tregua dei partiti e delle classi, ma la guerra civile. Contro ogni illusione che le decisioni dei diplomatici e dei governi possano creare una base solida alla pace e al disarmo, i socialdemocratici rivoluzionari devono ripetere continuamente alle masse che una pace durevole e la liberazione dell’umanità possono essere conquistate solo dal socialismo.

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Progetto di manifesto

 

Proletari d’Europa!

La guerra dura da più di un anno. I campi di battaglia sono seminati di milioni di morti, milioni di mutilati sono condannati ad essere per tutta la vita di peso agli altri e a se stessi. La guerra ha causato spaventosi danni e provocherà un aumento enorme delle imposte.

I capitalisti di tutti i paesi che, a prezzo del sangue dei proletari, fanno durante la guerra profitti enormi, esigono dalle masse popolari che compiano i massimi sforzi per resistere fino all’ultimo. Essi assicurano che la guerra è necessaria per la difesa della patria e che è condotta nell’interesse della democrazia. Sfrontata menzogna. In nessun paese la guerra è stata scatenata dai capitalisti perché l’indipendenza della nazione fosse in pericolo o perché essi desiderassero liberare qualche popolo assoggettato. Essi hanno condotto le masse popolari al massacro per opprimere e sfruttare altri popoli.

Non è dunque né per la loro propria liberazione né per la liberazione di altri popoli che su tutti i punti dell’enorme macello che è oggi l’Europa cola il sangue delle masse popolari. Questa guerra non porterà al proletariato europeo e ai popoli d’Asia e d’Africa che nuove catene e nuovi fardelli. E’ dunque inutile condurre questa guerra fino all’ultimo, fino all’estrema goccia di sangue: bisogna al contrario tendere tutti gli sforzi per mettervi fine.

E l’ora è già suonata, è tempo di reagire. E anzitutto, bisogna che voi esigiate dai vostri deputati socialisti, da voi inviati al parlamento per condurre la lotta contro il capitalismo, contro il militarismo, contro lo sfruttamento del popolo, che compiano il loro dovere, quel dovere che tutti, eccezion fatta per i deputati russi, serbi e italiani e per i deputati tedeschi Liebknecht e Ruehle, hanno calpestato. Gli uni hanno sostenuto la borghesia nella guerra di brigantaggio, gli altri si sono sottratti ad ogni responsabilità. Voi dovete esigere o che diano le dimissioni o che approfittino della tribuna parlamentare per spiegare al popolo il vero carattere di questa guerra, e che, fuori del parlamento, aiutino la classe operaia a cominciare la lotta. Dovete soprattutto esigere che rifiutino ogni voto di crediti militari e lascino i ministeri in Francia, Belgio, Inghilterra. Ma non è ancora tutto. I deputati non possono proteggervi dalle furie della guerra che bevono il vostro sangue. Dovete agire voi stessi. Dovete trar partito da tutte le vostre organizzazioni, da tutti i vostri organi di stampa per sollevare contro la guerra la rivolta delle masse che gemono ora sotto il suo fardello. Dovete scendere in piazza e gridare in faccia alle classi dirigenti: “Basta col massacro!”. Non importa che queste classi dirigenti rimangano sorde ai vostri appelli: le masse malcontente del popolo vi ascolteranno e si uniranno a voi nella lotta.

E’ indispensabile protestare energicamente contro la guerra, bisogna protestare forte contro lo sfruttamento dei popoli da parte di altri popoli, contro la divisione di popoli fra diversi Stati. Tutto ciò avverrà in caso di vittoria di non importa quale governo capitalista se questa vittoria gli offre la possibilità di dettare le condizioni di pace. Se permetteremo ai capitalisti di concludere la pace come hanno cominciato la guerra contro il parere dei popoli, le nuove conquiste non solo rafforzeranno nei paesi vittoriosi la reazione e l’arbitrio poliziesco, ma fermenteranno nuove guerre ancor più spaventose.

Lo scopo che la classe operaia di tutti i paesi belligeranti deve prefiggersi dev’essere il rovesciamento dei governi capitalisti. Giacché è solo quando tutto il potere di disporre della vita dei popoli sarà stato strappato alla borghesia che il proletariato potrà mettere fine ad ogni guerra, ad ogni sfruttamento di popoli da parte di altri popoli. Ed è solo quando saranno liberati da ogni potere del capitale, da ogni miseria, da ogni calamità, che i popoli potranno organizzare i loro rapporti non mediante la guerra ma mediante intese amichevoli. Lo scopo al quale noi tendiamo è grandioso, e il suo compimento esigerà da noi la massima tensione delle forze e i massimi sacrifici. La via verso il trionfo della nostra causa sarà probabilmente lunga. I mezzi pacifici saranno insufficienti per battere l’avversario. Ma solo quando sarete pronti a fare per la vostra stessa causa e per la vostra liberazione nella lotta contro il capitale anche una sola parte dei sacrifici che ora fate sui campi di battaglia per gli interessi dei capitalisti, voi sarete in grado di por fine a questa guerra e gettare le basi solide di una pace duratura. Ma se la borghesia e i partiti socialisti che la sostengono, riescono ad impedirvi di entrare in lotta, se vi contentate di sospiri e di aspirazioni sterili, se non vi decidete di partire all’attacco e a dare la vostra anima e la vostra vita per questa grande causa, il capitale potrà continuare finché vuole a sprecare il vostro sangue e i vostri beni.

In tutti i paesi il numero degli uomini che pensano come noi cresce tutti i giorni; sono loro che ci hanno incaricati di riunirci qui, rappresentanti di diversi paesi, per chiamarvi alla lotta. Questa lotta noi la condurremo sostenendoci a vicenda, poiché i nostri interessi sono simili e nulla ci divide. Bisogna che i proletari rivoluzionari si facciano un onore di servire di modello di energia, di attività e di spirito di sacrificio agli altri. Non è attendendo codardamente i risultati della lotta degli altri, ma accorrendo nelle prime file della lotta, che potremo costituire una poderosa Internazionale, che metterà fine alla guerra e al capitalismo.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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