Sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici sigliato dalla Triplice sindacale tricolore

(«il comunista»; N° 149;  Giugno 2017)

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ERRATA CORRIGE

 

Per ben due volte ci è sfuggito un errore in fase di impaginazione di questo articolo pubblicato nel n. 147 di questo giornale, e ce ne scusiamo con i compagni e i lettori.

La seconda parte, e conclusiva, è rimasta nel limbo e così non è stata pubblicata né come seguito da pag. 2 nel n. 147, né tantomeno nel n. 148, uscito lo scorso aprile.  La pubblichiamo ora sapendo che compagni e lettori, probabilmente rimasti un po' perplessi nel leggere l'articolo monco, sapranno collegare le due parti.

 

Grazie all’opera pluridecennale del sindacalismo tricolore, una generazione di giovani proletari è entrata nel mondo della produzione con contratti assolutamente precari risultando così più ricattabile; nello stesso tempo, fatta terra bruciata delle esperienze di lotta passate dove metodi di lotta tendenzialmente classisti e l’abitudine all’organizzazione di una certa vita sindacale avevano avuto un certo peso nonostante l’attività collaborazionista dei sindacati tricolore, la giovane generazione di proletari non ha avuto quella necessaria trasmissione di metodi e di mezzi di lotta utilizzati nel passato dai proletari più combattivi. In questo modo, essi sono ancora più esposti al ricatto individuale e alla manipolazione da parte del padronato e dei suoi lacchè.

Date queste condizioni, la ripresa della lotta di classe sarà inevitabilmente ardua e complicata, soprattutto sul terreno dell’organizzazione della lotta e nell’adozione di metodi più efficaci per contrastare la pressione padronale.

Ma il vero cancro da combattere è all’interno delle stesse file proletarie, e si chiama collaborazionismo sindacale e politico, ossia quella politica vestita da “operaia” ma in realtà padronale e capitalista che costituisce un serio ed ulteriore ostacolo anche per la più infima rivendicazione economica o sociale.

La via d’uscita da questo vero e proprio tunnel sta certamente nella lotta di difesa dal peggioramento sempre più drammatico delle condizioni di vita e di lavoro, ma non sul terreno degli interessi “comuni” tra proletari e padroni, bensì sul terreno di classe, sul terreno dell’antagonismo che divide storicamente gli interessi del lavoro dagli interessi del capitale.

La solidarietà che i proletari sono spinti dai collaborazionisti a dare all’economia aziendale, all’economia nazionale, col ricatto del posto di lavoro e di un salario per sbarcare il lunario, è un’arma che i proletari rivolgono contro se stessi. Questa falsa solidarietà non ha mai impedito ai capitalisti di licenziare, di abbattere i salari, di incrementare il dispotismo di fabbrica, di risparmiare sulle misure di sicurezza, stritolando fino all’ultima goccia di sudore e sangue, i lavoratori salariati. La solidarietà che i proletari devono riconquistare è quella di classe, che tiene conto esclusivamente della difesa degli interessi proletari di classe, che unifica nella lotta i proletari in quanto lavoratori salariati al di là del settore economico, dell’età, della nazionalità, e che riconosce apertamente l’antagonismo tra capitalisti e lavoratori salariati; una solidarietà che non va delegata ad organizzazioni opportuniste e collaborazioniste, ma esercitata direttamente.

Allora, anche la lotta operaia per il contratto di lavoro o per una qualsiasi rivendicazione immediata emersa dalla necessità di difendersi dal peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, sarà una lotta positiva, che rafforza il fronte proletario e la sua resistenza alle pressioni e agli attacchi dei capitalisti e delle istituzioni statali che li appoggiano e li proteggono. L’emancipazione proletaria va conquistata solo con la lotta di classe, non ci sono altri mezzi

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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