Stati Uniti d’America

I proletari immigrati sotto tiro

(«il comunista»; N° 151; Dicembre 2017)

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Da quando si è lanciato nel circo politico borghese, il clown reazionario Donald Trump ha manifestato apertamente il suo odio contro gli immigrati. Durante la sua campagna elettorale accusava i messicani di essere un’accozzaglia di ladri, violentatori e narco-trafficanti, sputava il suo odio contro i “musulmani” (nozione vaga che raggruppa tutti coloro che sono originari della vasta area che va dal Marocco all’Indonesia) stigmatizzati come terroristi. A queste dichiarazioni incendiarie, aggiungeva la promessa di costruire un muro lungo la frontiera col Messico per impedire ogni immigrazione negli Stati Uniti (muro,  la cui costruzione, in realtà era già stata iniziata dai suoi predecessori).

 

Trump: un’ondata di misure anti-immigrati

 

Tra i suoi primi atti politici c’è stata l’interdizione di accedere al territorio degli Stati Uniti ai cittadini di alcuni paesi del Medio Oriente. Malgrado enormi manifestazioni intorno agli aeroporti e nonostante molti pronunciamenti giudiziari contro la sua azione giudicata discriminatoria, Trump ha reiterato questa interdizione alla fine del mese di settembre. E nello stesso mese di settembre, ha decretato la fine del programma DACA che proteggeva 800.000 immigrati, i cosiddetti “Sognatori” giunti negli USA prima della maggiore età. All’inizio di ottobre, la Casa Bianca ha spedito al Congresso un documento in cui sono esposte 39 misure per l'inasprimento della repressione degli immigrati negli Stati Uniti, e per l’assunzione di 15.000 agenti della polizia di frontiera e della polizia per l’immigrazione (ICE). In novembre, è stato sospeso lo stato di rifugiati per 60.000 haitiani sfollati negli Stati Uniti dopo il terribile terremoto del 2010.

Questa politica anti-immigrati e di massicce espulsioni è una eredità ricevuta da Obama ma ampliata da Trump. Obama è stato il “grande espulsore”, visto che di immigrati ne ha espulso ben 8 milioni, più di tutti gli altri presidenti che l’hanno preceduto; Trump ad oggi centra il bersaglio di 15 milioni di immigrati illegali. Questa politica si accompagna a quella di internamento massiccio di proletari immigrati. I tribunali sono congestionati - per scarsità di mezzi - e 600.000 dossier sono in attesa di essere evasi. L’aumento di arresti si traduce, dunque, in massicce detenzioni di immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno nei centri di internamento spesso gestiti da interessi privati. Il governo prevede un consistente aumento di questi centri di internamento anti-immigrati.

 

Terrore poliziesco contro i sans-papiers

 

La polizia per l’immigrazione attua dei raid per terrorizzare gli immigrati. Nel corso dei primi sette mesi dell’Aministrazione Trump, i poliziotti hanno arrestato 100.000 proletari senza permesso di soggiorno, un aumento del 43% rispetto allo steso periodo dello scorso anno. Il capo dell’ICE ha dichiarato che l’agenzia prevedeva di aumentare dal 400 al 500% il numero di controlli nelle fabbriche e nei ristoranti, e che avrebbe continuato a procedere con gli arresti nei tribunali e nelle scuole.

I proletari immigrati vivono oggi sotto un regime poliziesco di controllo e di terrore. Il moltiplicarsi di atti ignobili fa rabbrividire: in Texas, una donna di 26 anni colpita da un tumore al cervello è stata strappata dal suo letto in ospedale e trasferita in carcere; un dipendente in un ristorante a Los Angeles è stato arrestato ammanettato dopo aver accompagnato la figlia a scuola; un transgender è stato arrestato a El Paso dopo aver cercato di proteggersi contro atti di violenza domestica; un bambina di 10 anni, arrestata nell’ambulanza che la portava all’ospedale di Corpus Christi, è stata portata in prigione appena uscita...

Di fronte a queste minacce, molte famiglie di immigrati vivono nel terrore, temono di rispondere quando suona il campanello di casa, hanno paura di uscire di casa per fare delle commissioni o per portare i figli a scuola, non si fidano dei servizi sociali quando ne hanno bisogno. Questa violenza legale alimenta inevitabilmente una violenza illegale – come ai tempi dei linciaggi. Ad esempio, un medico militare ha sparato a due immigrati originari dell’India al grido di “Via dal mio paese!”, un uomo mascherato ha abbattuto un Sikh davanti alla sua casa. Anche gli ebrei americani diventano dei bersagli: allarmi bomba hanno colpito un centinaio di comunità e distruzioni di tombe si sono verfiicate in tutto il paese. Quanto ai neri, e loro uccisioni per mano della polizia riempiono regolarmente le cronache.

La spinta di gruppi razzisti di estrema destra si è manifestata in modo sanguinoso durante uno dei loro raduni tenutosi a Charlottesville l’11 agosto scorso sotto slogan antisemiti, anti-neri ecc.: un contromanifestante è stato ucciso dall’auto di un partecipante ad uno di questi raduni che si è lanciato deliberatamente sulla folla. La reazione di Trump è stata piuttosto differente dalle sue abituali dichiarazioni impulsive contro gli stranieri e i musulmani; egli si è dichiarato contro la violenza non importa da dove provenga, affermando che di brava gente ce n’è da entrambe le parti. Le sue dichiarazioni hanno provocato indignazione da parte dei democratici; ma il ricorso all’utilizzo dei movimenti di estrema destra in caso di bisogno, in caso di minaccia contro l’ordine borghese, non stupisce perché fa parte dell’arsenale di ogni governo borghese, come del resto la contrapposizione fra proletari autoctoni e stranieri, legali o senza permesso di soggiorno.

Il capitalismo americano ha bisogno di mano d’opera a basso costo costituita dai proletari sans-papiers (e questo spiega la reazione di certi padroni o politici conservatori in favore degli immigrati), e la retorica anti-immigrati più che espellere tutti i sans papiers mira a minacciarli di espulsione facendoli vivere sotto la paura permanente della polizia, rendendoli più malleabili e sottomessi alle esigenze dei padroni.

 

Come The Spark “difende” gli immigrati

 

Di fronte a questo vero terrore anti-immigrati e anti-minoranze etniche, una gran parte dell’“estrema” sinistra statunitense ha posto le sue speranze sul Partito Democratico o sulla burocrazia sindacale dell’AFL-CIO.

Ma in questa palude centrista, il gruppo The Spark, legato a Lutte Ouvrière (LO), pretende di occupare un posto particolare in virtù di una sua supposta ortodossia. Il gruppo Spark intrattiene delle “relazioni fraterne” con l’Unione comunista internazionale (UCI), il gruppo internazionale controllato da LO e che dispone di sezioni in Europa dell’Ovest, in Turchia, ad Haiti, in Costa d’Avorio e in Guadalupa-Martinica.

Lutte Ouvrière ha pubblicato nella sua rivista “teorica” un articolo di The Spark sull’immigrazione (1).

L’articolo denuncia lo sfruttamento di 11 milioni di “sans-papiers”, le politiche della Casa Bianca sotto le varie presidenze, la demagogia anti-immigrati dei politici e lo sciovinismo dei sindacati americani. Da queste constatazioni Spark tira delle conclusioni anti-proletarie mascherate sotto la denominazione di “politica di lotta”.

Spark non offre, in effetti, che una prospettiva piattamente riformista. L’obiettivo indicato ai proletari statunitensi è quello di “strappare tutto quello di cui i lavoratori hanno bisogno, posti di lavoro e salari decenti, buone condizioni di lavoro, scuole degne di questo nome e servizi sanitari”. Non soltanto è un programma riformista che nega che i proletari debbano lottare per strappare il potere alla borghesia e instaurare la loro dittatura, ma tutte queste richieste sono del tutto vaghe e assolutamente compatibili con il capitalismo.

L’articolo non dà alcun’altra prospettiva ai proletari se non quella di attendere che “i lavoratori americani si [rendano] conto che i lavoratori immigrati sono un atout” e della loro disponibilità a lottare. Spark non dice una parola sul controllo dell’immigrazione. Questo controllo è la causa diretta di tutte le restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori, dello statuto speciale dell’immigrazione, di tutte le misure discriminatorie e repressive in materia di ingresso, di soggiorno, di lavoro, di alloggio ecc. La lotta contro tutto ciò è indissolubilmente legata alla lotta per la totale eguaglianza dei diritti – sociali, sindacali, politici – fra lavoratori di qualsiasi nazionalità.

La rivendicazione dell'eliminazione del controllo e delle discriminazioni verso i lavoratori immigrati risponde ad un bisogno reale della classe operaia, ma questa rivendicazione è legata al programma di emancipazione dell’intera classe proletaria. La lotta contro l’oppressione specifica che colpisce i lavoratori immigrati deve avere come risultato principale – alla stessa stregua di ogni lotta in difesa delle condizioni di vita e di lavoro operaie – l’unione sempre più ampia dei lavoratori salariati.

Nella strategia internazionale della rivoluzione proletaria, le masse operaie immigrate costituiscono un legame vivo fra il proletariato dei paesi imperialisti e le masse proletarie dei paesi periferici. Nei paesi imperialisti, la rivoluzione di classe sarà l’opera congiunta dei proletari autoctoni e immigrati. Nei paesi oppressi, il proletariato immigrato avrà il compito di importare non solo le esperienze di lotta accumulate nell’immigrazione, ma anche una visione internazionale dei problemi della sua classe e della sua lotta contro il capitalismo, acquisita proprio là dove l’imperialismo ha spinto fino alle sue ultime conseguenze le forme e i metodi del potere borghese.

Spark non avanza alcuna rivendicazione tesa a migliorare nell’immediato le condizioni di vita dei proletari senza permesso di soggiorno. Non una parola sul rinnovo automatico delle green card (permessi di soggiorno), sulla regolarizzazione di tutti gli immigrati sans-papiers, sul respingimento e sulle espulsioni, sul ritorno degli espulsi, sulla liberazione dei sans-papiers incarcerati, sull’accoglienza dei rifugiati, sull’eguaglianza di diritti per tutti i lavoratori... Nessuna rivendicazione contro lo sfruttamento bestiale e negriero inflitto dai capitalisti ai lavoratori immigrati, e nemmeno un semplice appello alla solidarietà!

Silenzio e bocche cucite anche sulla necessaria organizzazione indipendente e di classe dei proletari di tutte le nazionalità. Negli Stati Uniti, come dappertutto, i proletari sans-papiers devono prepararsi ad una lotta prolungata tessendo legami fra di loro e con gli altri proletari pronti a solidarizzare con la loro lotta, senza farsi sviare dalle illusioni e dalle trappole dei servi riformisti della borghesia. Questo presuppone che si cerchi fin da oggi di raggruppare i proletari alla base, appoggiandosi sulle loro lotte esistenti e sulle forme embrionali di solidarietà fra lavoratori statunitensi e immigrati.

Il difficile e paziente lavoro per tessere dei legami fra i gruppi di lavoratori combattivi e la solidarietà attiva nella lotta è la sola via per abbattere il muro dell’isolamento di cui soffrono soprattutto i lavoratori immigrati, muro abilmente tenuto in piedi dal collaborazionismo che dappertutto isola anche la più piccola e limitata lotta al fine di preservare più efficacemente la pace sociale. E’ così che i comunisti devono contribuire a costruire il fronte proletario di lotta che dovrà un domani opporsi al fronte unito della borghesia e dei suoi lacché.

Spark, come il suo mentore Lutte Ouvrière in Francia, abbandona tutto quel che potrebbe urtare i pregiudizi sciovinisti esistenti in determinati strati, in generale i più pagati, che formano la vecchia e ben nota aristocrazia operaia. Questo tipo di capitolazione colloca irrimediabilmente Spark, Lutte Ouvrière e l’UCI nel campo del riformismo, dunque nel campo della borghesia. E non sono certo le roboanti proclamazioni per presentarsi come eredi dell’Ottobre proletario a cambiare qualcosa.

E’ dovere dei comunisti denunciare la politica razzista dei governi statunitensi che si sono succeduti nel tempo, ma essi devono, nello stesso tempo, denunciando il collaborazionismo dei gruppi politici falsamente “operai” e “comunisti”, tracciare una prospettiva classista per far comprendere ai proletari autoctoni o immigrati “regolarizzati” che la sorte dei sans-papiers li riguarda direttamente e che il sostegno alle loro lotte è un'assoluta necessità anche per loro stessi, perché abbandonare una parte dei proletari al dominio totale dei capitalisti significa indebolire tutta la classe proletaria. E questo non vale solo per gli Stati Uniti, ovviamente, ma per ogni paese imperialista.

 

Solidarietà proletaria con i proletari immigrati!

Regolarizzazione immediata e senza condizioni di tutti i sans-papiers!

No alle espulsioni e ai respingimenti, in terra o in mare! Ritorno degli espulsi! Chiusura dei centri di detenzione ed espulsione!

Abrogazione di tutti gli ostacoli alla circolazione libera dei proletari! No al controllo dell’immigrazione!

Ripresa della lotta proletaria anticapitalistica! Unità dei proletari immigrati, con o senza permesso di soggiorno, e autoctoni nella lotta classita e nella sua organizzazione indipendente!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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