Premessa al testo

«Quarant’anni di organica valutazione degli eventi di Russia nel drammatico svolgimento sociale e storico internazionale»

(«il comunista»; N° 153; Maggio 2018)

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Riprendendo i diversi materiali di partito dedicati alla Rivoluzione d'Ottobre e, quindi, alla Russia, nell'ambito del centenario della rivoluzione bolscevica e dell'avvio di un processo rivoluzionario mondiale che avrebbe potuto aprire in Europa e nel mondo la via all'emancipazione della classe proletaria e alla società socialista, si è deciso di  proseguire il lavoro di traduzione in altre lingue, iniziato dal partito fin dal 1957, relativo a molti testi che uscirono originariamente in italiano. Molte traduzioni sono state fatte, controllate e messe a disposizione dei compagni e di tutti coloro che sono interessati ad approfondire le posizioni della nostra corrente. Uno dei vecchi testi, tra i tanti, ma sempre di grande attualità, che mancava all'appello, era quello di cui ci occupiamo ora e che è finalmente disponibile in lingua spagnola e che pensiamo di rimettere a disposizione per gli interessati anche in italiano nella forma solita dei Reprint.

Pubblichiamo di seguito la premessa.

 

PREMESSA AL TESTO

 

Il testo Quarant’anni di organica valutazione degli eventi in Russia nel drammatico svolgimento sociale e storico internazionale è stato pubblicato nell’allora giornale di partito, “il programma comunista”, n. 21 del 1957. Dalla vittoria dell’Ottobre rosso erano passati quarant’anni e i partiti stalinisti commemoravano la vittoria del proletariato rivoluzionario in Russia come l’inizio della falsissima costruzione del socialismo in un solo paese, vantando una inesistente continuità del partito bolscevico in Russia, al potere nei primi anni della vittoria rivoluzionaria sotto la guida di Lenin, e gli anni successivi, in particolare dal 1926 in poi, sotto la guida di Stalin. L’intento del partito non era di “commemorare a nostro modo” la rivoluzione d’Ottobre, ma di ribadire i cardini della nostra valutazione degli eventi di Russia dal punto di vista strettamente marxista e rivoluzionario, cogliendo l’occasione in cui l’attenzione dei proletari veniva catturata dagli inni alla Russia falsamente socialista che, dopo aver portato per trent’anni al settimo cielo Baffone-Stalin, tentava di ripulirsi di tutto l’odioso retaggio che ricordava l’epoca di Stalin, iniziando una “destalinizzazione”  che fu, se mai fosse stato possibile, con la sua sempre più brigantesca politica imperialista e militarista, peggio della “stalinizzazione” precedente.

Questo testo fa parte, come del resto ogni altro testo di partito, del lavoro collettivo di partito che si dedicò, dalla sua ricostituzione nel secondo dopoguerra, all’opera di restaurazione della dottrina marxista completamente calpestata e stravolta dallo stalinismo, e all’opera di bilancio della controrivoluzione che affossò non solo la rivoluzione proletaria in Russia, in Europa e nel mondo, ma anche il partito bolscevico di Lenin e l’Internazionale Comunista.

Le nostre posizioni sulla “costruzione del socialismo in un solo paese”, e per di più in Russia, paese capitalisticamente molto arretrato, sono note e, comunque, sono rintracciabili in moltissimi studi, testi e tesi di partito pubblicati in tutti i decenni che ci separano dal 1946, ossia da quando si pubblicò il primo testo organico relativo ad un primo bilancio della controrivoluzione, il Tracciato di impostazione (1) e che fece da base per tutto il lavoro successivo di restaurazione teorica.

Uno dei punti-chiave da cui partire, ribadito con forza, è stato questo: la rivoluzione di Ottobre va considerata «non in rapporto a mutamenti immediati o rapidissimi delle forme di produzione e della struttura economica, ma come fase della lotta politica internazionale del proletariato». E su questo punto il partito svolse una sistematica e vigorosa battaglia politica contro tutte le interpretazioni che volevano, da un lato, confinare la rivoluzione d’Ottobre nella sola Russia, considerando le sue caratteristiche come una particolare eccezione dovuta alla storia specifica della Russia zarista e non come caratteristiche generali e universali della rivoluzione proletaria a livello mondiale – leggasi, soprattutto, la conquista violenta del potere politico, l’instaurazione della dittatura proletaria esercitata monopolisticamente dal solo partito comunista rivoluzionario, il terrore rosso –; da un altro lato, sempre basandasi sulle particolarità russe, considerare la rivoluzione in Russia come l’avvio della trasformazione non solo politica e sociale del paese, ma anche della trasformazione economica in socialismo, pur in assenza della vittoria rivoluzionaria in paesi capitalisticamente avanzati, come ad esempio in Germania; e, per conseguenza, interpretare l’avvio del capitalismo in Russia – come nelle dichiarazioni di Lenin fino alla sua morte – come l’avvento del socialismo nella sola Russia che, in questo modo, doveva rappresentare il “modello” per tutti gli altri paesi. Un “modello” che non escludeva, anzi, al contrario, prevedeva che, in ogni altro paese, il corso rivoluzionario per giungere al socialismo dovesse tener conto delle particolarità nazionali che – guarda caso – erano la leva principale di ogni tendenza opportunista. E così la libertà, la democrazia, il pacifismo, la coesistenza pacifica, l’emulazione divennero il sale di ogni piatto offerto dai falsi partiti comunisti in Europa e nel mondo.

La battaglia teorica e politica condotta dal nostro partito, fin dai suoi primi passi dopo la sua ricostituzione nel secondo dopoguerra, è stata inevitabilmente condizionata dalle conseguenze disastrose che il corso controrivoluzionario in Russia e nel mondo produsse sul movimento comunista internazionale e sul movimento operaio di ogni paese. Non si trattava soltanto di restaurare la dottrina marxista – come dovette fare Lenin di fronte al riformismo bernsteiniano e al revisionismo del rinnegato Kautsky –, ma lo si dovette fare in un periodo storico in cui il movimento operaio europeo, e americano, era stato completamente asservito alla conservazione borghese attraverso la lotta antifascista per la democrazia, e in cui la sconfitta dei tentativi rivoluzionari in Europa e la degenerazione del partito bolscevico e, con lui, di tutti i partiti dell’Internazionale Comunista, avevano quasi del tutto azzerato le potenzialità di rinascita di un movimento comunista marxista degno di questo nome.

L’opera di restaurazione della dottrina marxista e della ricostituzione dell’organo politico della classe proletaria mondiale, il partito comunista rivoluzionario, condotta dal partito comunista internazionale è rintracciabile in tutti gli scritti contenuti nei giornali, nelle riviste e nei volumi che abbiamo pubblicato in più di settant’anni, e dall’attività svolta in tutti questi decenni. Non nascondiamo, e non abbiamo mai nascosto, che nella sua attività il partito è andato incontro ad errori, a deviazioni e a scissioni: il partito è un organismo vivo che agisce contro la società capitalistica, necessariamente dal suo interno, pur rappresentandone la fine e il suo superamento; è un organismo che vive nelle contraddizioni di questa società e ne subisce la pressione e le conseguenze, ma conoscendone non solo gli effetti, ma soprattutto le cause e, perciò, a differenza di qualsiasi altro organismo politico esistente, il partito di classe, il partito marxista, può formalmente cadere, deviare, morire, ma dal punto di vista storico e teorico è sempre vivo, perché il marxismo affonda le sue radici nella storia delle società umane e del loro materialistico divenire. Ecco dunque, che anche una piccola e infinitesima collettività politica, o perfino un uomo, come in determinati periodi è successo per Marx, Engels, Lenin, Bordiga, hanno la possibilità reale, ad un certo punto del corso storico, di rianimare un’attività teorica e politica rivoluzionaria. Ebbene, è quel che è avvenuto alla corrente della Sinistra comunista d’Italia, distrutta e dispersa, ma non seppellita per sempre, dagli attacchi dello stalinismo, del fascismo, dell’opportunismo di ogni specie, della democrazia, ossia da parte di tutte le tendenze politiche, sociali e ideologiche emanate dal capitalismo e dal potere borghese nella sua fase imperialista. La Sinistra comunista d’Italia ha rappresentato, e rappresenta, la potenziale rinascita del movimento rivoluzionario del proletariato perché ha rappresentato, e rappresenta, l’opera di restaurazione della dottrina marxista e della ricostituzione del partito politico della rivoluzione proletaria internazionale.

L’opera di ridefinizione dei punti cruciali della storia delle lotte di classe, delle rivoluzioni e delle controrivoluzioni, è stata ed è in continuo divenire, ma la sua forza è tratta dall’intransigenza nel difendere l’invarianza del marxismo e nell’agire di conseguenza. Fa parte di questa attività anche questo testo intitolato, non a caso, Quarant’anni di un’organica valutazione degli eventi in Russia nel drammatico svolgimento sociale e storico internazionale. In questo, come in qualsiasi testo di partito, non vi sono nuove “scoperte”, nuove “tesi” per comprendere la storia della rivoluzione in Russia e della sua sconfitta: vi si applica il materialismo dialettico e storico, come richiede la teoria marxista, inserendo i fatti, le vicende storiche, le loro tendenze e le loro controtendenze, seguendo la linea storica delle lotte di classe, dello sviluppo delle forze produttive e quello delle forme della produzione e, di conseguenza, delle classi che rappresentano – rivoluzionariamente all’inizio, riformisticamente poi e reazionariamente infine – il corso storico dello sviluppo delle società divise in  classi. La rivoluzione d’Ottobre va considerata come fase della lotta politica del proletariato internazionale, abbiamo affermato poco sopra; ma anche la sua sconfitta, e la vittoria della controrivoluzione, va considerata come una fase della lotta politica del proletariato internazionale nella quale il proletariato è stato battuto. Una fase, non un’era geologica.

I quarant’anni che separano il 1917 dal 1957, vengono suddivisi dal testo in quattro fasi, definite sinteticamente così: A) La Russia contro l’Europa nell’Ottocento; B) Le prospettive del tramonto dell’ultimo feudalismo; C) L’incancellabile epopea russsa della rivoluzione proletaria mondiale; D) Parabola sinistra della rivoluzione stroncata. La rivoluzione borghese in Russia, tanto attesa da Marx ed Engels, in un periodo in cui il capitalismo in Europa aveva già storicamente dimostrato di aver prodotto la classe rivoluzionaria per eccellenza – il proletariato – continuava a tardare in quel potente bastione della reazione feudalista che era l’Impero zarista e che costituiva una grande forza repressiva dei tentativi rivoluzionari del proletariato in Europa. La grande visione di Lenin consiste nel fatto di aver sognato per la Russia quel che Marx aveva sognato per la Germania in un periodo storico precedente: la rivoluzione in permanenza, una rivoluzione nella quale il proletariato non solo avrebbe costituito una forza antizarista determinante, ma anche la forza antiborghese, passando dagli obiettivi antifeudali agli obiettivi antiborghesi in un processo rivoluzionario senza soluzione di continuità. La grande visione di Lenin andò anche oltre, proprio perché la rivoluzione proletaria in Russia non poteva che essere una fase della rivoluzione proletaria internazionale: la rivoluzione e la dittatura proletarie vittoriose in Russia dovevano aprire – e aprirono – un processo rivoluzionario mondiale nel quale, da un lato, i poteri feudali e arcaici dell’Asia venivano fatti crollare, liberando in questo modo lo sviluppo delle loro forze produttive, e, dall’altro lato, il proletariato dei paesi capitalistici avanzati d’Europa avrebbero seguito l’esempio bolscevico, abbandonando le illusioni democratiche, riformiste e pacifiste, e dando alle loro lotte di classe la spinta rivoluzionaria per abbattere i poteri borghesi esistenti. In Russia, il temprato e teoricamente solido partito bolscevico, guidò il proletariato alla vittoria e alla dittatura di classe; vinse la controrivoluzione armata e ricostituì l’Internazionale proletaria e comunista. In Europa, la maggior parte delle correnti di sinistra che si scissero dai partiti socialdemocratici e socialisti che aderirono alla guerra imperialista parteggiando ciascuno per la classe dominante borghese “del proprio paese”, non riuscirono a liberarsi completamente delle influenze e delle abitudini riformistiche (salvo la corrente della Sinistra comunista d’Italia), cosa che impedì loro di costituire per il proletariato quel motore politico indispensabile alla preparazione rivoluzionaria e alla guida solida e certa della rivoluzione.

La rivoluzione proletaria in Russia, in assenza dell’apporto decisivo della rivoluzione in Europa, si trovò a dover difendersi da sola e, sul piano economico, a dover limitarsi al compito borghese: sviluppare capitalismo nella forma più controllabile possibile dal potere politico proletario, in attesa della ripresa della lotta di classe e rivoluzionaria in Europa. Non venne la ripresa della lotta rivoluzionaria in Europa, venne la controrivoluzione che riuscì, anche grazie all’arretratezza economica e sociale della Russia, ad isolarla e a soffocarla.

«Come è una dottrina della rivoluzione così, dalla sua prima scrittura, il marxismo è una teoria delle controrivoluzioni; come è una previsione della rivoluzione socialista unitaria e mondiale, così è dal primo momento una sicura e non pavida attesa di controrivoluzioni in serie, ripetute, diffuse, incrociate nello spazio e nel tempo». Così è scritto in un “filo del tempo” del 1951 (2), e in forza di questa caratteristica esclusiva del marxismo, e della coerente e intransigente difesa del marxismo portata avanti, fin dalla sua formazione, dalla corrente della Sinistra comunista d’Italia contro ogni cedimento opportunista, il partito ha assunto il compito della restaurazione della dottrina marxista e della valutazione dei principali eventi storici, come dimostra la serie numerosissima di rapporti, riunioni, testi e tesi prodotta nei decenni dal 1946 in poi (3).

Nel testo Quarant’anni di una organica valutazione degli eventi di Russia... – che esce dopo la pubblicazione dei “fili del tempo” dedicati alla questione russa, il Dialogato con Stalin, il Dialogato coi morti, Russia e rivoluzione nella teoria marxista, ed esce in contemporanea con l’inizio della lunga trattazione intitolata Struttura economica e sociale della Russia d’oggi – si riprendono i punti cardinali della rivoluzione e della controrivoluzione in Russia, riunendoli sinteticamente nel bilancio che il partito stava facendo sulla “questione russa”, e inserendoli in una valutazione dinamica dei fatti storici e nella prospettiva di una ripresa rivoluzionaria della lotta di classe proletaria che, all’epoca, in forza dei dati economici dello sviluppo delle crisi capitalistiche, si poteva ipotizzare intorno al 1975, anno in cui effettivamente scoppiò la crisi capitalistica a livello mondiale, ma non seguì la crisi rivoluzionaria che avrebbe potuto avere, come epicentro, i paesi dell’Europa centrale (Germania ovest ed est, Polonia, Cecoslovacchia) nei quali si sarebbe sviluppata una potente ripresa delle forze produttive e nei quali il movimento insurrezionale proletario avrebbe influenzato e attirato i proletariati di Francia e d’Italia, facendo finalmente apparire la rivoluzione proletaria e comunista nel cuore del vecchio capitalismo europeo, e da qui in Inghilterra, in America, in Giappone.

Fantasie da marxisti visionari? Marx, Engels, Lenin, tutti i marxisti hanno spesso atteso la rivoluzione prima che la storia effettivamente la ponesse all’ordine del giorno; basta ricordare il 1848, ma lo stesso 1917. Le grandi visioni rivoluzionarie sono feconde anche quando la storia ne rinvia l’attuazione, ribadiamo nel testo che pubblichiamo; ma sono feconde se dalle rivoluzioni e, soprattutto, dalle controrivoluzioni, il partito di classe trae un bilancio storico e politico corretto che faccia da base per la successiva preparazione rivoluzionaria e sappia collegarsi, nel tempo e nello spazio, al filo storico che unisce la lotta di classe dei primi gruppi proletari ai successivi tentativi rivoluzionari di assalto al cielo, che sono passati per la Comune di Parigi del 1871 fino alla rivoluzione d’Ottobre in Russia, all’epoca che si concluse con la vittoria della controrivoluzione staliniana e borghese. La storia non agisce secondo le fasi della vita media degli individui o secondo i calendari dei cicli economici o secondo l’andamento dei listini di borsa; agisce attraverso avanzate tremende e rinculi drammatici di fatti economici, sociali, politici, militari che si intersecano e si influenzano vicendevolmente, ma sempre, alla fin fine, sul terreno della lotta fra le classi. Ed è con lo sviluppo della lotta fra le classi, nella quale ad un certo punto emerge il proletariato non più come classe per il capitale, ma classe per sé, che si giocano i destini della società capitalistica e della rivoluzione proletaria. E’ esattamente di questo che la classe borghese ha paura, perché nella sua “coscienza di classe” si è depositato il terrore della sollevazione rivoluzionaria del proletariato nel mondo, e quindi della fine del suo potere e della sua società.

I cent’anni che oggi ci separano dall’Ottobre russo possono apparire a molti come la definitiva sepoltura dello svolto rivoluzionario; al capitalismo col suo portato di miseria, di fame, di guerre, di degenerazione sociale, sembra non vi siano alternative: capitale, lavoro salariato, merce, denaro, appaiono come i piloni di qualsiasi società immaginabile, e l’unica possibilità per combattere la miseria, la fame, la guerra, la degenerazione sociale che impestano ogni paese al mondo sembra essere quella di “smussare gli angoli”, di “ammorbidire i contrasti”, di “rinunciare ognuno a qualcosa”, di “riformare” questo o quell’aspetto della vita sociale, o semplicemente di “rimettersi nelle mani di Dio” e sperare che qualcosa cambi...

Noi marxisti i visionari? La propaganda borghese e opportunista, tra cui hanno primeggiato senza dubbio gli stalinisti, ha sostenuto per quasi settant’anni che in Russia era stato “edificato” il socialismo, che il mondo era diviso in due “campi”, quello capitalista occidentale e quello “socialista” orientale, e che il pericolo per la pace dei popoli derivava dal contrasto fra questi due campi, per cui la “soluzione” doveva essere una “coesistenza pacifica” di due sistemi diversi, ...naturalmente basata sull’equilibrio del terrore, ossia su armamenti atomici equiparabili. Ma non ci fu bisogno che a Mosca si confessasse apertamente che quel che costruivano non era socialismo ma capitalismo. Ci pensò il mercato internazionale e lo sviluppo dei contrasti interimperialistici a smontare completamente l’orrendo castello di menzogne costruito sul massacro della vecchia guardia bolscevica e sulla distruzione del movimento comunista internazionale. Con il crollo dell’URSS, tra il 1989 e il 1991, e del suo “impero euroasiatico”, i borghesi di tutto il mondo inneggiarono alla sconfitta definitiva del “comunismo” e alla vittoria dell’economia di mercato e della società capitalistica costruita su di essa. In realtà l’impero sovietico, che è sempre stato capitalista e solo capitalista, è crollato proprio a causa delle inesorabili contraddizioni dell’economia capitalistica e dei contrasti inevitabili sul mercato internazionale con poli capitalistici e imperialistici economicamente molti più potenti – leggi Stati Uniti d’America, Europa nella quale primeggiava la Germania, Giappone, ossia le prime economie del mondo – scontrandosi con i quali ha semplicemente perso la capacità di mantenere il controllo coloniale sui paesi dell’Europa dell’Est e i paesi dell’Asia centrale, controllo ereditato dalla spartizione delle aree di influenza in seguito alla vittoria della seconda guerra imperialistica mondiale. L’onda lunga provocata dalla crisi mondiale del 1975 e dalle crisi capitalistiche successive, ha eroso a tal punto il famoso “muro” che divideva l’impero sovietico dal resto del mondo da far implodere il potere di Mosca e consegnarlo molto più apertamente alle oscillazioni del mercato internazionale. Ulteriore dimostrazione che in Russia, e tanto meno nel cosiddetto “campo socialista”, Cina compresa, non c’è mai stata la trasformazione economica da capitalismo a socialismo, ma solo impianto e sviluppo del capitalismo con tutto il suo corredo di brutale sfruttamento del lavoro salariato, contraddizioni sociali, repressioni, guerre. La ripresa della lotta rivoluzionaria proletaria è solo rimandata.

 


 

(1)   Il Tracciato di impostazione è stato pubblicato nel n. 1 di “Prometeo”,  rivista mensile del partito comunista internazionalista, luglio 1946. Per ribadire che tutto ciò che il partito pubblica è il risultato di un lavoro collettivo ed impersonale, nel dichiarare che questo scritto non contiene la dimostrazione di quanto afferma, ma si limita a fissare i cardini principali cui si riferisce l’intero lavoro di partito,  nelle prime righe di premessa allo scritto ci si preoccupa di evidenziare che si tratta di un “lavoro impersonale di una avanguardia dei gruppi sociali che enuclea e rende evidenti le posizioni teoriche verso cui i singoli sono portati, assai prima di averne coscienza, dalle reali comuni condizioni in cui vivono. Il metodo dunque è antiscolastico, anticulturale, antilluministico”. Questo scritto è contenuto, insieme ad un altro testo fondamentale di impostazione delle posizioni teoriche intitolato I fondamenti del comunismo rivoluzionario…..,  anche nel volumetto n. 1 dei “testi del partito comunista internazionale”, pubblicato dal partito nel 1974, pp. 7-23.

(2)   Cfr. La controrivoluzione maestra, settantottesimo articolo della serie “Sul filo del tempo”, pubblicato nel n. 18 del 1951, del giornale di partito di allora, “battaglia comunista”.

(3)   Tra i tanti, in particolare la lunga serie dei “Fili del tempo” dedicati alla critica di tutte le tendenze opportunistiche che hanno infestato il movimento proletario, i testi Proprietà e capitale e Forza, violenza e dittatura nella lotta di classe, oltre il Dialogato con Stalin e il Dialogato coi Morti, Russia e rivoluzione nella teoria marxista, Struttura economica e sociale della Russia d’oggi, Fattori di razza e nazione nella teoria marxista, Il programma rivoluzionario della società comunista elimina ogni forma di proprietà del suolo, degli impianti di produzione e dei prodotti del lavoro, ecc. Consultando il nostro sito www.pcint.org, alla sezione Testi e tesi, si trova un elenco completo delle pubblicazioni di partito.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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