Insegnamenti decisivi della Rivoluzione d’Ottobre

(«il comunista»; N° 154; Luglio 2018)

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Ad ulteriore dimostrazione della perfetta coerenza di impostazione programmatica e politica sulla questione della guerra imperialista da parte della corrente della Sinistra comunista e del Partito Comunista d’Italia - sezione dell’Internazionale Comunista, da essa guidato dalla sua fondazione nel gennaio 1921 a Livorno fino al 1923, riportiamo alcuni brani del Manifesto ai lavoratori d’Italia diffuso il 30 gennaio 1921 dal PCd’I.

Come tutti sanno, il PCd’I nacque dalla scissione che avvenne al XVII congresso del Partito Socialista Italiano tra le correnti comuniste rivoluzionarie (in particolare quelle rappresentate dai loro organi Il Soviet di Napoli e l’Ordine Nuovo di Torino) e le correnti riformiste e socialdemocratiche rappresentate dai Turati, Treves, Modigliani, D’Aragona ecc.; ma le basi teorico-programmatiche e politiche del partito di Livorno furono definite dalla Sinistra comunista rappresentata da il Soviet, e accettate interamente da Gramsci e dall’Ordine Nuovo alla costituzione del partito comunista, basi che soltanto in seguito, sulla spinta dei cedimenti dell’I.C. in campo tattico e organizzativo e sulla base dei loro vecchi difetti consiliaristi e democratici, furono rinnegate dagli ordinovisti.

Dopo aver riassunto brevemente la critica ai socialisti riformisti e socialdemocratici di tutti i partiti socialisti che, di fronte alla guerra del 1914, anziché “opporsi energicamente alla guerra”, secondo gli stessi dettami   sottoscritti dalla Seconda Internazionale, “divennero i complici del sacrificio proletario per gli interessi borghesi” votando i crediti di guerra e sollecitando i proletari a partecipare alla guerra borghese in “difesa della patria”.

E dopo aver ricordato che sebbene il PSI abbia tenuto “un contegno migliore di quello degli altri partiti socialisti europei”, non aderendo alla guerra, non combatté realmente contro di essa per la quale azione avrebbe dovuto spingere le masse alla lotta rivoluzionaria contro la borghesia imperialista che in Italia, un anno dopo, entrò comunque in guerra, il Manifesto del PCd’I del gennaio 1921, tra le altre cose, proclamava:

 

Manifesto ai lavoratori d'Italia

 

Proletari italiani!

(...)

A chiarire e precisare l’atteggiamento dei socialisti dinanzi alla guerra e alle sue conseguenze, venne la rivoluzione russa. Essa ci mostrò i socialisti russi divisi in campi opposti: mentre alcuni partiti e frazioni socialisti, che pure erano stati contro la guerra, propugnavano l’alleanza coi parttiti borghesi, la continuazione della guerra, la limitazione delle conquiste rivoluzionarie alla costituzione di una repubblica democratica al posto del vecchio dispotico impero zarista; all’avanguardia del proletariato rivoluzionario si poneva un forte e cosciente partito politico: quello dei Bolscevichi, che ora è il grande Partito comunista di Russia.

I Bolscevichi avevano già il loro programma rivoluzionario. Essi fin dal 1914 avevano dichiarato che la guerra delle nazioni doveva volgersi in guerra civile rivoluzionaria del proletariato internazionale contro la borghesia: e nel 1917 sostennero che, data la situazione creata dalla guerra, non v’era altra soluzione che la dittatura del proletariato, da raggiungersi con la lotta rivoluzionaria, respingendo ogni alleanza coi partiti borghesi russi e colle borghesie estere dell’Intesa imperialistica.

I Bolscevichi e i lavoratori rivoluzionari russi col trionfo di questo loro programma attirarono l’attenzione dei lavoratori di tutto il mondo su importanti questioni nelle quali i riformisti di tutti i paesi avevano portato grande confusione.

Eccole.

Il proletariato non arriverà mai al potere né alleandosi con partiti borghesi, né servendosi del suffragio elettorale per la conquista dei mandati elettivi nei Parlamenti.

Solamente se il proletariato si impadronirà con la violenza del potere, spezzando le forme attuali dello Stato: polizia, burocrazia, esercito, parlamento, potrà costituire una forza di governo organizzata, capace di operare la distruzione dei privilegi borghesi e la costruzione del regime sociale comunista.

In questo nuovo sistema di potere, al posto dei Parlamenti democratici vi è la rete dei Consigli dei lavoratori, alle elezioni dei quali partecipano solo quelli che lavorano e producono e che la Russia ci ha mostrati per la prima volta nei Soviet.

Ma l’insegnamento più importante ancora della rivoluzione russa fu questo: che nella lotta decisiva per la conquista del potere proletario, quei socialisti riformisti, democratici, che, o furono per la guerra, od anche non seppero passare dalla opposizione alla guerra all’affermazione rivoluzionaria che la guerra aprì in tutto il mondo il periodo della lotta per la dittatura proletaria, tutti costoro nella lotta finale si alleano alla borghesia contro il proletariato.

Se il proletariato vince, come in Russia, continuano la loro opera per sminuirne e distruggerne i successi d’accordo con le borghesie estere. Se, come in Germania e altrove, il proletariato è vinto, i socialdemocratici appaiono come gli agenti e i boia della borghesia.

Ed allora - altra conseguenza della rivoluzione russa - la nuova Internazionale, che deve sostituire la seconda Internazionale vergognosamente battuta nell’adesione alla guerra, deve sorgere su questa base: riunire non già tutti i socialisti che in qualche modo furono contrari alla guerra, bensì quelli che sono per la rivoluzione, per la dittatura proletaria, per la repubblica dei Soviet, come unica possibile uscita dalla situazione lasciata dalla guerra in tutti i paesi. (...).

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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