Argentina:

di fronte alla crisi e alla miseria, necessità imperativa della lotta e dell’organizzazione proletaria di classe!

(«il comunista»; N° 160 ; Luglio 2019)

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Il 29 maggio, i lavoratori argentini hanno partecipato massicciamente a uno sciopero generale di 24 ore. Buenos Aires, metropoli di quindici milioni di abitanti (un terzo della popolazione argentina) era in gran parte paralizzata. Anche altre grandi città e regioni industriali sono state ugualmente bloccate.

I proletari dell’industria siderurgica, della metallurgia, dei trasporti, dei porti e delle banchine, e i lavoratori dell’istruzione e della salute, protestavano contro i licenziamenti, la disoccupazione e il pesante deterioramento delle condizioni di vita.

La politica di austerità della presidenza Macri, con il sostegno del Fondo Monetario Internazionale, ha imposto dei tagli di bilancio provocando il rialzo dei prezzi degli alimenti, del carburante e dei servizi di base. Oltre agli effetti già esistenti della crisi capitalista, queste misure hanno mantenuto o gettato in miseria milioni di proletari. Secondo gli accademici borghesi, 13 milioni di argentini sono poveri (il 31% della popolazione contro il 26% di due anni fa), 6 milioni soffrono la fame, più di un quarto non può accedere alle cure mediche o alle medicine, più di un quarto vive in alloggi scadenti e nelle baraccopoli. I salari sono crollati per chi ha un lavoro e la disoccupazione è aumentata (9% ufficialmente, ma un quarto degli impiegati è sottoccupato o precario). I servizi di base per molti non sono più accessibili, provocando come conseguenza, ad esempio, un aumento dell’analfabetismo.

La politica della borghesia argentina e le sue drammatiche conseguenze per i proletari e una larga parte della piccola borghesia non hanno nulla di peculiare né di originale: è il destino che subiscono già grandi masse nel mondo ed è il destino che minaccia tutte le masse in assenza di una reazione proletaria.

Di fronte a questi attacchi, le dirigenze sindacali collaborazioniste non offrono alcuna prospettiva, al di fuori di “scioperi generali” limitati a 24 ore che, in realtà, esauriscono le forze degli scioperanti, disorganizzando qualsiasi risposta proletaria senza però disturbare i capitalisti.

Questi scioperi, giudiziosamente distanziati e limitati nel tempo, svolgono pienamente il loro ruolo di valvole di sicurezza. In effetti, una grande parte della rivolta operaia viene in questo modo incanalata in questi simulacri di lotta, dove non si combatte nessuna lotta, dove non si cerca di strappare qualcosa alla borghesia: si esprime soltanto, a spese dei soli proletari, una protesta simbolica. La parte complementare di questa tattica - e non la meno importante - è, naturalmente, l’intera serie di illusioni che serve a giustificare questi metodi agli occhi degli operai: illusioni secondo le quali la borghesia potrebbe essere spinta a tornare sulle sue decisioni senza ricorrere a prove forza. L’opportunismo pretende di risparmiare gli sforzi della lotta di classe, sognando ovviamente di eliminarla e rimpiazzarla con la conciliazione e la negoziazione permanente.

Il sabotaggio del collaborazionismo sindacale si appoggia all’estrema sinistra argentina, una delle più forti del mondo. Queste correnti aderiscono completamente al terreno borghese con due costanti: il riformismo e lo sciovinismo.

I maoisti del Partito Comunista Rivoluzionario (PCR) sono i più chiari. Vogliono una grande alleanza borghese, un “grande fronte popolare, patriottico e democratico”, che includa anche il peronismo, che ha diretto il precedente governo: questo è il vecchio metodo stalinista dei “fronti popolari” che negli anni ’30 incatenò il proletari in difesa dello Stato borghese nel quadro di queste unioni interclassiste.

I vari partiti trotzkisti - Partito dei Lavoratori Socialisti, Partito Socialista dei Lavoratori Unificato, Movimento Socialista dei Lavoratori, Partito Operaio, Movimento Verso il Socialismo (MAS), Sinistra Socialista (IS) ... - condividono un terreno comune: “rottura” con il FMI, richieste nazional-riformiste (nazionalizzazione delle risorse naturali, delle banche, dei grandi settori industriali, investimenti pubblici ecc.), ma anche l’assidua partecipazione al circo elettorale (1).

Questi “rivoluzionari” cercano di far credere che la salute della classe operaia si misuri con la salute dell’economia nazionale (con alcune correzioni nel senso della giustizia sociale), con la salute del suo commercio estero, con la sua valuta, la sua competitività, così come con la capacità del suo Stato di difendere e far rispettare i sacrosanti interessi della patria, e con l’interclassismo. Questi obiettivi sono comuni all’intero spettro politico borghese, anche se vi sono disaccordi sui mezzi per raggiungerli e se si discutono i metodi.

Ma sono precisamente questi gli obiettivi che la classe operaia non può accettare senza accettare allo stesso tempo che la sua schiavitù diventi perenne.

Per fronteggiare gli attacchi capitalisti, la classe operaia deve lanciarsi nella lotta aperta e rompere con le indicazioni paralizzanti del riformismo, rompere col nazionalismo e l’elettoralismo. La lotta del proletariato può diventare lotta di classe solo se è condotta sul terreno della risoluta difesa della forza lavoro, del salario, della riduzione della durata e dell’intensità della giornata di lavoro, della difesa dei disoccupati. Ciò comporta una lotta senza tregua contro i metodi di divisione e di smembramento del collaborazionismo.

La ripresa della lotta di classe non può portare a un esito positivo se, parallelamente, non si conduce una costante battaglia per costruire, ampliare e rafforzare la rete internazionale dell’unica forza capace di guidare la lotta del proletariato per l’obiettivo finale di emancipazione dal capitalismo: il partito indipendente di classe.

Lo sforzo per reintrodurre nella lotta proletaria la necessità del comunismo e dei principi della rivoluzione proletaria permette, attraverso le dure prove che attendono la classe, che le masse proletarie, influenzate e dirette dal partito di classe, si trasformino da folla impotente, come sono ancora oggi, in un unico esercito internazionale, centralizzato, in grado di passare vittoriosamente all’offensiva contro l’ordine mondiale stabilito.

 

- No alla difesa dell’economia nazionale! Abbasso il collaborazionismo agli ordini dei padroni!

- Per la lotta diretta e di classe, l’unica in grado di imporre i rapporti di forza a favore dei proletari!

- Per l’utilizzo di metodi e mezzi di lotta classisti: sciopero senza preavviso né limiti di tempo, guidato da comitati di sciopero organizzati direttamente dai lavoratori, picchetti di sciopero, occupazione delle fabbriche per bloccare la produzione!

- Per un’organizzazione di difesa economica dei lavoratori, indipendente dagli apparati sindacalisti collaborazionisti e da ogni influenza borghese, combattendo esclusivamente per gli interessi proletari!

- Per la costituzione del Partito internazionale di classe, sulla base dell’autentico programma comunista!

 

14 giugno 2019

 


 

(1) Cfr « En Argentine, le trotskisme et la dette », Le Prolétaire n° 512 (Luglio- Settembre 2014) e « Argentine: Serrage de ceinture et matraque pour les prolétaires », Le Prolétaire n° 512 (Aprile-Giugno 2018); «Argentina: Austeridad y cachiporrazos para los proletarios », Suplemento Venezuela, N. 23, al N. 53 de «el programa comunista» - Dicembre 2018.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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