America "negra". Vita e morte da proletari

(«il comunista»; N° 165 ; Luglio-Ottobre 2020)

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Nei mesi scorsi i giornali di tutto il mondo hanno riportato notizie dall'America che riguardavano l'uccisione di molti neri americani per mano di poliziotti bianchi. Queste notizie hanno potuto venire alla luce perché alcuni passanti presenti, nel momento stesso in cui i poliziotti agivano, hanno filmato coi cellulari quel che stava succedendo. Naturalmente i media, sia cartacei che televisivi, hanno avuto facile gioco nell'utilizzare questi filmati e queste notizie per i propri scoop e per la propria audience. Ogni tanto saltava fuori qualche notizia che riguardava fatti antecedenti anche di diversi mesi. Non serve, qui, fare l'elenco dei neri che sono stati atterrati o uccisi a colpi di pistola. Tra le disposizioni impartite ai poliziotti dai propri dipartimenti una, in particolare, li induce ad intervenire con violenza - atterrando il nero che viene fermato per un qualsiasi sospettoe tenendolo bloccato a terra col ginocchio sul suo collo -, oltre naturalmente all'uso delle armi da fuoco "per difendersi" nel momento in cui sembra che il nero fermato, agitando le mani, stia per prendere una qualche arma, anche se, il più delle volte, i neri fermati sono del tutto disarmati.

Aldilà delle motivazioni in base alle quali vengono fermati, resta il fatto che nei confronti dei neri - nel più grande e potente paese al mondo in cui la democrazia e i diritti civili sono stati una conquista di civiltà che la borghesia americana, erede della borghesia inglese ed europea, avrebbe diffuso nel mondo - viene ribadito un odio razziale che fa parte della cultura borghese americana da sempre. Lo schiavo delle piantagioni dei secoli passati è stato trasformato, con l'impianto e lo sviluppo del capitalismo moderno, nel proletario - moderno schiavo - che è andato ad occupare il posto più basso nella stratificazione sociale in cui la borghesia ha suddiviso, sfruttandola al massimo possibile, la massa di lavoratori salariati già presente negli Stati Uniti e quella degli immigrati che, nelle diverse fasi storiche delle crisi economiche e di guerra, sono stati spinti da ogni continente, dall'Europa non meno che dalla Cina e dall'America latina, a raggiungere il Grande Paese.

Contro i proletari e i sottoproletari neri, la borghesia bianca e i suoi sgherri usano un surplus di odio di classe: all'odio per il proletario, per lo schiavo salariato che di tanto in tanto si ribella alle sue condizioni di schiavo, aggiunge l'odio razziale che va a formare una doppia dose di oppressione, di sfruttamento e con il quale allarga la divisione e la concorrenza tra proletari.

I borghesi sviluppano fin dai primi vagiti un profondo odio di classe: lo alimentano in famiglia, nei posti di lavoro, nella vita sociale; ghettizzano tutti coloro che non fanno parte della loro classe, tanto più facilmente se la pelle colorata li distingue immediatamente dalla loro candida pelle bianca. Ogni borghese capitalista, ed ogni piccoloborghese che lo imita, hanno uno scopo nella loro misera e insulsa vita: fare denaro, diventare ricchi, e se ricchi già lo sono, diventare più ricchi ancora. Ma per fare denaro, per diventare ricchi, nella società capitalistica, c'è un solo modo: sfruttare il lavoro salariato delle sterminate masse proletarie e difendere, con ogni mezzo, i rapporti di proprietà e di produzione della società capitalistica che permettono di esercitare questo potere. Al capitalista, da un punto di vista generale, che il proletario sia bianco, nero, giallo, olivastro, e che creda in Dio, in Allah, in Jahveh, in Brama, in Visnù o in Manitù, poco importa: in quanto proletario è un senza riserve, è una forza lavoro che se non si fa sfruttare da un qualsiasi capitalista non mangia, non vive, perciò dipende completamente da lui.

Poi, visto che i proletari, come gli schiavi di un tempo, hanno dimostrato di avere il coraggio di ribellarsi, di applicare - anche se episodicamente - la stessa violenza che subiscono sistematicamente e che sono in grado di organizzarsi, se non altro sul terreno della difesa delle loro condizioni immediate, allora i borghesi inaspriscono il loro dominio sul proletariato attraverso ogni mezzo che acutizzi la concorrenza fra i proletari stessi. Il colore della pelle, il credo religioso, la vita in determinati quartieri, l'abuso di alcolici e di droghe: tutto serve per mettere in concorrenza proletario contro proletario, e tutto serve alla borghesia per rafforzare il controllo sociale e per indebolire una classe sociale che, quando smette di sentirsi solo una forza lavoro al servizio del capitale e si riconosce finalmente come forza sociale, riesce a far tremare tutta la sovrastruttura politica e culturale di una società che blatera di diritti, di democrazia, di eguaglianza, di libertà al solo scopo di illudere, e nello stesso tempo, rincretinire le grandi masse proletarie.

Vogliamo qui pubblicare un paio di testi di partito e un discorso che John Reed tenne al II congresso dell'Internazionale Comunista nel 1920, per sottolineare di nuovo la posizione dei comunisti rivoluzionari sulla "questione dei neri d'America". Si tratta di un articolo sulla "rivolta negra" di Los Angels del 1965, uno sull'assassinio di Malcom X e il citato discorso di John Reed.

Oggi, le manifestazioni che hanno visto per le strade d'America, nel profondo Sud come nel profondo Nord, una gran massa di neri, dopo la serie di assassinii di neri inermi da parte dei poliziotti, sono state del tutto pacifiche e avevano lo scopo di onorare quei morti alzando cartelli che riportavano l'ultima frase di George Floyd prima di morire: I can't breath (Non riesco a respirare), come un monito rivolto a tutti i poliziotti e a tutti i politici che si sono voltati dall'altra parte; manifestazioni in cui gridavano slogan del tipo Black lives matter (Le vite dei neri contano), dimostrando di essere ancora immersi nell'illusione democratica di poter essere trattati alla pari di tutti i bianchi.

In America non mancano le leggi che, dopo duecento anni, hanno riconosciuto quella parità, se non altro a livello del voto. Ma sono state sufficienti per riconoscere in concreto una effettiva parità? I fatti dimostrano che questa parità non esiste e non esisterà mai in regime capitalista, perché il capitalismo si basa sulle diseguaglianze tra classe e classe, sull'antagonismo tra classe borghese e classe proletaria, e che solo una società che non si basi più sulla divisione in classi, ma sulla connessione sociale tra uomini, potrà ricoscere nei fatti che la diversità tra individui èuna qualità positiva per tutti gli uomini e non il risultato di una posizione sociale privilegiata rispetto alle altre.

Nel tempo il termine negro, che proviene dallo spagnolo e che indica il nero come colore, veniva usato normalmente sia per indicare l'uomo africano per il colore della pelle, sia come termine spregiativo considerando l'uomo dalla pelle nera come un uomo inferiore, incivile, e che era giusto trattare da schiavo. Dopo molte battaglie degli afro-americani, nel giornalismo di sinistra si è voluto distinguere il modo di riferirsi alla popolazione afro-americana, utilizzando il termine nero tutte le volte che ci si rivolge ad un appartenente alla razza africana, riservando il termine negro solo per indicare il tono spregiativo usato dai razzisti bianchi. E' ovvio che nei nostri articoli di un tempo, l'uso del termine “negro” non è mai stato nel senso razzista.

Nel discorso di John Reed vogliamo sottolineare come il razzismo da parte dei bianchi americani verso i neri, denunciato nell'articolo, è ancora ben presente in America, e non solo negli Stati del Sud, anche se le battaglie dei neri ha indotto molti politici e rappresentanti del potere bianco ad avere atteggiamenti molto più tolleranti di un tempo - ma solo tolleranti - sia per ragioni di bottega elettorale (come d'altra parte nei confronti degli ispanici), visto che fanno gola i milioni di voti rappresentati dalla popolazione afro-americana, sia per ragioni di pace sociale rimessa spesso in discussione proprio dagli attacchi da parte dei bianchi (i poliziotti che assassinano neri disarmati non è mai un'eccezione, ma non sono i soli bianchi a disprezzare la vita dei neri).

I milioni di neri in America rappresentano una quota non indifferente di forza lavoro salariata; dalle piantagioni del Sud moltissimi si sono spostati nelle fabbriche del Nord dove, però, normalmente, vengono pagati meno degli operai bianchi e, quindi, possono essere sfruttati molto più convenientemente dai capitalisti (che sono bianchi, neri, ispanici, asiatici, perché il denaro non guarda il colore della pelle). La concorrenza fra proletari, alimentata dai capitalisti, viaggia anche attraverso il colore della pelle.

Per i comunisti il campo di intervento sulla "questione razziale" è decisivo perché si incrocia direttamente con la "questione operaia" e con la lotta contro la concorrenza tra proletari. Cosa che già John Reed metteva in evidenza nel 1920.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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