A cinquant’anni dalla morte di Amadeo Bordiga

Amadeo Bordiga nel cammino della rivoluzione

(«il comunista»; N° 165 ; Luglio-Ottobre 2020)

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Pubblichiamo di seguito la premessa all'opuscolo appena uscito "Amadeo Bordiga nel cammino della rivoluzione", pubblicato nel sito di partito www.pcint.org.

 

 

Premessa

 

Le violente scintille che scoccarono tra i refori della nostra dialettica ci hanno appreso che è compagno militante comunista e rivoluzionario chi ha saputo dimenticare, rinnegare, strapparsi dalla mente e dal cuore la classificazione in cui lo iscrisse l’anagrafe di questa società in putrefazione, e vede e confonde se stesso in tutto l’arco millenario che lega l’ancestrale uomo tribale lottatore con le belve al membro della comunità futura, fraterna nella armonia gioiosa dell’uomo sociale.

(A.Bordiga, Considerazioni sull’organica attività del partito quando la situazione generale è storicamente sfavorevole, 1965)

 

In questo testo ci ricolleghiamo ai molteplici lavori precedenti del partito a difesa di ciò che ha rappresentato, e rappresenta, l’opera della Sinistra comunista d’Italia e la militanza rivoluzionaria e l’opera del compagno Amadeo Bordiga, sviluppando anche le parti che, per diverse ragioni pratiche, erano rimaste incompiute (1).

Il 23 luglio del 1970 il compagno Amadeo muore a Formia; il suo fisico logorato da lunga malattia non sostenne più quella formidabile macchina di guerra di classe che Amadeo fu per quasi sessant’anni, da quando nel 1912 iniziò la sua militanza nelle file della gioventù socialista. Fin da allora fece parte di quell’avanguardia marxista che darà i natali alla corrente della Sinistra comunista e che, al tempo di Lenin, in perfetta corrispondenza con le tesi bolsceviche, fondò, poi, nel gennaio 1921, il Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista. Il comunismo, in Italia, nacque adulto (2): le forze che lo rappresentavano svilupparono in modo coerente col marxismo, ma in modo autonomo dalla vasta opera restauratrice di Lenin, la formazione teorica, programmatica, politica, tattica e organizzativa di un partito che fu l’unico, nell’Occidente capitalistico sviluppato, a portare al movimento comunista internazionale un apporto all’altezza del bolscevismo. Ed è in forza di queste origini, e della continuità di teoria e di prassi che la Sinistra Comunista d’Italia dimostrò storicamente di possedere, che fu possibile solo ad essa di tirare tutte le lezioni dalla controrivoluzione e mettere mano alla restaurazione della dottrina marxista e dell’organo rivoluzionario per eccellenza, il partito di classe, dopo il tremendo tracollo del movimento comunista internazionale sotto i colpi convergenti della controrivoluzione borghese (democratica e fascista, contemporaneamente) e dello stalinismo.

Il bolscevismo è stato «pianta di ogni clima» – affermava nel 1919 Amadeo in un suo famoso articolo (3) – perché «bolscevismo e socialismo sono la stessa cosa»; il bolscevismo non doveva essere considerato come una specie di articolo di importazione che, dopo la vittoriosa rivoluzione proletaria in Russia, attirava molti intellettuali e uomini politici, o come una versione «russa» del socialismo, ma come l’espressione viva e vitale del socialismo scientifico di Marx ed Engels applicato alle condizioni sociali e storiche della Russia dell’epoca mature non solo per la rivoluzione borghese che aveva il compito di distruggere la sovrastruttura zarista, ma – date le lotte dei contadini che già nel 1905 avevano dato prova di sé e le lotte di un combattivo proletariato in presenza del partito di classe rappresentato dal partito bolscevico – anche per innestare, nello stesso processo storico rivoluzionario, sviluppatosi in corrispondenza della guerra imperialista, la rivoluzione proletaria. I compiti particolari che il bolscevismo dovette svolgere in Russia non erano dettati da una versione nazionalista e specifica per la sola Russia del marxismo, ma erano i compiti che il marxismo aveva già definito fin dal 1848-49 nella rivoluzione proletaria in Europa. Compiti che, nella Prefazione del 1882 all’edizione russa del Manifesto del partito comunista, Marx ed Engels – in forza dello sviluppo del capitalismo negli Stati Uniti e in Russia, entrambi «colonne dell’ordine sociale esistente in Europa», ma con ruoli diversi; entrambi «rifornivano l’Europa di materie prime e servivano al tempo stesso di mercato per i suoi prodotti industriali», ma, mentre gli Stati Uniti assorbivano le forze in soprannumero del proletariato europeo, la Russia costituiva l’ultima grande riserva della reazione europea, costituendo quindi una garanzia per l’ordine borghese in Europa e nel mondo – a situazione storica mutata, non potevano non tener conto che era la Russia, dopo le sconfitte delle rivoluzioni europee del 1848-49 e della Comune di Parigi del 1871, a rappresentare «l’avanguardia del movimento rivoluzionario in Europa». Lenin, e il bolscevismo, non scoprirono nulla di nuovo o di imprevisto, ma applicarono con grande determinazione i dettami programmatico-politici che il marxismo aveva già definito non solo per i paesi a capitalismo sviluppato ma anche per i paesi a capitalismo arretrato. Inoltre, in Russia, la distruzione dello zarismo come grande riserva della reazione europea era un obiettivo che storicamente si aggiungeva al progresso economico che soltanto una società borghese sviluppata, attaccando le forme di proprietà antiche soprattutto in campo fondiario e i rapporti di produzione a loro corrispondenti, poteva avviare. Ed era un obiettivo che interessava non solo il proletariato russo, ma tutto il proletariato mondiale. Il proletariato russo, scoppiata la prima guerra imperialista mondiale, dimostrava, sulla traccia del movimento rivoluzionario del 1905 e con le sue lotte all’interno e sui fronti di guerra, in collegamento con le lotte del vasto contadiname povero, di essere effettivamente l’avanguardia del movimento rivoluzionario in Europa come annunciato nella Prefazione del 1882 sopra richiamata, e di poter rappresentare con la sua rivoluzione il segnale per la «rivoluzione operaia in occidente», come ribadirà mille volte Lenin prima, durante e dopo la vittoriosa rivoluzione d’Ottobre; e perché la rivoluzione in occidente diventasse una realtà, la dittatura proletaria instaurata in Russia doveva volgere non solo le proprie speranze, ma tendere tutte le sue forze applicando in Russia il programma politico ed economico necessario, date le condizioni storiche in cui la rivoluzione russa si era svolta e, nello stesso tempo, in piena guerra civile contro le bande bianche e gli attacchi degli imperialismi occidentali, gettare le basi del Partito Comunista Mondiale attraverso l’organizzazione della Terza Internazionale, non per caso denominata Comunista. Tutti gli scritti della Sinistra marxista italiana, negli anni che precedono la prima guerra imperialista mondiale e in cui la guerra scoppia irreggimentando le masse proletarie in eserciti l’un contro l’altro armati, sono perfettamente allineati alle posizioni di Lenin e del partito bolscevico – pur non avendo con essi alcun contatto –, e ciò dimostra in modo indiscutibile l’adesione totale e la piena coerenza della Sinistra marxista italiana al marxismo, unica corrente politica che, nell’Occidente capitalistico sviluppato, ha rappresentato il marxismo rivoluzionario sul piano teorico e programmatico come su quello politico, sul piano tattico come su quello organizzativo, tanto da essere il nucleo centrale e vitale su cui si costituirà il Partito comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista, nel gennaio 1921. 

Con la rivoluzione socialista in Russia si era aperta l’éra delle rivoluzioni che lo stesso sconvolgimento mondiale, provocato dalla prima guerra imperialistica mondiale, aveva contribuito ad aprire. Ma, come succede sempre nei periodi di crisi sociali, di guerra e di rivoluzione, il partito di classe non ha soltanto il compito di guidare il movimento proletario orientandolo verso le finalità rivoluzionarie, ma anche quello di lottare strenuamente contro ogni tendenza opportunista e revisionista atta a deviare il movimento proletario dal suo cammino storico. La storia stessa dei movimenti di classe e delle rivoluzioni, o dei tentativi rivoluzionari, per la conquista del potere politico e l’instaurazione della dittatura proletaria, ha dimostrato finora che la lotta contro le tendenze opportuniste è stata indispensabile e vitale perché il movimento del proletariato rivoluzionario giungesse al successo; una lotta che il partito di classe non può e non deve mai sospendere e che deve trovare, in ogni campo di attività del partito di classe, una decisa e tenace coerenza con i dettami della teoria marxista. E’ da quando la teoria del comunismo rivoluzionario, da quando il socialismo è passato dall’utopia alla scienza – che solitamente sintetizziamo definendola teoria marxista – è stata formulata e definita a metà dell’Ottocento, che Marx ed Engels hanno dovuto combattere contro le diverse interpretazioni del socialismo, tanto da doverle criticare a fondo nella stessa stesura del Manifesto del partito comunista. Ed è un compito, questo, svolto da tutti i grandi marxisti tra i quali svettarono per tenacia, capacità e coerenza Lenin per più di vent’anni del Novecento, negli anni della seconda ondata opportunista alla Kautsky e del fallimento della Seconda Internazionale, della tragedia della prima guerra imperialista mondiale e gloriosi della prima rivoluzione proletaria e socialista vittoriosa; e Bordiga, negli anni segnati dal lento ma inesorabile cedimento dell’Internazionale Comunista alle lusinghe di espedienti tattici che si supponeva accelerassero il processo rivoluzionario in occidente, negli anni della terza micidiale ondata opportunista che al fascismo rispose con l’antifascismo democratico, alla preparazione rivoluzionaria rispose con la preparazione elettorale e con la corruzione democratica, all’internazionalismo comunista rispose con la teoria del socialismo in un solo paese, alla difesa del marxismo e del programma internazionalista del comunismo rivoluzionario rispose con lo stalinismo, con il nazionalcomunismo, con la contro-rivoluzione.

Ripetiamo ciò che disse Amadeo, nel 1924, nel suo discorso in morte di Lenin. Non seguiremo la falsariga delle commemorazioni ufficiali, né faremo una biografia dell’ing. Amadeo Bordiga, né tanto meno ci dedicheremo alla raccolta di aneddoti e di pettegolezzi sulla sua vita pubblica o privata, né andremo a scomporre gli apporti di Amadeo alla restaurazione teorica del marxismo e alla ricostituzione dell’organo rivoluzionario per eccellenza, il partito di classe, in parti che alcuni pretendono siano «aggiornamenti» del marxismo e parti che altri vogliono «abbandonare» col pretesto che lo sviluppo del capitalismo e la persistenza della sconfitta proletaria e comunista rispetto alla rivoluzione avrebbero presentato novità storiche non interpretabili col vecchio metodo marxista e con la ferrea intransigenza teorica di Lenin e di Bordiga.

Ritracceremo i punti di riferimento essenziali attraverso i quali si possono riconoscere i tratti fondamentali dell’attività di un’organizzazione politica che sia degna di chiamarsi comunista e di rivendicare le sue origini nel solco storico della sinistra marxista internazionale. Questi i temi del nostro lavoro: Teoria marxista, corpo unico e indivisibile – Il programma del partito, la sua azione e la sua organizzazione – Continuità tra il bolscevismo di Lenin e la Sinistra Comunista d’Italia, bussola per ogni tempesta – Sul filo del tempo delle battaglie di classe, contro l’opportunismo nelle sue mille varianti – Il Partito Comunista Internazionale, ieri, oggi e domani.  

La grandezza del militante rivoluzionario Amadeo sta tutta nella sua irreprensibile coerenza teorica e pratica, nella sua dirittura morale e di comportamento, nel non aver mai ceduto di fronte alle lusinghe del politicantismo personale ed elettoralesco. Ed anche quando, in fin di vita, accettò forzatamente di rispondere ad una intervista che gli fecero per un programma televisivo sulla dittatura fascista, non si lasciò mai trascinare sul terreno del personalismo e del «personaggio» in cerca di notorietà. 

Il nostro intento è sempre stato di combattere, nel partito di ieri e nell’organizzazione odierna, la trasformazione del militante comunista rivoluzionario più coerente e retto che abbiamo conosciuto fin dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, in un mito, in una icona inoffensiva, a differenza di quel che  hanno fatto invece molti ex militanti del vecchio partito comunista internazionale come, ad esempio, coloro che parteciparono direttamente alla costituzione della Fondazione Amadeo Bordiga, che è il condensato di tutto ciò che Amadeo odiava di più: l’elevazione dell’individuo a personaggio storico! Abbiamo imparato da Amadeo che la «proprietà intellettuale» è una delle più insidiose proprietà commerciali che il capitalismo usa per inchiodare gli uomini al regime della proprietà privata, e per propagandare le delizie del capitalismo facendo passare il «diritto di proprietà privata» come un diritto «naturale». L’individuo, d’altra parte, con la sua «coscienza individuale» e la sua «libertà di scelta», non è forse l’alfa e l’omega dell’ideologia borghese e, quindi, anche della democrazia borghese?

La pretesa che la storia, fatta dal movimento di grandi forze sociali e materiali nella loro anonima e materialistica determinazione, possa essere modificata, variata o addirittura indirizzata grazie all’intervento dei cosiddetti grandi uomini, è una delle mistificazioni adoperate dalle classi dominanti per continuare ad opprimere le classi lavoratrici. Battersi contro questa pretesa, non solo dal punto di vista dei principi ma anche della prassi, è parte integrante della battaglia di classe dei comunisti rivoluzionari che sanno che «il comunismo non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi» ma «il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente», il movimento reale delle classi sociali che, nella società divisa in classi, lottano tra di loro: da un lato, la classe dominante borghese per conservare più a lungo possibile il potere politico e il vecchio modo di produzione e, dall’altro lato, la classe proletaria per abbattere il potere politico che rappresenta il vecchio modo di produzione ed instaurare il nuovo potere politico – la dittatura del proletariato esercitata dal partito di classe – che avvia l’intera collettività umana verso il modo di produzione superiore, il modo di produzione comunistico. D’altra parte, come affermato nel Manifesto del 1848: «Le proposizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto su idee, su principi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del mondo. Esse sono semplicemente espressioni generali di rapporti di fatto di una esistente lotta di classi, cioè di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi» (4).

 


 

(1) Cfr. A quarant’anni dalla morte di Amadeo Bordiga - Amadeo nel cammino della rivoluzione, «il comunista» n. 117, giungo 2010;

(2) Vedi la serie di articoli pubblicati sotto il titolo Questioni storiche dell’Internazionale Comunista, in particolare la puntata intitolata Il comunismo in Italia nacque adulto, “il programma comunista” n. 5, 5-19 marzo 1954, ripreso poi ne “il comunista” n. 51, agosto 1996.

(3) Cfr. Il bolscevismo, pianta di ogni clima, “Il Soviet”, n. 10, 23 febbraio 1919; anche in Storia della sinistra comunista, edizioni il programma comunista, Milano 1964, vol. I, pp. 369-370; in A. Bordiga, Scritti 1911-1926, Fondazione Amadeo Bordiga, 2010, vol. 3, pp. 95-96.

(4) Cfr. Marx-Engels, Manifesto del Partito Comunista, 1848, Giulio Einaudi Editore, Torino 1962, pp. 147-148.

 

 

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