La Comune di Parigi, 18 marzo-28 maggio 1871 (3)

Fase della costituzione del proletariato in classe dominante

(«il comunista»; N° 170 ; Settembre / Novembre 2021)

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LE GRAVI CONSEGUENZE DEI PRIMI ERRORI POLITICO-MILITARI

 

Abbiamo più volte chiarito quali furono questi errori: resta da dire qualcosa di più per dimostrare perché essi, prima nella mente di Marx e poi nei fatti, ri rivelarono «fatali».

Dal 18 al 26 marzo passarono dieci preziosissimi giorni, durante i quali non il C. C. delle G.N. (Comitato Centrale delle Guardie Nazionali) pensò a preparare l'offensiva militare contro Thiers (che aveva lasciato scappare a Versailles), ma fu costui che cercò di concentrare le poche forze rimastegli e di ricostruire un esercito per la riconquista di Parigi.

Giustamente Trotsky fa osservare che la trattativa tra il C. C. e il gruppo dei sindaci e deputati avrebbe potuto essere un'astuzia di guerra se fosse servita a coprire una seria preparazione delle forze militari da inviare contro Thiers, per farla finita per sempre con quel mostriciattolo odioso. Purtroppo, invece, essa si risolvette in una astuzia più o meno cosciente e volontaria del nemico, che ebbe il tempo di ocupare anche il Mont Valérien (1) la cui importanza strategica sarà compresa dai comunardi solo il 3 aprile, sotto il fuoco dei suoi obici. Fin da quei  primi giorni Thiers si preoccupa di stendere un cordone poliziesco intorno a Parigi per ostacolarne al massimo il contatto con la periferia vicina e lontana della Francia.

Se ci si vuole spiegare come e perché siano stati commessi errori tanto gravi bisogna anzitutto ricordare che «nel marzo 1871 la battaglia decisiva fu imposta agli operai» (Lenin Stato e Rivoluzione) (2) i quali l'accettarono sebbene non vi fossero preparati in quanto non erano ancora riusciti a creare la forte organizzazione richiesta negli indirizzi dell'Internazionale. Gli operai possedevano solo un'organizzazione immediata: il C. C. della G. N. Questo Comitato, secondo la giusta definizione data da Trotsky, non era che «un Consiglio dei deputati degli operai armati e della piccola borghesia»: ora «tale organo eletto direttamente dalle masse rivoluzionarie può essere uno splendido apparato di azione, me, nello stesso tempo, e proprio a causa del suo legame diretto e originario con le masse che si trovano nello stato in cui la rivoluzione le ha sorprese, esso rispecchia non solo i punti forti ma anche tutti i punti deboli ancor più di quelli forti; in esso si riconosce lo spirito dell'indecisione, dell'attesa, della tendenza alla passività dopo il primo successo». E Trotsky aggiunge: «il C. C. aveva bisogno di una guida» (Gli insegnamenti della Comune) (3). Naturalmente, questa «guida» non poteva essere che il partito, quel partito formale che Marx aveva incitato a organizzare e che avrebbe potuto servirsi del C. C. come di una cinghia di trasmissione per mobilitare la Francia insieme a Parigi. In assenza di questa organizzazione forte e disciplinata, capace di imporsi a tutte le altre forze politiche, la voce dei pochi internazionalisti marxisti appartenenti alla Comune non poteva non essere soffocata dalle eterogeneità degli altri. E' pure spiegabile che, senza l'egemonia di un partito forte, la piccola borghesia cittadina, che pure si era unita ai rivoluzionari, facesse pesare tragicamente la sua volontà di compromesso. Un partito centralizzato avrebbe potuto servirsi dei suoi membri per assolvere due compiti importanti: spezzate il legame già molto allentato tra soldati e ufficiali controrivoluzionari dell'esercito che Thiers andava organizzzando, e sollevare la campagna contro Versailles facendo contrappeso copn la propria propaganda a quella nemica, e soprattutto a quella di certa «sinistra» che vergognosamente sedeva accanto ai più smaccati «rurali» dell'Assemblea controrivoluzionaria.

Il non apprezzare a fondo l'importanza di possedere nelle proprie mani tutta la forza ebbe conseguenze disastrose. Thiers, la cui scienza politica si riduceva a quella di saper opprimere il proletariato, se ne rendeva conto. Ecco perché, insieme alle infami calunnie contro Parigi, egli sbandierava di avere ancora dalla sua parte tutto l'esercito e il suo stato maggiore. Ciò era falso in quei primi giorni, ma la menzogna gli rendeva: il segreto primordiale del potere sta nel far sentire di possedere una forza armata, non importa se mentendo. Come un semplice telegramma poteva bastare a Parigi per trasmettere il potere al movimento rivoluzionario dell'intera Francia (togliendo con ciò ogni dubbio sul suo carattere «solo comunale») se Thiers fosse stato annientato all'indomani del 18 marzo, così, viceversa, occorreva ben altra forza alla periferia per scrollarsi definitivamente di dosso i poteri rimasti aggrappato al centro ancora non morto di Versailles, al quale poi doveva fornire appoggio per rituffare Parigi nel sangue dei suoi operai e nel passato a cui si era destata per rigenerare se stessa, la Francia e il mondo.

Si spiega quindi come, pur avendo preparato la «condizione preliminare» per una salda alleanza con i contadini, la Comune non vi riuscì. «E' noto che la Comune di Parigi si era aperta una strada verso questa alleanza, ma non raggiunse il suo scopo per ragioni di ordine interno ed esterno» (Lenin, Stato e Rivoluzione) (4). La sua politica rivoluzionaria aveva creato le condizioni base per tale alleanza distruggendo la macchina statale borghese che aveva sempre sfruttato i contandini non meno degli operai; ma, pur necessaria, quella condizione non fu sufficiente. Occorreva sviluppare l'azione militare nella stessa giusta direzione dell'azione politica, non fosse che per far conoscere quegli atti di politica rivoluzionaria a tutta la provincia, che andava inoltre illuminata con un chiaro programma politico, reso tanto più necessario per smascherare le menzogne di Versailles.

Sulla necessità di rendere più «popolare» la rivoluzione parigina mediante l'alleanza fra operai e contadini, basta considerare il rapporto tra le due classi a quel tempo, in Francia e in tutta Europa, rapporto che Marx tenne ben presente e che Lenin ricorda agli scolastici del marxismo, per i quali non esistono che le forze borghesi e quelle proletarie e non hanno nessun peso, negativo o positivo, gli strati intermedi.

 

 

La sortita del 3 aprile

 

PRIMO GRANDE SCONTRO IN CAMPO APERTO

 

La sortita delle guardie nazionali parigine del 3 aprile non  fu un'iniziativa presa in modo autonomo dalla Comune. Essa è piuttosto da considerarsi come la reazlione agli attacchi che il giorno precedente, per la prima volta, iversagliesi avevano osato sferrare contro Courbevoie (5) iniziando quella guerra contro Parigi che Thiers aveva già dichiarato il 1° aprile. C'è di più: la decisione non fu presa in modo unanime dalla C. E. i cui quattro membri civili non erano d'accordo con i tre membri militari più favorevoli ad essa, cioè Bergeret, Duval, Eudes (6), ai quali fu affiancato Cluseret come loro delegato.

Da tutto ciò dovevano necessariamente derivare grosse deficienze militari e, in primo lugoo, l'assenza di preparazione delle forze combattenti. Il piano della sortita si fondava d'altra parte sulla illusione di una «passeggiata» a Versailles su tre colonne: una di destra, una di centro e una di sinistra, al comando rispettivamente di Bergeret, Eudes e Duval, che ad un certo punto dovevano ricongiungersi. Dei 100.000 uomini di cui si era parlato in un primo momento non si riuscì a mobilitarne che 23.000, divisi in parti quasi uguali fra le colonne, di cui però solo quelle di destra e dic entro dovevano essere armate di otto cannoni, forniti di pochissimi colpi. Così, quando incominciarono a piovere le prime cannonate del Mont Valérien, fra le G. N.  della colonna di destra incominciò lo scompiglio e, mentre Bergeret con il grosso era costretto a ripiegare verso Parigi, l'ardito Flourens (7) con pochi coraggiosi continuava la marcia verso Reuil trovandovi una morte eroica in seguito all'arrivo degli enormi rinforzi mandati da Vinoy (8).

Altra sconfitta toccò alla colonna di sinistra, del tutto incapace di rispondere al fuoco nemico e quindi costretta alla ritirata su Châtillon. Duval, che si comporta come Flourens, troverà la morte al grido di «Viva la Comune» di fronte al plotone di esecuzione dei Versagliesi. Infine, la colonna di centro è costretta a ritirarsi sul forte Issy (9) perché impotente a rispondere all'artiglieria nemica.

Dunque, gli insuccessi patiti dai federati sono il frutto della cattiva direzione centrale e della disorganizzazione. Non si possono compensare le deficienze logistiche e di armamento con la sola volontà di battersi delle masse e com l'eroismo dei capi, per quanto importanti siano questi fattori.

Le conseguenze della sconfitta furono assai gravi. La presa dl ponte di Neuilly ad ovest e dell'alpipiano di Châtillon a sud di Parigi da parte dei versagliesi graantì meglio Thiers da altri attacchi e gli dette ossigeno e maggior volontà di ritornare all'offensiva, che viceversa sarà da quel momento messa da parte dai comunardi, sui quali, oltre che le perdite materiali, influivano i deleteri effetti psicologici della sconfitta. Questi però furono di breve durata: le esecuzioni dei progionieri e dei coraggiosi capi some  Flourens e Duval esaltarono l'odio  contro Versailles, e il 6 aprile si ebbe il famoso decreto sugli ostaggi che al suo articolo 5 stabiliva che alle future esecuzioni di comunardi si sarebbe risposto con l'esecuzione di tre elementi accusati di complicità con Versailles.

Anche questa legge, tuttavia, rimase a lungo senza effetti pratici nella vana attesa che Thiers accettasse lo scambio di Blanqui con l'arcivescovo Darboy. A Thiers, capo della controrivoluzione, Daboy, come dice Marx, serviva più da morto che da vivo!

 

LO SCHIERAMENTO DEI DUE ESERCITI

 

Dopo il 3 aprile Parigi era circondata per metà circa dai prussiani a nord e ad est, per l'altra metà dall'esercito versagliese a sud e a ovest.

All'inizio i federati tenevano i cinque forti a sud: Ivry, Bicêtre, Montrouge, Vanves e Issy, nonché le trincee e gli avamposti che li univano e, inoltre, Moulineaux (10). A nord-ovest tenevano nelle loro mani i villaggi di Neuilly, Asnières e Saint-Ouen.

Punto vulnerabile della cintura che difendeva questo lato occidentale di Parigi era il saliente del Point-du-Jour, difeso dal forte d'Issy e dalle cannoniere della Senna (la marina dei federati) ma minaccioato insieme allo stesso forte d'Issy dalle alture di Bellevue, Meudon e Châtillon, che dopo il 3 aprile sono nelle mani dei versagliesi i quali subito provveddono a dotarle di potente artiglieria. Diamo ora uno sguardo ai due eserciti.

 

L'ESERCITO CONTRORIVOLUZIONARIO

 

Consistenza numerica. Da circa 22 mila dell'inizio si passò, Bismarck aiutando (11), a 63 mila, a 80 mila e a 170 mila, di cui 130 mila combattenti. Il comando, all'inizio affidato a Vinoy, fu poi trasmesso a Mac Mahon. Dei cinque corpi d'armata combattenti, due furono formati da ex prigionieri liberati dai prussiani: Bismarck per aiutare Thiers mise sotto i piedi la convenzione d'armistizio che stabiliva il massimo contingente di truppe a 40 mila e, naturalmente, in seguito si fece pagar molto caro il favore nel trattato di pace del 10 maggio.

Potenza di fuoco. Thiers pose molta cura ad armare di grossi pezzi d'artiglieria d'assedio l'esercito, conoscendo il valore delle fortificazioni, e le 293 bocche di fuoco di cui dispose le fece arrivare da Tolone, Cherbourg, Lione ecc.

Disciplina. Molto allentata all'inizio, fu ricostruita a poco a poco attraverso provvedimenti vari: si cercò di vestire, nutrire e pagare bene i soldati (di provenienza rurale) e si fece attenzione a evitare contatti con l'esterno.

Il piano militare. Dopo il 25 aprile è il seguente: battere i forti di Issy e di Vanves e sfondare poi su Point-du.Jour per entrare poi in Parigi; a nord ovest impedire ai parigini di giungere a Courbevoie.

 

L'ESERCITO DELLA COMUNE

 

Consistenza numerica. Poteva essere superiroe a quella nemica secondo quanto si viciferava a Parigi, ma invece non si riuscì a raggiungere nemmeno la metà dei versagliesi. Da Saint-Ouen a Ivry si schiararono solo da 15 a 16 mila guardie nazionali. Per giunta, a causa di cattiva organizzazione, si trascurò quasi del tutto l'avvicendamento, per cui alcuni battaglioni restavano 20 o 30 giorni in trincea e altri erano quasi sempre di riserva. Anche l'equipaggiamento difettava, non tanto per difetto di materiali, quanto di servizi organizzati.

Potenza di fuoco. Tra cannoni, obici e mortai a Parigi v'erano più di 1.200 bocche di fuoco. Il dipartimento alla guerra non ne utilizzò che 200. L'armamento dei forti era pressoché il seguente:  Ivry e Vanves, una guarnigione di 500 uomini e 20 cannoni; Montropuge, 350 uomini e 10-15 bocche da fuoco; Bicêtre, armata come i primi due forti, era appoggiata da tre notevoli ridotte con una media di circa 500 uomini e 12 cannoni. Forte Ivry aveva gli stessi uomini e 40 cannoni. I villaggi in mezzo a questi forti erano occupati da cuirca 2.000 federati. Il comando generale dei forti, all'inizio in mano a Eudes, passò poi a La Cecilia e infine a Wetzel (12).

Disciplina. Lasciò sempre molto a desiderare sia nei soldati che engli ufficiali. Non semopre i comandanti dei forti fecero quello che avrebbero dovuto. Mentre dei coraggiosi non accettavano rinforzi o sostituzioni, altri invece si sottraevano al servizio. Mancavano esempi di punizione: la corte marziale istituita per assicurare la disciplina di guerra non funzionò. Sull'esercito si ripercuotevano i conflitti interni dei vari centri di potere esistent: Comune (cioè concioglio municipale), Commissione Esecutiva (C. E.), Comitato di Salute Pubblica (C. S. P.) e ancora il C. C. delle Guardie Nazionali che non aveva più ragione di esistere dopo il 28 marzo e nondimeno non si riuscì mia a sciogliere. Gli ordini provenivano da varie autorità, non si sapeva a quali di esse occorreva chiedere armi e munizioni, o rinforzi di uomini. Senza unità e senza accentramento del comando che convogli gli sforzi in determinate precise direzioni, a nulla possono valere lo sfrozo eroico e l'abnegazione dei combattenti: la loro energia è destinata ad esaurirsi senza produrre lavoro utile. Un'altra fonte di indisciplina risiedeva nel criterio esclusivo della eleggibilità degli ufficiali a tutti i gradi delle guardie nazionali.

Rivendicare sotto Thiers, cioè prima del 18 marzo, il criterio dell'eleggibilità dal basso era un compito politico rivoluzionario, perché si sarebbe liberata la guardia nazionale dal comando degli ufficiali ligi alla borgehsia. Estendere questa parola d'ordine, sempre prima del 18 marzo, anche all'esercito permamnente, avrebbe portato a distinguere i suoi membri secondo l'origine di classe, e quindi anche l'esercito sarebbe stato sbarazzato dagli ufficiali fedeli a Thiers. Ma, dopo la rivoluzione del 18 marzo, in cui la Guardia nazionale era stata del tutto liberata dai suoi capi borgehsi e una parte dei soldati dell'esercito di Thiers rimasto a Parigi era stato assimilato alla G. N., il criterio esclusivo della eleggibilità dei comandi della G. N. non aveva più ragione di esistere: il compito militare doveva prevalere. «Il comando eletto è in generale, dal punto di vista tecnico-militare, piuttosto debole, e anche l'ordine, la disciplina, facilmebnte si allentano» (Trotsky, Gli insegnamenti della Comune).

Questo meccanismo democratico di organizzazione militare è un «feticcio», dice Trotsky, e aggiunge: «Bisogna combinare i metodi della eleggibilità con quelli delle nomine».

Il piano militare. Non vi fu mai un vero e proprio piano generale offensivo e difensivo. tanto meno quindi si apprestarono servizi atti alla sua rtealizzazione. Soprattutto verso la fine, la parola d'ordine generale data era quella di difendersi ad ogni costo.

 

I COMBATTIMENTI FUORI LE MURA

 

Non ci soffermeremo a esaminare episodio per episodio la guerra che l'esercito della Comune combatté in campo aperto per oltre un mese e mezzo, anche perché al lettore non è agevole seguirci senza l'ausilio di una delle carte che furono esposte a Milano durante la relazione orale (13), e che oltre a segnaslare i vari teatri dei combattimenti, mostrava l'arretramento finale del fronte comunardo.

Ci limiteremo ad elencare i pricnipali scontri senza insistere sui rilievi critici, che del resto non si discostano da quelli già fatti parlando delle battaglie in generale e della sortita del 3 aprile in specie. Tutti i combattimenti verificatisi fino al giorno precedente all'entrata a Parigi dei versagliesi non si svolgono con grandi spostamenti di masse. La loro manovra è piuttosto limitata, prevalendo la lotta delle trincee e i cannoneggiamenti dai forti e contro i forti. Data l'inferiorità delle loro artiglierie, le fortezze in cui si difendono i parigini saranno a mano a mano smantellate, e infine evacuate ed espugnate dal nemico.

Dopo i rovesci del 3 aprile i federati fanno un grande sforzo e, utilizzando al massimo i cannoni fatti accorrere sul posto, riescono a conseguire un notevole successo: scacciano i versagliesi dall'altopiano di Châtillon, che sarà tenuto fino al 29 aprile. E, mentre fino a questa data la situazione militare a sud non subisce mutamenti e gli scontri sono deboli e limitati, nella zona occidentale compresa tra Mont Valérien, Neuilly, Porte Maillot, Courbervoie ed Asnières, attacchi e contrattacchi si avvicendano senza sosta. Il 4 aprile i federati rioccupano Courbervoie che, cannoneggiata in seguito da Mont Valérien, è ripresa dai versagliesi il 6 aprile. Il giorno dopo Neuilly, dove si erano ritirati i comunardi viene presa di mira. Dombrowski sostituisce Bergeret accusato di aver condotto i federati sotto il fuoco di Mont Valérien il 3 aprile. Accompagnato da Vermorel, Dombrowski miete un successo il 9 scacciando i nemici da Asnières. Il 12 i versagliesi tentano di conquistare il castello di Becon, tra Courbevoie e Asnières, ma sono ricacciati indietro. Ma dal 14 al 17 i federati sono costretti a sloggiare da quel castello bombardato dall'artiglieria nemica, e a riparare ad Asnières, dove resistono per un giorno sotto il comando di Okolowicz (14).

Durante queste giornate di lotta accanita, l'eroismo delle guerdie nazionali e il coraggio e la capacità di direzione e organizzazione del polacco Dombrowski non compensano gli errori e la confusione nella direzione centrale e di Cluseret, di cui le dichiarazioni in materia strategica fatte in questo stesso periodo a Parigi mostrano chiaramente la sua inettitudine.

Gravi poi i suoi errori in materia di reclutamento, che escludeva elementi energici ed esperti. Così, mentre in seno alla Comune spesso si discute di cose relativamente poco importanti e si trascura di inviare rinforzi di uomini, armi e munizioni, Dombrowski, che ai suoi reiterati appelli aveva ricevuto appena 300 uomini in aggiunta ai 2.500 iniziali, è costretto ad abbandonare Aisnières. Una settimana dopo, il 25 aprile, anche Neuilly distrutta e affamata viene evacuata dopo un armistizio (l'unico) di 8 ore, durante il quale parte della popolazione è trasferita a Parigi per ricevere assistenza.

Altro importante evento militare matura verso sud, dove il 26 i versagliesi occupano Moulineaux e il 27 concentrano il fuoco su Issy, Vanves e Montrouge e sulle cannoniere della Senna. Il 29 moltiplicano il fuoco sul forte Issy e circondano le trincee difese da Wetzel. Il 30, anche Megy, comandante del forte Issy, è circondato e, non avendo ricevuto rinforzi, decide la sua evacuazione. A tale ordine risponde in un primo momento solo una parte della guarnigione, che però rientra subito dopo vedendo giungere La Cecilia con qualche compagnia.

La situazione critica in cui viene a trovarsi questo importante baluardo della difesa parigina ha ripercussioni ins enso alla Comune, che toglie di mezzo Cluseret accusandolo in un primo momento di aver ordinato l'evacuazione, e lo sostituisce con il suo capo di stato maggiore Rossel (15). Altra grave conseguenza politica, che avrà effetti scoraggianti sulla situazione militare, è la creazione di un nuovo potere in sostituzione della C. E.: il Comitato di Salute Pubblica (CPS).

La sua denominazione è da sé fonte di attriti notevoli in seno all'Assemblea dell'Hôtel de Ville, che anzi da questo momento appare più divisa che mai: infatti, il CPS è votato con 34 sì e 28 no. Gli elementi contrari lo consideravano una romanticheria anacronistica e un pasticcio rivoluzionario, che «suonava stridente in questa rivoluzione proletaria». Non è il caso qui di discutere se avessero più ragione i fautori di parte radicale o gli oppositori di parte socialista.

Quello che dobbiamo rilevare è ancora e sempre il fatto che, mancando un partito assolutamente dominante, certi fenomeni di crisi sono inevitabili. Inoltre, il «nuovo potere» nacque senza autorità, e in campo militare sia esso che il nuovo delegato alla guerra non poterono evitare altri rovesci, coem quello accaduto alla ridotta Moulin-Saquet (16), dove 500 uomini vennero sorpresi e in parte trucidati dalla soldataglia nemica e in parte avviati a Versailles. Tra il CSP e Rossel nacque uno scambio di accuse, come quella secondo cui il CSP avrebbe dato ordine a Dombrowski e Wroblewski (17) di lasciare la zona in mano a gente non all'altezza della situazione. Rossel stavolta non dava alcuna indicazione di attacco e di difesa e, se pensò alla costruzione di una seconda cinta interna alle mura di Parigi e formate da barricate da incernierare a Montmartre, al Trocadero e al Patheon, non vi mise mano. Così, la situazione negli avanposti e nelle trincee, sia nella zona di Neuilly che in quella dei forti di Issy e di Vanves, non poteva che peggiorare, specialmente a Issy, che non era più ormai una fortezza ma un ammasso di pietre, in cui dieci pezzi d'artiglieria rispondevano a sessanta. Nonostante questa diperata situazione, dovuta anche all'enorme sproporzione di mezzi, i federati opposero più volte il rifiuto ad arrendersi. L'onore di questa strenua difesa va essenzialmente ai proletari e a due oscuri capi (18), dopo che La Cecilia si era dileguato. Solo il 9 maggio essi decidono di evacuare il forte protetti dall'azione di pochi valorosi.

Naturalmente l'evacuazione definitiva del forte Issy condusse Rossel a dimettersi per scaricarsi di ogni responsabilità. E così quel «soldato di ventura» (come lo ha definito Lissagaray), che aveva dichiarato di non capiere un'acca di questioni politiche e sociali sparì dalla scena e fu sostituito da Delescluze che, è vero, non era neppure lui un genio militare, ma resta una delle figure più belle tra i capi della Comune per la passione sacra con cui si mise al suo servizio e che terminerà morendo sulle barricate. Anche il CSP viene ora rinnovato e ciò dimostra che la Comune resta sempre la più forte autorità.

Anche l'attività di questo secondo CSP sarà contrastato dal C. C. delle G. N. i cui ordini interferiranno di continuo con i suoi; a nulla varrà quindi il prodigarsi di Delescluze (19) o l'attività del bravo e coraggioso Wroblewski (polacco come Dombrowski) e di Brunel (20). Quando infatti si riunisce il Consiglio di guerra (uno dei pochi), al quale partecipa anche Eudes e La Cecilia, il 20 maggio anche il forte di Vanves è stato evacuato, e occupato dall'esercito di Thiers.

 (continua)

 


 

(1) Mont Valérien: è una collina alta 161 m., a circa due km dal centro di Parigi, da cui si domina completamente la città. La sua fortezza, costruita nel 1841 da Louis-Philippe I e da Thiers al posto degli edifici religiosi precedenti, ebbe grande importanza durante la Comune di Parigi per la sua posizione e per i cannoni di cui era fornita.

(2) Lenin, Stato e rivoluzione, Editori Riuniti 1970, cap. III: L'esperienza della Comune di Parigi (1871).L'analisi di Marx, pp. 97-121.

(3) Trotsky, Gli insegnamenti della Comune (anche: La lezione della Comune),  www.marxismo.net 

(4) Lenin, Stato e rivoluzione, cit.

(5) Courbevoie, si trova a nord-ovest di Parigi, a una decina di km di distanza, oltre la Senna.

(6) Jules Bergeret, Emile Victor Duval e Emile Eudes, furono i comandanti delle forze militari della Comune. Il 2 aprile, dopo il tentativo di assalto alla caserma di Courbevoie da parte dei versagliesi, essi proposero di marciare subito su Versailles dove si era rifugiato Thiers con il suo governo, ma non ebbero successo. Nella sortita del 3 aprile Duval con i suoi uomini vennero fatti prigionieri e, per ordine del generale versagliese Vinoy, fucilati

Gustave Cluseret è stato un militare fin dal 1841; con Cavaignac partecipò alla repressione delle insurrezioni operaie del giugno 1848; repubblicano si unì a Garibaldi nel 1860 nella spedizione delle due Sicilie e nel 1862 partecipa come giornalista dalla parte dei nordisti alla guerra di secessione americana; come bakuniniano si iscrive alla Prima Internazionale e nel 1870, a Lione e a Marsiglia partecipa con Bakunin ai movimenti insurrezionali. Nel 1871 partecipa alla Comune e riceve ad un certo punto il comando della Guardia Nazionale, ma dimostrerà la sua inettitudine; il 1° maggio è arrestato per sospetta intelligenza con il governo Thiers; caduta la Comune riuscì a fuggire prima in Svizzera e poi a Costantinopoli.

(7) Gustave Flourens, vedi nota 22 della precedente puntata.             

(8) Joseph Vinoy, vedi nota 26 della precedente puntata. P.O. Lissagaray, nella sua Storia della Comune, cit., lo definisce come uno dei «peggiori avanzi dell'Impero e dell'orleanismo. (...) Egli debuttò, da vero bonapartista, coll'armarsi contro Parigi, sguarnì le linee davanti ai prussiani, richiamò le truppe di Suresnes, Gentilly, les Lilas, mise sul piede di guerra la cavalleria e la gendarmeria»

(9) Il forte d'Issy fa parte dei forti costruiti a difesa di Parigi; si trova nel 14° arrondissement, a nord-est di Châtillon, a sud-ovest della capitale, lungo la Senna. Sarà al centro di una dura battaglia tra i comunardi (spesso chiamati "federati") (2.000 uomini circa) e i versagliesi (20.000 uomini) tra il 25 aprile e il 9 maggio 1871, persa dai comunardi.

(10) La città si chiama Issy-les-Moulineaux: il forte è situato sull'altura e sotto si stende la cittadina di Moulineaux. .

(11) Infatti Bismarck aveva riconsegnato a Thiers 60.000 prigioneri e autorizzò Thiers a portare a 130.000 il numero di soldati attorno a Parigi che, secondo i preliminari di pace, non avrebbero dovuto superare i 40.000 (Lissagaray, Storia della Comune).

(12) Napoléon La Cécilia, durante la guerra franco-prussiana si arruolò nell'armata della Loria, partecipando a diverse battaglie ottenendo alla fine il grado di colonnello. Durante la Comune divenne un apprezzato comandante nell'armata di Emile Eudes; nella "settimana di sangue" si batté sulle barricate riuscendo poi a fuggire a Londra. Wetzel, anche lui dell'armata della Loria, sostituì La Cécilia il 20 aprile al comando dei forti del sud dai quali sorvegliare le trincee; si fece notare per non avere capacità di comando; morirà tra il 5 e il 7 maggio, nel forte di Issy, sotto i bombardamenti versagliesi.

(13) Come detto fin dalla prima puntata, si tratta della Riunione Generale di partito tenuta a Milano il 2 e 3 aprile 1966 sulla Questione militare e la Comune parigina («il programma comunista», nn. 4, 12 e 13 del 1966).

(14) Jaroslaw Dombrowski («un polacco che Garibaldi aveva reclamato per la sua armata dei Vosgi», come scrive P. O Lissagaray), fece la scuola militare a Brest e a San Pietroburgo. Combattè nel 1863 per l'indipendenza della Polonia dalla Russia; nel 1864, arrestato e condannato a 15 anni di lavori forzati in Siberia, riuscì ad evadere e riparò in Francia. A Parigi conobbe Delescluze, Varlin e Vermorel, aderì alla Prima Internazionale e partecipò alla Comune. Propose di utilizzare meglio l'artiglieria e di costituire gruppi di commando, ma non ebbe successo. Thiers tentò di corromperlo offrendogli un milione e mezzo di franchi perché passasse con Versailles, ma Dombrowski dununciò questi tentativi e fece arrestare l'agente di Thiers che fu fucilato. Il 23 maggio, a Parigi sulle barricate contro i versagliesi che ormai l'avevano invasa viene ferito e muore. E' stato considerato il miglior comandante militare della Comune.

Auguste Vermorel, giornalista di idee socialiste, più volte imprigionato dal regime bonapartista per il contenuto dei suoi articoli nei giornali La Jeune France, il Courrier français, La Réforme. Partecipò alla Comune fin dal 18 marzo 1871, elletto al Consiglio della Comune e alla Commissione Giustizia, poi alla Commissione Esecutiva e alla Sicurezza Generale. Nella "settimana di sangue" sulle barricate venne ferito, catturato dalle truppe di Thiers, portato in un campo di prigionia a Versailles e lasciato morire senza cure. Tra i polacchi che parteciparono alla Comune si distinsero anche i fratelli Okolowicz per il loro coraggio e la loro abnegazione.

(15) Louis Nathaniel Rossel frequentò il collegio militare di La Flèche e poi l'Ecole polytechnique di Parigi; appassionato di strategia militare, nel 1869 dimostrò che i libri di strategia attribuiti a Napoleone III era apocrifi. Nella guerra franco-prussiana del 1870 era capitano a Metz; considerò la resa della Francia firmata in ottobre come un tradimento. Alla proclamazione della Comune nel marzo 1871 Rossel vi aderì; il 3 aprile fu nominato capo di Stato maggiore della Comune e, temendo che la Comune andasse incontro alla rovina, si dedicò ad una migliore organizzazione militare delle forze militari comunarde e ad una maggiore disciplina. Fu nominato delegato alla guerra al posto di Cluseret il 30 aprile, ma denunciò 10 giorni dopo le debolezze della Comune, soprattutto dopo la caduta del forte d'Issy, e si dimise. Questo "soldato di ventura", come lo definì P.O. Lissagaray, fu accusato ingiustamente di tradimento e di voler instaurare una dittatura militare (soprattutto dai radicali neogiacobini che facevano capo a Pyat) fu arrestato, ma evase e si nascose a Parigi. Alla caduta della Comune fu arrestato dai versagliesi, processato e condannato a morte. Thiers gli propose la grazia contro l'autoesilio perpetuo, ma Rossel rifiutò; fu fucilato il 28 novembre 1871 al campo militare di Satory. Thiers ammise che la sua esecuzione, ingiustificata dal punto di vista giuridico, sebbene a distanza di mesi dalla caduta della Comune, aveva esclusivamente motivi politici: "Bisognava dare un esempio", confermando per l'ennesima volta il perenne sentimento di vendetta della borghesia nei confronti di tutti coloro che "osano" rivoluzionare il suo sistema politico ed economico.

Félix Pyat, era un giornalista (il suo giornale era Combat) e uno scrittore di drammi teatrali, noto per la sua eloquenza e demagogia, "uno scettico pieno di rancori, sincero soltanto nell'idolatria di se stesso" (Lissagaray). Con la rivoluzione del 1848 scese nell'agone politico; nel 1864 aderì alla Prima Internazionale con l'ambizione di giungere ai suoi vertici, ma glielo impedì Marx "contrario a che l'Internazionale servisse ai suoi effetti teatrali" (B. Noël, Dictionnaire de la Commune, II, 1978, p. 190). Tanto per avere un'idea di come si comportava Pyat, ecco come Lissagaray caratterizza i suoi due atteggiamenti: "Alla Comune, a porte chiuse, egli incitava alle misure violente; nel suo giornale (Le Vengeur) invece pontificava, scuoteva la sua testa grigia e diceva: All'urna e non a Versailles!". Il 22 maggio i versagliesi entrarono a Parigi, Pyat chiamò dal suo giornale alla resistenza, ma si nascose, rifugiandosi poi a Londra. Tornò a Parigi grazie all'amnistia del 1880 e fu eletto deputato nel 1888. 

(16) Ridotta Moulin-Saquet: si tratta di un sistema di fortificazioni e di trincee il cui ruolo è di proteggere il forte più grande (Ivry). Situata nel comune di Vitry-sur-Seine, questa ridotta si trovava tra il forte d'Ivry e la ridotta Hautes-Bruyères a Villejuif. Al comando dei forti d'Ivry e Arcueil è stato nominato il polacco Walery Wroblewski, ma senza un piano generale di difesa né di organizzazione militare. Nella notte tra il 3 e il 4 maggio 1871 i versagliesi riescono ad entrare ed attaccare la ridotta Moulin-Saquet grazie al tradimento di un ufficiale federato che passò la parola d'ordine. Sorpresi i 500 federati di guarnigione non riscirono a difendersi adeguatamente, 50 furono uccisi, 200 fatti prigionieri e 5  cannoni furono catturati dai versagliesi: la ridotta fu quindi persa.

(17) Walery Wroblewski, studiò a San Pietroburgo all'Istituto Superiore delle acque e delle foreste; partecipò all'insurrezione polacca contro lo zarismo nel 1863; nel 1864 si rifugiò a Parigi, lavorando come tipografo, aderì all'Unione dei democratici polacchi per l'indipendenza della Polonia dalla Russia. Dopo il 4 settembre 1870 con un gruppo di militari polacchi propose al generale Trochu la formazione di una legione polacca per la difesa di Parigi contro i prussiani che però non venne accettata. Entrò nella Guardia nazionale e la Comune, all'inizio di aprile, lo nomimò generale, comandante della cavalleria dei Federati sulla riva sinistra della Senna. Durante la "settimana di sangue" Wroblewski combattè sulle barricate come semplice guardia nazionale dopo aver rifiutato il comando generale delle truppe della Comune. Caduta la Comune, riuscì a non farsi catturare e dopo qualche mese si rifugiò a Londra, dove installò una piccola tipografia (stamperà anche Rogue et Noir di P.O. Lissagary). Nel 1872 il Consiglio di Guerra lo condannò a morte in contumacia. Conobbe Marx ed Engels, che lo stimarono molto. Aderì alla Prima Internazionale, fu eletto membro del Consiglio generale e delegato per la Polonia; votò per l'esclusione di Bakunin. Nel 1885 rientrò in Francia dove, dopo lunga malattia, morì nel 1908.

(18) Questi oscuri capi furono Georges Rist, ingegnere civile, e Julien, comandante del 141° battaglione dell'XI arrondissement. Di Rist si sa che, caduta la Comune, riuscì a rifugiarsi in Belgio dove troverà lavoro presso le ferrovie. Di Julien non abbiamo trovato traccia se non che, dopo che Rossel si era dileguato da Issy dopo il 3 maggio, insieme a Rist continuarono a battersi per la difesa del fort d'Issy fino alla sua caduta definitiva (Lissagaray).

(19) Louis Charles Delescluze, repubblicano democratico partecipò alle insurrezioni del 1830 che rovesciarono Carlo X; per non essere arrestato si rifugia in Belgio e torna in Francia nel 1840, a Valenciennes. Nel 1848 partecipò alla rivoluzione; nel 1849, denunciò nel suo giornale La Révolution démocratique e sociale il generale Cavaignac come responsabile dei massacri degli operai parigini nel giugno 1848, e per questo venne arrestato e condannato una multa salata, cosa che risuccederà nuovamente 15 giorni dopo per altre denunce pubblicate, ma si sottrasse alla cattura fuggendo in Inghilterra. Rientrò clandestinamente in Francia nel 1853, ma venne arrestato e condannato a 4 anni di carcere e 10 di deportazione alla Cayenne. Nell'agosto 1859 venne amnistiato, tornò a Parigi e fondò, nel 1868, il giornale repubblicano radicale Le Réveil: nuove condanne, nuove multe e sospensioni della pubblicazione. Nell'agosto 1870 fuggì in Belgio, ma dopo il 4 settembre 1870, alla proclamazione della repubblica, tornò a Parigi. Il 5 novembre 1870 venne eletto sindaco del XIX arrondissement di Parigi, ma, dopo aver invocato la lotta armata conto il governo di Difesa Nazionale, si dimise il 6 gennaio 1871. L'8 febbraio venne eletto all'Assemblea Nazionale dove accusò i membri del governo per essersi arresi alla Germania.

Sostenne la Comune e fu eletto al suo Consiglio Generale; fu sempre un sostenitore della centralizzazione. Il 24 maggio, entrati i versagliesi a Parigi, Delescluze si appellò alla resistenza in ogni quartiere. Capì che tutto era perduto, quindi scrisse alla sorella: "non  voglio né posso diventare la vittima e lo zimbello della reazione vittoriosa" (Lissagaray, Storia della Comune, p. 416), e il 25 maggio messosi allo scoperto davanti alla barricata dello Château-d'Eau, disarmato, si fece uccidere.

Lissagaray volle sottolineare l'eroismo anche di questo borghese guadagnato alla causa proletaria: "In silenzio, avendo come sola confidente la propria coscienza severa, Delescluze era andato verso la barricata come gli antichi montagnardi andavano al patibolo. La lunga giornata della sua vita aveva esaurito le sue forze. Non gliene restava che un soffio: dette anche quello. Era vissuto per la giustizia. Fu il suo talento, la sua scienza, la setssa polare della sua vita. La cercò, la proclamò per trent'anni attraverso l'esilio, la prigione, le offese, sdegnando le persecuzioni che gli rompevano le ossa. Lui, giacobino, cadde a fianco dei socialisti per difenderla. La sua ricompensa fu d'essere morto per la sua idea, con le mani libere, al sole, al momento buono, senza essere rattristato dalla vista del boia" (p. 419).

(20) Paul Antonine Brunel, è stato sottotenente del 4° reggimento caciatori, ma si dimise dall'esercito nel 1864. Durante l'assedio di Parigi del 1870 da parte delle truppe prussiane, parteciò all'insurrezione del 31 ottobrecontro il governo di Difesa Nazionale. All'annuncio dell'armistizio con i prussiani, il 26 gennaio 1871, tentò di impadronirsi dei forti a est di Parigi; arrestato, venne poi liberato dalle guardie nazionali e fece parte del Comitato centrale delle Guardie Nazionali. Dal 18 marzo partecipò alla Comune e in quanto militare venne adibito alla difesa del forte d'Issy; criticò la disorganizzazione delle forze militari e per questo fu arrestato il 15 maggio; il 21 maggio venne liberato e combattè sulle barricate durante la "settimana di sangue". Alla caduta della Comune riuscì a fuggire in Inghilterra dove insegnò alla Scuola Navale di Dartmouth.

 

 

Partito comunista internazionale

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