Ciao Pia

(«il comunista»; N° 170 ; Settembre / Novembre 2021)

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Mercoledì 13 ottobre, Maria Pia Donegà, maestra all’istituto Grimani di Marghera, stava tornando a casa in macchina, lungo la statale Romea, dopo aver terminato il suo orario scolastico; un lavoro iniziato da un mese, da quando era passata finalmente di ruolo, dopo una lunga vita da precaria. All’altezza di Campagna Lupia, a pochi km da casa, verso le 13:30, l’incidente mortale le cui cause non sono state chiarite; la cosa che hanno appurato è che ad un certo punto la sua macchina si è spostata sulla corsia contraria, forse per un malore, andando a schiantarsi contro un Tir che viaggiava nella direzione opposta. I soccorsi sono arrivati presto, ma non hanno potuto far altro che dichiararne il decesso.

Il tragitto che collega Codevigo, paese in cui abita con la famiglia da molti anni, a Marghera è lungo 28 km, quasi interamente sulla Romea; ci si mette circa mezz’ora a percorrerlo. Ma, all’altezza di Campagna Lupia, a pochi km da Codevigo, lo scontro con un Tir le spezza la vita a 63 anni.

La Romea, che collega Ravenna a Mestre, lungo la costa adriatica, è da sempre una statale pericolosissima. Dagli ultimi dati disponibili, risulta che tra il 2015 e il 2019 essa detiene il tristissimo primato di incidenti  (104) nei 40 km della tratta veneziana, primato anche negli incidenti mortali: 19 in totale, di cui 5 nel solo 2019 (1). Costruita all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso, i suoi 126 km, salvo l’ultimo tratto di 3,5 km, completati nel 2014, che la connettono con lo svincolo di Marghera, sono praticamente tutti a corsia unica per senso di marcia. Solo che nei settant’anni di vita della Romea, il traffico automobilistico e dei camion è aumentato in modo impressionante e con questo aumento del traffico sono aumentati gli incidenti e i morti.

Ogni proletario sa che la sua vita quotidiana è fatta di stress, di preoccupazioni di ogni tipo, di mille cose da sbrigare tra le quali, oltre ai cosiddetti “mestieri di casa”, ci sono faccende burocratiche di ogni tipo che negli ultimi anni riempiono in modo sempre più invasivo il poco tempo “libero”, dopo l’orario di lavoro (quando si trova un lavoro). Non c’è mai tempo per riposare, per godersi la vita, per riacquistare un po’ di tranquillità e magari di ozio, per occuparsi di sé e dar tempo al proprio organismo di ricostituire le proprie forze senza doverlo sottoporre a continue forzature; il tempo viene succhiato interamente da una società che non mette mai al primo posto il benessere e la salute degli esseri umani, ma il profitto capitalistico da ottenere sempre più velocemente. Ogni proletario sa che, anche se lavora in un posto fisso, mette comunque a rischio la propria vita, sia nel posto di lavoro, sia nel tragitto da casa al lavoro e dal lavoro a casa. Se il rischio nei posti di lavoro è costituito dalla sistematica mancanza di misure di sicurezza, nel tragitto per andare e tornare dal lavoro è costituito dalle strade, dal traffico veloce e caotico o da qualche altra disgrazia che succede all’improvviso (anche quest’anno gli infortuni sul lavoro sono aumentati notevolmente, mentre i morti sono 3 al giorno, una vera e propria strage senza fine!).

Pia (come l’abbiamo sempre chiamata) era finalmente passata di ruolo con il concorso straordinario del 2018 ed è stata assegnata un posto a non troppi km di distanza da casa, a Marghera appunto; in precedenza aveva insegnato come precaria in un altro comune abbastanza vicino, a Fossò, a neanche venti minuti da Codevigo. Sembrava finalmente, all’età di 63 anni, di aver trovato un po’ di stabilità lavorativa...

Pia l’abbiamo conosciuta a Milano più di quarant’anni fa; lavorava in un’industria chimica che stava licenziando molti lavoratori. Si era avvicinata al partito e aveva frequentato la sezione di Milano per diversi anni insieme al suo compagno, fino alla crisi del partito nel 1982. Da allora in poi sono rimasti comunque in contatto con noi mostrando una sincera amicizia e una seria simpatia per come avevamo affrontato la crisi del partito e per come continuavamo la nostra attività di partito. Dopo l’uscita dalla fabbrica Pia tentò molte strade, ma sempre sostanzialmente da precaria; nacque la figlia nel 1990, finché, lasciato il milanese si spostarono a Moniga e, infine, decisero di spostarsi in Veneto, a Chioggia e poi a Codevigo. Nel frattempo era nato anche un altro figlio. Vita raminga, sempre alla ricerca di un luogo dove crescere i figli e sopravvivere in modo decente.

In un periodo così lungo in cui è mancato e manca l’ossigeno della lotta proletaria di classe, quell’ossigeno che rinvigorisce le masse proletarie e le sostiene nel resistere contro la pressione e la repressione del potere borghese, e che contribuisce a far vedere concretamente una prospettiva, un futuro che non sia l’insicurezza del lavoro e della vita, cioè la schiavitù del lavoro salariato, l’esistenza di un legame di sincera amicizia e di condivisione degli obiettivi, chi in modo militante, chi come simpatizzante, consolidano la capacità di resistere, nonostante le crisi economiche e sociali che stravolgono la vita di milioni di esseri umani – vere tempeste sulla rotta dell’emancipazione della classe proletaria – senza perdere fiducia in un avvenire che appare irraggiungibile.

Ricorderemo sempre la dolcezza e la semplicità di Pia, e la sua forza nell’affrontare le difficoltà della vita; non si abbatteva mai, nonostante la continua precarietà del lavoro, e non le sono mai mancati il sostegno e la fiducia negli stretti legami col suo compagno e con i figli: un vero esempio per i suoi figli, e anche per noi.       

 


 

(1) Cfr. www.veneziaradiotv.it

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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