Marx sull’impersonalità del capitale

(«il comunista»; N° 176 ; Gennaio-Febbraio 2022)

Ritorne indice

 

 

Riportiamo tre citazioni dal terzo volume del Capitale, pubblicate nell’allora nostra rivista in tedesco Kommunistisches Programm (nr. 2 del 1974), per illustrare l’impersonalità del capitale, il capitale come fattore non umano, la natura non privata del capitale, nonché per demolire le «teorie» che vedono nella scomparsa del singolo capitalista, nel capitalismo di Stato, nelle nazionalizzazioni ecc. un superamento del sistema capitalistico.

 

SULLA SCOMPARSA DEL CAPITALISTA COME PERSONAGGIO

 

«Le società per azioni, sviluppatesi con il sistema creditizio, hanno in generale la tendenza a separare sempre più questo lavoro di amministrazione, in quanto funzione, dalla proprietà del capitale, sia esso di proprietà personale, oppure preso in prestito; precisamente come con lo sviluppo della società borghese le funzioni giudiziarie e amministrative si separano dalla proprietà terriera, della quale esse erano attributo nei tempi feudali. Ma poiché da un lato al semplice proprietario del capitale, al capitalista monetario, si oppone il capitalista operante e con lo sviluppo del credito questo stesso capitale monetario assume un carattere sociale, si concentra nelle banche e da queste, non più dai suoi proprietari immediati, viene dato a prestito; ma poiché d’altro lato il semplice dirigente, che non possiede il capitale sotto alcun titolo, nè a titolo di prestito nè altrimenti, esercita tutte le funzioni effettive che competono al capitalista operante in quanto tale, rimane unicamente il funzionario, e il capitalista scompare dal processo di produzione come personaggio superfluo». (1)

 

SULLA PROPRIETÀ SOCIALE E NON PERSONALE DEL CAPITALE

 

«Facendo astrazione dalle società per azioni – che sono l’annullamento dell’industria privata capitalistica sulla base del sistema capitalistico stesso, e distruggono l’industria privata a misura che esse si ingrandiscono e invadono nuove sfere di produzione – , il credito permette al singolo capitalista o a colui che è tenuto in conto di capitalista, di disporre completamente, entro certi limiti, del capitale e della proprietà altrui, e per conseguenza del lavoro altrui!. La possibilità di disporre del capitale sociale che non gli appartiene gli permette di disporre del lavoro sociale. Il capitale stesso che si possiede in realtà oppure nell’opinione del pubblico, diventa soltanto la base per la sovrastruttura creditizia. Ciò accade particolarmente nel commercio all’ingrosso, attraverso cui passa la maggior parte del prodotto sociale. Tutte le misure, tutte le spiegazioni ancora più o meno accettate all’interno del modo di produzione capitalistico, qui scompaiono. Ciò che il commerciante all’ingrosso rischia nelle sue speculazioni non è proprietà sua, ma della società. Altrettanto assurda è la frase fatta che fa derivare il capitale dal risparmio, perché ciò che lo speculatore pretende è proprio che altri risparmino per lui. (…)

 

«II suo lusso poi, che ora diventa anch’esso un mezzo per ottenere credito, fa a pugni con l’altra frase fatta, che fa derivare il capitale dalla rinuncia. Concezioni che in una produzione capitalistica meno sviluppata hanno ancora un senso, qui lo perdono completamente. Il successo e l’insuccesso portano qui egualmente all’accentramento dei capitali e quindi alla espropriazione sulla scala più vasta. L’espropriazione si estende qui dai produttori diretti agli stessi capitalisti piccoli e medi. Tale espropriazione costituisce il punto di partenza del modo di produzione capitalistico, e allo stesso tempo il suo scopo, che è, in quella analisi, quello di espropriare i singoli individui dei mezzi di produzione, che con lo sviluppo della produzione sociale cessano di essere mezzi della produzione privata e prodotti della produzione privata, e che possono essere ancora soltanto mezzi di produzione nelle mani dei produttori associati, quindi loro proprietà sociale, così come sono loro prodotto sociale. Ma nel sistema capitalistico questa espropriazione riveste l’aspetto opposto, si presenta come appropriazione della proprietà sociale da parte di pochi individui, e il credito attribuisce a questi pochi sempre più il carattere di puri e semplici cavalieri di ventura. Poiché la proprietà esiste qui sotto forma di azioni, il suo movimento ed il suo trasferimento non sono che il puro e semplice risultato del giuoco di borsa dove i piccoli pesci sono divorati dagli squali e le pecore dai lupi di borsa. Nel sistema azionario è già presente il contrasto con la vecchia forma nella quale i mezzi di produzione sociale appaiono come proprietà individuale ; ma la trasformazione in azioni rimane ancora chiusa entro le barriere capitalistiche; in luogo di annullare il contrasto fra il carattere sociale ed il carattere privato della ricchezza, essa non fa che darle una nuova forma». (2)

 

SUL VENIR MENO DEL CARATTERE PRIVATO DEL CAPITALE

 

«Abbiamo visto che il profitto medio del capitalista singolo, o di ogni capitale individuale, non è determinato dal pluslavoro che questo capitale si appropria di prima mano, ma dalla quantità di pluslavoro complessivo che il capitale complessivo si appropria e da cui ogni capitale individuale, unicamente come parte proporzionale del capitale complessivo, trae i suoi dividendi. Questo carattere sociale del capitale è reso possibile e attuato integralmente dal pieno sviluppo del sistema creditizio e bancario. D’altro lato questo sistema va oltre e mette a disposizione dei capitalisti commerciali e industriali tutto il capitale disponibile e anche potenziale della società, nella misura in cui esso non è stato già attivamente investito, così che nè chi dà a prestito, nè chi impiega questo capitale ne è proprietario o produttore. Esso elimina con ciò il carattere privato del capitale e contiene in sè, ma solamente in sè, la soppressione del capitale stesso. Con il sistema bancario la ripartizione del capitale è sottratta alle mani dei privati e degli usurai, come una attività particolare, come una funzione sociale. Ma la banca e il credito in pari tempo divengono così il mezzo più potente per spingere la produzione capitalistica al di là dei suoi limiti, e uno dei veicoli più efficaci delle crisi e della speculazione.

 

«Sostituendo il denaro con le diverse forme del credito circolante, il sistema bancario mostra inoltre che il denaro non è altro in realtà se non una particolare espressione del carattere sociale del lavoro e dei suoi prodotti, che tuttavia, in opposizione alla base della produzione privata, deve sempre apparire in ultima istanza come una cosa, come una merce particolare accanto alle altre merci.

«Infine non v’è dubbio che il sistema creditizio servirà da leva potente, durante il periodo di transizione dal modo di produzione capitalistico al modo di produzione del lavoro associato; ma solo come un elemento in connessione con altre grandi trasformazioni organiche dello stesso modo di produzione» (3).

 


 

(1) Marx, Il capitale, Libro III–I, cap. 23, p. 458–459, Editori Riuniti, Roma 1980

(2) Marx, Il capitale, Libro III–I, cap. 27, p. 521–522, Editori Riuniti, Roma 1980

(3) Marx, Il capitale, Libro III–II, cap. 36, p. 705, Editori Riuniti, Roma 1980

 

 

Partito Comunista Internazionale

Il comunista - le prolétaire - el proletario - proletarian - programme communiste - el programa comunista - Communist Program

www.pcint.org

 

Top

Ritorne indice