Quando i «rivoluzionari» perdono la bussola

(«il comunista»; N° 176 ; Gennaio-Febbraio 2022)

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Chi ha letto nel nuovo «programma comunista» (n. 5-6, nov.-dic.2022) l’articolo «Dalla Germania. Crisi, guerra, inflazione, “azione concertata”- Respingere l’attacco generale alla classe proletaria!» si è imbattuto in un capitoletto intitolato «Che fare contro crisi, guerra e inflazione», in cui si legge quanto segue:

«In questa situazione di crisi, guerra e inflazione, qui brevemente tratteggiata, la risposta della classe operaia può essere una sola, la cosa semplice che è così difficile da fare: organizzarsi nei luoghi di lavoro e nei quartieri e riprendere il cammino della lotta di classe attraverso il mezzo che provoca i maggiori danni allo Stato e al Capitale – lo sciopero a tempo indeterminato, che paralizza la produzione di profitto e può quindi mettere in ginocchio il nemico di classe e porre così fine sia alle guerre in corso che agli attacchi economici in atto. Naturalmente sappiamo bene che la nostra classe si trova attualmente in una situazione di difesa, disorganizzazione e debolezza. Tuttavia è necessario sottolineare la forza che avremo se ci solleveremo insieme  e mostrare una prospettiva corrispondente» (il corsivo è dell’autore dell’articolo).

Ecco la magica soluzione, la cosa più semplice da fare per mettere in ginocchio lo Stato e il Capitale: sciopero senza limiti di tempo (mancherebbe la parolina: generale), e il gioco è fatto!

L’articolo sottolinea subito dopo che quello che sta accadendo ora è «purtroppo l’opposto» – quindi, deduciamo, nessuno sciopero a tempo indeterminato –, essendo i proletari rappresentati e diretti da «sindacati di regime» che applicano la politica di partenariato sociale col governo e col padronato. Non c’è dubbio sul fatto che i proletari non abbiano ancora la forza di rompere drasticamente con la politica concertativa e di partenariato sociale dei sindacati e dei partiti opportunisti e collaborazionisti. Come non abbiamo alcun dubbio sul fatto che il proletariato, per una reale difesa dei suoi interessi immediati di classe debba non solo rompere con la politica collaborazionista e con le organizzazioni sindacali che la applicano dalla fine della seconda guerra imperialista mondiale, ma reimpossessarsi degli obiettivi, dei metodi e dei mezzi della lotta di classe tra i quali, certamente, c’è anche lo sciopero senza limiti di tempo. Ma il collegamento politico tra la lotta di difesa economica (aumenti salariali, diminuzione della giornata lavorativa ecc.) e la lotta contro la guerra non nasce automaticamente dalla lotta economica. La lotta di classe, per i marxisti – dunque per Marx, Engels, Lenin e la Sinistra comunista d’Italia – è fatto politico e con economico!

La lotta operaia, per diventare lotta di classe, deve essere influenzata e diretta dal partito di classe, il partito comunista rivoluzionario, sennò rimane una lotta operaia, anche se dura e conflittuale, influenzata e diretta dall’opportunismo politico e sindacale. Ovvio che «la ripresa della lotta di classe» non sarà soltanto «un percorso lungo e difficile, accompagnato da molte sconfitte, ma anche da piccoli successi ripetuti», ma, per i marxisti, sarà anche un processo storico in cui nelle file del proletariato si genereranno lotte e scontri tra gli strati proletari più coscienti degli interessi generali di classe e gli strati più arretrati, manipolabili e manipolati dai nemici di classe.

Ma nell’articolo citato non c’è alcun accenno al fatto che la «prospettiva corrispondente» alla «forza che avremo se ci solleveremo insieme» consiste nella presenza nelle lotte operaie del partito di classe che abbia avuto la possibilità di influenzarle e farle dirigere da associazioni economiche (sindacati, soviet o altre forme che la lotta operaia nel suo sviluppo genererà) a loro volta influenzate e dirette dal partito comunista rivoluzionario.

Secondo il nuovo «programma comunista», per mettere in ginocchio Stato e Capitale e mettere fine alle crisi e alle guerre non ci vuole il movimento rivoluzionario del proletariato guidato dal partito di classe, ma basta che le masse proletarie si sollevino e si organizzino. Come dire che il movimento rivoluzionario del proletariato sboccia automaticamente dallo sciopero a tempo indeterminato...

Nel 1899, Lenin, nell’articolo Sugli scioperi, scriveva: «qualcuno pensa che sia sufficiente scatenare lo sciopero generale in tutto il paese perché gli operai possano ottenere dai capitalisti e dal governo tutto quel che vogliono», che la classe operaia possa «ottenere importanti miglioramenti delle sue condizioni o persino la sua emancipazione». Gli scioperi, afferma Lenin, «sono una “scuola di guerra” e non la guerra stessa [guerra di classe, ovviamente, NdR]». L’emancipazione della classe operaia riguarda i proletari di tutto il mondo e non potrà essere avviata se non abbattendo, con la rivoluzione, il potere borghese e il suo Stato instaurando la dittatura proletaria esercitata dal partito di classe. Senza questo salto di qualità storico, di cui lo sciopero generale è uno dei mezzi, ma non l’unico, nessuna crisi e nessuna guerra borghese e imperialista avrà mai fine.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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