Tutti i democratici, tutti i «patrioti» hanno un solo grande obiettivo: difendere gli interessi della classe capitalistica

(«il comunista»; N° 178 ; Giugno-Agosto 2023)

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L’attuale governo Meloni, come del resto tutti i governi borghesi precedenti, “tecnici” o “politici” che fossero, hanno sempre avuto un obiettivo principale: difendere gli interessi della classe capitalistica. Lo proclamiamo fin dal programma del Partito comunista d’Italia 1921, lo ribadiamo nel programma del Partito Comunista Internazionale fin dal 1948.

Le fasi di sviluppo dell’imperialismo moderno sono state attraversate dalla democrazia liberale, dalla democrazia elettorale e parlamentare, dall’autocrazia, dal fascismo, dalla democrazia postfascista e blindata, a seconda dell’evoluzione storica e sociale dei diversi paesi; in ogni caso sono state fasi in cui le classi dominanti borghesi hanno attuato tutte le possibili forme di governo e tutte le politiche economiche e sociali che nei rapporti di forza tra borghesia e proletariato apparivano le più consone a difendere il capitalismo, dunque la società capitalistica su cui la classe borghese basa il suo potere economico, sociale, politico e ideologico.

Ogni classe borghese è per natura nazionalista, patriottica, difende prima di tutto i suoi interessi nazionali, pur nella lotta di concorrenza nello stesso paese tra le diverse fazioni borghesi da cui è costituita; li difende contro tutte le borghesie straniere e contro la classe che storicamente riconosce come la classe antagonista per eccellenza, la classe del proletariato, dei lavoratori salariati, che è potenzialmente in grado di elevare la propria lotta politica – cioè la lotta di classe propriamente detta – verso l’abbattimento del potere borghese per instaurare il proprio potere di classe rivoluzionaria.

Lo sviluppo storico delle società, fino alla società borghese capitalistica, mostra che è il rapporto di forza tra classi dominanti e classi dominate a decidere il suo corso storico, il passaggio da una società arretrata ad una società più avanzata, un passaggio sempre violento come è violento il rapporto tra le classi in tutte le società divise in classi; con la società borghese, l’antagonismo tra le classi si è ridotto fondamentalmente a quello tra la borghesia e il proletariato, portandolo all’appuntamento storico decisivo, quello in cui l’ulteriore sviluppo della società non potraà che essere la rivoluzione internazionale di segno proletario e comunista perché l’obiettivo storico è la scomparsa delle classi, il superamento storico della lunghissma preistoria umana per entrare nella storia umana, nella società di specie. Obiettivo grandioso e lontano, certamente, ma è lì che materialisticamente conduce lo sviluppo sociale, che la borghesia e il proletariato ne siano o meno «convinti». 

La borghesia, per quanto accecata dalla sete di potere, dalla spasmodica ricerca del profitto capitalistico, e dall’immediato possesso privato di merci e di denaro nel sistema di scambio di valori che forma il capitalismo, ha comunque una sua intelligenza di classe. Dalla storia delle lotte fra le classi, dalle rivoluzioni e dalle controrivoluzioni, ha tirato lezioni importanti, tra le quali quella che per mantenere il potere politico ha bisogno dell’appoggio, spontaneo o forzato, delle classi lavoratrici. La democrazia si è dimostrata un’arma eccezionalmente efficace nell’ottenere il coinvolgimento del proletariato alla conservazione sociale; nello stesso tempo, a frustrarne le ambizioni di progresso sociale e di emancipazione sociale grazie all’opera continua, sistematica, capillare di divisione della classe proletaria in strati e gruppi in concorrenza tra di loro. Alla stessa stregua della concorrenza sul mercato delle merci e dei capitali, così la borghesia alimenta la concorrenza tra proletari e proletari, a seconda dell’età, del genere, della nazionalità, del grado di istruzione, della specializzazione individuale ecc.

I governanti borghesi, i politici borghesi, e tra questi noi ci mettiamo tutti i socialdemocratici, i socialsciovinisti, i socialisti e comunisti di facciata, ma traditori, opportunisti e collaborazionisti di fatto, invocano sempre la democrazia, sono sempre pronti a difendere la patria, non importano i motivi del momento –  il «pericolo di aggressione» da parte di una paese straniero, o il «pericolo di aggressione» alla libertà e alla democrazia da parte di una forza politica e sociale concorrente, naturalmente antidemocratica e totalitaria. Ma, soprattutto, usano qualsiasi mezzo per tenere in piedi il sistema capitalistico.

E’ il mondo capitalista nella fase imperialista che è diventato totalitario, poiché sono i grandi trust, le grandi concentrazioni economiche e finanziarie a condurre le decisioni dei governi nel solco delle politiche che soddisfino gli interessi del grande capitale. Se un governo non risponde in modo adeguato a quegli interessi, la lotta tra fazioni borghesi non fa che crescere in termini di violenza sociale, politica e militare, cosa che non esclude poi il solito ricorso poi alle elezioni giusto per mantenere in piedi le illusioni sulla democrazia. Questa lotta, ovviamente, si ripercuote sulle classi dominate e, in particolare, sul proletariato perché è da esso che il capitale, attraverso il lavoro salariato, estorce il plusvalore trasformandolo poi in profitto capitalistico; mentre, soprattutto in tempi di crisi economica, si assiste all’abbattimento dei salari, al passaggio di parte dei servizi pubblici ai privati, all’aumento dei prezzi ecc.

Il governo Meloni, fin dai primi momenti, ci ha deliziato con alcune scoperte: ad es., il male della società non è la disoccupazione in aumento, ma il fatto che vi sono masse di occupabili che preferiscono non far nulla e prendere il reddito di cittadinanza o qualsiasi altra forma di sussidio personale piuttosto che «trovarsi un lavoro»; altra scoperta: gli eccezionali flussi migratori dai paesi più poveri che raggiungono l’Italia sono causati dall’attività dei trafficanti di uomini, e il governo ha deciso di perseguirli «in tutto il globo terracqueo»; come farà?, non è dato saperlo...; altra scoperta ancora: i consumi stanno decrescendo troppo e l’economia nazionale soffre, perciò la soluzione sarà di combattere il «lavoro povero», cioè pagato malissimo, non alzando i salari ma favorendo le aziende dal punto di vista fiscale e così i lavoratori avranno qualche euro in più nella busta paga per «consumare di più».

Che belle scoperte! Come se la disoccupazione non fosse la conseguenza proprio del modo di produzione capitalistico che automatizza sempre più i processi lavorativi licenziando personale dipendente, mantenendo però alto l’orario di lavoro giornaliero per il personale rimasto, senza aumenti di salario. Come se i flussi migratori non fossero determinati dalle conseguenze delle guerre che i paesi capitalisti, grandi e piccoli, si fanno in ogni angolo del mondo, e dello sfruttamento forsennato delle risorse naturali dei paesi più poveri di capitali ma ricchi di risorse minerarie. I trafficanti? Ci sono stati e ci saranno sempre finché il capitalismo sarà in vita, perché per la borghesia tutto è merce, perfino l’aria che si respira, tutto è commerciabile, uomini compresi.

La cosiddetta legge della domanda e dell’offerta è, in realtà, un inganno perché, aldilà dei prodotti di prima necessità che riguardano la stragrande maggioranza della popolazione, i veri affari i capitalisti li fanno su tutti gli altri prodotti, sui prodotti finanziari, sugli immobili, sulle armi, sui farmaci, insomma non su quel che si mangia.

Ecco, è per poter finalmente mangiare, magari due volte al giorno, che i proletari si ribelleranno, non importa chi sarà al governo!

Quel che al proletariato serve è indirizzare la propria lotta contro gli interessi della classe capitalistica, e contro le organizzazioni e gli uomini che li difendono sul piano politico, economico, sociale, ideologico. L’orientamento interclassista, collaborazionista deve essere combattuto con l’orientamento di classe!

 

 

Partito Comunista Internazionale

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