La guerra in Ucraina prosegue anche se i media se ne occupano marginalmente 

(«il comunista»; N° 179 ; Settembre-Novembre 2023)

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Con la guerra che Israele ha scatenato contro Gaza, in risposta al terribile attacco di Hamas ai kibbutz vicini al confine, e i bombardamenti quotidiani che dal 7 ottobre stanno distruggendo edifici civili e ospedali soprattutto nel nord della Striscia,  la guerra in Ucraina ha perso le prime pagine di tutti i media del mondo. Ovvio, dal punto di vista commerciale, i filmati delle nuove distruzioni di Gaza e degli orrori delle incursioni di Hamans in territorio israeliano, assicurano molta più audience che non l’impantanamento dell’esercito ucraino in quella che doveva essere una controffensiva che avrebbe riportato Kiev  a riguadagnare ampie zone perdute con l’occupazione dei russi.

Eh sì, la controffensiva ucraina, tanto gonfiata nell’estate scorsa ha fatto cilecca. Era evidente la necessità propagandistica di alzare il morale delle proprie truppe che, dopo un anno e mezzo di una guerra devastante, esprimevano una pericolosa stanchezza di cui la contro-controffensiva russa avrebbe potuto approfittare. Zelensky continuava a batter cassa a Washington, a Londra, a Berlino, a Parigi, a Roma, a Bruxelles, voleva i carri armati ultima generazione, gli F-16, i droni più sofisticati e urgenti rifornimenti di munizioni, a milioni, visto che stavano drammaticamente finendo.

Il governo ucraino e, insieme a lui, i governi dei paesi imperialisti occidentali contavano sulle sanzioni antirusse da parte di Washington e dell’Unione Europea con le quali da tutti i pulpiti si dichiarava che avrebbero messo in ginocchio la Russia. Cosa che non è avvenuta, mentre è stata l’Ucraina ad essere messa in ginocchio dal punto di vista della devastazione del suo territorio, della sua economia e delle sue finanze.  L’Ucraina è uno dei paesi più industrializzati dell’Europa dell’Est, con qualche punto a favore in più sia per la sua tradizionale capacità industriale (in particolare nei settori siderurgico, metallurgico, chimico, e nella produzione di fibre sintetiche e di energia nucleare), sia per per la grande produzione di cereali per i quali, fino al 2021era uno dei maggiori protagonisti del mercato mondiale per il mais, l’orzo, il frumento, il sorgo. Ma con questa guerra - non soltanto dovuta all’invasione russa, ma anche al progetto della Nato di farne uno degli avamposti strategici contro la Russia - si è trasformata in un paese che dipende e dipenderà sempre più dai falchi dell’imperialismo occidentale, in particolare anglo-americano.

Va notato che negli anni dal 1989 in avanti, e soprattutto dopo il crollo dell’URSS, era la Germania - ormai riunificata - che mise al centro della sua Ostpolitik proprio l’Ucraina, d’altra parte storicamente inserita come potenza con grandi ambizioni imperialistiche nella lunga cerniera, dal Baltico al Mar Nero, che divide l’Europa dalla Russia euroasiatica.

Che questa Ostpolitik tedesca non incontrasse i favori di Washington era evidente già allora, anche perché, nel grande disegno americano l’Europa - con la Germania come suo punto cruciale - doveva diventare una sua «colonia» effettiva oltre ad esserlo diventata dal punto di vista finanziario dopo la seconda guerra imperialista mondiale. Il dollaro e la Nato furono le armi dell’imperialismo americano per sottomettere l’Europa alla propria politica di superpotenza vestendola con una democrazia che di «liberale» aveva ormai perso tutto a favore del totalitarismo dal sapore fascista.

Un’Europa  piena di basi militari americane; un’Europa che, sviluppando essa stessa un ringiovanimento economicamente potente dopo la guerra, funzionava anche come secondo mercato «americano»; un’Europa in cui, proprio in virtù delle forze materiali del capitalismo, si ricostituivano i grandi centri imperialistici concorrenti che, di fronte alle crisi di sovraproduzione - inevitabili nel capitalismo - poteva rappresentare o un alleato della supremazia mondiale americana - per la quale tornò comodo spartirsi con la Russia il controllo generale dell’Europa - o una minaccia ad una supremazia che col tempo non era rappresentata più soltanto dalla bandiera a stelle e strisce.

Il crollo dell’URSS, e la frammentazione dell’impero russo in tanti Stati che si sono resi indipendenti da Mosca, è stata la seconda occasione per l’imperialismo di Washington di stendere i suoi artigli su di loro, fantasticando sulla possibilità di piegare anche Mosca ai suoi interessi di potenza. Per ottenere un risultato di questo tipo doveva tenere la Germania, ormai riunificata, ancora sotto il suo controllo militare e doveva conquistare tutti i paesi dell’est Europa un tempo legati a Mosca applicando i suoi tradizionali strumenti: dollari e armi. L’Ucraina era il bastione, in parte filorusso, che ancora resisteva a piegarsi a Washington. Ma la sua propensione ad affiliarsi alla Nato e la guerra civile che Kiev ha scatenato contro il Donbass e la Crimea filorussi - peraltro democraticamente votati a riunirsi alla Russia - sono stati i motivi di scontro che hanno portato Kiev e Mosca a farsi la guerra. Inutile dire che dietro Kiev c’era da tempo Londra e Washington che, dopo l’invasione militare da parte della Russia, hanno avuto buon gioco nel propagandare il pericolo di un’invasione russa su tutta l’Europa. Per quanto inconsistente fosse questo pericolo, ebbe comunque la funzione nel rimettere in moto la propaganda della difesa della civiltà democratica occidentale contro la barbarie totalitaria russa, riaccendendo la più triviale politica nazionalista non solo in Ucraina e in Russia, ma in tutti i paesi europei.

La guerra guerreggiata, con le pantomime sull’aggressore e l’aggredito, ha comunque costretto i proletari ucraini e i proletari russi ad essere nel contempo forza lavoro sottoposta alle leggi marziali di entrambi i paesi e carne da macello in una guerra che è esclusivamente guerra di interessi imperialistici in cui ognuno dei belligeranti - diretti e indiretti - cerca  il proprio tornaconto.

E’ una guerra, apparentemente locale, che si sta svolgendo in un periodo in cui tutte le potenze mondiali si stanno preparando ad una terza guerra mondiale. E fa parte di questa preparazione la propaganda che ogni borghesia nazionale fa nei confronti del proprio proletariato per abituarlo a diventare obbediente soldato in difesa della propria «nazione», della propria «patria».

Il fatto che migliaia di reclutandi, sia in Ucraina che in Russia, abbiano cercato in tutti i modi, anche con la corruzione, di evitare di finire al fronte, incrina parecchio la supposta «unità nazionale» cercata e sbandierata da una e dall’altra parte. Ma quel che manca è la lotta di classe, l’opposizione di classe alla guerra borghese e imperialista, il disfattismo rivoluzionario per il quale, evidentemente, i proletari non sono ancora maturi. Noi non disperiamo, perché sono gli stessi orrori e le stesse contraddizioni capitalistiche che spingeranno i proletari su quel terreno. 

 

 

Partito Comunista Internazionale

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