Dopo quasi 50 giorni di sciopero, prima Ford, poi Stellantis e infine GM accettano di aumentare i salari 

(«il comunista»; N° 179 ; Settembre-Novembre 2023)

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30 ottobre 2023.

Il lungo sciopero che ha investito le tre Big americane dell'auto si conclude con una proposta di compromesso con il sindacato U.A.W. nella quale si prevedono degli aumenti salariali, una certa equiparazione di trattamento tra operai giovani e anziani e, sembra, una diminuzione dell'orario di lavoro settimanale. La Ford è stata la prima  a cedere concordando un aumento dei salari mediamente del 30%; Stellantis l'ha seguita, ma dopo aver tenuto duro sulle proprie posizioni per alcune settimane e, per ultima, GM si è decisa a concordare un aumento medio del 25%; inoltre le paghe per i dipendenti saliranno da 32 a 40 dollari l'ora come tetto massimo, ma in quattro anni e mezzo. E' stato poi aggiunto un meccanismo simile alla nostra vecchia scala mobile col quale adeguare i salari a fronte di una crescita sensibile dell'inflazione. Questo compromesso tra i vertici delle multinazionali e i vertici dell'U.A.W.  non è stato ancora ratificato dai lavoratori, ma, secondo la tradizione passata, quando le grandi aziende arrivano al compromesso coi sindacati gli accordi sostanzialmente vengono accettati dai lavoratori.

Si può dire che la lotta operaia portata avanti con decisione e con un graduale aumento della pressione soprattutto sui punti nevralgici delle filiere produttive, come le fermate in una serie di centri di ricambi e nella produzione di alcuni modelli che vanno per la maggiore - strategia di cui si è vantata la nuova direzione del sindacato UAW - ha portato un buon risultato, anche se piuttosto lontano dalle richeiste iniziali, che i soliti incontri negoziali non avrebbero certo raggiunto. Non solo la percentuale di aumenti salariali è più bassa rispetto alle rivendicazioni iniziali (40%, da avere già dal prossimo anno, come le paghe dei managers, scesa poi al 36% e infine tra il 15 e il 30%), ma questi aumenti verranno dati nell'arco di 4 anni e mezzo! Si vedrà, nei prossimi anni, se l'inflazione e la prossima crisi economica non si mangeranno buona parte di questi aumenti, facendo ricadere gli operai nelle condizioni di oggi. Al di là dei risultati immediati che questa lotta ha avuto, rimane il fatto che ha segnato un punto a favore della solidarietà di classe tra proletari delle diverse fabbriche e delle diverse età. Questo risultato che - come affermavano Marx ed Engels fin dal Manifesto dei comunisti del 1848 - è il più importante perché getta le base dell'organizzazione di classe del proletariato e della lotta contro la concorrenza fra di loro. Certo, perché su questa base il proletariato possa erigere un'organizzazione classista che si comporti come tale in ogni situazione del conflitto tra gli interessi proletari e quelli borghesi, bisogna che la lotta esprima delle avanguardie che si prendano in carico esclusivamente gli interessi proletari e che non abbiano timore di guidare la lotta con mezzi e metodi che prevedono l'uso della forza anche oltre l'astensione dal lavoro, cioè quando i padroni non sono più disposti a cedere a compromessi che ritengono troppo lesivi dei loro interessi. 

In questa vicenda non si può non tener conto che gli ultimi bilanci dei tre colossi automobilistici erano gonfi di profitti e che questa enorme quantità di denaro - in una situazione di acuta concorrenza sul mercato mondiale - ha permesso ai vertici delle tre Big di ascoltare i suggerimenti provenienti sia dal partito democratico che da quello repubblicano (come si sa prima Biden e poi Trump sono andati a lisciare il pelo agli operai dell'auto in sciopero dichiarando che avevano ragione nel pretendere un aumento di salario visti gli altissimi profitti intascati da Ford, Stellantis e GM. Indiscutibilmente gli interventi di questi campioni del politicantismo guardavano tanto alle tasche degli operai quanto alle rispettive campagne elettorali, e al fatto che la lotta degli operai non aveva ricevuto l'opposizione di quella che normalmente viene chiamata «opinione pubblica» e al fatto che avrebbe potuto contagiare molte altre categorie operaie in un periodo in cui molti altri proletari erano scesi in sciopero e molti altri potrebbero farlo ancora.

Non è stato un caso che Biden ha plaudito a questo accordo, dichiarando: «Credo che la classe media costruisca l'America e i sindacati costituiscono la classe media» (il fatto quotidiano, 26.10.2023), e sottolineando che l'accordo preliminare mostra «il potere dei dipendenti e delle aziende che lavorano insieme per risolvere le loro differenze al tavolo delle trattative». Questo inno alla collaborazione di classe è pienamente condiviso da decenni dai sindacati americani, aldilà delle loro direzioni che possono cambiare, ma per continuare ad adottare la stessa politica collaborazionista.

Il fatto che il presidente americano parli di classe media, e non di operai, getta una luce sinistra su tutte le questioni che interessano la vita e le condizioni di lavoro specificamente della classe operaia. Per i ricchi borghesi dà molta più tranquillità parlare di classe media che di classe operaia; troppi fantasmi potrebbero tornare a spaventare le notti borghesi, tornando a ricordare loro che la classe operaia, una volta che si riconosce come una forza antagonista della borghesia, rappresenta un serio pericolo per i loro privilegi e per il loro potere.

Le lotte dei wobblies (gli Industrial Workers of the World) degli anni tra il 1905 e il 1920 - in dura opposizione col sindacato ufficiale, capitolardo e interclassista, AFL - avevano messo a dura prova il potere borghese americano. Ma, all'epoca, la traiettoria degli IWW, che non volevano essere semplicemente l'espressione sindacale del movimento operaio, ma l'organizzazione che puntava a sbaragliare il capitalismo, non si incontrò con quella del partito comunista rivoluzionario, nonostante gli sforzi dell'Internazionale Comunista. La ionizzazione delle forze sociali non aveva prodotto quella «reazione chimica» che porta alla rivoluzione. E, come nel resto del mondo, la controrivoluzione vinse e riportò il proletariato europeo, americano e mondiale, nelle braccia dell'opportunismo e del collaborazionismo interclassista.

Ma le contraddizioni materiali della società capitalistica che l'imperialismo acuisce sempre più, ripropongono inesorabilmente e continuamente l'antagonismo di classe tra proletariato e borghesia, spingendo il proletariato, soprattutto in situazioni di crisi non solo economica ma politica mondiale, a lottare non solo per il presente ma soprattutto per il futuro. Le nere nuvole di una guerra mondiale, avvistate ora in Asia, ora in Africa, ora in Europa e domani in America, avvisano i proletari che in un futuro, che potrebbe non essere così lontano, la loro lotta di sopravvivenza nel presente dovrà necessariamente trasformarsi in lotta per la rivoluzione, in una lotta in cui non dovrà mancare il partito comunista rivoluzionario, unico vero organo politico della classe proletaria mondiale in possesso della teoria e del programma della rivoluzione mondiale.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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