Isola di Maui (Hawaii)

Dietro l'incendio di agosto che ha distrutto la città di Lahaina c'è la mano degli speculatori

(«il comunista»; N° 179 ; Settembre-Novembre 2023)

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L’8 agosto scorso sono scoppiati molti incendi nell’isola di Maui alle Hawaii. La città di Lahaina è stata distrutta, più di 100 i morti accertati, ma si suppone che siano oltre un migliaio. E’ il più grave incendio di vegetazione nella storia delle Hawaii, e degli Stati Uniti; in precedenza ve ne sono stati due con tanti morti: a Camp Fire, nella California settentrionale, nel 2018 (85 morti) e a Cloquet, nel Minnesota settentrionale, nel 1918, con centinaia di morti.

Come sostengono gli esperti dei vigili del fuoco di tutto il mondo, la gran parte degli incendi è dovuta alla mano dell’uomo. Tale tesi, in genere, viene confermata a denti stretti perché i mandanti veri – come succede nei casi di mafia – difficilmente si fanno scoprire.

Nel caso dell’isola di Maui sono emersi numerosi indizi che confermano che questa devastazione ha moventi economico-politici ben precisi. Ma andiamo con ordine, e partiamo dalla versione ufficiale data dalle autorità: la causa sarebbe la combinazione tra la particolare stagione siccitosa e i venti di oltre 300 km/h creati dall’uragano Dora che è transitato a sud delle Hawaii. Quindi il colpevole sarebbe il cambiamento climatico, il riscaldamento terrestre.

Ma andiamo a mettere insieme gli indizi di cui sopra:

1) le Hawaii dispongono di 400 sirene d’allarme, di cui 80 solo nell’isola di Maui; nessuna allerta rossa è stata lanciata nonostante ci fossero tutti gli elementi per lanciarla.

2) a casa rimanevano solo i bambini – già dal mattino, coi venti così forti, le scuole avevano deciso di chiudere – e gli anziani, mentre tutti gli altri sono andati al lavoro normalmente; scoppiati i primi incendi nessuna sirena d’emergenza è stata messa in funzione;

3) nonostante i venti fortissimi che colpivano l’isola non è stata tolta la corrente ai cavi dell’alta tensione;

4) i pompieri intervenuti per spegnere i primi focolai sono rimasti senza acqua e gli idranti della città erano a secco.

Ai mancati allarmi, normalmente previsti in questi casi, si sono aggiunte due sospette gravissime mancanze. Si sa che i forti venti degli uragani e dei tornadi abbattono i tralicci e i pali della luce, perciò la corrente elettrica deve essere sospesa perché le scintille provocate dai fili tranciati possono incendiare facilmente l’erba secca. Si sa anche che, senza acqua, le pompe dei vigili del fuoco non servono a nulla. Dunque?, come mai non ci sono stati allarmi tempestivi, non è stata tolta la corrente elettrica ed è mancata l’acqua ai vigili del fuoco?

Troppe coincidenze negative per sostenere che gli incendi nell’isola Maui sono stati una fatale combinazione negativa di eventi naturali...

Ma non è finita qui. Dai video girati dalla gente comune, sono emersi alcuni fatti particolari che riguardano l’andamento degli incendi. Uno è relativo al fatto che gli incendi bruciavano gli edifici – molti dei quali nella città vecchia erano di legno – mentre molti degli alberi che si trovavano intorno non bruciavano; l’altro, che le barche ancorate nel porto di Maui hanno preso fuoco singolarmente, una per una. Normalmente gli incendi avanzano secondo una linea continua, non in cerchio...

Non è difficile concludere che questi incendi siano stati programmati, voluti, come se si aspettasse l’occasione giusta per seppellire la storia della popolazione indigena. Bisogna infatti sapere che l’isola di Maui era abitata dalla gran parte della popolazione indigena hawaiana, che non aveva alcuna intenzione di cedere le proprie case e i propri terreni agli americani.

Un’occhiata al passato delle Hawaii può aiutare a capire perché gli americani di origine europea, gli yankee, avevano un conto in sospeso con una popolazione che resisteva al loro dominio.

La popolazione indigena deve le sue origini ai polinesiani e ai tahitiani che, attraversando il Pacifico, scoprirono e si insediarono nelle isole che prenderanno il nome di Hawaii. Il vecchio sistema di caste che si era mantenuto dal 1200 d.C. fu sconvolto e distrutto dopo la loro scoperta da parte di James Cook nel 1778; nel 1795 venne fondato il regno delle Hawaii e la sua economia ebbe un periodo di espansione dovuta al commercio di legno di sandalo, di ananas e di canna da zucchero, commercio diretto  principalmente proprio agli Stati Uniti d’America. La posizione delle Hawaii, in mezzo all’oceano Pacifico, le rendeva strategiche per ogni potenza marinara che attraversava l’oceano, sia per i porti in cui sostavano le navi baleniere sia per i rifornimenti di acqua, cibo e carbone per le caldaie delle navi. I coloni americani che si impossesseranno di molti terreni agricoli hawaiani accumularono le loro ricchezze grazie al commercio con gli Stati Uniti. Essi dovettero poi vedersela con i coloni europei che, a loro volta, tentarono di espellere i coloni americani, riuscendo a costituire, nel 1894, la Repubblica delle Hawaii, che durò fino al 1898, estromettendo i nativi dell’arcipelago dal potere politico. A loro volta, essi furono battuti dai coloni bianchi di origine americana che, infine, a fronte delle leggi protezionistiche americane che avevano messo fuori mercato la canna da zucchero hawaiana, sostennero l’annessione delle Hawaii agli Stati Uniti, cosa che evidentemente interessava fortemente gli Usa che fino ad allora, a differenza degli europei, non possedevano colonie. Nell’agosto 1898 la Repubblica delle Hawaii divenne territorio statunitense e nel 1959 le Hawaii diventano il 50° Stato dell’Unione. In tutte queste vicende la popolazione indigena era stata da un lato blandita, ma soprattutto repressa perché particolarmente ostile, tant’è che gli americani dovettero spostare la capitale da Maui a Honolulu. La modernissima Honolulu, coi suoi grattacieli, le sue banche, i suoi centri commerciali e suoi grandi viali zeppi di traffico automobilistico, oggi è del tutto simile alle città americane ed europee, mentre Lahaina, la ex capitale del regno delle Hawaii, era rimasta una piccola cittadina di 12mila abitanti, abituati alla vita di paese, prevalentemente indigeni legati alla storia dei nativi e ostili all’invasione turistica che distruggeva le loro abitudini, tanto attaccati alla loro terra da  ostinarsi a non voler vendere agli investitori edilizi e ai grandi fondi di investimento.

L’isola di Maui è stata designata, dai grandi fondi di investimento americani e dalle multinazionali dell’informatica, come una delle città sperimentali del futuro, le cosiddette Smart City, le città intelligenti, tutte automatizzate, alimentate da energia rinnovabile, controllate in tutto e per tutto da un sistema centralizzato che, a sua volta, non è certo controllato dagli abitanti, ma da un centro finanziario “superiore” che detiene le chiavi d’accesso a tutte le funzioni. Insomma, si tratta di un progetto megagalattico che prevede guadagni di miliardi di dollari per chi investe nel green. Questo progetto, annunciato già nel 2013, è stato ripreso nel 2018 al World Economic Forum, in cui gli Stati Uniti hanno indicato nelle Hawaii, e specificamente nell’isola Maui, il primo Stato dove far decollare la prima “città intelligente” americana.

Naturalmente, la popolazione indigena avrebbe dovuto essere convinta a vendere le proprie case le proprie terre ai falchi dei grandi fondi di investimento; peccato che non ne voleva sapere! Ma, come si sa, il tempo è denaro, e i progetti miliardari non possono sonnecchiare nei cassetti in attesa che una popolazione ostile diventi collaborativa. L’etica del green non permetteva di passare alle vie di fatto utilizzando la violenza per imporre una città green in un’isola che era già verde da secoli; bisognava attendere un evento naturale – in fondo le isole Hawaii sono vulcaniche e sono battute normalmente da uragani e forti venti – ed ecco che l’uragano Dora ha costituito il giusto pretesto per accelerare i tempi in cui, come dirà Biden nella sua visita alle Hawaii dopo il disastroso incendio: la storia dei nativi se n’è andata per sempre... Intanto, a coloro che hanno avuto la casa bruciata il magnanimo governo di Washington ha promesso di dare un assegno di 700 dollari una tantum... mentre gli indigeni vivi seppelliranno i propri morti.

 

 

Le notizie sono state riprese da:

-www.ilpost.it/2023/08/13/incendi-maui-indagini/

-www.controtv

-https://youtu.be/sfMaeFUdTnk?si= 9Nye2e5VNZ1316AN

 

 

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