Corrispondenza dalla Repubblica Ceca

Il 27 novembre i sindacati lotteranno a favore dei padroni, non dei proletari! I lavoratori devono prendere in mano la loro lotta

(«il comunista»; N° 179 ; Settembre-Novembre 2023)

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Le più grandi sedi sindacali della Repubblica Ceca (ČMKOS, ASO) hanno annunciato una protesta contro il governo per il 27 novembre, che assumerà varie forme: diversi sindacati sciopereranno per un’ora, i sindacati dell’istruzione sciopereranno per un’intera giornata e una manifestazione di protesta avrà luogo a Praga alle 12.00; che sarà il culmine di un “allarme sciopero” – come dicono i sindacati – contro gli effetti del “pacchetto di consolidamento” del governo (che, modificando 65 leggi, dovrebbe portare al consolidamento delle finanze pubbliche e alla riduzione del deficit strutturale del bilancio statale), le modifiche al sistema pensionistico, la mancata riduzione dell’età pensionabile per le professioni più logoranti, l’aumento dei prezzi dell’energia…

La ČMKOS, che rappresenta 31 sindacati con circa 270.000 iscritti, aveva inizialmente dichiarato un “allarme sciopero” il 15 maggio 2023 e alla fine di giugno aveva organizzato una settimana di proteste, con l’obiettivo di ottenere un dialogo con il governo per trovare una soluzione razionale e “impedire al governo di approvare queste modifiche legislative”. In occasione di una manifestazione dell’OS KOVO a Ostrava-Vítkovice il 27 giugno, dove si sono riunite diverse centinaia di persone, tra cui metalmeccanici provenienti da tutto il paese (Škoda Mladá Boleslav e Bosch Jihlava), il leader Durèo, in merito all’estensione dell’età pensionabile, ha dichiarato che “non vogliamo morire sul lavoro”; tuttavia, ciò che più preoccupa è “che il governo non stia conducendo un dialogo sociale”. Durèo ha valutato molto positivamente questa manifestazione (con meno di mille partecipanti, è stata il culmine di questa settimana di proteste), considerata un chiaro segnale al governo, aggiungendo che, se il governo non condurrà il dialogo sociale o non modificherà in qualche modo sia il pacchetto di consolidamento che la riforma delle pensioni, i sindacati sono pronti ad aumentare le loro attività e che stanno preparando varie proteste mentre la minaccia di uno sciopero generale è ancora in essere. Che hanno fatto i manifestanti? Hanno risposto alle critiche mosse al governo dai capi sindacali, dai rappresentanti degli studenti e da altri leader sindacali, suonando forte i clacson, fischiando e sventolando bandiere; invece di manifestare una decisa volontà di scendere in lotta, i lavoratori si sono limitati a esprimere la speranza che la dirigenza sindacale non prepari la stessa sconfitta del passato…

Per quanto riguarda l’ASO, che rappresenterebbe 200.000 iscritti e la cui rivendicazione principale è a di fare della Repubblica Ceca un paese austero che non deve avere debiti nel bilancio statale a partire dal 2025, essa dichiara che “non può accettare sviluppi economici e sociali (…) che riducono drasticamente il tenore di vita dei cittadini, aumentando il prezzo dell’elettricità, dei generi alimentari e delle tasse, e quindi aderisce (…) e organizza (…) un’azione per esprimere la sua protesta civile contro le attuali azioni del governo”. A quanto si sa, l’ASO ha preparato quattro emendamenti che saranno presentati in parlamento da alcuni deputati, con l’intesa che l’ASO aspetterà di vedere come andrà a finire; e se andrà male, l’ASO “dovrà rifletterci su, e trovare delle soluzioni (…) affinché questa situazione non si ripeta”. Il leader dell’ASO, Dufek, ha chiaramente in mente le prossime elezioni e come approfittare personalmente di esse.

In generale, la lotta unitaria dei lavoratori attraverso l’accordo dei loro rispettivi sindacati potrebbe essere vista come un passo positivo. Ma, a parte l’annuncio formale della collaborazione tra le due maggiori centrali, non c’è stata alcuna preparazione alla mobilitazione proletaria! E non ci poteva essere visto il collaborazionismo interclassista che caratterizza questi sindacati e come, già in occasione della citata manifestazione dei metalmeccanici di Ostrava-Vítkovice a giugno, ha dimostrato la protesta sindacale contro l’innalzamento dell’età pensionabile in generale che è stata limitata alla richiesta dell’introduzione di un’età pensionabile più bassa solo per i lavori più usuranti – evidente prova del tradimento della maggioranza dei lavoratori! Inoltre, la prima riunione dell’assemblea delle centrali, tenuta il 10 luglio, si è conclusa solo con una raccomandazione sulla contrattazione collettiva per rispondere all’azione del governo, con la possibilità, di comune accordo, di intraprendere future azioni di protesta non ben definite. Ma attenzione! Per quanto riguarda le pensioni, il 1° ottobre è entrato in vigore un emendamento che peggiora la valorizzazione delle pensioni ordinarie e anticipate, sfavorisce i prepensionati e richiederà 40 anni di assicurazione per le pensioni anticipate a partire dal prossimo anno; i sindacati ufficiali, naturalmente, non hanno fatto una piega.

Al di là delle vuote lamentele dei sindacati, il governo ha comunque fatto passare il cosiddetto pacchetto di consolidamento alla Camera e lo ha inviato ai senatori per l’approvazione. A mezzanotte del 31 ottobre scorso, il ČMKOS ha annunciato la fine dell’ “allarme sciopero” a livello nazionale, sostituendolo con… una giornata di protesta all’insegna di “Un futuro migliore della Repubblica Ceca”; della minaccia di sciopero generale dichiarata in precedenza da Durèo, neanche l’ombra! Secondo Josef Støedula, leader del ČMKOS, “è necessario far sentire la propria voce e non solo stare a guardare” e, per non restare “a guardare”, è corso dal presidente della Repubblica Petr Pavel per chiedere aiuto. Durante l’incontro, Støedula, candidato poi ritiratosi alle elezioni presidenziali vinte da Pavel, ha chiesto proprio a lui, firmatario della legge sull’aumento della legge della prima ondata dell’attacco alle pensioni, di porre il veto al pacchetto di consolidamento del governo perché questo “non avrà un effetto positivo”; in questo modo, secondo Støedula, Pavel avrebbe inviato un segnale forte all’opinione pubblica sulla percezione della situazione nel paese… Ma Pavel, ex capo di Stato Maggiore dell’esercito ceco ed ex presidente del Comitato militare della NATO, sa che “siamo in guerra” e che quindi i proletari devono morire per gli interessi del capitale sia in guerra che sul posto di lavoro!

I proletari, in realtà, stanno vivendo un peggioramento delle loro condizioni di esistenza. Lo spostamento di vari beni tra nuovi livelli di imposte consolidate, la reintroduzione del prelievo sull’assicurazione malattia dei dipendenti, l’abolizione di alcune esenzioni fiscali, l’aumento del 65,2% del prezzo del bollo, le modifiche delle precedenti agevolazioni fiscali alle imprese per i benefit dei dipendenti, l’aumento del costo degli affitti, l’aumento del costo dell’energia (nel caso dell’elettricità, la reintroduzione delle tariffe per l’energia rinnovabile, l’aumento della tariffa per la componente regolata e l’aumento dei prezzi dell’elettricità previsto da alcuni esperti dopo l’abolizione del capping e a causa della situazione internazionale), il calo del potere d’acquisto dei salari e degli stipendi (settembre 2023 è stato il diciassettesimo mese consecutivo di calo reale delle vendite al dettaglio), compresi gli effetti che ne derivano dalle modifiche all’indicizzazione delle pensioni: ebbene, tutte queste misure che peggiorano drammaticamente il tenore di vita dei proletari, richiederebbero una lotta senza quartiere contro il governo, contro la classe dominante borghese che, per i suoi profitti, gioca con la vita dei lavoratori salariati, che siano occupati o disoccupati.

Per quanto riguarda le pensioni, i sindacati non hanno fatto nulla per opporsi alle ultime modifiche peggiorative. Anche in precedenza, hanno fatto ricorso al massimo a proteste grottesche: ad esempio, nel caso dell’estensione del periodo assicurativo da 25 a 35 anni nel 2008, si sono detti “pronti a organizzare manifestazioni e scioperi, ma a condizione che ci sia la possibilità, confermata dai sindacati, che le azioni siano veramente di massa” e che “la rabbia del popolo sia superiore alla paura e all’indifferenza”.  Non c’è come non preparare e organizzare seriamente queste manifestazioni e questi scioperi, perché non vedano la luce. Con le stesse argomentazioni, i socialisti traditori della Seconda Internazionale non prepararono e non organizzarono gli scioperi contro la guerra come dichiarato nei loro congressi di Stoccarda del 1907 e di Basilea del 1912; anzi, il 14 agosto 1914 votarono i crediti di guerra sostenendo l’ingresso dei loro paesi nella prima guerra imperialista mondiale con la motivazione che i lavoratori… volevano la guerra!

Sulla stessa linea d’onda i sindacati oggi sono favorevoli a rendere moderna la gestione del sistema capitalistico quindi anche “il sistema pensionistico”! Tutti i cambiamenti in materia di pensioni, l’intera liberalizzazione del mercato del lavoro, il lavoro notturno che va contro la salute, il lavoro fisicamente usurante, il lavoro a turni, ecc. sostengono esclusivamente gli interessi dei datori di lavoro e i sindacati collaborazionisti svolgono il compito di piegare i proletari alle esigenze del capitale, deviando i proletari dalla lotta per le rivendicazioni basilari: gli aumenti salariali e la diminuzione della giornata lavorativa, al sostegno degli interessi borghesi. Lo stesso presidente del sindacato ECHO ha ammesso che “in passato, quando abbiamo negoziato i contratti collettivi, abbiamo cercato di concentrarci sulla parte dei benefici e di non insistere così tanto sui salari”; cosa resta dei benefici in caso di pensionamento, con la salute compromessa? La stessa OS KOVO dichiara di aver chiesto alle organizzazioni che la costituiscono di mantenere i rapporti con le direzioni delle aziende, affermando che le proteste non sono dirette contro di loro, ma fondamentalmente a loro sostegno; non vogliono in primo luogo “danneggiare nessun datore di lavoro, le proteste sono davvero dirette contro il governo”; come se il governo fosse un’entità estranea al conflitto di classe tra borghesia e proletariato! Il vero motivo dell’azione attuale dei sindacati è: lottare per una maggiore competitività delle aziende ceche, perché l’adozione del pacchetto di consolidamento “aumenterà i costi di produzione per le aziende” a causa della reintroduzione degli oneri per le energie rinnovabili, per la loro distribuzione e trasmissione. Per loro si tratta solo di un’azione per spingere il governo a “presentare proposte di misure a favore della crescita”, cioè a sostegno degli imprenditori, quando il governo incontrerà sindacati e datori di lavoro il 4 dicembre. Punto.

L’appello dei sindacati si inserisce nella battaglia elettorale per le prossime elezioni, quando gli elettori dovrebbero fare i conti con i partiti politici e le coalizioni che si presenteranno al voto; ciò non significa che ci saranno due programmi e due blocchi contrapposti. Già nel 2017, il governo dei socialdemocratici (ora SOCDEM), dell’ANO (Azione dei Cittadini Insoddisfatti) e del Partito Popolare aveva fissato per il pensionamento il limite di età a 65 anni – l’ANO era inizialmente contraria a questo limite, poi ha fatto marcia indietro – ma la legge conteneva già delle opzioni per adeguare il limite se, secondo le statistiche, i nati tra il 1966 e il 1995 avessero vissuto più di un quarto della loro vita in pensione! Tutti i partiti borghesi sono favorevoli a prolungare il periodo di sfruttamento del lavoro salariato e a diminuire drasticamente il costo delle pensioni per lo Stato, in modo da poter dirottare quelle risorse a sostegno delle imprese nazionali; differiscono solo nel come ottenere lo stesso risultato.

L’appello dei sindacati per le prossime elezioni risulta necessario al fine di mantenere passiva la classe operaia ed evitare ogni sua eventuale azione indipendente; è un sostegno alla mobilitazione democratica, che permette di bombardare il proletariato con slogan sulla delega della lotta a questi esperti traditori dei sindacati collaborazionisti e dei partiti borghesi, anche se “di sinistra”, e in difesa dell’ordine borghese, della collaborazione tra le classi, invitando i proletari a mettere a disposizione del benessere delle aziende e dell’economia nazionale la loro salute, la loro vecchiaia, la loro stessa vita: gli interessi della conservazione dei profitti dei capitalisti innanzitutto!

Siamo forse contrari alle proteste? Siamo seri: in Francia, milioni di persone hanno partecipato alle recenti proteste contro la riforma delle pensioni, eppure i cambiamenti sono stati approvati lo stesso dal governo. Il problema non sono le proteste in sé, ma se si tratta di uno spettacolo senza mordente e se la lotta è lasciata nelle mani degli apparati che sabotano le lotte stesse, perché nonostante il numero grandioso dei manifestanti, tale lotta assomiglia un bambino nato morto. Ed è proprio da queste lotte che è necessario tirare le giuste lezioni classiste, sia per quanto riguarda le recenti proteste in Francia, sia per quanto riguarda il mitico sciopero generale, per l’efficacia del quale, come in ogni altro sciopero, dipende soprattutto dall’orientamento e dagli obiettivi di coloro che lo dirigono: si tratta degli interessi reali e classisti del proletariato, o degli interessi e degli obiettivi interclassisti e nazionali, cioè democratici?

Siamo forse contrari alla partecipazione dei lavoratori alle proteste di queste centrali sindacali? Aspettarsi che questi sindacati svolgano anche solo un piccolo ruolo positivo senza presentare al contempo una palla al piede più grande per gli stessi lavoratori in futuro è una grande illusione. Ad esempio, lo sciopero alla Nexen Tire, con cui i lavoratori hanno costretto i padroni ad ascoltare le loro richieste dopo quattro anni di trattative sindacali andate a vuoto, si è concluso con la sottoscrizione da parte della OS KOVO locale di partecipare attivamente all’ulteriore espansione dell’azienda, di risanare la sua immagine e di agire affinché i lavoratori lavorino coscienziosamente senza assenteismo, perché “l’azienda e i suoi lavoratori non sono diversi e hanno lo stesso obiettivo”. Le centrali sindacali attuali, per svolgere il loro compito di servi del capitale, devono dimostrare di saper controllare le spinte alla lotta dei proletari; perciò le proteste che organizzano, le minacce di sciopero o gli scioperi di qualche ora che dichiarano se non possono evitarli data la pressione esercitata dalla base operaia, sono sistematicamente indirizzate ad essere solo delle valvole di sfogo della pressione operaia in modo che la macchina economica capitalistica non si inceppi, in modo che la famosa crescita economica non ne soffra. Per noi, partecipare a queste proteste, a questi scioperi significa portare in essi l’orientamento di classe, l’esperienza delle lotte classiste del passato, le lezioni tratte dalle lotte precedenti, significa propagandare in essi i mezzi e i metodi della lotta di classe contro il collaborazionismo sindacale e politico con cui le forze opportuniste paralizzano e deviano le lotte operaie; significa dimostrare ai proletari che c’è un altro modo di lottare, quello classista, quella della lotta proletaria indipendente dalle forze della conservazione sociale e contraria agli orientamenti interclassisti e condotta ad esclusiva difesa degli interessi di classe del proletariato.

Oggi i militanti classisti dei lavoratori possono entrare nelle attività dei sindacati sul posto di lavoro in gran parte solo dall’esterno, ma non devono sospendere o abbandonare la propaganda e gli sforzi per organizzare i lavoratori in organismi sindacali indipendenti, sia per costruire e rafforzare l’unità dei lavoratori – lottando contro la concorrenza tra proletari perché è una delle armi più insidiose ed efficaci che la borghesia ha usato fin dalla sua ascesa nella storia per controllare e subordinare le masse del proletariato alle sue esigenze – sia per lottare contro l’influenza sabotatrice dei dirigenti sindacali che agiscono come agenti della borghesia nelle file dei lavoratori. D’altra parte, una difesa efficace delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia non è possibile senza danneggiare il sistema economico delle aziende e la loro organizzazione del lavoro volti esclusivamente allo sfruttamento dei lavoratori salariati che è la base del modo di produzione capitalistico.

La difesa efficace e duratura degli interessi di classe proletari, sul terreno immediato come su quello più ampio politico, consiste nel riconoscimento dell’incompatibilità degli interessi dei proletari con quelli dei capitalisti e nella mobilitazione delle forze proletarie verso obiettivi esclusivamente proletari, il che significa lottare con mezzi e metodi classisti (scioperi a tempo indeterminato a sostegno di rivendicazioni economiche e immediate, contrattazione in condizioni di lotta attiva e continua, picchetti contro i crumiri, manifestazioni di solidarietà degli operai di altre fabbriche, scioperi a catena nelle fabbriche dello stesso settore ecc.); mezzi e metodi che solo le organizzazioni di classe, cioè non collaborazioniste, possono mettere in pratica nella preparazione della lotta, nella sua conduzione e nella sua conclusione.

Per noi è chiaro che il riemergere di un forte movimento classista avrà bisogno del lavoro costante e persistente dei proletari più combattivi e sensibili alla causa della loro classe, che dovranno assumersi il compito di formare la spina dorsale di una nuova rete organizzativa proletaria indipendente; naturalmente, questo compito non potrà concretizzarsi sulla base della sola spontaneità dei lavoratori, ma necessita e necessiterà del lavoro costante e inflessibile di autentici comunisti rivoluzionari, sia come portatori della coscienza di classe organizzata nel partito, sia come difensori del futuro del movimento di classe e rivoluzionario nelle lotte di oggi.

 

A questo compito noi, Partito Comunista Internazionale, contribuiamo con il nostro lavoro.

 

13 novembre 2023

 

 

Partito Comunista Internazionale

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