Appello per la riorganizzazione internazionale del movimento
( Opuscolo
ciclostilato, 1950 )
Sinopsi
Appello
· La crisi paurosa del movimento proletario
· I primi sintomi di una reazione allo stalinismo
· La rivendicazione delle armi della rivoluzione:
violenza, dittatura, terrore
· Rottura piena con la tradizione di alleanze di guerra, fronti
partigiani e nazionali liberatori
· Negazione storica del difesismo, del pacifismo e del
federalismo tra gli Stati
· Condanna di programmi sociali comuni e di fronti politici con
le classi non salariate
· Proclamazione del carattere capitalista nella struttura
sociale russa
Conclusione
SINOPSI
Premessa: Lunga e grave crisi
contemporanea del movimento proletario. Primi sintomi di reazione contro lo stalinismo.
Invito: Riorganizzazione internazionale di genuine,
autonome, omogenee forze rivoluzionarie.
Capisaldi di
orientamento:
1) Rifiuto di ogni
confusione con posizioni antibarbare, antiterroristiche, antidittatoriali.
2) Rottura, come con le
tradizioni del socialpatriottismo 1914-18, con quelle delle alleanze staliniste
con stati capitalistici nella guerra 1939-45, e della politica dei paralleli
movimenti e blocchi partigiani di liberazione nazionale.
3) Condanna
4) Condanna della doppia
strategia che pretende conciliare fini rivoluzionari e di classe con agitazioni
e rivendicazioni frontuniste, democratiche, popolari.
5) Dichiarazione che in
Russia l'economia sociale tende al capitalismo, il potere statale nulla ha più
di proletario, e condanna di un appoggio in guerra allo Stato russo.
6) Trasporto della forza di classe in tutti i paesi sul terreno dell'autonomia di fronte a tutti gli Stati, con lo scopo supremo di infrangere il potere capitalistico nei paesi industriali più progrediti di Occidente, che sbarra al via alla rivoluzione.
APPELLO
La crisi paurosa del movimento proletario
Il movimento organizzato
delle classi lavoratrici in tutti i paesi del mondo è oggi praticamente
dominato da due forze, espressioni entrambe di gravi e lunghi processi
disgregatori e disfattisti.
Una è quella del tradizionale socialismo democratico,
che programmaticamente afferma la collaborazione sociale e politica, il
pacifismo di classe; limita la difesa degli interessi operai nel quadro
costituzionale; per principio nega l'impiego della violenza e la dittatura
proletaria, sostituendovi una graduale evoluzione dall'economia privata verso
il socialismo.
L'altra forza dominante è quella dei partiti legati al
governo che ha il potere in Russia. Essi lo proclamano potere operaio di
classe; affermano che l'azione di tale potere statale, come quella propria, è
coerente e conseguente al comunismo rivoluzionario secondo Marx e Lenin;
secondo la grande storica vittoria dell'Ottobre russo.
Questa seconda forza del movimento proletario dice di
non respingere per principio i metodi dell'insurrezione, della
dittatura, del terrorismo, ma al tempo stesso sostiene che convenga adoperare,
nei paesi capitalistici, non solo i metodi di azione, ma anche le
rivendicazioni e i postulati di propaganda, che possono essere comuni a classi
non proletarie e abbienti, come la pacifica convivenza dei ceti sociali di
opposto interesse nei limiti delle istituzioni, la democrazia elettiva e
parlamentare, i benessere del popolo e della nazione, l'avvenire e il destino
della patria.
Condizione per l'applicazione di una tale politica,
identica a quella della socialdemocrazia, sarebbe lo stato di pace tra i
governi dei paesi borghesi e il governo russo – sarebbe il riconoscimento da
parte dei lavoratori di tutto il mondo che la salvezza di tale potere è la
garanzia del loro avvenire di classe contro lo sfruttamento capitalista, la
premessa e la promessa del socialismo nel mondo – e nello stesso tempo sarebbe
il riconoscimento, e da parte dei lavoratori e da parte dei borghesi, che un
tale potere può convivere in permanenti normali e pacifiche relazioni con le
potenze capitalistiche, in una indefinita prospettiva. Questo miraggio si
definisce con la vecchia e bassa formula borghese e democratica di «non
intervento nella politica interna degli altri paesi» e con la nuova ancora più
insulsa di «emulazione» tra capitalismo e socialismo.
La stridente contraddizione di queste posizioni
storiche ogni tanto determina reazione tra le file della classe operaia e sono
finora reazioni invero limitate e incerte, ma indubbiamente si andranno
accentuando.
L'incessante, abile, organizzata e bene attrezzata
propaganda che, a seconda degli ambienti sociali si cui si lavora, gioca sulla
artata confusione e inversione tra obiettivi prossimi e lontani, tra espedienti
strategici e posizioni di principio, basta sempre meno a coprire quei
controsensi e quegli inganni.
Convincere i capitalisti che il regime russo può bene
essere lasciato vivere senza che li attacchi sul piano militare o fomenti nei
loro paesi la rivolta sociale, non può avere altro senso che quello di
convincerli che non si tratta di un regime proletario e anticapitalista, e del
rendere palese una tale verità.
Convincere i lavoratori che si può desistere, nei
paesi borghesi, dal concentrare gli sforzi sulla preparazione insurrezionale e
dal disturbare l'interna macchina economica amministrativa e politica
nazionale, può condurre ad ampi reclutamenti negli strati che danno alla
socialdemocrazia i normali seguaci, ma non ha effetto sugli operai più
avanzati, se non per la prospettiva che una guerra generale di Stati e di
eserciti conduca alla conquista del potere di classe, che Marx e Lenin
affidavano alla guerra civile. Scoppiata che fosse una tale guerra, da
qualunque parte iniziata, gli stalinisti promettono a quei gruppi operai
avanzati l'esperimento di tutte le azioni interne illegali e disfattiste,
suffragando la vana promessa col facile motivo «partigianistico» che le forze
insorte conterebbero non solo su se stesse ma sul parallelo agire di un
perfetto apparato militare moderno.
In quanto poi all'altra massa dei loro seguaci,
evidente enorme maggioranza, fatta da lavoratori non rivoluzionariamente
formati, da artigiani, da piccoli proprietari rurali, da piccoli e medi
borghesi del commercio e dell'industria, da impiegati e funzionari, da
intellettuali e professionisti (strati cui rivolgono incessanti richiami,
offrendo poi perfino unioni nazionali non solo a tutti i ceti ricchi, ma anche
a quei partiti borghesi, che essi stessi chiamano reazionari e di destra), gli
stalinisti promettono l'avvento di pace interna e universale, di tolleranza
democratica verso qualunque partito, organizzazione e confessione, di progresso
economico senza urti e senza spoliazione di abbienti, di benessere parallelo
per tutte le categorie sociali; essi sempre meno possono giustificare il ferreo
sistema totalitario e di polizia vigente in Russia e nei paesi da questa
controllati, l'irriducibile monopartitismo politico laddove hanno essi la forza
statale.
Questo processo
degenerativo
I primi
sintomi di una reazione allo stalinismo
Negli ultimi tempi
si vanno presentando come manifestazioni di insofferenza dell'opportunismo
stalinista il dissentire di militanti e di gruppi cha appaiono sulla scena
politica di vari paesi proclamando di voler tornare sul terreno della dottrina
di Marx e Lenin, delle tesi rivoluzionarie proprie della Terza Internazionale
alla sua fondazione, e denunziando il tradimento di tali principi consumato
fino in fondo dagli stalinisti.
Tuttavia molte di
queste secessioni non possono essere accolte come utili risultati dello
schieramento di avanguardie sia pure poco numerose
I tentativi
Questo decorso
confuso e sfavorevole della lotta proletaria, coincidente coll'aumento
inarrestabile dell'industrializzazione capitalistica altamente concentrata, sia
come intensità nei paesi di origine che come dilagante diffusione in tutto il
mondo abitato, viene a vantaggio della avanzata con cui la massima forza
dell'imperialismo moderno, quella americana, tende, secondo la natura e la
necessità di ogni grande concentramento metropolitano di capitale, di forza di
produzione, e di potere, ad assoggettare al suo sfruttamento e alla sua
oppressione, brutalmente spezzando ostacoli territoriali e sociali, le masse di
tutto il mondo.
Nella stessa misura
in cui sono andati passando da una lotta per fini internazionali ad una lotta
per determinati fini nazionali
Coerenti alla
posizione marxista che ha sempre visto il primo nemico nei grandi poteri dei
paesi super-industrializzati e super-coloniali del mondo, contro i quali solo
la rivoluzione proletaria internazionale ha probabilità di vittoria, i
comunisti della sinistra italiana rivolgono oggi un appello ai gruppi operai
rivoluzionari in tutti i paesi, perché, riprendendo un lungo e difficile
cammino, compiano un grande sforzo al fine di concentrarsi internazionalmente
su stretta base di classe, denunciando e respingendo ogni gruppo influenzato
sia pure parzialmente e indirettamente dalle suggestioni e dal conformismo
filisteo delle propagande che infestano il mondo, emanando dalle forze statali,
militari, di polizia, oggi ovunque costituite.
Il riordinamento di
un'avanguardia internazionale non può avvenire che con assoluta omogeneità di
vedute e di orientamento, e il partito comunista internazionalista propone ai
compagni di tutti i paesi i seguenti capisaldi:
1) Per i marxisti
rivoluzionari di sinistra non sono per se stessi elementi decisivi di condanna
dello stalinismo, come di altro regime, le notizie, anche se controllabili e
controllate, di atti si sopraffazione, di violenza o di crudeltà a danno di
individui o di gruppi. Le manifestazioni
di costrizione anche spietata sono una sovrastruttura inseparabile da ogni
società basata sulla divisione in classi. Il marxismo nacque dall'esclusione
dei pretesi «valori» di una civiltà comune alle classi in lotta o delle pretese
regole di «buon gioco» comune ai contendenti, per disciplinare le forme con cui
debbono derubarsi o ammazzarsi. Legale o illegale, ogni depredamento come ogni
offesa alla «persona umana» od ogni «genocidio», non si affrontano incriminando
la responsabilità individuale di materiali esecutori o mandanti, ma lottando
per la rivoluzionaria eversione di ogni divisione in classi. E sarebbe il più
imbecille dei movimenti rivoluzionari, soprattutto nell'attuale fase del
divenire sempre più atroce, efferato e supermilitarista del capitalismo, quello
che si ponesse condizioni e limiti d gentilezza formale nei metodi di azione.
Rottura piena con
2) L'irrevocabile
condanna dello stalinismo sorge appunto dall'avere rinnegato questi capisaldi
fondamentali del comunismo in quanto gettò tutte le forze che lo seguivano
nella guerra fratricida schierante i proletari in due campi imperialisti,
avvalorando in piena la ignominiosa propaganda del gruppo con cui statalmente
si alleava. Questo gruppo, in nulla
dell'altro migliore, mascherava le sue storiche brame di rapina, palesi da
decenni alla critica marxista e leninista, proprio sostenendo che lo
distinguesse dall'avversario il rispetto dei metodi «civili» di guerra,
pretendendo che avrebbe dal suo lato bombardato, atomizzato, invaso e
finalmente impiccato dopo raffinate agonie, non per difendere i propri
interessi, ma per restaurare gli offesi valori morali della civiltà e
libertà umana.
Il leninismo era stata la risposta all'asservimento
proletario al medesimo tremendo inganno, che nel 1914 vide i traditori dell'Internazionale
proclamare l'alleanza patriottica contro il fantasma della «barbarie» teutonica
o di quella zarista.
Ma il medesimo inganno fu a base dell'adesione alla
guerra degli imperialisti occidentali contro la nuova «barbarie» nazista o
fascista, e lo stesso tradimento fu il contenuto dell'alleanza tra Stato russo
e Stati capitalistici, esperita in primo tempo con gli stessi nazisti, e di
quella tra partiti operai e partiti borghesi nel sostenere la guerra.
Inganno e tradimento storicamente acquisiti, oggi che
i russi denunziano gli americani come aggressori e fascisti, e i secondi dicono
dei primi lo stesso, ammettendo che se avessero potuto adoperare a massacrare
l'Europa la bomba atomica, non ancora pronta nel 1941, avrebbero fatto a meno
di adoperare allo stesso scopo le armate in cui erano coscritti i lavoratori di
Russia.
Il marxismo bene indagò e indaga l'origine di ogni
conflitto tra Stati, gruppi e frazioni della borghesia, in lotta incessante, e
ne trae le storiche deduzioni e previsioni. Ma è rinnegato il marxismo ogni
qualvolta si oppone una ala civile a una barbara del mondo
capitalistico; essendo sempre deterministicamente possibile che abbia effetti e
sviluppi più utili al proletariato la vittoria di quella delle parti in lotta
che attacca, aggredisce o usa metodi più aspri di lotta. Barbarie era lo
stato primitivo umano da cui le comunità dovevano uscire per l'indispensabile
sviluppo della tecnica produttiva, ma l'uomo pagò questo trapasso con le
infinite infamie della civiltà di classe e le sofferenze dello
sfruttamento schiavistico, terriero, industriale.
È quindi direttrice di base per il rinnovato movimento
internazionale rivoluzionario la condanna allo stesso titolo di ogni tradizione
collegata tanto alla politica socialsciovinista 1914-1918, quanto a quella
1940-1945 di alleanza di guerra, di fronti popolari, di resistenze partigiane,
di liberazione nazionale.
Negazione storica
3) Caposaldo della
posizione marxista dinnanzi all'ulteriore prospettiva di guerra è quella
leninista, secondo il quale dall'epoca della Comune (1871) le guerre delle
grandi potenze sono imperialiste, essendo chiuso il periodo storico delle
guerre e insurrezioni di sistemazione nazionale nei paesi borghesi; ed è quindi
tradimento della causa del proletariato ogni alleanza di classe in caso e a
fini di guerra, ogni sospensione, per motivi di guerra, dell'opposizione, della
pressione di guerra. E per Lenin le rivolte
coloniali delle masse di colore contro l'imperialismo, e i moti nazionali nei
paesi arretrati, hanno portata rivoluzionaria nell'attuale epoca capitalistica
avanzata, a condizione che nelle metropoli mai la lotta di classe sia sospesa,
mai deviata dal suo collegamento internazionale, qualunque politica estera
faccia lo Stato, ossia il vero nemico interno della classe operaia di ogni
paese.
In questa concezione, e tanto più dopo la formidabile
conferma data dalla guerra mondiale numero due alle tante esplicite previsioni
delle tesi e delle risoluzioni della Terza Internazionale al tempo della morte
di Lenin, il periodo delle guerre imperialiste non può essere chiuso che dalla
caduta del capitalismo.
Il partito proletario rivoluzionario deve dunque negare
ogni possibilità di regolazione pacifica dei conflitti imperiali, e combattere
aspramente l'inganno contenuto in qualunque proposta di federazioni, leghe e
associazioni tra gli Stati, che dovrebbe avere il potere di impedire i
conflitti, possedendo una forza internazionale armata per reprimere chi li
provoca.
Conformemente ai princìpi di Marx e Lenin, che, pur
cogliendo tutta la ricca complessità dei rapporti storici tra guerre e
rivoluzioni, condannano come insidia idealistica e borghese ogni distinzione
capziosa tra aggressione e difesa nella guerra tra gli Stati, i proletari
rivoluzionari vedono in tutti gli istituti superstatali internazionali solo una
risorsa e una forza per la conservazione del capitalismo; nei loro corpi armati
una polizia di classe e una guardia controrivoluzionaria.
Caratteristica dunque dei comunisti internazionalisti
è il respingere senza riserve tutta l'equivoca propaganda basata sull'apologia
del pacifismo e sull'insulsa formula della condanna e delle sanzioni contro
l'aggressore.
Condanna di programmi sociali comuni e di fronti politici con le classi non
salariate
4) È tradizione
dell'opposizione di sinistra di molti gruppi, sia italiani che degli altri
paesi, e risale ai primi errori nella tattica della Terza Internazionale or
sono trent'anni il respingere la falsa posizione dei problemi di agitazione,
assai male qualificata come metodo bolscevico.
Soprattutto da quando l'eliminazione di ogni istituto
e potere feudale è un fatto compiuto e irrevocabile, non è possibile lavorare
nella direzione del finale urto armato tra proletariato e borghesia,
dell'instaurazione del potere operaio e della dittatura rossa in tutti i paesi,
del terrore politico e dell'espropriazione economica applicata alle classi
privilegiate di ogni nazione, e nello stesso tempo sottacere per dati periodi e
in date situazioni tale aperto programma, proprio del comunismo e di lui solo.
È illusione conquistare le masse più rapidamente
sostituendo a quei postulati di classe consegne di agitazione ad effetto
popolare, come è illusione disfattista la vantata garanzia che i capi della
manovra non vi credono soggettivamente; nel migliore dei casi questo è puro
non-senso.
Ogni volta che il contenuto centrale (protestato sempre
come passeggero) della manovra politica è stato il fronte unitario con partiti
opportunisti, le rivendicazioni di democrazia, di pace, di un popolarismo
aclassista, peggio, di una solidarietà nazionale e patriottica di classe, non
si è trattato di elevare abili scenari e miraggi, caduti i quali in un momento
culminante sarebbero apparse in campo aperto più numerose falangi di soldati
della rivoluzione, pronte a piombare anche sui transitori alleati di ieri,
avendo indebolito il fronte nemico.
All'opposto, è sempre accaduto che masse, militanti,
capi soni divenuti impotenti all'azione di classe; e organizzazioni e
inquadramenti progressivamente disarmati e addomesticati si sono resi adatti
per la loro preparazione ideologica e funzionale ad agire come strumenti della
borghesia dominante, e come i migliori tra questi.
Questo storico risultato non si fonda ormai solo sulla
critica dottrinale, ma sorge da una terribile esperienza storica di trent'anni
di fallimenti degli sforzi rivoluzionari, pagati a carissimo prezzo.
Il partito rivoluzionario non tenterà mai, dunque, una
maggiore conquista di successo quantitativo tra le masse impiegando
rivendicazioni suscettibili di essere fatte proprie da classi non proletarie e
socialmente ibride.
Questo criterio distintivo di base non è contro le rivendicazioni immediate e particolari che si appoggiano sul piano economico del concreto antagonismo di interessi tra salariati e imprenditori, ma è contro rivendicazioni aclassiste e interclassiste, soprattutto nel campo generale della politica di un paese e di tutti i paesi. Questo criterio, da cui si trasse la critica del fronte unico politico proletario, della parola del governo operaio, dei fronti popolari, dei fronti democratici stabilisce il limite tra il movimento a cui tendiamo e quello che si dice trotskista della IV Internazionale, come con tutte le versioni affini che in forme nuove rinnovano la parola d'ordine della degenerazione revisionista: il fine è nulla, il movimento è tutto; e inseguono agitazioni superficiali prive di contenuto.
Proclamazione del carattere capitalista nella struttura sociale russa
5) Gli svolgimenti
dell'economia, dell'amministrazione e della legislazione da quasi trent'anni,
non meno della clamorosa repressione e sterminio del nucleo rivoluzionario
bolscevico (che ha duramente pagata la colpa di lasciar trasformare il ferreo
partito di avanguardia comunista in una pletorica massa amorfa, passiva e
incapace di controllo del proprio ingranaggio di direzione e di esecuzione)
danno la prova storica che la rivoluzione operaia può soccombere, oltre che in
una sanguinosa guerra civile come a Parigi nel 1871, anche per una via di
progressiva degenerazione.
Il carattere monetario, mercantile, redditiero e titolaristico del tessuto economico russo predominante, per nulla inficiato dalle statizzazioni di grandi industrie e servizi analoghi a quelli di molti grandi paesi di puro capitalismo, ci pone in presenza non di uno Stato operaio minacciato di degenerazione e in corso di degenerazione, bensi di uno Stato già degenerato, in cui il proletariato non ha più il potere; lo ha in sua vece ormai un'ibrida coalizione e fluida associazione tra interessi interni di classi piccolo-borghesi, medio-borghesi intraprenditrici dissimulate, e quelli capitalistici internazionali; convergenza solo apparentemente ostacolata da una cortina confinaria poliziesca e commerciale.
CONCLUSIONE
Sconfessione di ogni appoggio al
militarismo imperiale russo. Aperto disfattismo contro quello americano
Di conseguenza una guerra
che esteriormente sembri arrestare (come sembrano farle tutte le guerre) un
simile processo di intesa tra i ceti privilegiati dei vari paesi
sull'amministrazione del mondo non sarà la guerra rivoluzionaria nel senso di
Lenin per la protezione e la diffusione del potere proletariario nel mondo.
Una simile eventualità storica, che non è l'odierna,
mai comporterebbe la giustificazione del blocco militare e politico in un
qualunque paese, e ciò anzitutto perchè gli Stati rivoluzionari, se tali, non
potranno avere alleati nel campo borghese (come fu evidente nel periodo finale
della prima guerra mondiale). In una tale ipotesi un forte partito
rivoluzionario comunista sarebbe condotto a distribuire nel tempo gli attacchi
ai poteri borghesi da parte delle sue sezioni procurando di arrestare le
spedizioni militari «punitive» avanzanti sul paese rivoluzionario, ottenendo
che i lavoratori armati e mobilitati a un tale scopo capovolgessero le armi.
In ogni grado di meno avanzato sviluppo, di minore
potenziale combattente, a più forte ragione ogni movimento rivoluzionario
manterrà ovunque e senza riserve lo schieramento antiborghese e antistatale.
I comunisti sanno che in un sol modo si fermerà la
spedizione punitiva antiproletaria del capitalismo: con la sua distruzione. E
si perverrà a distruggerlo solo tenendo ovunque l'avanguardia di classe sul
piede di guerra contro di lui.
Il disarmo anche transitorio, sia esso ideologico,
organizzativo e materiale, dello schieramento di classe è sempre e ovunque
tradimento. Nessuna facoltà di praticarlo potrà spettare alla centrale del
movimento comunista, per affermata che sia la disciplina che le rimette la
scelta dei momenti o dei movimenti di azione sul fronte di tutto il partito.
Ogni partito e ogni gruppo che un tale disarmo attuano, soprattutto in quanto
di chiamano operai comunisti e socialisti, sono il primo nemico da combattere e
abbattere, perchè è proprio la loro esistenza e la loro funzione che ritarda la
catastrofe del regime borghese, antiveduta da Marx e da Engels, sicuramente
attesa da tutti i rivoluzionari marxisti.
L'opposta strategia politica che nell'ultima guerra
applicarono i relitti della grande Internazionale Comunista, giunta fino alla
vergognosa autoliquidazione, perchè i governi occidentali «non fossero
disturbati nello sforzo bellico», non è sboccata che nel rafforzamento di un
potere imperialista occidentale, che troppo tardi governo e stato maggiore
russo riconoscono più minaccioso di quello tedesco, agli stessi loro fini ormai
di aperto carattere nazionale.
Mentre non meno vuoto e
sinistro appare il nuovo ricorso all'accusa di barbarie e di fascismo, del
resto con uguale improntitudine ricambiata dal fronte del «mondo libero», i
lavoratori rivoluzionari di avanguardia devono mirare a ritessere le loro file
per un combattimento che non attenda munizioni dagli opposti militarismi
costituiti di oggi, augurando che la crisi e la catastrofe invano attese da
centocinquant'anni penetrino nel cuore degli Stati del massimo potenziale
industriale: guardia nera del mondo che nessuno ha finora saputo far vacillare.
Partito comunista internazionale
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