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La Comune fu grande in quello che dovette essere non in ciò che i suoi esponenti vollero fosse

 

 

( Reprint ,  Aprile 2011,  opuscolo A4, 44 pagine, Prezzo: 3 €) - pdf

 


 

INDICE DEI MATERIALI

 

---Introduzione

---La Comune fu grande in quello che dovette essere non in ciò che i suoi esponenti vollero fosse

---Gli insegnamenti della Comune di Parigi (Trotsky 1921)

---Gli insegnamenti della Comune (Lenin 1908)

---In memoria della Comune (Lenin 1911)

---Dalla Comune alla III Internazionale

---F. Engels: Introduzione a «La guerra civile in Francia» di K. Marx

---La guerra civile in Francia - Indirizzo del Consiglio generale dell’Associazione Internazionale dei lavoratori

---Marx a Kugelman

---Lo Stato e la rivoluzione.

           -  L’esperienza della Comune di Parigi (1871)

           -  L’analisi di Marx

 


 

(...)

La Comune dovette riconoscere fin dall’inizio che la classe operaia, una volta al potere, non può continuare ad amministrare servendosi del vecchio apparato statale; che la classe operaia, per non perdere di nuovo il proprio potere appena conquistato deve, da una parte, eliminare tutto il vecchio apparato repressivo fino allora impiegato contro di essa, ma, d’altra parte deve assicurarsi contro i propri rappresentanti e funzionari, dichiarandoli revocabili senza alcuna eccezione e in ogni momento. In cosa era consistita, fino ad allora, la proprietà caratteristica dello Stato? La società aveva creato propri organi per la difesa degli interessi comuni, all’origine mediante una semplice divisione del lavoro. Ma, col tempo, questi organismi con al vertice il potere dello Stato si sono trasformati, al servizio dei propri interessi particolari, da servitori della società in padroni della medesima. Si può constatarlo, per esempio, non soltanto nella monarchia ereditaria, ma parimenti nella ripubblica democratica (…)

Per evitare questa trasformazione, inevitabile in tutti i regimi che si sono succeduti finora, dello Stato e degli organi dello Stato, all’origine servitori della società e poi padroni di questa, la Comune applicò due mezzi infallibili. In primo luogo assegnò tutti gli impieghi dell’amministrazione, della giustizia e dell’insegnamento mediante elezione per suffragio universale da parte degli stessi interessati e,beninteso, con la possibilità di revoca immediata in qualsiasi momento da parte degli stessi. In secondo luogo, retribuì tutti i servizi, da quelli inferiori ai più elevati, con il solo salario che ricevevano gli altri operai (…)

Questa distruzione violenta del potere dello Stato esistente e la sua sostituzione con un nuovo potere, veramente organico, è descritta dettagliatamente nella terza parte della “Guerra civile”. Ma era necessario ritornare qui brevemente su alcuni tratti specifici, perché proprio in Germania la fede superstiziosa nello Stato si è trasferita dalla filosofia nella coscienza generale della borghesia e persino di molti operai. Secondo la concezione dei filosofi, lo Stato è “la realizzazione dell’Idea” (4), ovvero il regno di Dio in terra tradotto in linguaggio filosofico, il campo dove la verità e la giustizia eterna si realizzano o si devono realizzare. Di qui la superstiziosa venerazione dello Stato e di tutto ciò che ha relazione con esso, venerazione che subentra tanto più facilmente in quanto, fin da bambini, si è abituati a immaginare che gli interessi comuni della società intera non potrebbero essere meglio regolati di come lo sono stati fino al presente, cioè per mezzo dello Stato e delle sue autorità debitamente stabilite. E si crede già di avere fatto un passo estremamente audace quando ci si è liberati dalla fede nella monarchia ereditaria e si giura nella Repubblica democratica. Ma, in realtà, lo Stato non è nient’altro che una macchina per l’oppressione di una classe da parte di un’altra, e questo nella Repubblica democratica non meno che nella monarchia; il meno che si possa dirne è che si tratta di un male che viene lasciato in eredità al proletariato, vincitore nella lotta per il dominio di classe, e del cui apparato non potrà fare a meno di amputare subito nella più grande misura possibile, come incominciò a fare la Comune, le parti più nocive, finché una generazione cresciuta in condizioni sociali nuove, libere, non sia in grado di disfarsi di tutto questo ciarpame dello Stato.

Il filisteo socialdemocratico recentemente è stato preso da un salutare terrore sentendo pronunciare l’espressione: dittatura del proletariato.

(...)

 

F. Engels: Introduzione a «La guerra civile in Francia» di K. Marx (1891)

 


 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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