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Tesi e testi della Sinistra comunista - Secondo dopoguerra -1945-1955
11. Contributi alla organica ripresentazione storica della teoria rivoluzionaria marxista (1951-1952)
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Problemi di principio connessi alle fasi successive di sviluppo del tipo capitalista di organizzazione sociale con particolare riferimento all'interpretazione dell'attuale regime russo
(Riunione di Napoli, 1° settembre 1951 - Bollettino Interno n.1, 1° settembre 1951)
Rapporto Amadeo Bordiga
Si rievoca la riunione di Roma dell’1-2 aprile 1951: l’attuale ne è solo lo sviluppo
1. Roma: Parte prima consacrata a ristabilire contro molteplici costruzioni intellettualoidi i concetti marxisti, quanto al preteso succedersi ad una fase ascendente di quella discendente del capitalismo. La tavola I, annessa al riassunto dell’esposto, mostra i due errori insiti nella detta deformazione (fatalismo e riformismo); ristabilisce il reale significato di continua ascesa del capitalismo, e deriva l’urto rivoluzionario proprio da quest’ascesa. La seconda parte fu destinata alla questione sindacale.
I richiami di testi fondamentali riletti a Roma alla tavola II mostrano, da una parte, l’addentellarsi delle spinte fisiologiche agli interessi economici, all’azione e quindi alla coscienza per quanto concerne il singolo, il lavoratore, la classe, il loro dirigersi e confluire verso il partito, dall’altra il rovesciamento della praxis nel partito di classe, dove solamente è possibile – in determinati limiti – che la coscienza preceda l’azione. L’esposto sulla questione sindacale aveva in vista il ristabilimento delle posizioni marxiste sui punti fondamentali delle determinanti economiche e delle indispensabili organizzazioni sindacali che raccolgono queste spinte e costituiscono il fondamento dell’azione del partito di classe, con citazioni di tesi marxiste e della Sinistra «italiana».
2. Dopo la riunione di Roma, per rispondere al problema delle secessioni dallo stalinismo in Italia e in Francia, fu sentito il bisogno di ricapitolare le posizioni essenziali sulle quali poteva concepirsi un raggruppamento internazionale dei gruppi che si fondano sul marxismo rivoluzionario, posizioni che si dimostrano essere in netto contrasto con quelle di questi gruppi secessionisti, i quali più di una volta sono una diretta o indiretta emanazione del fulcro dell’imperialismo: gli Stati Uniti d’America.
3. Un progetto di questo manifesto, che per la sua stessa natura non poteva essere d’ordine personale, fu inviato a diversi compagni. Bruno fece qualche riserva di formulazione, mentre Onorato sollevò due critiche le quali, come dimostra la corrispondenza che ne seguì, avevano la loro utilità. La prima critica: Onorato considerava insufficiente il primo capolinea del paragrafo 5 della «sinopsi»: dichiarazione che in Russia «l’economia sociale tende al capitalismo». La seconda critica: Onorato non accetta che sia qualificato l’imperialismo americano quale forma fondamentale della controrivoluzione, o almeno affermata preferibile oggettivamente la svolta di una poco possibile sua sconfitta in guerra.
4. La risposta a queste critiche non può essere contenuta nel loro quadro ristretto, esse vanno inquadrate nel problema più vastro dell’esame dell’attuale processo controrivoluzionario e ci riconduce a rimettere al loro posto talune delle posizioni fondamentali del marxismo riferite a suggestivi periodi di controrivoluzione, riflettenti non solo la classe proletaria ma anche la classe borghese e la stessa fase della sua primitiva costituzione in classe dominante.
5. Si deve prima replicare nel modo più energico al fatto che dalla critica allo stalinismo si delinea non una cristallizzazione di energie solidamente inquadrate attorno alle tesi fondamentali del marxismo, ma lo sgranarsi di una deplorevole confusione sui principi, che pur dovevano considerarsi definitivamente assodati. Ne è un esempio detestabile il chiacchierare sulla terza forza o la terza classe, al quale si deve rispondere che il marxismo è da accettare o rifiutare in blocco: esso non ha bisogno di puntelli o di cerotti, i quali rappresentano la peggiore delle deformazioni della teoria rivoluzionaria.
6. Sul problema russo la massima prudenza è necessaria: se è vero che il lavoro fatto dallo svolgimento della lotta delle classi permette di confrontare con espressioni nuove le formulazioni fondamentali del marxismo, è altresì vero che per giungere a questo risultato – che alcuni possono considerare troppo modesto o insignificante – occorre rifuggire dalla mania che ha invaso troppi gruppi e militanti di voler cercare la chiave e di credere di averla trovata con una frase, peggio con una ricetta, a problemi staccati dal loro contesto generale e che si ripete non essere, nella fattispecie, quello russo, ma quello più vasto e generale della controrivoluzione.
7. I fatti dimostrano che dal liceo dove si presume trovarsi per trattare degli altri problemi su quel che succede in Russia, dobbiamo ritornare alla scuola ginnasiale e persino a quella elementare, per ristabilire le nozioni del capitalismo ed anche quella del feudalesimo, la prima non potendo d’altronde essere correttamente intesa che in rapporto alla seconda.
8. E’ falso e perciò incorretto che il problema del «che è successo e che succede in Russia» possa essere attanagliato nell’alternativa capitalismo o socialismo, o nell’altra che farebbe sorgere il «cerotto» della terza forza o terza classe. E’ vero che la critica di Onorato sul «tende al capitalismo» è giusta poiché va precisato donde parte nel tendere, ma a condizione che questa critica non porti a localizzarsi al problema russo, ma invece ad impostare questo problema nel quadro generale dell’esame della controrivoluzione. Il marxismo non è la dottrina delle rivoluzioni, ma quella delle controrivoluzioni: tutti sanno dirigersi quando si afferma la vittoria, ma pochi sanno farlo quando giunge, si complica e persiste la disfatta.
9. Che non si possa ridurre il problema russo ai suoi limiti, è provato dal fatto che benchè Stalin si collochi a sinistra di Lenin nel campo dell’economia e delle misure da adottare in Russia, egli sta bene a destra nel campo della politica interna e soprattutto internazionale. Si nota che Lenin aveva persino prospettato, attraverso le concessioni, l’entrata del capitale estero in Russia, ma mai ha prospettato una alleanza con gli Stati Capitalistici, quello che invece Stalin ha fatto, nel 1939 con la Germania, nel 1941 con l’Inghilterra e poi con gli Stati Uniti. I due corsi economico e politico non combaciano.
10. Un primo tipo della vittoria delle controrivoluzioni è quello in cui la sconfitta militare e politica lungi dal determinare l’arresto, si accompagna con lo svilupparsi della vittoria della classe rivoluzionaria nel campo sociale ed economico. L’Inghilterra, paese già capitalista, si allea con le potenze feudali e sconfigge Napoleone, ma attraverso la Restaurazione del 1815 si assiste al consolidarsi della classe borghese in Francia. Le disfatte delle rivoluzioni borghesi del 1848 evocano non l’arresto dell’incedere della classe capitalista, ma il suo sviluppo.
11. Un secondo tipo è quello in cui coincidono la disfatta militare e quella sociale della borghesia. La Guerra dei contadini del 1525 in Germania, analizzata da Engels, mostra il tradimento dei borghesi delle città che abbandonano i contadini alla vendetta ed alla repressione e ne risulta una vittoria politica e sociale del feudalesimo che potrà restare al potere per altri tre secoli. Ribadendo la forma sociale della servitù della gleba.
12. Un terzo tipo è quello in cui senza scontro armato, senza disfatta politica la classe borghese registra una sconfitta sul piano economico e sociale. Per alcuni tratti la caduta dei Comuni [italiani, NdR] può riferirsi alla caduta della rivoluzione russa. Marx vedeva nei Comuni, in Italia e nelle Fiandre, la prima affermazione della classe borghese. Nell’Italia centro-settentrionale, i Comuni hanno una grande efficienza, rispondono talmente alle possibilità offerte a questa primitiva borghesia che né i signorotti locali, né gli eserciti di Francia e Germania riusciranno a debellarli. La loro caduta è determinata dalla scoperta alla fine del XV° secolo delle nuove vie di comunicazioni ed al contemporaneo spiazzarsi del centro della vita economica.
13. Questi tre tipi differenti dello svolgersi delle controrivoluzioni storiche mostrano da una parte l’impossibilità di connettere con puro formalismo il processo economico a quello politico, dall’altra parte la grande complicazione di questo essenziale problema della controrivoluzione.
Dobbiamo spiegarci noi il preteso enigma russo, ma il perché dopo la seconda guerra imperialista abbiamo avuto non un'ondata rivoluzionaria proletaria ma lo svilupparsi della controrivoluzione. Dobbiamo esaminare la condotta della borghesia, la politica dello stalinismo, e soprattutto basarci sul fatto che il capitalismo, istruito dal primo dopoguerra – l’esplosione rivoluzionaria si determina nei paesi militarmente sconfitti – occupa e mantiene l’occupazione di questi paesi vinti. Questo è l’esame da farsi e che a questo ci si debba attenere è provato dalle esitazioni sulle questioni di principio connesse al problema sindacale.
14. Abbiamo avuto, per quello che concerne la classe proletaria, la prima sconfitta di Babeuf nel 1796, l’altra di Parigi e Lione nel 1831 cui seguì la Lega dei Comunisti del 1836, 1847 poi quella del 1848, cui fece seguito nel 1864 la fondazione della Prima Internazionale, successivamente lo strangolamento della Comune di Parigi, nel 1871, a cui succede la costituzione della Seconda Internazionale nel 1889, la caduta di questa nel 1914, la vittoria nel 1917, infine la vittoria della controrivoluzione nel 1928.
15. Dopo questi riferimenti storici, occorre procedere alla rimessa in linea e al loro posto di alcune delle posizioni basilari della dottrina marxista. Occorre non porsi, come essenziale, il problema delle analisi delle situazioni e quello delle prospettive, come se da un secolo il proletariato fosse stato sprovvisto delle une e delle altre. La Conferenza [Riunione, NdR] di Roma si muove su questo solido terreno. Essa critallizza nella tavola I la realtà del processo storico determinante l’urto rivoluzionario, nella tavola II i concetti fondamentali dello svolgersi della lotta sociale e se ammette che essa assume nuovi aspetti di questa lotta nella fase del totalitarismo capitalista in cui lo Stato borghese fonda i sindacati, non ne deduce però la smentita, ma la conferma dei principi del marxismo anche in questo settore, e vede i problemi attuali sullo sfondo della attuale e temporanea vittoria della controrivoluzione. La Conferenza [Riunione, NdR] di Roma mise anche in evidenza il carattere distintivo della nostra corrente che se fu anti-parlamentare, lungi dall’essere antisindacale preconizzò il più ampio e sistematico lavoro nei sindacati, per concludere infine che una fase pre-rivoluzionaria è inconcepibile senza lotta della classe proletaria per interessi economici, senza organizzazioni sindacali estese a larghi strati di lavoratori, senza un partito di classe che inquadri sì una minoranza del proletariato, ma abbia una influenza sull’insieme di questo proletariato e poggi sulle determinanti economiche e sulle organizzazioni sindacali.
16. E’ manifesto che la Conferenza [Riunione, NdR] di Roma non ha convinto tutti e l’attuale esposizione è fatta per rispondere alle esigenze di una più compiuta spiegazione dei concetti fondamentali del marxismo che ancora una volta sono chiamati alla ribalta dalla confusione ideologica e dalla minaccia dell’apparire di deviazioni. Il nocciolo della questione è che se abbiamo le tre fasi dell’epoca capitalista (la rivoluzionaria, la pacifica, la totalitaria), abbiamo però e un solo criterio di interpretazione ed un solo tipo di capitalismo, attraverso il quale esso vince, si sviluppa ed infine cadrà. Non dobbiamo dimenticare che il riformismo iniziò proprio con l’affermare e pretendere di provare che nulla è fermo, che tutto si trasforma per via molecolare, che il capitalismo del 1789 non era più quello del 1895. Il marxismo rispose e risponde che esistono sì dei momenti di crisi, ma questi non originano diversi tipi di capitalismo. La storia è storia di tipi di forme di produzione e in ciascuno di essi col crescere delle forze di produzione cresce anche la resistenza delle forme di produzione, lo spessore della caldaia di queste forme. Il capitalismo è costante e non flessibile; esso non si adatta e dilata, ma alla fine si spezza e si distrugge.
17. Fasi ma non tipi di capitalismo, benché il congegno reale della società non sia contraddistinto da un tipo puro nel tempo (che si estende quindi immediatamente a tutto il mondo) e nello spazio (che elimina cioè automaticamente tutte le classi preesistenti e sconfitte all’interno di ogni paese), ma da un tessuto misto di diverse forme di produzione ed Engels giunge fino a dire che in certe circostanze storiche può anche essere difficile di individuare la classe che realmente detiene il potere dello Stato. In Inghilterra, per esempio, paese altamente capitalistico coesistono non solo numerose forze di produzione artigiane, ma persino forme di produzione pre-feudali nella Scozia. Analogamente negli Stati Uniti, dove l’Est industriale coesiste con l’Ovest prevalentemente agricolo.
18. Le tre fasi dell’epoca capitalista (rivoluzionaria – di consolidazione – di difesa contro la minaccia della rivoluzione proletaria) non danno luogo alla presentazione dei figurini di moda che sono utili alla borghesia per allontanare la visione del crollo rivoluzionario. E' con la medesima definizione del capitalismo che si spiega Cromwell del 1652, il 1789, il 1848 e lo stesso Stalin. Occorre dunque ben stabilire le caratteristiche descriminanti ed essenziali del tipo di rapporto di produzione capitalistico borghese. Lo vedremo poi diversamente presente nella struttura sociale dei vari paesi del mondo, ed in diversi rapporti di influenza e di lotta con i tipi che lo precedono e lo seguiranno: soprattutto i diversi rapporti essenziali storici ci fanno parlare di diverse fasi: quella borghese rivoluzionaria in cui la lotta è contro le forme feudali e completa l’alleanza politica con la nuova classe operaia, col quarto stato – quella intermedia in cui il capitalismo mostra di far largo alle giuste legali esigenze dei lavoratori – quella controrivoluzionaria in cui tutte le sue forze sono volte ad impedire che il proletariato lo abbatta politicamente e socialmente.
Per capire quanto avviene allorché un tentativo proletario di conquista del potere viene invertito non basta seguire il gioco delle forze ed organizzazioni politiche poliziesche o militari, ma occorre farsi il quadro dei tipi storici di economia sociale che sono presenti nel quadro del paese considerato, e domandarsi quali sono in progresso e quali no. Prima quindi di decifrare la controrivoluzione in Russia, occorre che ben si ribadiscano i caratteri primi propri del tipo capitalista di produzione, tornando alle basi dei primi testi marxisti. Né basta: è il carattere del pre-capitalismo classico, del regime feudale, che bisognerà martellare.
A questo volgiamo i concetti nel tracciato di questa esposizione (paragrafi 19-38).
IL CARATTERE DEL FEUDALESIMO
19. Più volte, in testi della Sinistra, abbiamo distinto tra fasi successive dell’epoca capitalista; ad esempio: fase rivoluzionaria, fase pacifica, fase totalitaria.
20. Tale concetto va chiarito e conciliato con la tesi essenziale del marxismo: il capitalismo è sempre uno. Dalla nascita fino alla morte.
21. La contrapposizione fra le teorie evoluzionistiche e la nostra teoria rivoluzionaria consiste in questo: per le prime ogni tipo storico di società si modifica gradualmente fino a cambiarsi insensibilmente in uno diverso; per la seconda un dato tipo di rapporti di produzione, come sorge da una esplosioine rivoluzionaria, suscitata dall’alta tensione delle forze produttive, tal quale vive fino alla successiva esplosione in cui nuove forme di produzione suscitatesi lo annientano.
22. Messa dunque ben in chiaro la contrapposizione fra il sistema di rapporto di produzione pre-capitalistico e feudale e quello borghese, gli stessi caratteri definiscono tutto il periodo storico che si svolge fino alla successiva chiara contrapposizione fra rapporti di produzione borghesi e società socialista: non esistono sottospecie del tipo sociale borghese o capitalista.
23. Per bene intendere un tale enunciato non si deve dimenticare che se già la rivoluzione borghese tende ad essere contemporanea nel mondo, e se assai più marcatamente vi tende una rivoluzione proletaria, tuttavia vi sono sempre situazioni assai diverse tra le varie parti del mondo abitato.
24. Nell’esame di queste situazioni è dunque ovvio tenere presente:
1°- La coesistenza nello stesso paese dei diversi tipi di tecnica produttiva fondamentali (servitù della gleba, piccola cultura libera, artigianato libero, industria, e servizi collettivistici);
2°- La coesistenza altresì delle diverse classi sociali in numero sempre superiore alle due protagoniste del passaggio storico in corso;
3°- Il rapporto di forze politiche a seconda della classe che prevalentemente è armata, autonoma e soggiogatrice delle altre.
25. Allorché quindi si esamina il decorso storico dell’epoca capitalistica in dati paesi o gruppi di paesi o continenti ecc., si ravvisa indubbiamente un succedersi più o meno complicato non solo di diversi rapporti di forza (e, prima ancora di estendersi e restringersi dei settori dei vari tipi produttivi), ma altresì una serie di avanzate e di ritirate tanto sociali che politiche della medesima classe, nella lotta per attuare il tipo di rapporti di produzione suo proprio.
26. Nei successivi tempi storici del dominio della borghesia, ad es. in Francia, in Inghilterra, in Europa ecc., si pongono quindi una serie di differenze quanto alla diffusione dell’industrialismo, quanto alla resistenza e liquidazione della antica classe feudale, quanto alla formazione dei grandi Stati territoriali, quanto infine alla resistenza contro il minaccioso presentarsi del proletariato rivoluzionario.
27. E’ quindi problema fondamentale per la teoria, l’organizzazione, la strategia del partito rivoluzionario proletario, intendere appieno nei vari luoghi e tempi successivi tutti questi aspetti e queste svolte e le innumerevoli combinazioni.
28. Tuttavia in coerenza alla sua visione della storia e del determinismo delle azioni collettive, il partito proletario pone negli stessi termini, in tutto il decorso, la definizione delle caratteristiche della società capitalistica, la condanna di essa ed il suo superamento.
29. Tra le distinzioni sociali e politiche di fasi successive importa tenere conto anche dell’armamentario ideologico della classe borghese che serve a questa, dall’inizio delle sue lotte rivoluzionarie, riflettendo poi nel suo impiego i successivi mutamenti che derivano dal divenire la borghesia classe autonoma, dominante, controrivoluzionaria a sua volta.
30. L'individuazione delle caratteristiche del capitalismo è completa e definitiva fino dal tempo del Manifesto dei Comunisti e degli scritti che contengono esattamente già la dottrina economica sviluppata nel Capitale. Con tutta riserva di variare ogni differenza di svolgimento storico contemporaneo e futuro, l’analisi economica marxista prende in esame le leggi della produzione capitalista quali scaturiscono dalle stesse ipotesi proprie dell’avversario borghese: piena eguaglianza di ogni cittadino nel campo del diritto, piena, libera ed uguale facoltà a ciascuno di accedere a scambi nel mercato.
Con tale analisi Marx una volta per sempre ed irrevocabilmente dimostra che l’entrata in vigore di un simile sistema non significa affatto l’aprirsi di una fase di equilibrio in cui l’umanità possa adeguarsi, ma costituisce l’ascesa al potere di una precisa classe dominante contro cui si susciteranno urti e crisi rivoluzionarie.Il tipo capitalistico di produzione non ha mai presentato e mai potrà presentare caratteristiche imprevedute diverse da quelle di questa definizione iniziale: se un tale fatto fosse sperimentalmente assodato, il marxismo come scienza della storia andrebbe in tutto il suo insieme rifiutato.
31. Economie precapitalistiche hanno presentato concentramenti di masse di forze produttive, e tali erano: uomini, attrezzatura di utensili, approvvigionamenti di viveri, terra in grandi estensioni.
In genere queste masse di forze produttive appartenevano a privati limitatamente agli uomini (schiavi) alla terra (Roma antica). Mai quanto a masse di utensili anche primitivi. Più spesso masse di forze produttive dipendevano dai poteri statali o militari: signori, condottieri, re, repubbliche, talvolta teocrazie.
32. Il tipo direttamente precapitalistico di produzione è quello feudale. Dopo aver ricordato che nessun tipo è presente da solo in un dato spazio o tempo, definiamo il tipo feudale come quello della parcellazione di tutte le forze produttive e dell’assenza del concentramento di esse in massa. Nell’agricoltura, a parte terre vergini, riserve di caccia e simili, si ha la piccola azienda affidata alla famiglia servile. Ogni servo dispone dei prodotti del piccolo lotto, ma ne deve parte (o parte del suo tempo) al feudatario al quale è accomodato da una vera divisione del lavoro: il servo non può allontanarsi, il signore tutela il territorio e le persone da nemici predatori. E’ una dipendenza personale.
Vi sono poi i contadini parcellari liberi arbitri di tutto il prodotto; vi sono gli artigiani arbitri della bottega: il lavoratore parcellare, forza produttiva umana di base, controlla le parcelle delle altre forze produttive: terra, materie prime, utensili e controlla parimenti la sua parcella di prodotti che consuma o scambia integralmente.
33. Fino a questo punto se il denaro può costituire già capitale, nelle due forme: commerciale ed usuraia, può marxisticamente dichiararsi che il denaro non è una delle forze di produzione, ma è soltanto un intermediario dello scambio. Nel tipo feudale puro è vietato comprare e vendere terre o masse di attrezzi, come è vietato assumere salariati.
34. Si ricordano queste cose ben note per potere definire le caratteristiche del capitalismo: la terra si può comprare con denaro illimitatamente; masse di utensili e macchinari mano mano che si scoprono possono dal privato comprarsi con denaro; e così masse di materie prime o semi-lavorate. Infine possono comprarsi con denaro masse di forze di lavoro o di tempi di lavoro. Perché questo sia possibile occorre che i lavoratori siano liberi, e quindi spossessati i feudatari dei loro privilegi, privati i piccoli contadini di terre ed attrezzi, gli artigiani di bottega, attrezzi e materie prime. Sotto queste condizioni il denaro diventa forza produttiva poiché può sempre assumere forma oltre che di capitale commerciale o bancario, altresì di capitale fondiario, o industriale a seconda che lo si investa in terra, fabbricati, attrezzi, macchine ecc. ecc.
35. Poiché nel tipo feudale il possesso delle forze produttive è soltanto parcellare, essendo il privilegio feudale un diritto personale e non un diritto reale sull’uomo fisico (schiavismo) o sulle cose e la terra (come nel diritto romano) – è stata perfettamente accettabile la definizione del capitalismo come un sistema della proprietà privata dei mezzi di produzione e della terra. Più esattamente della proprietà illimitata per contrapposto a parcellare.
36. Il fatto storico essenziale coincise però nella contesa sulla massa dei prodotti. Espropriati i lavoratori parcellari delle loro dotazioni, i prodotti, concentrati ormai in masse di merci sono a disposizione della classe borghese che ha il monopolio della terra e del capitale.
37. La teoria dell’economia borghese consiste nel sostenere che, avendo spezzato i limiti degli ordini per nascita o per investitura e potendo in partenza chiunque aspirare ad essere titolare di terra o di capitale, si è raggiunto un pieno equilibrio nella distribuzione potenziale della ricchezza da quanti collaborano alla produzione. I fisiocrati che difendevano il feudalismo, sia pure in forma moderna, sostenevano che fonte della ricchezza era la terra; i mercantilisti affermavano che fonte di essa era lo scambio delle merci, gli economisti della borghesia sostennero che fonte della ricchezza è il lavoro, che le merci nello scambio non crescono né diminuiscono di valore, mentre nella produzione industriale o agricola, ogni intervento di lavoro che le trasformi vi aggiunge valore. Pretesero che un perfetto scambio tra valori equivalenti e tra liberi ed uguali contraenti avvenisse allorchè il salariato riceve denaro contro il suo lavoro.
38. La confutazione di detta teoria sta nella teoria di Marx sul plusvalore. Essa mostra che il lavoratore parcellare scambiando sul mercato il suo prodotto ne traeva tutto il valore che, lavorando, gli aveva aggiunto, mentre invece il salariato del capitalismo trae dal suo lavoro una parte soltanto del valore che la sua opera ha aggiunto al prodotto, e che questo è fenomeno inevitabile alla scala sociale da quando il lavoratore parcellare è stato violentemente privato del suo attrezzaggio ed in sostanza del suo diritto di prendere una aliquota dei prodotti. A questa espropriazione di partenza se ne aggiunge una serie indefinita e sempre violenta da quando il diritto vieta al salariato di porre comunque le mani su una particella di prodotti.
IL CARATTERE DEL CAPITALISMO
La borghesia ha nello Stato l’organo del potere attraverso il quale impone con la forza le sue soluzioni, questo Stato dalle molteplici mammelle nutre le differenti imprese capitalistiche, mentre succhia il lavoro e il sangue dei poveri, carattere questo comune agli Stati Uniti e alla Russia, mentre il più basso tenore di vita dei lavoratori in questo secondo paese ci fa intendere che è qui che questo processo attinge la sua tensione più alta.
Ma esso si manifesta anche negli Stati Uniti dove la figura centrale è rappresentata dall’imprenditore che congiunge la classe borghese al suo Stato. Non i «rentiers» ma i «brasseurs d’affaires» sono gli esponenti dell’attuale fase del capitalismo: questi vampiri che, come ha recentemente notato l’ex presidente degli Stati Uniti, il vecchio Hoover, minacciano di portare il regime ad un disastro a causa della loro fame insaziabile. Il funzionario è semplice intermediario, non fattore, anche dell’attuale fase del capitalismo.
40. E’ in termini corretti che dobbiamo stabilire la nostra definizione del capitalismo e per meglio giungervi abbiamo posta la relazione esatta col sistema feudale. Questo metodo comparativo dobbiamo impiegarlo anche per la definizione della economia socialista che va messa in relazione al capitalismo ed alla sua forma di capitalismo di Stato.
41. Engels nota che in regime feudale puro il denaro non ha funzione economica. Occorre intendere questo non in senso meschino; il denaro che esisteva e preesisteva non era una forza di produzione, esso lo diventa in regime capitalista.
42. Tutti i regimi sono di ordine mondiale, non perché contemporaneamente in ogni paese ogni settore economico sia organicamente conforme al tipo di società che prevale storicamente; molte macchie d’olio – forme di produzione precedenti – persistono, ma un solo tessuto connettivo capitalista oggi le ricollega attraverso lo scambio delle merci e questo tessuto rivela il tipo di organizzazione sociale che domina nel mondo abitato. Differenze di fasi, quindi, nello spazio e nel tempo, ma mai diversi tipi di capitalismo.
43. Come detto nei paragrafi 19-38, il carattere del feudalismo è dato dalla proprietà parcellare cui corrisponde anche una parcellare gestione economica e una parcellare disposizione dei prodotti. Il carattere del capitalismo è invece dato dalla concentrazione della proprietà dei mezzi di produzione, della massa dei prodotti, della gestione economica. Lo Stato capitalista assicura alla classe borghese la disposizione e il monopolio dei prodotti. L’essenziale consiste in questo ed è su questo che si determina la contesa sociale e storica: il controllo delle masse dei prodotti.
44. Marx riprende al mero scopo polemico dagli economisti borghesi la tesi del capitalismo nel quale capitalisti e salariati intervengono in posizione egualmente libere sul mercato e dimostra con la sua analisi economica del capitale che questo svolgimento libero condurrebbe non ad un equilibrio sociale, ma alla crescente concentrazione dei mezzi di produzione e della massa dei prodotti nelle mani della classe capitalista da una parte, alla miseria crescente dei lavoratori dall’altra parte. Ma la contesa è dal primo momento di ordine sociale, la sua dinamica anch'essa non è tra categorie economiche, tra capitale costante e capitale variabile, e le due non combaciano.
Il proletariato non sa a quanto ammonti il capitale variabile che egli rivendica, ma lotta per ottenere una quantità superiore di prodotti, e quindi salario maggiore per meno sforzo. La lotta di classe unitaria è per tutto il prodotto. Mentre l’economista corrente definisce capitale il valore del fondo della fabbrica o dell’impianto e macchinario e del denaro con cui far fronte alla anticipazione di acquisto di materie prime e salari, formula che ben collima con quella della proprietà titolare del «mezzo di produzione» – l’economista marxista chiama capitale tutto il valore della massa del prodotto di un dato ciclo lavorativo, di un giorno, di un anno o delle generazioni (il «fatturato» dei contabili).
Tale valore del prodotto si smista in tre parti: nella dottrina del plusvalore: capitale costante, valore della materia prima lavorata e dei logorii diversi di attrezzatura; capitale variabile, valore dei salari pagati; plusvalore, margine che si aggiunge ai primi due termini in modo che la somma dei tre è il valore sul mercato del prodotto, che va all’imprenditore. La lotta del proletariato non è, come dice Marx distruggendo le illusioni lassalliane dei socialisti germanici, lotta per «l’intero frutto del lavoro» personale.
Non si tratta di conquistare il solo campo del plusvalore. D’altra parte non tutto questo in una economia collettivista andrà al consumo: occorrono cento utili servizi sociali e il nuovo investimento per il progresso produttivo. Infatti solo in parte il plusvalore va al consumo personale dei borghesi, il più va a nuovo investimento; ma il disastro dell’anarchia capitalista supera di gran lunga la massa dei plusvalori e consiste nelle masse di prodotti che vanno a distruzione con l’intero capitale costante, variabile a margine.
La vera lotta proletaria è per la conquista sociale di tutto il prodotto. Il capitale costante è frutto del lavoro di generazioni passate: esso deve essere strappato alla classe borghese e andare al proletariato vincitore, ossia tendenzialmente alla società senza classe; il capitale variabile è il lavoro degli elementi sociali attivi, ossia della classe operaia oggi, della società domani. Il plusvalore sorge dalle energie di lavoro attuali e dalle risorse tecniche organizzative che anche sono «eredità» del passato e che devono essere a disposizione sociale.
La classe operaia al potere oggi, la società domani, useranno tutta la massa del prodotto antico e immediato a fini generali. Antagonismo quindi di classi e di loro formazioni armate e politiche, non di cifre che rappresentino la spartizione tra classi della ricchezza.
45. Avendo ora richiamato i precisi termini del passaggio dal precapitalismo al capitalismo, dobbiamo ora precisare i caratteri distintivi tra economia capitalista e post-capitalismo.
Il post-capitalismo da almeno un secolo non è per noi la «gatta comprata nel sacco», ma qualche cosa di esattamente definito.
Secondo la regola generale possiamo vedere attorno a noi in funzione esempi di economia post-capitalista, così come esistevano grandi manifatture secoli prima della rivoluzione borghese.
Si può qui riportare quanto scritto in risposta ad Onorato: «Come dissi altre volte abbiamo di più: veri tipi comunisti in potere capitalistico: esempio il servizio dei vigili del fuoco; quando qualcosa brucia nessuno paga per spegnerla, se nulla brucia i pompieri sono lo stesso nutriti. Dico tutto ciò per combattere la tesi, chiunque ne sia l’autore, che segna come stadi successivi: capitalismo privato, capitalismo di Stato, come prima forma di socialismo inferiore, socialismo superiore o comunismo. Il capitalismo di Stato non è un semi-socialismo, ma un capitalismo vero e proprio: anzi è lo sbocco del capitalismo secondo la teoria marxista della concentrazione ed è la condanna della teoria liberista di un permanente regime di produzione in cui il gioco mirabile della concorrenza metta sempre di bel nuovo una fetta di capitale alla portata di tutti. A discriminare tra capitalismo e socialismo non basta la titolarità (vedi Proprietà e Capitale) del possesso dello strumento produttivo, ma occorre considerare il fenomeno economico integrale, ossia chi dispone del prodotto e chi lo consuma».
Pre-capitalismo:
economia dei produttori individuali: il prodotto è del lavoratore indipendente, ognuno cosuma quel che ha prodotto. Ciò non toglie che prelievi di sopraprodotto e quindi di sopra-lavoro siano fatti a danno delle moltitudini di lavoratori parcellari (talvolta uniti con la forza in masse ma senza la moderna divisione dei momenti produttivi) da caste, ordini e poteri privilegiati.
Capitalismo:
lavoro associato (in Marx: lavoro sociale) divisione del lavoro, prodotto a disposizione del capitalista e non del lavoratore che riceve denaro e compra sul mercato quanto gli occorre a tenersi in forza. Tutta la massa di prodotti passa per la forma monetaria nel viaggio da produzione a consumo.
Socialismo inferiore:
Il lavoratore riceve dall’organizzazione sociale unitaria una quantità fissa di prodotti che occorrono alla sua vita e non ne può avere di più. La moneta finisce, sussistono buoni di consumo non accumulabili né mutabili di destinazione. La tessera? Già, il socialismo inferiore è la tessera a tutti, senza impiego di denaro e senza mercato.
Socialismo superiore o comunismo:
In tutti i settori s’intende abolire la tessera e ognuno preleva quanto gli occorre. Qualcuno assisterà a cento spettacoli cinematografici di seguito? Lo può fare anche oggi. Telefonerà ai pompieri dopo aver dato fuoco alla casa? Lo fa oggi, ma allora non vi saranno assicurazioni. Comunque allora ed oggi il servizio manicomio è fatto secondo l’economia comunista: E’ gratuito e illimitato.
RIEPILOGO:
Precapitalismo:
Economia senza denaro o con l’impiego complementare del denaro. Produzione parcellare.
Capitalismo:
Economia con l’impiego totalitario del denaro. Produzione sociale.
Socialismo inferiore:
Economia senza denaro e con tessera. Produzione sociale.
Socialismo superiore o comunismo:
Economia senza denaro né tessera. Produzione sociale. Il capitalismo di Stato, che sarebbe cretinera chiamare socialismo di stato, sta tutto sano nel reparto capitalismo.
46. Si è tornati su tutte queste nozioni basilari per spiegare lo svolgersi dell’attuale processo controrivoluzionario del quale sono parte gli avvenimenti sociali russi, che non possono essere esaminati se non integrati nel tutto, giacchè se analizzati separatamente conducono gli incauti ad alterare la dottrina marxista, ad ammettere nuove analisi e nuove prospettive per l’intervento di una terza classe, di un terzo fattore, e a cadere così nella pània del trucco staliniano che ipotizza funzioni permanenti per lo Stato non più strumento della classe, ma generatore della classe, e abbandona la nozione del suo svuotamento.
47. Il nostro metodo di lavoro ci conduce a battere sempre su chiodi già noti e ad estendere la nostra investigazione a settori sempre più ampi e diversi nel perimetro fissato da questi chiodi, mai di procedere ad innovazioni od invenzioni.
48. Concorrenza e monopolio sono nozioni non antagonistiche ma complementari anche nel mercato e nello scambio, la prima svolgentesi verso il secondo. E’ sul fronte del monopolio che si afferma la classe borghese: del monopolio dei mezzi di produzione e dei prodotti.
49. I lavoratori per reagire alla condizione sociale che è loro imposta dal capitalismo e che è favorita dalla loro dispersione, passano alla istituzione – attraverso il sindacato – del monopolio della loro forza lavoro. In conseguenza, il capitalismo deve svelare la sua natura, fondare i trusts, ed attribuire al suo Stato funzioni non solamente poliziesche, ma anche economiche. Precedettero i sindacati le mutue che raccolgono per scopi di assistenza quote dai salariati, ma non ancora rivendicano un maggior salario dai capitalisti. Nulla di più conservatore: eppure nelle tradizionali associazioni di mutuo soccorso e persino nelle congreghe di carità penetrava utilmente il partito socialista.
50. La formulazione contenuta nel progetto di Manifesto a proposito dell’economia russa che «tende al capitalismo» andava chiarita. A questo scopo rispondeva la lettera inviata al comp. Onorato (1).
Che cosa è avvenuto in Russia? La reversione dei primi caratteri comunisti dell’economia, l’inversione della politica interna ed internazionale, la seconda non dovendo però ineluttabilmente procedere dalla prima.
51. Nel 1921, quando la Russia era racchiusa in se stessa a causa della mancata vittoria rivoluzionaria in altri paesi, il livello delle forze di produzione era sceso ad un limite inferiore al minimo, la trasmissione dei prodotti dalla campagna alla città e viceversa che si era prima verificata attraverso il comunismo di guerra, non poteva più funzionare, lo Stato proletario essendo a corto e dei prodotti della città e di quelli della campagna. E’ giocoforza legalizzare il commercio libero, fatto finora dai borsari neri o «speculanti».
52. Lenin e il partito bolscevico instaurano la NEP in un insieme economico dove esistono forme di produzione nomade, patriarcale, feudale, borghese e piccoli nuclei di economia socialista. Alla questione se la NEP fosse capitalismo, Lenin rispondeva categoricamente sì.
E non poteva essere altrimenti, giacchè dal momento in cui il salario è pagato in denaro e con questo si acquistano gli alimenti, si ha capitalismo. Questo non cambia la natura dello Stato che resta, perché può restarlo, proletario, la sua natura risultando non dalla struttura dell’economia, ma dalla posizione di classe e di forza nello svolgersi della lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale.
53. Lenin, che nel campo economico giungeva fino a prospettare la entrata in Russia del capitale privato estero con le concessioni di interi territori, preconizza l’irrobustimento del potere statale per fronteggiare le reazioni sociali causate dalle misure della NEP e guadagnare tempo per avere aiuto dalle rivoluzioni occidentali operaie.
54. E’ così che il problema andava posto. Il trotskismo proclama l’intervento di un terzo fattore, della burocrazia. Per noi l’attuale situazione in Russia non presenta nulla di originale giacchè il capitalismo non è contraddistinto dalla esistenza di un titolare della proprietà, ma dall’impossibilità (realizzantesi attraverso la forza dello Stato) di appropriarsi dei prodotti da parte della classe lavoratrice e dalla corresponsione del salario in denaro. Gli sviluppi economici che ci hanno condotti alla situazione attuale in cui il privato presta allo Stato, lo Stato è imprenditore, il debito pubblico gonfia, il possesso della casa è ammesso, la casa è attribuita allo specialista, questi sviluppi non procedono dalla manovra sociale della NEP, ma dall’inversione verificatasi nel campo politico e nella posizione internazionale dello Stato russo. La NEP lasciò lo Stato alla classe proletaria che lo deteneva anche prima: le rinuncie nel campo economico non comportavano affatto necessariamente gli errori di tattica e strategia rivoluzionaria da prima, il capovolgimento della posizione dello Stato infine.
55. Il socialismo non poteva essere costruito nella Russia sola, dove pertanto si erano addizionate nel febbraio e nell’ottobre 1917 la rivoluzione borghese e quella proletaria. In Germania nel 1848 fu anche tentata – invano – la doppia rivoluzione borghese e proletaria: quella borghese vinse nel campo economico e sociale, dopo che borghesi e operai alleati avevano perduto nel campo politico. In Russia dopo la vittoria politica e sociale del 1917 si ebbe la sconfitta sociale proletaria databile al 1928. Restò la vittoria sociale capitalistica.
56. Non disponiamo di materiale di documentazione per un esame dettagliato della economia russa, ma abbiamo indicazioni sufficienti per emettere un sicuro apprezzamento. Sulla traccia dello studio «Proprietà e Capitale» vediamo il fattore essenziale dell’attuale fase capitalista mondiale nell’impresa – e quella edilizia ne fornisce un esempio suggestivo – che lavora senza sede ed impianto proprio e stabile, con capitale minimo, ma per un profitto massimo e questo può fare perché si è asservito lo Stato che il capitale distribuisce e le perdite incamera. Il funzionario non è figura centrale, ma è semplice mediatore; di contro al corpo di funzionari di Stato vi è quello dei contro-uffici delle imprese dove pullulano consulenti di ogni specie e vegliano a piegare lo Stato agli interessi delle imprese. Analogo meccanismo, in forme esteriori e con nomi ben diversi, funziona nell’U.R.S.S. Quando si pensa che le imprese di Mosca hanno potuto fare regalo della Metropolitana alla città, ci rendiamo conto degli altissimi profitti realizzati in quelle imprese nella restante sfera.
57. E questo capitalismo in Russia non presenta nulla di assolutamente inedito; pel fatto della gestione di Stato esso si collega a cento esempi storici da quello già ricordato dei Comuni d’Italia dove si affermò d’altronde la prima forma di investimento statale per la produzione industriale (i privati non potevano disporre di capitali necessari alla costruzione della macchina nave – come dal «Filo del Tempo» del n. 17 di «b.c.» [Armamento e Investimento] – i Comuni vi provvidero). E così sempre Stati e re armarono le prime flotte e fondarono le compagnie imperiali, donde il capitalismo giganteggiò! Ed infine abbiamo l’esempio ultimo delle nazionalizzazioni britanniche.
58. Il tendere al capitalismo della economia russa ha quindi un doppio senso. Le prime forme socialiste e comuniste successive alla rivoluzione di Ottobre hanno degenerato, si sono involute, sono state riassorbite. Una economia proletaria degenerante per vari anni, ormai del tutto degenerata e scomparsa, per dar luogo a forme mercantili e capitaliste. Ma intanto tutto il vasto campo della economia russa pre-capitalista, asiatica, feudalista, tende potentemente al capitalismo e questa tendenza è positiva e a sua volta premessa della rivoluzione socialista mondiale. Lenin e Trotsky stessi videro tale necessità e furono i pionieri della elettrificazione, solo mezzo per mettere la produzione al passo con l’Occidente, per meglio abbattere l’imperialismo. Stalin rovesciò il piano internazionale rivoluzionario, ma dette impulso grandissimo alla industrializzazione di città e campagne. Più giustamente, era questo un dato irresistibile della situazione sociale russa dopo caduta la fradicia impalcatura zarista e boiarda. Lenin intravvide la possibilità del suo partito di essere portatore della rivoluzione politica proletaria nel mondo e frattanto anche della rivoluzione sociale capitalista in Russia: solo con le due vittoriose premesse la Russia poteva divenire economicamente socialista. Stalin dice che il suo partito attua il socialismo economico nella sola Russia, in effetti, il suo Stato e partito si è ridotto ad essere il portatore della sola rivoluzione sociale capitalista in Russia e Asia. Tuttavia al di sopra degli uomini queste forze storiche lavorano per la rivoluzione socialista mondiale.
Capitale è la spersonalizzazione del capitalista per cui la accumulazione di plusvalore conta più del portafoglio individuale e la vita dei suoi stessi figli, sembra insufficiente la definizione dei beneficiari del frutto del capitalismo russo (dicevamo: non è il frutto, ma tutta la pianta che importa) nei «criptoimprenditori» e «criptoaffaristi» che per noi non sono i funzionari della burocrazia sovietica, ma uno strato a sè. Burocrate in Russia è il semplice meccanico in una fabbrica, come lo è in Inghilterra oggi: tutti «statali». A tal fine va rilevato che malgrado ogni cortina tale ingranaggio o meglio tale rete di canalizzazione della ricchezza comunica con quella del capitale mondiale. Lo stesso commercio estero di Stato è una immensa bilancia che mai pesa equivalenti, ma frega di continuo la massa lavoratrice sovietica.
Vi è poi l’enorme impasse delle manovre valutarie che si ripercuotono tra centri legali e illegali di Asia e Africa. Vi sono «affitti e prestiti» in corso ancora di saldo: infine, l’affitto e prestito di milioni di cadaveri russi proletari per vincere la Germania è stato calcolato, da parte americana, affare assai più economico della produzione della corrispondente quantità di bombe atomiche. La convivenza ed emulazione di oggi, l’alleanza palese di ieri col patto di smantellare i partiti comunisti di Occidente, le entrate in pieno nei blocchi di liberazione antifascista, sono da una parte la conferma del capovolgimento politico fino alla controrivoluzuione, dall’altra con partite di mercato economico e premio passato al capitale mondiale con lo sforzo esasperato e la vita stessa del lavoratore russo. Perciò, come partito potere e Stato, la degenerazione non è ancora in corso, ma è fatto storico compiuto; e la vedova Trotsky lo ha ben constatato. La funzione storica è in parallelo sul piano economico e politico: impianto del capitalismo in tutte le Russie.
59. Con la disfatta di Spartaco ai piedi del Vesuvio si ebbe in una sola volta la disfatta politica e sociale degli schiavi ed il regime sociale dello schiavismo restò al potere. Ma la vittoria delle successive repressioni di Diocleziano sui Cristiani, veri cospiratori politici e di classe, comporta non il rassodarsi del regime schiavista, ma sotto l’aspetto del trionfo della nuova religione, la caduta sociale di questo regime e successivamente l’avvento del feudalesimo medioevale.
60. Quando ci si chiede perché Engels, dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, si accinse a scrivere la «Guerra dei Contadini» e studiò la loro sconfitta del 1525, capiamo che occorre comprendere la controrivoluzione per preparare la rivoluzione di domani. Lo stesso ci spetta di fare oggi non isolando un settore o un problema, ma inquadrandolo nel contesto dell’insieme. Così la borghesia potette, nel secolo scorso, inneggiare alle molteplici e ricordate disfatte precedenti, nel costruire la sua definitiva vittoria. Così anche il proletariato che – come dice Marx ne «Le lotte di classe in Francia», non la vittoria, ma una serie di disfatte «abilitano»al suo trionfo nel mondo, grazie al suo partito di classe, vincerà ripresentandosi quale esso fu al principio della sua lotta e nelle formule programmatiche, lapidarie, insuperate perché insuperabili, contenute nel Manifesto dei Comunisti.
Intanto è lecito professare e difendere la dottrina marxista della storia come avvicendamento di classi sociali, ciascuna fatta da insieme di uomini con posizione parallela rispetto alle forze e sistemi di produzione, in quanto si può provare che ogni classe sociale nel suo integrale corso storico ebbe dalle sue prime affermazioni e battaglie un compito e un programma continuo. Così si legano le rivendicazioni lanciate dal Cristo alle turbe schiave alla caduta dell’Impero Romano e della società classica; così le prime richieste di libertà civica e contadina alla presa della Bastiglia e alla Rivoluzione borghese nel mondo intero e la bandiera agitata è stata sempre la stessa. Ha più forte ragione il proletariato moderno, primo a liberarsi dalle formazioni fideiste e idealiste delle proprie aspirazioni, è una vera forza storica nel senso marxista e non può fallire alla vittoria in quanto sia assodato che appena sorto dal nuovo assetto delle forze produttive, si è configurato il suo obiettivo storico e la strada, sia pure dura e asperrima che vi conduce. La lotta quindi alle manie dei neo-marxismi e delle «analisi nuove».
61. Il fatto che siamo stati battuti, che siamo perciò in un periodo controrivoluzionario, ci spiega perché siamo in pochi ed anche perché si determinano confusioni nel nostro seno. Esso non ci induce però a falsare la teoria del marxismo rivoluzionario attraverso l’ammissione dell’arrivo sulla scena sociale di un terzo protagonista, di una nuova classe. Non abbiamo bisogno di scoprire nuovi tipi, nuovi stadii, d’inventare poteri nuovi al capitalismo di Stato che – come già detto – nulla presenta di originale e fu persino la prima forma attraverso la quale si affermò la prima volta la classe capitalista, all’epoca dei Comuni, nel 1100.
62. A conforto della esposizione che si svolge per ribadire il tempestivo allarme della Sinistra sulla degenerazione della politica proletaria, si annette uno schema per rappresentare i rapporti che intercorrono tra la classe operaia, le associazioni economiche, il partito politico di classe, gli organi centrali del partito; le spiegazioni che vi sono aggiunte mostrano che le due impostazioni, concordanti nella formula del partito di massa: la laburista e la stalinista, originano da una stessa base in quanto alle determinanti economiche sostituiscono quelle della volontà dei singoli, ma sboccano in definitiva allo stesso risultato di imporre a questi le decisioni affermate dalla vetta del partito.
63. Un altro punto ha dato luogo a qualche dubbio ed esitazione. Quale la nostra prospettiva?
Una come sempre: la rivoluzione proletaria internazionale, quando (vedi tavola II, convegno [Riunione, NdR] di Roma del 1° aprile 1951) le condizioni per essa saranno realizzate, condizioni oggi quasi tutte lontane. Sul corso della attuale prospettiva tre ipotesi sembrano presentarsi: l’assorbimento pacifico della Russia da parte dell’America – lo scoppio della guerra tra URSS e USA con la vittoria dell’una o dell’altra.
64. Già per la prima guerra imperialista la vittoria del settore capitalista più forte, l’Inghilterra che da 200 anni non conosce disfatte e mai ha conosciuto invasioni – doveva determinare le condizioni meno favorevoli all’irrompere dell’attacco rivoluzionario del proletariato internazionale. Un corso sicuramente meno sfavorevole avrebbe potuto originarsi dalla disfatta militare di detto settore. Lo stesso dicasi per la seconda guerra imperialista conclusasi con la vittoria dell’asse Londra-New York.
E per la terza? Non si esita ad affermare che la vittoria degli Stati Uniti rappresenterebbe la più sinistra delle eventualità. E’ vero che siamo sprovvisti di forze di classe per intervenire in questi formidabili avvenimenti, è anche vero che dobbiamo mantenerci autonomi dall’uno e dall’altro potere, ugualmente antirivoluzionari e combattere a fondo i due «crociatismi». Ma è infine vero che non possiamo discostarci dalla unica valutazione che si innesta alla dottrina marxista: che la caduta del centro del capitalismo comporta la caduta di tutto il sistema, mentre la caduta del settore più debole può mantenere in vita il sistema borghese mondiale, dato il metodo moderno di annientamento militare e statale del vinto e della sua riduzione a colonialismo passivo.
Ed è precisamente su questa linea politica che si può impedire che il capitalismo assorba le reazioni che si manifestano alla politica dello stalinismo nel seno del proletariato, e che queste energie possano essere inquadrate nel nuovo organismo che si fonderà sui principi del marxismo rivoluzionario, ridivenendo forza attiva della storia.
1) A questo proposito, e anche rispetto agli acceni precedenti, vedi le lettere che si sono scambiati nel lunglio del 1951 Damen (Onorio) e Bordiga (Alfa), in Appendice II.
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