Il programma comunista

Organo del partito comunista internazionale


 

No 14, 13 Luglio 1974   -  pdf

Nota di rettifica agli articoli « Crisi e rivoluzione » e « Uno scritto di Trotsky (1940). Il problema della direzione »

 

Ne “il programma comunista” nr. 14 del 1974 sono stati pubblicati due articoli: «Crisi e rivoluzione» e «Uno scritto di Trotsky (1940). Il problema della direzione», quest’ultimo preceduto da una Premessa; entrambi sono del tutto fuori linea, ossia molto “trotskisti”.

Non possiamo che rifarci alla rettifica che già abbiamo fatto al n. 57, octobre-décembre 1973, della rivista teorica del partito “programme communiste”, dedicato al «trotskysme” di cui, qui di seguito, riprendiamo i primi brani:

«Questo numero, consacrato ad una critica del «Trotskismo» è stato ritirato dalla distribuzione poco dopo la sua pubblicazione; gli errori che contiene impedivano di sostenere una solida critica del movimento trotskista, facendone un elemento non di chiarezza ma di confusione. Lo mettiamo comunque a disposizione degli internauti indicando ovviamente quali erano questi errori.

«L’errore iniziale consiste nel fare credere che esistesse una teoria, un programma o almeno un orientamento organico e unitario, il «trotskismo storico» che sarebbe esistito nel periodo successivo alle prime attività politiche di Trotsky all’inizio del ventesimo secolo, e che caratterizzerebbero tuttora i diversi gruppi trotskisti.

«In realtà, il «trotskismo» è stata un’invenzione polemica del gruppo dirigente il partito russo e l’Internazionale dopo la morte di Lenin, al fine di screditare le critiche di Trotsky contro la politica seguita tanto sul piano nazionale che internazionale. Bordiga scriveva nell’articolo «La questione Trotsky» (1925), che non si può mettere un segno eguale fra l’attività di Trotsky prima della rivoluzione, che si situava piuttosto a destra, e quella di quel momento nel quale si situava a sinistra, senza tener conto del periodo della rivoluzione e della guerra civile nel quale Trotsky fece mostra della più grande coerenza politica marxista. Se nell’ultimo periodo della sua attività politica, nella lotta contro devastazioni dello stalinismo, Trotsky commise degli errori pesanti, che erano in effetti la forma aggravata dalla pressione di una situazione terribilmente controrivoluzionaria degli errori commessi dall’Internazionale, e non il risultato di un «trotskismo» sui generis. Il metodo utilizzato nel n. 57 della rivista teorica di partito è in netta contraddizione con il metodo materialistico e storico seguito nei diversi testi di partito, come ad esempio nel «Bilan d’une révolution» (Programme Communiste n. 40-41-42, octobre 1967-juin 1968); è la ragione per la quale non solo il metodo utilizzato nel n. 57 non permette di spiegare la traiettoria contraddittoria di un militante «fra i più degni di essere alla testa del partito rivoluzionario» (Bordiga, ibidem) e che è capace di scrivere pagine marxiste anche nei suoi più cattivi testi, ma non permette nemmeno di tirare tutti gli insegnamenti dal quel periodo di sconfitta proletaria e di sfrenata reazione borghese.

«D’altra parte, se vi è chiaramente un legame fra le posizioni sbagliate prese da Trotsky negli anni Trenta e l’abbandono degli orientamenti di classe da parte del movimento trotskista dopo la seconda guerra mondiale, è politicamente errato fare di quest’ultimo il semplice erede del primo; i trotskisti hanno dovuto rompere con Trotsky marxista e rivoluzionario per diventare, sotto la pressione di forze legate alla conservazione sociale, quel che sono irrimediabilmente diventati: dei fiancheggiatori del riformismo controrivoluzionario».

 

Nel primo articolo de “il programnma comunista” n. 14 del 1974, «Crisi e rivoluzione», verso la conclusione, a p. 6 del giornale, ci si riferisce ad un articolo di Trotsky del 1934 (in Nos taches politiques, Parigi 1970, pp. 249-251) commemorando Rosa Luxemburg:  

«Quali spese in forze e abnegazione non hanno fatto, dalla guerra mondiale in poi, le masse lavoratrici di tutti i paesi civili o semicivili. Non se ne può trovare un precedente in tutta la storia dell’umanità. In questa guerra, Rosa Luxemburg aveva perfettamente ragione contro i filistei, i caporali e gli imbecilli del conservatorismo burocratico “incoronati di vittorie”, marcianti dritto per la loro strada. Ma appunto lo spreco di queste energie incommensurabili crea un terreno favorevole alla grande depressione in seno al proletariato [...]. Si può dire senza alcuna esagerazione: la situazione mondiale è determinata dalla crisi di direzione del proletariato. Il campo del movimento operaio è tuttora bloccato dalle possenti macerie delle vecchie organizzazioni bancarottiere. Dopo i sacrifici innumerevoli e le delusioni senza fine, almeno il grosso del proletariato europeo si è ripiegato su se stesso».

A commento di questa citazione, invece di criticare la tesi della “crisi di direzione del proletariato”, nell’articolo è scritto:

«A distanza di quarant’anni, dobbiamo avere il coraggio di dire che, per quanto grande e profonda sia la crisi del mondo capitalistico, non lo è mai quanto la crisi di direzione del movimento proletario: esso non ne investe soltanto “il grosso”, ma la stragrande maggioranza».

Lo stesso errore lo si riscontra anche nel “programme communiste” n. 62, mars-mai 1974, in cui è stato pubblicato l’editoriale “Crise et révolution”, tradotto poi nel “programma comunista” n. 14 del luglio 1974.

 

Nella Premessa al secondo articolo di Trotsky si afferma, dopo aver trascritto alcuni brani di un testo di Trotsky del 1935, intitolato «Rosa Luxemburg e la Quarta Internazionale», che: «Il problema della direzione per noi è aperto, nel senso che essa resta da costruire, anche intendendola solo come nucleo iniziale del nuovo Partito Comunista Mondiale. Ma certo non si contribuisce alla sua soluzione ignorandolo, o scambiando il determinismo col fatalismo»; e dopo aver sciorinato una serie di argomenti che avevano lo scopo di spiegare in che cosa consiste la critica deterministica contro il fatalismo, conclude: «Come lavorare  per coagulare gli elementi essenziali di un partito rivoluzionario, formare i quadri-base, dotati di un vero stile di lavoro comunista e di un preciso orientamento strategico e tattico, immetterli nel vivo delle lotte operaie con chiare rivendicazioni immediate, intermedie e transitorie, farne un punto di riferimento cui gli operai possano guardare con fiducia, sono alcune questioni fondamentali che possono ottenere risposta soltanto previa piena comprensione di tutto il significato, la portata e le implicazioni della “crisi di direzione”».

A questa Premessa si è poi voluto apporre una firma: «La redazione de “il programma comunista”», che instillava nei lettori, e nei compagni, l’idea che il giornale del partito fosse un organo a sé stante e, in questo caso, in contrapposizione a quel che l’organizzazione pensava di se stessa. Come è potuto succedere che nel giornale di partito, normalmente controllato dal Centro, potesse essere pubblicato un testo di questo genere? Sarebbe sciocco rispondere che è stata una “svista”. Le contraddizioni che la lotta politica fa emergere in tutte le situazioni, sono contraddizioni che si formano nelle lotte politiche precedenti e nello sforzo non solo di chiarire sempre meglio la linea politica da seguire in ogni situazione, ma anche di attuarla nelle situazioni che cambiano a causa di rapporti di forza che si modificano. Le stesse esperienze che i militanti si portano appresso quando raggiungono il partito, e vi aderiscono, sono esperienze non solo concettuali, ideali, ma anche pratiche, concrete, che costituiscono un peso, un “precedente”, spesso nascosto, non sempre controllabile o superabile. Sono queste contraddizioni che hanno giocato a favore delle linee sbagliate che hanno imboccato i compagni che nel 1972 scrissero e stamparono il n. 57 di “programme communiste”, e che nel 1974 pubblicarono (tra l’altro approfittando della temporanea assenza dei compagni del Centro) questi articoli prendendo gli scritti di Trotsky del 1934 e del 1940 assumendoli come punti di riferimento per un “Partito comunista mondiale” di cui si intendeva proporsi come una delle “componenti” per un partito ancora da costituire! 

Il partito, nato si basi programmatiche omogenee nel 1952, riconfermate dal lavoro di restaurazione della dottrina marxista e del bilancio della controrivoluzione che nessun altro gruppo politico e nemmeno il grande Trotsky ebbero la forza, la possibilità e la capacità di fare, veniva in questo modo cancellato con una brutale frase concepita intorno ad un concetto – la “crisi di direzione” – di cui il proletariato mondiale soffrirebbe per colpa... del partito che non c’è. Alla faccia del determinismo! Nello scritto di Trotsky del 1934, ma pubblicato nel 1935, richiamato in quella Premessa, si afferma: «Si può dire senza alcuna esagerazione: la situazione mondiale è determinata dalla crisi di direzione del proletariato». Come dire che nei dieci anni in cui il movimento rivoluzionario proletario è stato tragicamente deviato, per poi scomparire, a livello mondiale (tra il 1925 e il 1935, nonostante i sussulti del 1927 in Cina e in Gran Bretagna) mentre le forze dell’imperialismo vincevano pesantemente in Europa e nel mondo, sia attraverso il fascismo che attraverso la democrazia e la collaborazione dello stalinismo e della vecchia socialdemocrazia, questo stesso movimento proletario internazionale avrebbe potuto conoscere un diverso sbocco se fosse stato costruito un partito comunista mondiale “ben diretto”, e si sarebbe magari potuto evitare il corso degenerativo in cui precipitò l’Internazionale Comunista, intrappolando il proletariato mondiale nelle maglie del socialsciovinismo e del socialpattriottismo colorato di antifascismo, costruendone una “Quarta”, come tentò di fare appunto Trotsky. Come dire che i fattori materiali che insistono oggettivamente sulla lotta di classe – siano essi di carattere economico, sociale, politico, ideologico, militare – possono essere dominati e piegati a favore della rivoluzione proletaria grazie alla sola direzione rivoluzionaria del proletariato (cioè grazie ad un partito tutto da costruire...), dunque aldilà della situazione reale del movimento proletario, della sua effettiva capacità di reagire o meno con mezzi e metodi di classe, aldilà dell’azione e della pressione degli imperialismi, e della sua effettiva spinta a reagire e a rifiutare, o meno, l’influenza e l’organizzazione da parte delle forze dell’opportunismo. Insomma, come dire che il proletariato è tendenzialmente sempre pronto a imboccare la via della lotta rivoluzionaria... basta che ci sia un partito comunista mondiale non in crisi!  

Inutile dire che i sostenitori di questa concezione, usciti dal partito, tornarono sulle loro antiche posizioni trotskiste per poi perdersi chi nel ripiegamento alla vita individuale, chi infilandosi, con ambizioni democratico-parlamentari, nel baraccone demoproletario e rifondarolo.

 

(aggiornato al 25.08.2022)

 

 

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