A proposito del mito del Sessantotto studentesco

«il comunista»; N° 109; Luglio 2008)

 

 E’ indiscutibile che il Sessantotto abbia preso un significato soprattutto studentesco, anche se non sono mancate le lotte degli operai, in Francia in particolare e in Italia dove però gli operai si mossero l’anno dopo nel famoso «autunno caldo».

All’epoca ci furono, ovviamente anche nel nostro partito, discussioni sull’interpretazione dei movimenti studenteschi che si mobilitavano non solo per una «nuova scuola», contro la guerra nel Vietnam ecc., ma anche per l’unione dei loro movimenti con il movimento operaio. Era però necessario sgombrare il campo dalla falsa teoria di base, e cioè quella che definiva gli studenti come «classe» a se stante. Questo compito se lo prese Amadeo Bordiga (e fu l’ultimo suo contributo scritto che potè dare al giornale di partito, dato che la malattia di cui soffriva non gli permise più di scrivere fino alla morte sopravvenuta nel 1970) il quale stese un testo pubblicato nel maggio 1968 con il titolo «Nota elementare sugli studenti ed il marxismo autentico di sinistra» (1).

Questo testo non aveva la pretesa di fissare in un corpo di tesi l’interpretazione dei movimenti del Sessantotto e i loro successivi sviluppi, in buona parte prevedibili già all’epoca. Tese però a ristabilire il quadro teorico e storico nel quale collocare i nuovi movimenti studenteschi e, soprattutto, ristabilire, di fronte alla rinnovata aggressione al marxismo autentico, la critica di classe ai movimenti di carattere piccoloborghese, esprimenti il disagio delle mezze classi sospinte dalla crisi capitalistica ad agitare le propie emozioni e le proprie paure. E’, infatti, una semplice «nota elementare», ma tanto più necessaria quanto più il chiassoso turbinìo di «nuove teorie» di cui si voleva una derivazione «marxista» ma con la pretesa di portare aggiornamenti, riempiva le piazze e influenzava il proletariato, ma, soprattutto, pretendeva di sostituirsi alla teoria marxista della rivoluzione proletaria.

Non cambia per noi la priorità: dal punto di vista dell’impostazione teorica, le classi della società borghese, riprendendo Marx, sono tre: la classe borghese degli imprenditori, la classe dei proprietari fondiari e la classe del proletariato. Ogni classe ha interessi storici specifici da difendere e perciò può sviluppare capacità storica di diventare e di essere classe dominante. Nell’evoluzione della società borghese, la classe degli imprenditori e la classe dei proprietari fondiari formano la classe borghese dominante. Le mezze classi, come la piccola borghesia, dipendono dal comportamento sociale delle classi protagoniste di storia; perciò oscillano, a seconda dei modificati rapporti di forza fra le due classi principali, la borghesia e il proletariato, da una all’altra, alla ricerca continua  di una stabilità economica e sociale e di un «ruolo» da svolgere; solitamente il ruolo è quello di ruffiana e di forza conservatrice e reazionaria.

Va detto che questo testo fu accolto dal partito, in generale, come un necessario intervento per delimitare con chiarezza i contorni sociali e storici delle classi e per criticare con la dovuta determinazione la pretesa aggiornatrice dei «nuovi teorici» di un marxismo mal compreso e mal digerito. D’altra parte, non era la prima volta che si doveva combattere un’ondata revisionista della teoria marxista. Ciclicamente, il proletariato viene aggredito da nuove teorie che pretendono di «scoprire» nuove classi: la burocrazia, gli studenti, gli intellettuali. 

Successivamente, compagni che aderirono al partito dal 1968 in poi grazie alle posizioni ingransigenti da esso sempre difese (e quindi grazie anche all’apporto di questo testo sugli studenti), strada facendo - nella frenesia attivista e movimentista che influenzò una parte del partito sia in conseguenza dello sviluppo dei movimenti originati nel Sessantotto sia in conseguenza della crisi mondiale del capitalismo del 1973-75 -  giunsero a staccarsi dal vincolo imposto dall’intransigente difesa della teoria e della prassi marxiste, e cominciarono ad avanzare critiche sempre più forti a quello che nella crisi del partito del 1982-84 fu chiamato «vizio d’origine della sinistra marxista italiana», ossia il non saper... fare politica; dove per «politica» si intendevano quelle posizioni e quelle pratiche che non derivavano obbligatoriamente dal programma comunista rivoluzionario in un nesso coerente e vincolante, ma dalla valutazione delle situazioni che di volta in volta si presentavano e che avrebbero dovuto essere affrontate con l’obiettivo di ottenerne vantaggi immediati in termini di «influenza politica», «notorietà di partito», «sviluppi numerici dell’organizzazione».

La «Nota elementare» che andiamo a ripubblicare, riafferma la posizione marxista sull’antagonismo di classe fra borghesia e proletariato come antagonismo fondamentale della società capitalistica; riafferma la necessità di continuare a dare battaglia contro ogni tentativo da parte opportunista, riformista o revisionista che sia, di cancellare i confini di classe tra proletariato e borghesia, di avvicinare il destino delle classi attraverso una artificiale moltiplicazione delle classi sociali elevando strati di piccola borghesia e categorie professionali al rango di classi storiche, confondendole tutte, alla fin fine, nello strafamoso e stramaledetto «popolo» in nome del quale le classi dominanti borghesi di ogni paese hanno sempre sistematicamente ingannato e fottuto il proletariato.

Ripubblichiamo, dunque, qui di seguito il testo di Amadeo  in modo che anche i più giovani lettori possano averlo a disposizione, senza dimenticare che il partito, in una sua riunione generale, tenuta nel maggio del 1978, tornò sul tema presentando uno studio approfondito del Sessantotto e dei suoi inevitabili sviluppi (2).

 


 

(1) Pubblicato nell’allora giornale di partito,  «il programma comunista» n.8, 1-15 maggio 1968.

(2) Si tratta della Riunione generale del 20-21 maggio 1978, di Milano, il cui resoconto scritto è stato pubblicato nei nn. 19, 20, 21, 22 e 23 del 1978 de «il programma comunista». Il titolo era: La misera fine dei miti sessantotteschi del supercapitalismo pianificato e della rivoluzione culturale, interclassista e apartitica, riconferma l’integrale programma della rivoluzione di Marx e di Lenin.

 

 

Partito comunista internazionale

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