Massacro di Tolosa

Il nemico pubblico n.1 è il capitalismo!

(«il comunista»; N° 125; maggio 2012)

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Gli assassinati di Tolosa e Montauban sono serviti immediatamente ad una campagna di unione nazionale per la quale i grandi partiti (ad eccezione del Front de Gauche) hanno interrotto momentaneamente la loro campagna elettorale. Di sinistra, di centro o di destra, ecologisti o di estrema destra, questi partiti, i cui rappresentanti hanno partecipato insieme alla cerimonia ufficiale in memoria dei militari caduti sotto i colpi di Merah, hanno voluto così dimostrtare che i loro disaccordi politici erano secondari e che essi appartengono tutti quanti, in realtà, al partito unico della democrazia, cioè della difesa dell’ordine stabilito.

Preziosa confessione nel momento in cui tutta la potenza dei media borghesi è attivata per far credere ai proletari che devono prendere sul serio la mascherata elettorale e che tutto dipende dal loro voto!

Se il Front de  Gauche ha avuto l’abilità di non partecipare ufficialmente al grande spettacolo di questa unione nazionale, è in realtà sulla stessa linea come testimonia, oltre al suo orientamento nazionalista apertamente pubblicizzato, la reazione del suo principale componente, il PCF, dopo la morte dell’assassino dopo l’assalto dei poliziotti: “L’essenziale è che ora il paese si unisca per rigettare i discorsi d’odio, le xenofobie, le stigmatizzazioni. La democrazia deve mostrarsi più forte e il dibattito nazionale deve riprendere i suoi diritti” (1).

Nessuno si stupirà di ritrovare esattamente la stessa posizione presso i trotskisti “lambertisti” del POI (ex Partito dei Lavoratori), che, in un comunicato dopo il massacro davanti alla scuola ebraica affermavano: “Ogni inseguimento dell’escalation, sul terreno dello spirito di appartenenza ad una comunità chiusa, minaccia [sic!] tutte le componenti della società, l’unità della repubblica e la democrazia stessa” (2).

La democrazia borghese non è, secondo il marxismo, che una forma della dittatura della borghesia, nei periodi di prosperità economica e di sviluppo del capitalismo essa serve a camiffare questa dittatura e ad ottenere per la via dolce il consenso dei proletari alla loro situazione di sfruttati. Ma anche in questi periodi, la violenza sociale inerente ai rapporti di produzione capitalisti, che si manifesta con più evidenza nelle guerre e negli interventi miliatri che accompagnano inevitabilmente la vita del capitalismo, si traduce necessariamente in atti di violenza, più o meno cieca e senza spiegazioni apparenti, da parte di individui, soprattutto di quelli che fanno parte della classe schiacciata e oppressa. La presenza della polizia, e il suo costante rafforzamento da anni, testimonio della violenza potenziale  che si va accumulando nel seno della società capitalista e che scoppia alle volte in moti che se la prendono con obiettivi o simboli più o meno chiari dell’oppressione, alle volte in atti da desesperados facilmente utilizzabili dalle forze della conservazione sociale.

E’ quest’ultimo caso che abbiamo visto a Tolosa. L’omicida faceva chiaramente parte dei diseredati ai quali la società capitalista non offre che un avvenire di miseria e di insicurezza, una vita senza avvenire in cui la sopravvivenza passa attraverso la delinquenza (3). In assenza di una forza di classe che lotti effettivamente contro questa società, la rabbia di questi elementi può perfettamete essere recuperata al servizio dell’ordine capitalistico. Se Merah fosse stato ingaggiato dalla Legione Straniera, come sembra ne avesse l’intenzione, avrebbe potuto andare tranquillamente a massacrare oltre-mare e finire per essere celebrato come un eroe, come lo sono stati i militari di ritorno dall’Afghanistan che lui ha ucciso.

Lui ha seguito un’altra via, ma, dal punto di vista proletario, del tutto reazionaria e suicida. La lotta contro gli interventi militari imperialisti non si può fare attraverso assassini individuali di militari o di bambini in nome di una solidarietà religiosa! Merah ha in effetti preparato il massacro in nome di una reazionaria guerra di religione, in cui gli sfruttati sono uniti ai loro sfruttatori. E commettendolo in Francia e non in un lontano “terreno d’operazione” in Africa o in Asia, è diventato, finché non è stato abbattuto, il “nemico pubblico n. 1” denunciato da tutti i mezzi di comunicazione.

Ma il nemico pubblico n. 1 dei proletari e delle masse oppresse di Francia e del mondo, è il capitalismo! E’ il capitalismo che uccide, che massacra, che affama decine di milioni di esseri umani non solo nelle guerre incessanti ma anche nella fame e nella miseria che esse provocano continuamente. Di quante decine e decina di migliaia di morti nelle guerre coloniali succedutesi per sessant’anni, è responsabile l’Esercito francese che i candidati alle prossime elezioni sono andati a salutare a ranghi serrati a Montauban? Quanti giovani dei quartieri popolari sono caduti nel corso di questi ultimi anni sotto i colpi della polizia di cui i candidati alle prossime elezioni si sono felicitati per la sua “efficacia”?

E se vogliamo restare nell’ambito dello sfruttamento capitalistico “normale”, quest’ultimo leva più di 6 anni di vita ad un operaio rispetto ad un quadro d’azienda (per gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, esaurimento ecc.), secondo uno studio dell’INSEE apparso nell’ottobre scorso.

Gli assassinati di Tolosa cadono a pennello per rafforzare ulteriormente l’inquadrameto poliziesco e “sicuritario” della società, cioè per pesare ancor di più sui proletari, e nello stesso tempo per aumentare la divisione fra di loro attizzando la xenofobia e il razzismo. Ma l’aggravarsi delle tensioni sociali rende quasi inevitabile la ripetizione di fatti del genere, fino a quando il proletariato trova la forza di scendere in lotta contro il suo sfruttamento. Allora comincerà la sola guerra che valga la pena combattere, la sola guerra che potrà finirla con tutte le guerre, tutte le ingiustizi e tutti i massacri: la guerra sociale contro il capitalismo, vero nemico della specie umana.

 


 

(1) Vedi il comunicato del PCF in: www.pcf.fr/21383

(2) Vedi il comunicato del POI in: www.parti-ouvrier-independent.com/spip/spip.php?article1343

(3) Uno dei suoi amici, arabo come lui, afferma: «Nessuno può giustificare ciò che ha fatto, ma lui è un prodotto della società francese, del sentimento di non avere alcuna speranza e di non avere nulla da perdere. Non è Al Quaeda che ha creato Mohamed Merah, è la Francia. I nostri passaporti possono dire che noi siamo francesi, ma noi non ci sentiamo francesi perché non siamo mai accettati qui», cfr International Herald Tribune, 30/3/2012.

I proletari non hanno patria e non hanno da perdere che le loro catene, diceva il Manifesto di Marx-Engels; ma per liberarsi da queste catene, aggiungeva, essi devono costituirsi in partito di classe, rovesciare la borghesia e instaurare il loro potere dittatoriale allo scopo di sradicare il capitalismo.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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