La certezza del comunismo, su che cosa si fonda?

(«il comunista»; N° 129; febbraio-aprile 2013)

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"Se per l’incalzante rivoluzione del modo di distribuzione dei prodotti del lavoro insieme coi suoi stridenti contrasti di miseria e di lusso, di fame di crapula, noi non avessimo migliore certezza della coscienza che questo modo di distribuzione è ingiusto e che pure il diritto debba finalmente un giorno trionfare, ci ritroveremmo molto a mal partito; e avremmo voglia di aspettare!

I mistici medievali che sognavano l’approssimarsi del regno millenario avevano già coscienza dell’ingiustizia delle antitesi di classe. Sulla soglia della storia moderna, 350 anni fa, Tommaso Munzer leva alta la voce nel mondo: nella rivoluzione borghese britannica e francese lo stesso grido risuona e si estingue. Se ora lo stesso appello per l’abolizione delle antitesi e dei privilegi di classe, che fino al 1830 lasciava fredde le masse lavoratrici e sofferenti, trova un’eco ripetuta un milione di volte; se conquista una nazione dopo l’altra, e veramente nella stessa successione e con la stessa intensità con cui nei singoli Paesi si svolge la grande industria; se nello spazio di una generazione ha conquistato un potere tale che può sfidare tutti gli altri poteri uniti contro di esso e può essere sicuro della vittoria in un prossimo avvenire – donde deriva ciò?

Da questo: che la grande industria moderna ha creato da una parte, nel proletariato, una classe che per la prima volta nella storia può avanzare la pretesa dell’abolizione non di questa o quella speciale organizzazione di classe, non di questo o quello speciale privilegio di classe, ma delle classi in generale, ed è posta nella condizione di dover espletare questo compito sotto pena di inabissarsi nello stato del coolie cinese; e dall’altra parte, nella borghesia, una classe che possiede il monopolio di tutti gli strumenti di produzione e di tutti i mezzi di esistenza, ma che in ogni periodo di vertiginosa speculazione e in ogni crisi ad essa susseguente mostra di essere divenuta incapace a dominare ulteriormente le forze produttive evocate dalla sua violenza; una classe sotto la cui direzione la società corre incontro alla rovina come una locomotiva di cui il macchinista non abbia la forza di aprire le valvole di sicurezza troppo fortemente chiuse.

In altri termini, deriva dal fatto che  non solo le forze produttive generate dal moderno sistema capitalistico di produzione, ma anche il sistema di distribuzione dei beni da esso creati, si trovano in stridente contrasto con quello stesso modo di produzione, e in tal grado che deve accadere nei modi di produzione e di distribuzione una rivoluzione che sopprima tutte le differenze di classe, se non vuole perire tutta la società moderna.

Su questo fatto evidente, materiale, che s’impone alle menti degli sfruttati proletari con irresistibile necessità sebbene in forma più o meno chiara, su questo fatto e non sulle concezioni di questo o quello studioso del giusto e dell’ingiusto, si fonda la certezza di vittoria del socialismo moderno."

 

(Engels, Antiduhring, 1878)

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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