La donna e il socialismo (6)

Di August Bebel

La donna nel passato, nel presente e nell’avvenire

(«il comunista»; N° 132; ottobre 2013)

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(continua dal n. 129)

 

 

II. La donna nel presente

 

 

LA PROSTITUZIONE È UNA ISTITUZIONE SOCIALE NECESSARIA ALLA BORGHESIA

 

Se il matrimonio rappresenta un lato della vita sessuale della società borghese, la prostituzione ne rappresenta un’altro.

Il matrimonio è il diritto della medaglia, la prostituzione ne è il rovescio. Gli uomini che non trovano soddisfazione nel matrimonio, si gettano in braccio alla prostituzione. Chi per qualche ragione deve rinunziare al matrimonio, cerca generalmente di appagare i suoi istinti nella prostituzione. Le condizioni per il soddisfacimento di cotesti istinti sono incomparabilmente più favorevoli per gli uomini che, volenti o nolenti, vivono nel celibato, o ai quali il matrimonio non dà quanto prometteva, che non lo siano per le donne.

Gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno considerato l’uso della prostituzione come un privilegio a loro spettante per diritto.

E sono quegli stessi uomini che vigilano severamente e più severamente condannano tutte le donne, che, vivendo fuori della sfera delle prostitute, commettono una colpa. Le donne hanno gli stessi istinti dell’uomo, ed anzi in certe epoche della vita (quella dei corsi ad esempio), cotesti istinti si fanno sentire in esse con maggiore violenza. Ma di ciò gli uomini non si preoccupano. Abusando della loro condizione di padroni le costringono a soffocare i loro più gagliardi istinti e fanno dipendere dalla loro castità la reputazione sociale e il matrimonio. Non può esprimersi in modo più drastico e ributtante la dipendenza della donna dall’uomo, che mediante queste diversità di concetti e di giudizi intorno alla soddisfazione di uno stesso e medesimo istinto, a seconda del sesso.

Per il celibe le condizioni sono in modo particolare favorevoli. La natura non fa che segnalare nella donna la conseguenza dell’atto generativo, l’uomo oltre il piacere, non ha nè pene nè corre alcun rischio.

Questa posizione vantaggiosa di fronte alla donna ha causato nel corso della evoluzione quella dissolutezza nelle esigenze sessuali per cui si distingue una parte notevole degli uomini. E poichè ci sono mille cause che impediscono la forma legittima del soddisfacimento del bisogno sessuale, o lo fanno raggiungere solo in parte, ne consegue il sistema di appagare i sensi in forme e per vie non naturali.

La prostituzione diventa quindi un’istituzione sociale necessaria alla società borghese com’è necessaria la polizia e l’esercito stanziale, la chiesa, gli imprenditori. ecc.

Dimostreremo come non abbiamo esagerato. Abbiamo già esposto come l’antichità greca e romana considerasse la prostituzione, come la ritenesse necessaria e la organizasse. Abbiamo pure esposto quali concetti ne ebbe il medio evo cristiano. Anche Sant’Agostino, che dopo S. Paolo è la colonna più salda del cristianesimo, anche Sant’Agostino che pur predicava l’ascetismo, non potè astenersi dall’esclamare: “Sopprimete le meretrici, e la violenza delle passioni metterà tutto a soqquadro”.

Anche il Concilio eclesiastico Provinciale di Milano del 1665 si espresse nello stesso senso.

Udiamo ora ciò che dicono i moderni. Il Dott. F. S. Hügel nella sua “Storia, statistica e regolamenti della prostituzione in Vienna” dichiara: “Il progresso della civiltà dà alla prostituzione forme meno ributtanti; ma la prostituzione non sparirà che collo sparire del mondo”. Con ciò certamente è detto molto, ma è certo anche, che deve consentire col D. Hügel soltanto chi non sa riflettere sull’avvenire della forma borghese della società; chi non sa quale trasformazione cotesta società deve proporsi, per raggiungere uno stato normale e sano.

Perciò anche il D. Wichern, il pio noto direttore della Casa Rauhen di Amburgo, è d’accordo col Dottor Patton di Lyon, col D. William Tait di Edimburgo e col D. Parent-Duchatelet di Parigi, celeberrimo per gli studi sulla prostituzione e sulle malattie degli organi sessuali, nel dichiarare: “La prostituzione non si può estirpare, perchè è intimamente legata alle istituzioni sociali”, e tutti invocano che venga regolata dallo Stato.

Nessuno di cotesti signori pensa che si debbano cambiare le istituzioni sociali, se sono esse la causa della prostituzione, perchè la loro deficienza di studi economici e i preconcetti derivanti dalla loro posizione sociale, fanno parere loro impossibile tale mutamento. Il “Giornale ebdomadario di medicina” che si pubblica a Vienna, dell’anno 1863, N. 35, domanda: Che altro rimane al gran numero di celibatari, volenti o nolenti, per soddisfare il bisogno naturale, fuorchè il frutto proibito di Venere Pandemia?” e conchiude: “se la prostituzione è una necessità, ha diritto alla esistenza, alla protezione e all’impunità da parte dello Stato”, e il D. Hügel si dichiara su questo punto perfettamente d’accordo.

Il medico di polizia di Lipsia Dottor I. Kühn nel suo libro: “La prostituzione nel secolo XIX, dal punto di vista della polizia sanitaria” si esprime così: “La prostituzione non è solamente un male tollerabile, ma necessario; perchè protegge la donna dalla infedeltà (che soltanto gli uomini hanno diritto di commettere A. B.) e la virtù (intendi, la virtù femminile, perchè gli uomini non sentono il bisogno di averne A. B.) dagli insulti (sic) e dalle insidie”. Come si vede, le poche parole ora citate del D. Kühn caratterizzano luminosamente il crasso egoismo degli uomini. E’ questo il punto di vista di un medico della polizia, il quale, per salvare l’umanità da dolorose malattie, si sacrifica alla vigilanza della prostituzione. Nello stesso senso si esprime il dottor Eckstein che successe al dottor Kühn nella carica di medico della polizia a Lipsia nel dodicesimo giorno della fondazione della società fra proprietari di case e di fondi urbani avvenuta nella estate del 1890 a Magdeburgo. Gli onesti possessori di case volevano sapere come potessero tenere in freno molte meretrici che abitavano nelle loro case. Il dottor Eckstein insegnò del pari che la prostituzione è un male necessario e che nessun popolo e nessun culto ne furono senza.

Uno speciale interesse presenta il D. Fock, il quale in un articolo del “Giornale trimestrale per la tutela della pubblica igiene” Volume 20°, fasc. 1°, sotto il titolo “La prostituzione nei riguardi etici e sanitari” considera la prostituzione come “un corollario inevitabile delle nostre istituzioni civili”. Egli teme un eccesso di produzione se tutti gli uomini atti a generare si maritano, quindi ritiene importante di regolare la prostituzione con leggi dello Stato. Egli trova naturalissimo che lo Stato vigili e disciplini la prostituzione, e si prenda la cura di provvedere delle meretrici non infette da sifilide. Egli si pronuncia per la vigilanza più severa “su tutte le donne segnalate per vita licenziosa”. Anche delle ricche? Naturalmente egli non pensa ad invigilare anche sugli uomini che mantengono le prostitute e rendono possibile la loro esistenza. Inoltre il D. Fock esige una tassa sulle prostitute e l’accentramento della prostituzione in vie e in quartieri speciali.

Perchè non si potrebbe riorganizzare anche la prostituzione in un’epoca come la nostra in cui è prevalente la tendenza all’associazione? Era quindi esagerata la nostra affermazione che la prostituzione è oggidì una istituzione sociale necessaria, come la polizia, come gli eserciti permanenti, come la chiesa, come gl’imprenditori ecc.?

In Germania la prostituzione non è permessa, organizzata e invigilata dallo Stato come in Francia: vi è tollerata soltanto.

I postriboli ufficiali dov’erano vennero chiusi e soppressi mediante deliberazioni del Consiglio federale. Per conseguenza nella seconda metà del 1870 furono presentate al Reichstag molte petizioni, in cui si invocava il permesso di riaprire i postriboli, perchè il vizio infieriva tanto più sfrenatamente, recando come conseguenza un aumento spaventoso delle malattie sifilitiche.

Una commissione parlamentare incaricata di studiare e riferire sulla quistione, della quale commissione facevano parte anche dei medici, deliberò di passare le petizioni al Cancelliere dell’impero affinchè le prendesse in considerazione, per il motivo che il divieto dei postriboli produceva degli effetti pericolosi per la morale e la salute della società e specialmente della vita domestica.

Queste prove possono bastare. Esse confermano che anche per la società moderna, l’abolizione della prostituzione è una sfinge, il cui enigma essa non riesce a spiegare, ritenendo una necessità il tollerarla e invigilarla per mezzo dello Stato, per evitare mali maggiori. La nostra Società, che va tanto superba della sua moralità, della religiosità, della sua civiltà e della sua cultura, deve quindi permettere che la scostumatezza e la corruzione rovinino il suo corpo come un lento veleno. Ma da ciò qualche altra considerazione si ricava. Ed è questa: lo Stato cristiano dichiara ufficialmente, che la presente forma del matrimonio non è soddisfaciente, e che l’uomo ha il diritto di procurarsi un soddisfacimento illegittimo del suo istinto sessuale. La donna non maritata non conta nello Stato come individuo se non in quanto essa si abbandona alle voglie illegittime dell’uomo, in quanto, cioè, essa si prostituisce. E la vigilanza esercitata dagli organi dello Stato sulla prostituzione non concerne anche l’uomo che va in cerca delle prostitute, (ciò che pure sarebbe ragionevole, se il controllo medico dovesse avere significato ed ottenere qualche successo), mentre l’eguale applicazione della legge ai due sessi come atto di giustizia non può essere nemmeno accennata, ma colpisce soltanto la donna.

Codesta protezione dell’uomo rispetto alla donna per mezzo dello Stato indica la vera natura dei rapporti tra i due sessi; sembra che il sesso più debole siano gli uomini, e il sesso più forte le donne; pare che la donna sia la seduttrice, e l’uomo, il povero e debole maschio, il sedotto.

Il mito della seduzione fra Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre continua ad agire ed influire sulle idee e sulle leggi nostre e dà ragione al cristianesimo: “La donna è la grande seduttrice, il vaso del peccato”. Che gli uomini non si vergognino di questa parte indegna e malinconica che si fa loro rappresentare! Egli è certo che gli uomini si adattano e compiacciono di fare la parte del “debole” e del “sedotto” senza nemmeno protestare allorquando questa seduzione li tocca da vicino nel modo più evidente e si estrinseca in un fatto serio.

Ciò è dimostrato dagli avvenimenti occorsi nella ricorrenza della festa di tiro a segno nell’estate del 1890 a Berlino, avvenimenti che alla fine porsero occasione a 2300 donne di sfogarsi in una petizione al primo borgomastro della capitale dell’impero: “Permette, di grazia Ill. Signore” – dicono nella petizione – che noi del tiro federale tenuto questo anno a Pankow dal 6 al 13 Luglio rammentiamo quello che fu divulgato nelle provincie mediante le relazioni della stampa e di altre comunicazioni su cotesta festa. Le notizie che abbiamo apprese con rammarico e sdegno si riferiscono fra altro agli spettacoli di quella festa: “Primo araldo tedesco, il più insigne cantante del mondo”. “Cento signore e quaranta signori”. Inoltre piccole baracche (Tingeltangel) e bersagli, dai quali delle donne eccessivamente sfacciate si gettavano sugli uomini. Inoltre dei “concerti molto liberi” di cui le Kellerine assai poco vestite invitano impudentemente e sfacciatamente con un sorriso seduttore lo studente di ginnasio, il padre di famiglia, il giovane e l’uomo maturo al riposo riparatore.... Però la “Signora” seminuda che invita alle visite nei “Segreti di Amburgo o una notte in S. Paulo” avrebbe potuto essere ben a ragione messa da una parte per ragioni di polizia. E allora un grido d’orrore (ciò che gli ingenui e le ingenue provinciali riescono appena a concepire trattandosi della capitale dell’impero), e il dir della gente: Che la Direzione delle feste avrebbe dovuto permetterle di impiegare come cantiniere molte ragazze senza paga in luogo dei camerieri....

“Noi donne tedesche come spose, madri e sorelle abbiamo tante occasioni di mandare i nostri mariti, figli, figlie e fratelli a Berlino a servizio della patria, e quindi preghiamo umili e fiduciose la S. V., affinchè valendosi della sua grande autorità ed influenza, quale primo magistrato della capitale, voglia ordinare un’inchiesta sopra simili indegnità, ovvero emanare quelle disposizioni che la S. V. riterrà più adatte allo scopo e tali che non facciano in verun caso temere il ritorno di quelle orgie, e specialmente anche in occasione della festa commemorativa della vittoria di Sedan, che è imminente.... (!!!)”.

L’idea della società che lo Stato debba invigilare sulla prostituzione, per preservar gli uomini dalle malattie, ingenera naturalmente in essi la credenza, di essere garantiti per sempre da qualsiasi contagio, e questa opinione favorisce la prostituzione in grande estensione. Se ne ha una prova in ciò che dovunque la Polizia agì con maggiore rigore contro le prostitute non iscritte, il numero delle malattie sifilitiche aumentò notevolmente, e gli uomini divennero più scapati ed incauti.

E’ fuor di dubbio che nè l’erezione di istituti di prostituzione controllati dalla polizia, (case di tolleranza, bordelli) nè il controllo ordinato poliziescamente e la visita medica non dà pure una qualche sicurezza e garanzia contro il contagio venereo. Anzitutto la natura di codesta malattia è spesso tale che non si lascia sempre riconoscere facilmente; in secondo luogo essa richiede molte visite ogni giorno, anche quando tale sicurezza ci sia. Ora codeste visite ed esami così frequenti e ripetuti costando danari non sono alla portata delle donne, delle quali stiamo trattando. Dove debbono sbrigarsi dalle 50 alle 60 prostitute in un’ora, la visita non è che una farsa, e il numero d’una o due visite alla settimana è del tutto insufficiente.

Ma poi il successo di questa precauzione naufraga per ciò che gli uomini, i quali comunicano il germe della malattia da una donna all’altra, non sono punto molestati. Una prostituta, che al momento della visita è trovata immune, viene contaminata in quella stessa ora da un uomo affetto da male venereo, e comunica a una schiera di clienti il germe del contagio fino al giorno della visita, ovvero fino al dì in cui s’accorge di essere malata. Quindi il controllo non è soltanto illusorio; ma riesce a questo, che le visite obbligatorie per opera di medici maschi invece che per opera di donne, offendono e feriscono il senso del pudore, anzi lo sopprimono. E’ questo un fenomeno che fu constatato da molti dei medici incaricati di esercitare il controllo sulle prostitute; le quali poi fanno ogni sforzo per sottrarvisi. Un altro effetto di codeste disposizioni poliziesche è questo, che più che difficile è reso assolutamente impossibile alla prostituta di ritornare ad un onesto lavoro. Una donna che è caduta sotto il controllo della polizia, è perduta per la società; il più delle volte essa in pochi anni si riduce a completa miseria. Quanto poco giovi il controllo della polizia è dimostrato da un esempio parlante desunto dall’Inghilterra. Ivi nel 1866 fu emanata una legge che rifletteva i luoghi dove le truppe di terra o di mare tenevano guarnigione. Ora durante il periodo dal 1860 al 1866, cioè prima della legge, i casi meno gravi di sifilide erano discesi da 32,68% a 24,73%, e dopo 6 anni dalla promulgazione della legge e cioè nel 1872 il numero dei malati era ancora di 24,26%; e cioè nemmeno di 1/2 % più basso di quello del 1866; mentre poi la media di 6 anni (1866-1872) era più elevata di 1/16 % in confronto di quella del 1866. Perciò una commissione d’inchiesta, nominata espressamente nel 1873 per indagare e studiare gli effetti della legge, conchiuse concordemente col dire: “che le visite periodiche a quelle femmine che usano casualmente col personale dell’esercito e della flotta non hanno determinato la più piccola diminuzione nei casi di malattia” e raccomandò l’abolizione delle visite periodiche. Senonchè le visite a cui erano sottoposte le donne produssero su queste effetti ben diversi da quelli prodotti sulle truppe; nel 1866 sopra 1000 prostitute vi furono 121 casi di malattia; nel 1868, quando cioè la legge era in vigore da due anni, le malattie salirono a 202, scemarono poi a poco a poco, ma il numero dei casi di malattia nel 1874 sorpassava quella del 1866 ancora di 16.

I casi di morte delle prostitute crebbero poi sotto l’impero di codesta legge in misura spaventosa. Nel 1865 su 1000 ne morirono 9,8; nel 1874 ne morirono 23 su mille. Il Governo inglese verso la fine del 1860 tentò di estendere la legge, che rendeva obbligatoria la visita, a tutte le città inglesi; ma tutto il mondo femminile dell’Inghilterra gli si ribellò levandosi a rumore. Si considerava la legge come un’offesa a tutto il sesso; ed a ragione. L’Habeas Corpus, quella legge fondamentale che protegge il cittadino inglese dagli arbitrii polizieschi, sarebbe stata abolita per le donne, se quel tentativo fosse riuscito; ad ogni funzionario di polizia rozzo, vendicativo o spinto da altri più bassi impulsi, sarebbe stato permesso di insultare la donna più onesta, per il solo sospetto che essa sia una prostituta, mentre la scostumatezza degli uomini non solo non sarebbe stata molestata, ma avrebbe trovato nella legge protezione ed alimento.

Sebbene l’interessamento dimostrato dalle donne inglesi perchè il loro sesso venisse rispettato, le esponesse facilmente alla sinistra interpretazione e alle sprezzanti osservazioni di uomini e donne dal corto intelletto, non si trattennero dal ribellarsi con grande energia contro la introduzione di questa legge che veniva a degradarle. Nei giornali e negli opuscoli, uomini e donne illustrarono il prò ed il contro; se ne parlò in Parlamento, e infine si riuscì ad impedire la estensione della legge, che poi più tardi venne abolita.

La polizia tedesca possiede ovunque un tale potere, ed i casi di Berlino, Lipsia e di altri luoghi caduti nel dominio del pubblico dimostrano che l’abuso o i “malintesi” nell’esercizio di questo potere sono facilissimi, senza che fra noi una opposizione energica protesti contro simili enormità.

Dice bene la signora Guillaume-Schack a proposito di queste “cautele protettrici” dello Stato a favore degli uomini: “A che insegniamo ai nostri figli di stimare le virtù e la costumatezza, se lo Stato dichiara la scostumatezza un male necessario? Se lo Stato al giovane che non è ancora giunto a maturità, a trastullo delle sue passioni, presenta la donna bollata dall’autorità come una merce?

L’uomo malato e infetto da lue venerea, per quanti che, lo diciamo ad onore della donna, si dànno al turpe mestiere per bisogno o perchè abbandonati da chi li sedusse, non è molestato mai; ma guai alla donna malata che non si assoggetta subito alla visita e alle cure del medico. Le città in cui ha sede una guarnigione, le Università, ecc., affollate di gioventù sana e vigorosa, sono i focolari della prostituzione e dei suoi morbi pericolosi, che di là sono portati fino ai più remoti angoli del paese, diffondendo ovunque la corruzione e la rovina. Altrettanto si dica delle città marittime. “Tu sarai colpito per il tuo peccato nei tuoi discendenti fino alla terza e quarta generazione”. Questo passo della Bibbia si riferisce nel vero significato della parola agli uomini dissoluti colpiti ed infetti da contagi venerei. Il veleno sifilitico nei suoi effetti è il più tenace e il più difficilmente estirpabile di tutti i veleni. Anche dopo molti anni di perfetta salute, e quando il guarito crede sparito da lungo tempo ogni traccia del male, spesso se ne riproducono gli effetti nella donna, nei figliuoli (69). Una parte dei ciechi nati deve questa loro sventura alle colpe dei padri, che si sono comunicate nei loro effetti alle mogli e da queste ai bambini. Molti bambini cretini o mentecatti devono la loro infelicità alle stesse cause, e l’epoca nostra presenta troppi esempi di quante sciagure ed affanni può essere causa l’inoculazione della più piccola stilla di sangue sifilitico.

Nella misura stessa in cui gli uomini volenti o nolenti rinunziano al matrimonio cercando l’appagamento dell’istinto sessuale nella dissolutezza, aumentano anche le occasioni che la determinano. I grossi profitti di tutte le imprese che contano sulla scostumatezza, inducono la gente poco scrupolosa ad adescare e accaparrare avventori mediante l’allettamento delle sensualità più raffinate. Quindi si tien conto dei bisogni e delle esigenze di ogni classe di clienti e della materiale abilità delle donne che offrono i loro servigi. Se i postriboli delle capitali potessero svelare i loro segreti, si troverebbe che le loro abitanti, sebbene non conoscano spesso i genitori e sappiano appena scrivere il loro nome, ma sono tanto più adorne di seduzioni fisiche, trovansi in intimi rapporti colle persone più altolocate, e cogli uomini più eminenti per intelligenza e coltura. Si vedrebbero allora ministri, alti graduati dell’esercito, consiglieri intimi, deputati, giudici, ecc., andare e venire insieme a rappresentanti dell’aristocrazia del sangue, della finanza, del commercio, dell’industria; uomini che di giorno e nella società si atteggiano seriamente a “difensori e custodi della morale, dell’ordine, del matrimonio e della famiglia” e sono a capo degli istituti di beneficienza cristiana e delle associazioni per la “soppressione della prostituzione”. La nostra società borghese somiglia ad un grande comitato carnevalesco, in cui ognuno porta con dignità la maschera ufficiale, per poter poi servire tanto più sfrenatamente alle passioni ed agli istinti, mentre esteriormente tutto assume in lui aspetto di morale, di religione, di costumatezza.

In nessun’epoca come in questa l’ipocrisia è stata maggiore. Il numero degli augurii diventa ogni giorno più grande. L’offerta delle donne di “facili” costumi cresce ancora più rapidamente della domanda. Le condizioni sociali sempre peggiori e più difficili, il bisogno, la seduzione, le attrattive di una vita esteriormente splendida e apparentemente libera, reclutano un gran contingente di candidate in tutte le classi della società.

Un romanzo di Hans Wachenhusen (“Ciò che divora la strada”. Romanzo sociale in tre volumi. A. Hofmann e Comp., Berlino), descrive in modo assai caratteristico le condizioni della capitale dell’impero germanico. L’autore si esprime così relativamente allo scopo del suo romanzo: “il mio libro parla in particolar modo delle vittime appartenenti al sesso femminile e del crescente deprezzamento di esso, per effetto della irrazionalità delle nostre condizioni sociali e civili, della propria colpa, della trascurata educazione, del bisogno del lusso, e dell’offerta sempre crescente e spensierata sul mercato della vita. Tratta della crescente eccedenza delle donne, che rende ogni giorno disperato ciò che nasce, e privo di speranze ciò che cresce.... Io scrivo, come un procuratore dell’impero riassume la vita di un delinquente, per dimostrarne la colpa. Se dunque nel romanzo si vuol trovare qualche cosa d’immaginario, l’opposto della verità, allora quanto segue non è, in questo senso, un romanzo, ma un vero quadro della vita senza ritocchi”.

Ora, le condizioni di Berlino non sono nè migliori nè peggiori di quelle di ogni altra capitale. Non si distingue facilmente se Pietroburgo greco-ortodossa, o Roma cattolica, o Berlino cristiano-germanica, o Parigi pagana, o Londra puritana, o Vienna dedita ai piaceri della vita, più somigliava all’antica Babilonia. Identiche condizioni sociali generano gli stessi fenomeni. “La prostituzione ha le sue leggi scritte e non scritte, le sue fonti ausiliarie, i luoghi ove si recluta (varions resorto), dalla più misera capanna al più splendido palazzo, i suoi gradi dal più basso al più raffinato ed elevato, i suoi divertimenti speciali, i luoghi pubblici di convegno, la sua polizia, i suoi ospedali, le sue carceri e la sua letteratura” (70). – “Noi non solenniziamo più in primavera la festa di Osiride, i baccanali e le orgie dell’India; ma a Parigi e nelle altre grandi città ci si abbandona nell’oscurità della notte e dietro i muri degli edifici pubblici e privati ad orgie e baccanali che la penna più audace non si attenta di descrivere” (71). In tali condizioni, il commercio della carne umana ha assunto delle proporzioni enormi, promosso e favorito su vasta scala e con un’organizzazione perfetta, di rado osservata dalla polizia, nei centri della civiltà e della cultura. Un esercito di sensali, di agenti, di transporteurs di ambo i sessi si incarica della bisogna con lo stesso sangue freddo, come si trattasse di una mercanzia qualunque.

Si falsificano le carte di ricognizione, e si foggiano certificati contenenti una descrizione precisa della qualità delle singole “partite”, che vengono consegnate ai transporteurs per essere messe in vendita. Il prezzo si regola, come per ogni altra mercanzia, secondo la qualità, e vengono assortite e spacciate le singole categorie secondo il gusto e le esigenze della clientela nei diversi luoghi e paesi.

Coi raggiri più astuti si cerca di eludere la vigilanza e gli agguati polizieschi, e non di rado si impiegano delle grosse somme per far chiudere gli occhi ai custodi della legge. Alcuni di questi casi vennero constatati a Parigi. La Germania ha il vanto speciale di fornire di donne il mercato di mezzo mondo. Pare che una parte delle donne germaniche nel recarsi in altri paesi siano animate dalla tendenza innata nei tedeschi di viaggiare; sicchè esse provvedono alla prostituzione internazionale, recandovi un contingente superiore a quello che vi rechino le donne di qualsiasi altro popolo.

Donne tedesche popolano gli harem dei turchi come i postriboli dell’interno della Siberia, fino a Bombay, Singapore e New York. Nel suo libro di viaggi: “Dal Giappone alla Germania, attraverso la Siberia”, l’autore W. Joest si esprime così sul proposito del traffico delle ragazze tedesche: “Spesso ci si sdegna ed irrita nella nostra Germania, tanto morale, per il commercio degli schiavi, che qualche principe negro dell’Africa occidentale fornisce ed esercita, ovvero delle condizioni loro nel Brasile e a Cuba, mentre dovremmo pur ricordarci della trave nell’occhio, perchè in nessun paese del mondo si fa tale traffico di schiave bianche, e da nessun paese se ne fa tanta esportazione, quanta se ne fa dalla Germania e dall’Austria”. La strada che le ragazze prendono si può seguire con precisione. Da Amburgo fanno rotta per l’America del sud, Bahia, Rio Janeiro ne ricevono una parte, ma la maggior parte è destinata a Montevideo e Buenos Aires, mentre il resto va per lo stretto di Magellano fino a Valparaiso. Un’altra corrente viene indirizzata verso l’Inghilterra o l’America del nord, ma qui però, non potendo essa far concorrenza al prodotto indigeno, si distribuisce e biforca nel Missisipi fino a Nuova Orléans e al Texas, ovvero fino alla California. Di là si provvede alla Costa fino a Panama, mentre Cuba, le Indie occidentali e il Messico ritirano quanto loro abbisogna da Nuova Orléans. Sotto la qualifica di “Boeme” altre schiere di ragazze tedesche scendono in Italia e di là arrivano ad Alessandria, a Suez, a Bombay, a Calcutta fino a Singapore, e verso Hong Kong fino a Shanghai. Le Indie olandesi e l’Asia orientale, e specialmente il Giappone, sono cattivi mercati, perchè l’Olanda non tollera nelle sue colonie donne bianche di questo genere, e nel Giappone le ragazze del paese sono abbastanza vezzose e a buon mercato; e poi la concorrenza americana da S. Francisco non favorisce il traffico.

La Russia si provvede dalla Prussia orientale, dalla Pomerania e dalla Polonia. La prima stazione è per lo più Riga. Vi convengono i commercianti di Pietroburgo e di Mosca e di là spediscono la merce in gran quantità a Nischnii-Nowgorod fino oltre gli Urali, ad Irbik e Krestofsky, fin dentro alla Siberia; io incontrai a Tascita, per esempio, una ragazza tedesca mercanteggiata in tale modo. Questo enorme traffico è organizzato perfettamente, tenuto vivo per mezzo di agenti e viaggiatori, e se il ministero degli esteri dell’impero tedesco volesse chiederne notizia ai suoi consoli, si compilerebbero delle tavole statistiche molto interessanti”.

Anche da altre parti si levano lamenti, ciò che porse occasione al Reichstag germanico di prendere nella sessione 1882-1883 la deliberazione di sollecitare il cancelliere dell’impero ad unirsi all’invito promosso dall’Olanda di limitare e sopprimere questo vergognoso traffico. Venne anche nel frattempo pattuito un accordo, ma il successo favorevole di queste misure è per molte ragioni assai dubbio.

Quanto al numero delle prostitute, difficilmente si può calcolarlo, e precisarlo poi è impossibile. La polizia è in grado di determinare in via approssimativa il numero di quelle donne per le quali il meretricio costituisce la fonte principale di rendita, ma non riesce a determinare il numero assai più grande di quelle per le quali il meretricio è una fonte soltanto parziale di profitti. Ad ogni modo codeste cifre anche approssimative, sono veramente spaventevoli. Secondo l’Oettingen, il numero delle prostitute in Londra già verso la fine del 1860 fu calcolato ad 80.000. A Parigi il numero delle donne sottoposte alla vigilanza della polizia, raggiunse la cifra di poco più di 4.000; ma il numero di tutte le prostitute, secondo una statistica pubblicata dal Consiglio municipale di Parigi nel 1889, fu determinato in 120.000. A Berlino, le prostitute soggette al controllo della polizia sono circa 3.000; ma, secondo l’Oettingen, già fin dal 1871 le prostitute note o le donne sospette ammontavano a 15.065; essendosi però nel 1876 fatta una retata di 16.198 donne per contravvenzione ai regolamenti sulla polizia dei costumi, così non esagera chi calcola che il numero delle prostitute di Berlino sia almeno di 40 o 50 mila. Ad Amburgo nel 1860,  1/9 delle donne che avevano passato i 15 anni erano prostitute, ed a Lipsia vi erano a quel tempo 564 donne invigilate dalla polizia; ma il numero di quelle che vivevano principalmente ed esclusivamente della prostituzione si calcolava in 2.000. Numero che frattanto si è notevolmente accresciuto. D’onde si vede che vi sono degli interi eserciti di donne che considerano la prostituzione come un mezzo di sussistenza e vi è per conseguenza un numero corrispondente di vittime mietute dalle malattie e dalla morte.

Lo scoppio delle crisi economiche determinano di dieci in dieci anni un notevole aumento delle prostitute in tutte le grandi città e nei centri manifatturieri. La concentrazione dell’industria, cioè lo sviluppo e il miglioramento della meccanica, rende sempre più acuta la tendenza della produzione capitalistica a far senza dei lavoratori adulti, e di occupare in loro vece dei ragazzi e ragazze. Così nel 1861 in Inghilterra, per non citare che un esempio, nelle industrie disciplinate dal bill sulle fabbriche, il numero delle donne impiegatevi era di 308.278 contro 467.261 maschi. Ma nel 1868, in cui il numero complessivo dei lavoratori di queste industrie era salito a 857.964, quello delle donne raggiunse la cifra di 525.154 contro 332.810 maschi soltanto. Le “braccia” femminili erano dunque aumentate in sette anni del numero enorme di 216.881; quello dei maschi era scemato di 134.551. Ma da allora il numero delle donne impiegate nelle industrie crebbe considerevolmente, come dimostreremo più avanti. Se scoppiano delle crisi, com’è fatale nel mondo borghese, allora le donne disoccupate cercano spesso la loro salvezza nella prostituzione, ed una volta cadutevi, per lo più si rovinano.

Giusta una lettera del vigile, signor Bolton, in data 31 ottobre 1865, indirizzata ad un ispettore di fabbriche, il numero delle ragazze prostitute per effetto della crisi sul cotone scoppiata in conseguenza della guerra per la liberazione degli schiavi nell’America settentrionale, era aumentato più che negli ultimi 25 anni (Carlo Marx: “Il capitale”. II ediz., pag. 480).

Ora le malattie moltiplicantisi con la prostituzione producono gli effetti più desolanti e perniciosi. In Inghilterra ne morirono dal 1857 al 1865 più di 12.000 persone, delle quali non meno del 69% erano bambini al disotto di un anno, vittime della tabe ereditaria. S. Holland calcolava già allora che il numero delle persone colpite ogni anno dal contagio nel regno Unito ammontava ad 1.652.500.

Il dottor Parent-Duchatelet ha compilato una statistica interessante intorno alle cause che spingono le donne alla prostituzione, statistica che porge notizie di 5.000 prostitute; 1.440 di queste si diedero a siffatto mestiere per miseria, 1.250 erano senza genitori e senza mezzi, e quindi egualmente bisognose; 80 si prostituivano per nutrire i loro poveri e vecchi genitori, 1.400 erano concubine abbandonate dagli amanti, 400 sedotte da ufficiali e soldati e ragazze trasferitesi a Parigi, 250 erano abbandonate dagli amanti in stato di gravidanza. Queste cifre sono molto eloquenti. La paga corrisposta alla maggior parte delle operaie, è così meschina da non bastare al loro sostentamento e ad avviarle sul cammino della prostituzione per ritrarne un altro pò di guadagno. Le prostitute si reclutano per lo più tra quei mestieri in cui le operaie sono pagate male, ed anzi in molti negozi sono mal retribuite appunto perchè si calcola che troveranno degli “amici” che le provvederanno del necessario.

Una gran parte delle artiste di teatro, le cui spese di abbigliamento sono enormemente sproporzionate al loro stipendio, è costretta a ricorrere ad impure fonti di guadagno (72) e lo stesso accadde per molte ragazze che si collocavano nei negozi come venditrici e simili. Vi sono tuttavia degli impresari così infami i quali adducono come scusa della tenuità della mercede la protezione degli “amici”. Nell’autunno del 1889 un giornale operaio di Sassonia riferiva su cotesti fatti notizie che li posero in piena luce. “Una signora giovane ed educata, costretta per lungo tempo alla inazione per effetto di una malattia polmonare, non appena guarita cercò di collocarsi comechè si fosse; essa era governante... al momento non riuscì trovare nulla di adatto; perciò decise occupare quel qualunque posto le venisse offerto; e si presentò quindi ai signori N. N. La signorina parlava bene parecchie lingue, ed avrebbe quindi potuto essere accolta, ma la mercede di 30 marchi al mese le parve troppo esigua, per poter vivere. N. ne fece parola al signor N. e questi le rispose che le sue fantesche non avevano percepito mai una mercede tanto elevata, ma, tutt’al più, 15 o 20 marchi; ma che se la cavavano ergregiamente perchè ciascuna aveva la buon’anima di qualche amico che la soccorreva. Anche il signor X. si espresse con lei nello stesso senso. S’intende che la signorina non si allogò nè presso l’uno nè presso l’altro”.

Conosciamo di scienza nostra parecchi casi di giovani signore, che sapevano più lingue e s’intendevano di ragioneria, alle quali venne offerto e pagato per un impiego commerciale la mercede di 30 marchi al mese, proprio una mercede da affamati, che viene assorbita quasi tutta dalle spese di guardaroba. Cucitrici, sarte, modiste, bottegaie, operaie di ogni industria, a migliaia, si trovano in tali condizioni. Chi dà lavoro e i suoi impiegati, commercianti, padroni di fabbriche, possidenti, ecc., che hanno alla loro dipendenza delle donne, considerano come una specie di privilegio di vederle schiave del loro capriccio e delle loro brame. I nostri pii conservatori amano di rappresentare nei riguardi morali le condizioni della campagna come una specie di idillio per contrapposto alle grandi città e ai distinti industriali. Chiunque conosce tale condizione sa che ciò non è vero; e viene confermato da una relazione che un possessore di fondi di Sassonia presentò nell’autunno del 1889, sulla quale le gazzette provinciali di quel paese diedero i seguenti ragguagli:

“GRIMMA. Il feudatario dottor Wächter di Röcknitz ha tenuto poco fa in un’assemblea diocesana che ebbe luogo in questa città, una conferenza sopra la scostumatezza nei nostri Comuni rurali, la quale conferenza non dipinge a rosei colori le condizioni locali del distretto. Il conferenziere in questa occasione riconobbe pubblicamente, che spesso anche chi dà lavoro, e perfino gli ammogliati, sono in relazioni troppo intime coi loro dipendenti di sesso femminile e il frutto di tali relazioni verrebbe sottratto agli occhi del mondo con un delitto o tacitato con una somma di denaro. Sfortunatamente purtroppo non si può nascondere che la scostumatezza sia penetrata nelle campagne non soltanto ad opera di ragazze che hanno succhiato il veleno nelle città fungendovi da nutrici, e per opera di giovani che lo hanno succhiato durante il servizio militare, ma purtroppo per opera delle classi colte, degli amministratori dei beni feudali e degli uffiziali in occasione di servizio militare. Giusta la relazione del dottor Wächter ci sono ben poche ragazze della campagna le quali all’età di 17 anni non siano già cadute”. E ciò si comprende chiaramente. Lo jus primae noctis dei signori feudali del medio evo continua anche oggi a sussistere sotto altra forma. I figli delle nostre classi abbienti e colte considerano in gran parte come loro diritto il sedurre le figlie del popolo per poi abbandonarle. Le figlie del popolo credule, ignare della vita ed inesperte, per le quali non vi sono gioie nè amicizie, tanto più facilmente cadono vittime della seduzione che si presenta ai loro sguardi sotto una forma affascinante e luminosa. I disinganni, la miseria ed alla fine il delitto ne sono la conseguenza. Il suicidio o l’infanticidio ripetono principalmente la loro origine da queste cause. I numerosi processi per infanticidio presentano un quadro assai fosco ed istruttivo. La donna sedotta, vilmente abbandonata, gettata senza soccorsi nella disperazione e nel disonore commette degli eccessi: uccide il frutto delle sue viscere, vien sottoposta a processo, condannata o ai lavori forzati o al patibolo. Il seduttore che è il vero assassino se ne va impunito, o sposa forse poco dopo la figlia di una famiglia onesta ed agiata e diventa un uomo onorato, pio e un bravo cittadino. E vi sono parecchi che avendo così macchiata la sua coscienza ambiscono a dignità e ad onori. La bisogna andrebbe ben diversamente se le donne potessero far valere la loro voce nell’opera di legislazione.

La legislazione francese con spietata aberrazione, interdice, come si disse, la ricerca della paternità, ma deve aprire gli ospizi per gli esposti.

La deliberazione della Convenzione del 28 giugno 1793 suona così: La nation se charge de l’education physique et morale del enfants abandonnés. Désormais, ils seront désignes sous le seul nom d’orphelins. Aucune autre qualification ne sera permis. Ciò era comodo per gli uomini, senza comprometterli nè pubblicamente, nè rimpetto alle loro donne. Si eressero quindi in tutte le provincie dello Stato ospizi di orfani e di trovatelli, il cui numero raggiunse nel 1883 la cifra di 130.945; sicchè sopra dieci nati, uno solo era legittimo. Ma siccome questi bambini non ricevevano le cure necessarie, la loro mortalità andò man mano aumentando. Nel primo anno di vita ne morirono il 59%, cioè più della metà; fino al 12° anno ne morirono il 78%; sicchè di 100, 22 soltanto raggiungevano un’età superiore al dodicesimo anno.

Altrettanto avviene in Austria e in Italia, dove la società “umanitaria” fondò pure questi istituti di infanticidio. “Ici on fait mourir les enfants” è questa la frase che un monarca deve aver usato quale motto adatto da iscriversi sulla porta di cotali istituti. La storia non diceva che l’uomo abbia cercato di scemare le uccisioni in massa di questi piccoli esseri mercè una maggior cura e protezione. In Prussia, dove non ci sono istituti per i trovatelli, in sul principio del 1860 dei figli legittimi morirono nel primo anno di età 18,23%; degli illegittimi 33,11%; quasi il doppio dunque dei legittimi, benchè il numero degli illegittimi morti a quell’età sia assai meno elevato di quello che si riscontra negli ospizi francesi.

A Parigi di fronte a 100 figli legittimi ne morirono di illegittimi 193, e nel contado anzi 215.

La statistica italiana presenta il quadro seguente. Sopra 10 mila nati vivi, ne morirono:

 

di legittimi nel 1° mese di vita

1881: 751 - 1882: 741 - 1883: 724 - 1884: 698 - 1885: 696        

 

dal 2° mese al 12° 

1881: 1027 - 1882: 1172 - 1883: 986 - 1884:   953 - 1885: 1083        

 

di illegittimi nel 1° mese di vita

1881: 2092 - 1882: 2045 - 1883: 2139 - 1884: 2107 - 1885:1813

 

dal 2° mese al 12°   

1881: 1387 - 1882: 1386 - 1883: 1486 - 1884: 1437 - 1885:1353

 

La differenza nella mortalità fra i nati legittimi e gli illegittimi si fa notevole specialmente nel primo mese di vita, in cui la mortalità degli illegittimi è, in media, tripla in confronto della mortalità dei legittimi. La cura deficiente durante la gravidanza, la difficoltà del parto, e la pessima cura di esso, ne sono le cause evidenti.

I maltrattamenti e la famosa “fabbrica di angioletti” concorrono ad aumentare il numero delle vittime. Il numero dei nati morti è per gli illegittimi doppio in confronto dei nati morti legittimi, principalmente per il motivo che le madri cercano di far morire il bambino durante la gravidanza. Gli illegittimi che sopravvivono si vendicano con la società per il maltrattamento loro usato, col fornire un contingente straordinariamente grande alle criminalità.

Dobbiamo dire brevemente anche di un altro male causato da cotesto stato di cose. L’eccesso di piaceri è ancora più dannoso della astinenza. Anche senza malattie veneree vere e proprie, l’abuso rovina l’organismo, producendo impotenza, sterilità, dolori al midollo spinale, imbecillità, oppure indebolimento intellettuale e molti altri malanni. Ci vuole misura e temperanza nei godimenti sessuali, come ce ne vuole nel mangiare, nel bere e in tutti gli altri bisogni umani. Ma la gioventù non sa essere misurata. Di qui il grande numero di giovani vecchi appunto nelle classi sociali più elevate. Il numero dei Roués giovani e vecchi è enorme e tutti sentono il bisogno di eccitamenti speciali perchè sazi e indeboliti dagli abusi. Gli uni si danno ai godimenti contrari a natura dei tempi antichi della Grecia, gli altri cercano l’eccitamento nell’abuso dei ragazzi. Le così dette “professioni liberali” esercitate per lo più dai membri delle classi più elevate non danno che il 5,6% alla criminalità, ma nei delitti di libidine sopra fanciulli danno il 12,9%; percentuale che sarebbe anche più elevata se quelle classi non avessero moltissimi mezzi per coprire e nascondere il delitto, onde il maggior numero rimane ignorato.

Dei progressi morali  nel paese civile per eccellenza, in Inghilterra, fanno prova i numeri della seguente tabella:

 

 

E’ tale uno spaventoso aumento che si può conchiudere e persuadersi che la società inglese è fisicamente e moralmente corrotta e guasta.

Ecco il numero dei condannati in Germania per il titolo di libidine e stupro negli anni 1882-1888:

 

numero dei condannati:

   

1882: 2918 - 1883: 2771 - 1884: 2792 - 1885: 2896 - 1886: 3221 - 1887: 3169 - 1888: 3088 

 

     

non ancora sup. ai 18 anni:

 

 1882:  658 - 1883: 532 - 1884: 623 -  1885:  600 - 1886: 622 - 1887: 675 -  1888:  646

 

Anche in Germania dunque i delitti contro il buon costume sono in aumento, sebbene in proporzione meno elevata che in Inghilterra.

La Dannimarca ha la miglior statistica sulle malattie veneree e sul loro sviluppo. A Copenhagen le malattie veneree con speciale riguardo alla sifilide si svilupparono nella seguente misura:

 

 

Nel personale della flotta il numero delle malattie veneree durante l’accennato periodo è aumentato del 122,4%; e nell’esercito del 227%. (V. “Le malattie veneree in Dannimarca” del dottor Giesing Genf, 1889).

Come vanno le cose a Parigi? Dal 1872 al 1888 il numero delle persone curate per malattie veneree negli spedali del Mezzogiorno, di Lourcine e di Saint Louis raggiunse la cifra di 118.223, di cui 60.438 malati di sifilide, e 57.795 di altri morbi venerei. Inoltre il numero di quelli che domandarono di essere accolti nelle cliniche dei tre ospedali sovraccennati raggiunse in media la cifra di 16.385 venerei (73).

Si vede adunque che, per effetto delle nostre condizioni sociali, si contraggono dei vizi e si commettono dissolutezze e delitti d’ogni maniera. La società intera è agitata, irrequieta; e di questa condizione di cose chi ne soffre di più è la donna.

Molte lo sentono e cercano riparo; chiedendo in primo luogo la maggior possibile indipendenza economica; il permesso di darsi al pari dell’uomo a tutti quei rami di attività, ai quali si adattano e convergono le sue forze e attitudini fisiche e intellettuali, e infine l’accesso alle così dette professioni liberali. Queste aspirazioni sono giuste? Si possono realizzare? Giovano? Ecco le questioni che ci si presentano e che vogliamo esaminare.

 

(continua al prossimo  numero)

 

 

Partito comunista internazionale

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