Le istituzioni borghesi passano alla criminalizzazione delle lotte dei proletari  e dei disoccupati napoletani;  i proletari e i disoccupati devono passare all’organizzazione unitaria di classe in difesa delle proprie rivendicazioni e delle proprie lotte!

(«il comunista»; N° 134; Aprile 2014)

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Le misure cuatelari notificate il 13 febbraio 2014 dalla Digos di Napoli a 25 disoccupati del cosiddetto progretto BROS (Budget Risorse Orientamento Sociale) rappresenta un salto di qualità della strategia istituzionale volto all’ottenimento della completa criminalizzazione delle lotte dei senza lavoro e dei proletari in genere.

Il reato contestato è quello di “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro l’incolumità pubblica, l’ordine pubblico e la pubblica amministrazione”.

Ma, questa volta, tra gli indagati risultano anche due consiglieri regionali, rispettivamente di sinistra e di centrodestra, accusati di concorso in associazione a delinquere. E’ chiaro che, per un tale teorema repressivo, in cui si cerca di equiparare le lotte dei disoccupati a delle vere e proprie azioni criminali, non potevano mancare delle “complicità” occulte nelle istituzioni locali.

Il progetto BROS, nato alcuni anni fa, fu una prima risposta istituzionale alla pressione di piazza dei disoccupati di ultima generazione organizzati in varie sigle. Il progetto garantì effettivamente, ma solo per un paio d’anni, uno straccio di salario (circa 500 euro mensili, con in più i buoni- pasto) per una fetta di disoccupati organizzati come premessa al lavoro “vero”. Ma ha garantito soprattutto la divisione e la contrapposizione tra senza lavoro, gestite ad arte dalle istituzioni locali e, in particolare, dall’opportunismo politico.

Se negli anni ’70-’80 del secolo scorso, il possente movimento dei disoccupati, pur diviso in varie sigle, ma favorito da una congiuntura diversa, ha avuto come sbocco l’acquisizione di un posto di lavoro – soprattutto nei servizi – oggi questo risulterebbe estremamente gravoso per le casse dello Stato e degli enti pubblici dove la forza lavoro impiegata risulta sempre più in esubero e dove la politica della riduzione dei costi e del personale segue una diversa fase in rapporto alla contraddizione tra capitale e lavoro.

L’esaurimento di risorse finanziarie per i BROS gettò nella disperazione quei disoccupati che si erano illusi di aver conquistato un posto di lavoro, facendoli ritornare in piazza in modo più determinato, ma sempre più isolati e divisi dal resto dei senza lavoro, nutrendosi solo di illusioni. Le lotte iniziali con altri iscritti in nuove liste erano più di forma che di contenuto. La differenziazione operata dalla regione e dal comune, soprattutto con i raggiri, ha alimentato la contrapposizione tra proletari fino all’isolamento reciproco. La burocrazia unitamente alla repressione hanno portato ad un riflusso delle lotte dei disoccupati fino alla loro rarefazione. Il progetto BROS, con i due anni di salario, ha alimentato nel tempo l’illusione della soluzione per pochi, portando questi disoccupati alla frammentazione e il movimento, nel suo insieme, alla deriva. La situazione si era ormai incancrenita e la disperazione ha preso il sopravvento.

E’ stato proprio questo il momento scelto dalle istituzioni per assestare un duro colpo al movimento con il provvedimento in questione. I tg e le pagine di tutti i giornali locali hanno veicolato la notizia del “caso BROS”, mistificandola e descrivendone vari episodi di lotta come “malefatte” in combutta con i consiglieri regionali imputati.

I proletari che si organizzeranno e lotteranno saranno sempre più equiparati ai delinquenti comuni rischiando perfino il carcere. Questo rappresenterà un deterrente alla organizzazione ed alla lotta in una città-polveriera, come Napoli, dove le proteste per il lavoro perduto ormai sono quotidiane. Ma sarà sempre più difficile per lo Stato salvare il suo volto “democratico”.

Una manifestazione contro la repressione è certamente d’obbligo. Ma, piuttosto, sarà d’obbligo cambiare strategia politica dove l’unità vera e non di facciata di tutti i disoccupati, dotati di una piattaforma programmatica di lotta con rivendicazioni che non tengano conto delle compatibilità economiche, faccia da base per riprendere la lotta con metodi e mezzi di classe.

Lavoro o non lavoro, dobbiamo campare”, si gridava una volta. Ma è proprio da lì che bisognerà ripartire.

 

Napoli, 17 febbraio 2014 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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