SIRIA

No all’intervento militare di qualsiasi imperialismo in qualsiasi parte del mondo!

Per una opposizione di classe a ogni intervento militare imperialista!

(«il comunista»; N° 140-141;  Novembre 2015)

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Nella presa di posizione di partito diffusa dai compagni francesi sull’intervento militare di Parigi in Siria, e pubblicta qui sotto, vi è ribadita la tradizionale posizione di ogni comunista rivoluzionario che combatte prima di tutto contro la propria borghesia nazionale, tanto più se imperialista, come insegnò Lenin, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.

La presa di posizione è del 19 settembre scorso e da allora la guerra in Siria ha visto un’evoluzione in qualche modo già attesa, ossia l’intervento attivo della Russia con i suoi cacciabombardieri.

Come si sa, la Russia ha sempre sostenuto e difeso il regime di Bachar al-Assad; gli interessi imperialistici della Russia si spingono storicamente non solo verso est e sud, e quindi l’Asia Centrale e l’Oceano Indiano, ma anche verso il Mediterraneo.

La Siria, infatti, con la sua costa, offre all’imperialismo russo strategiche basi aeree e navali, come ad esempio l'aeroporto di Latakia e la grande base navale russa di Tartūs.

Il regime Baasista di al-Assad, d’altra parte, soprattutto da quando ha scatenato la guerra civile dopo la cosiddetta “primavera araba” e da quando non è più sotto la “protezione” occidentale, ma sotto la “protezione” di Teheran, per mantenersi in piedi non poteva continuare a barcamenarsi tra Francia, Stati Uniti e Russia. Alla fine, la Russia ha ottenuto di ampliare in Siria le sue uniche basi sul Mediterraneo, offrendo i propri servizi armati e diventando così la sua potente “protettrice” e, a livello internazionale, decide anche per Damasco.

Così, come sempre succede nel tormentatissimo Medio Oriente, se a Damasco, a Beirut, a Bagdad scoppia la guerra questa non è mai una guerra strettamente locale, ma coinvolge immediatamente le grandi potenze mondiali. Talvolta è una guerra per procura, perché in quei territori si scontrano interessi che non sono soltanto delle frazioni borghesi locali o dei clan che si contendono un monte, un fiume, un pezzo di deserto, ma sono interessi di importanza  imperialistica e perciò coinvolgono più o meno direttamente le grandi capitali del mondo, da Washington a Londra, da Parigi a Mosca, da Berlino a Pechino e a Roma, mettendo inevitabilmente in fibrillazione tutti i paesi della regione, a partire da Israele e dalla Palestina per arrivare ad Amman, a Teheran, ad Ankara, al Cairo, a Riyadh e ai Paesi del Golfo Persico.

Alla Siria abbiamo dedicato un opuscolo (presentato in questo stesso numero del giornale) che per obiettivo ha di dare di questo paese un quadro storico e politico, evidenziando il ruolo oggettivamente strategico che rappresenta essendo collocato nel cuore del Medio Oriente. Un paese che negli ultimi decenni si è sviluppato anche nell’industria non legata soltanto alla produzione petrolifera, con la formazione di un numeroso proletariato. Gli effetti della guerra siriana con i massacri da parte di ogni forza armata in campo, dall’esercito del regime di Bachar al-Assad al cosiddetto Califfato (noto come Isis, Esercito Islamico, Daesh), dalle formazioni armate del Fronte al-Nusra (branca siriana di Al Qaeda) all’Esercito Siriano Libero, dai miliziani sciiti del gruppo libaneee Hezbollah ad altre decine di gruppi armati islamisti fino ai partiti curdi presenti in Siria,hanno provocato e stanno ancora provocando la fuga di milioni di siriani dalle varie zone in cui i combattimenti si svolgono, fuga che negli ultimi mesi si è trasformata in un vero e proprio esodo come dimostrano i molteplici servizi televisi riprendendo le masse di profughi che premono su ogni confine d’Europa, via terra e via mare, verso la Grecia, la Macedonia, la Bulgaria, l’Ungheria, la Serbia, la Croazia, l’Italia.

Alla propaganda falsamente umanitaria, le potenze imperialiste affiancano le operazioni militari atte esclusivamente ad imporre il loro “nuovo ordine” dopo aver provocato un “disordine economico e politico” in ogni paese, nel quale disordine ogni potenza cerca di trarre un proprio vantaggio, al costo di migliaia di morti, di storpi e invalidi, di disoccupati e disperati che in quella che è stata osannata da sempre come la propria “patria” non possono più sopravvivere.

 

 

 

La presa di posizione di partito

 

No all’intervento militare francese In Siria!

 

 

Lunedì 7 settembre, il presidente francese Hollande annunciava l’inizio delle operazioni di ricognizione militare dell’aviazione francese in Siria, in preparazione dei futuri bombardamenti contro il cosiddetto “Stato islamico” (IS, o Daesh) in questo paese. Giovedì 16 settembre, il primo ministro francese Manuel Valls, riprendnedo come al solito i temi della propaganda del vecchio presidente americano G.W. Bush, dichiarava davanti ai deputati che “la Francia è in guerra contro il terrorismo” e che questa guerra sarà “lunga”.La portaerei nucleare Charles de Gaulle e la sua flotta aeronavale sarebbero partiti in poche settimane per partecipare all’intervento.

La decisione del governo francese ha incontrato il sostegno quasi unanime di tutti i partiti parlamentari; a destra alcuni esponenti politici hanno sostenuto che i bombardamenti sarebbero insufficienti e che bisogna intervenire con truppe di terra, mentre il centrista dell’UDI preconizzava una’lleanza con Bachar al-Assad, e Fillon un’intesa con la Russia e l’Iran. A sinistra, i Verdi non si sono per nulla opposti ai bombardamenti, ma considerano che l’azione militare non sia sufficiente (esattamente quel che sostiene il primo ministro Valls!), mentre il Fronte della Sinistra non approvava “l’estensione del nostro [sic!] impegno in Siria”, sostenendo invece “con determinazione il principio di una forza militare contro Daech” (dichiarazione in parlamento del deputato PCF portaparola del Fronte della Sinistra). Questi socialimperialisti non hanno nulla contro l’intervento militare francese (hanno approvato del resto l’intervento in Iraq), ma a condizione che si faccia nel quadro dell’ONU e “in associazione con l’insieme degli attori della regione”!

Più precisamente, il Partito di Sinistra ha dichiarato in un comunciato che “un’operazione militare unilaterale della Francia e dei suoi alleati dell’ONU senza un coordinamento con l’esercito siriano e le forze curde condurrebbe ad un peggioramento della situazione”. Sondaggi d’opinione, svolti opportunamente, sono venuti a nutrire questo unanimismo guerriero indicando che una schiacciante maggioranza di francesi sarebbe favorevole alla guerra in Siria, anche con l’invio di truppe di terra!

 

UN ANNO DI INTERVENTO MILITARE

 

Dall’estate 2014 arerei francesi partecuipano alla coalizione americana contro l’Esercito Islamico (che raggruppa una quarantina di paesi); la Francia diventava così il primo paese ad aggiungersi militarmente all’operazione americana in Iraq. Questo intervento francese era stato approvato da tutti i grandi partiti (e, implicitamente, anche dai trotskisti del NPA).

Si tratta dell’operazione chiamata “Chammal” comprendente dei caccia-bombardieri, forte di 800 uomini (di cui cento “istruttori militari” a Badgad e a Erbil) e che avrebbe effettuato più di 200 bombardamentio, secondo le dichiarazioni ufficiali da prendere però, come sempre, con le pinze(1).

L’operazione sarebbe stata giustificata per la sorte dei Cristiani e dei Curdi minacciati dall’EI. Oggi il governo francese mantiene il silenzio sugli attacchi effettuati dal governo turco contro i Curdi in Turchia, in Iraq e in Siria: ennesima prova che non è mai la sorte delle popolazioni che mitiva gli imperialisti e le loro marionette sedute negli scranni dei governi.

L’obiettivo vero di questa operazione è, in realtà, di far arretrare l’avanzata folgorante degli insorti islamisti verso la capitale irachemna Bagdad  e i giacimenti petroliferi del sud del paese da cui le grandi società internazionali, la Total fra le altre, tirano succosi profitti. Inoltre, l’entrata in azione dei cacciabombardieri Rafale era un eccellente argomento commerciale per vendere questi aerei, come non era per nulla stato nascosto dalle stesse autorità francesi.

Quando gli Stati Uniti decisero, nel settembre 2014, di estendere i loro bombardamneti contro l’EI anche in Siria, il governo francese, come altri governi, rifiutò di parteciparvi col pretesto che non vi era il “quadro legale e politico”, a differenza dell’Iraq il cui governo in cvarica aveva chiesto l’aiuto degli USA e dei loro alleati. Non è pero difficile constatare che il governo Hollande, nell’estate 2013, quando voleva bombardare la Siria con gli Stati Uniti per “punire Bachar al-Assad” perché aveva usato le armi chimiche contro la popolazione e i suoi oppositori, non si era fatto tanti scrupoli per l’assenza del “quadro legale e politico”! Il rispetto del diritto internazionale, delle decisioni dell’ONU ecc. è una formula convenientemente utilizzata da tutti gli imperialisti quando serve ai loro scopi, mentre il famoso “diritto internazionale” viene messo da parte quando esso non è che la sanzione dei rapporti di forza inter-imperialistici.

In realtà, il governo francese, nel 2013 come nel 2014, continuava ad avere come obiettivo la caduta di Bachar al-Assad, mentre, allo stesso tempo, l’amministrazione Obama concludeva che la caduta del regime Baasista rischiava di rendere ancor più incontrollabile la situazione in Siria e nella regione mediorientale. Gli imperialisti americani sono sempre stati perfettamente coscienti che il regime di Damasco aveva dimostrato fino ad allora la sua capacità di mantenere l’ordine borghese nelle zone dirtettamente controllate; sono essi, invece, a non essere riusciti a mettere in piedi una forza siriana ribelle pro-americana sufficientemente forte e affidabile e ciò per loro rendeva la situazione ingestibile oltretutto nel centro della polveriera mediorientale. La loro decisione di bombardare l’EI in Siria implicava necessariamente degli accordi con Damasco, visto che il regime di al-Assad dispone di una aviazione moderna e dei sistemi antiaerei molto efficaci, molto probabilmente sotto istruzione dei militari russi. Ciò significa semplicemente, al di là della parole di propaganda, che gli Stati Uniti rinunciavano, almeno temporaneamente, a volere la caduta del regime di Damasco. Tanto peggio se questo regime sanguinario continua a perpetrare i suoi crimini per mantenersi al potere: è diventato un “alleato oggettivo” della “democrazia” americana contro la “barbarie”, attualmente incarnata dall’Esercito Islamico! Parigi, da parte sua, rifutava per contro ogni intesa, anche se solo implicita, con Damasco.

La differenza di atteggiamento degli imperialisti francesi non era dovuta alla preoccupazione di venire in aiuto alla popolazione siriana, come affermava Hollande, ma ad interessi strettamente mercantili. La chiusura delle frontiere francesi al confine con l’Italia e con gli altri paesi vicini per impedire a migliaia di profughi siriani di attraversare la Francia per dirigersi verso la Gran Bretagna e la Germania, conferma i veri sentimenti del governo Hollande. Dopo aver ricevuto Bachar al-Assad a Parigi in pompa magna sotto Sarkozy quando si profilavano delle fruttuose prospettive negli investimenti, come tali prospettive sono andate deluse, per i borghesi francesi l’attuale regime di Damasco è diventato un avversario.

D’altro canto, i successivi governanti francesi, sotto la pressione dei gruppi capitalisti che li sostenevano, si sono dati da fare nel tessere legami con i regimi monarchici d’Arabia Saudita e dei Paesi del Golfo Persico in vista di fare lucrosi affari non soltanto in campo petrolifero ma anche nella vendita di armi.

Il governo Hollande non h avuto quindi alcuna difficoltà a prsentarsi come il partigiano più risoluto dell’ostilità delle petro-monarchie nei confronti di Bachar al-Assad e dei suoi suoi protettori iraniani, al punto da giungere a minacciare di far cadere i negoziati che Washington portava avanti con l’Iran sul nucleare! Questa “intransigenza” ha permesso alla Dassault e ad altre aziende francesi degli armamenti, grazie al malcontento ingenerato nei paesi del Golfo dalla politica americana di avvicinamento con Teheran, di strappare dei grossi contratti nel settore delle armi in barba agli americani...

 

LA RESPONSABILITÀ FRANCESE NEL DRAMMA SIRIANO

 

Ora però le cose sono cambiate. Secondo Hollande ormai si impongono i bombardamentio in Siria per “rispondere” agli orrori dell’Esercito Islamico e per dissuadere i suoi partigiani ad attaccare la Francia; lo stesso ministro Valls motiva l’intervento militare francese in Siria come “legittima difesa”. E non mancano da parte di vari esponenti borghesi, senza il minimo di vergogna, i richiami al dramma dei milioni di profughi, per la gram parte siriani, che tentano di rifugiarsi in Europa, per giustificare l’intervento militare. Tali argomenti rivelano la rozzezza della propaganda interventista; quando i bombardieri francesi hanno sganciato le loro bombe in Iraq contro le postazioni dell’EI nessuno ha dichiarato che si trattava di una “risposta” a degli attacchi; a parte il fatto che questi bombardamenti non hanno dissuaso per niente a dei terroristi di commettere degli attentati in Francia; inoltre, i responsabili della polizia e della magistratura non hanno mai trovato dei legami fra quiesti terroristi – francesi! -  e l’EI!

Quanto ai rifugiati siriani, la prima responsabile è la spaventosa guerra civile scatenata dal regime di al-Assad, ed è da questa guerra che fuggono. Le esecuzioni di cui l’EI si vanta pubblicamente per terrorizzare la popolazione e i suoi avversari non sono peggiori di quelle che commette nell’ombra il regime di Damasco. Ma lasciar credere che bombardare la Siria sarebbe un metodo per impedire la venuta in Francia di “orde” di rifugiati, è un buon mezzo per raccogliere il consenso di una “opinione pubblica” imbevuta, come è stata, sia dai partiti di sinistra che di destra, di propaganda sciovinista e xenofoba. Nessuno di questi partiti, nè dei media, spiegherà che è il capitalismo che domina il mondo a gettare sulla strada della fuga e dell’esilio milioni di proletari alla ricerca di un lavoro e milioni di rifugiati che fuggono le guerre che si fanno, direttamente e indirettamente, le potenze borghesi!

Da quando era il colonizzatore della Siria, l’imperialismo francese non ha mai esitato a perpetrare dei massacri e a dividere la popolazione per assicurarsi il dominio sul paese.Esso oggi ha, come gli altri avvoltoi imperialisti, una parte di responsabilità nella guerra civile che dilania il paese, aggravata dalla sua responsabilità storica nella situazione interna del paese in cui esso ha incoraggiato le divisioni interne.

Ogni intervento militare imperialista non fa che accrescere le sofferenze delle popolazioni, in Siria come in Afghanistan come in qualsiasi altro paese, e gli interventi militari francesi e di ogni altra potenza imperialista che si sono susseguiti nel corso degli ultimi decenni nei diversi paesi l’hanno dimostrato abbondantemente.

Jean-Marc Ayraut, allora primo ministro, dichiarava nell’agosto 2012 che il suo governo andava “in aiuto” ai ribelli siriani del “Consiglio Nazionale Siriano” – un’organizzazione borghese sostenuta anche dalla Gran Bretagna, gli Stati Uniti ecc. La stampa britannica ha affermato che gli Occidentali avevano allora rifiutato la proposta russa di negoziare la partenza di al-Assad, senza dubbio perché i russi pensavano di avvantaggiarsi della sua caduta che credevano prossima (2). Qualche settimana dopo, il governo francese si mostrava il più feroce partigauino dei bombardamenti contro le forze armate siriane. Ma nella guerra civile siriana intervengono non solo i grandi Stati imperialisti, ma anche diversi Stati della regione (Turchia, Arabia Saudita, Emirati, da un lato, Iran dall’altro), chi per difendere il regime in carica, chi per farlo cadere, armando e tentando di organizzare delle bande armate fedeli ai loro interessi.

In assenza di una forza proletaria di classe che, solo lei, avrebbe potuto unificare tutto il malcontento e le insoddisfazioni esistenti in una lotta anticapitalista contro ogni borghesia, la ribellione contro il selvaggio regime di Damasco non ha potuto superare il quadro delle divisioni e delle rivalità regionali, fra clan ecc., o delle pretestuose divisioni religiose ed etniche, precipitando inevitabilmente negli scontri degli interessi borghesi, sia locali che stranieri.

 

OPPOSIZIONE DI CLASSE CONTRO OGNI INTERVENTO MILITARE IMPERIALISTA!

 

Il governo Hollande ha voluto precisare che l’intervento militare francese era stato deciso e si sarebbe effettuato in piena autonomia; ma il cao vuole che molti Stati sono in procinto di decidere, o hanno già deciso, di partecipare ai bombardamenti in Siria: ad esempio l’Australia e la Gran Bretagna. Questo è l’effetto della pressione che gli Stati Uniti hanno esercitato sui propri alleati, perché fino ad oggi gli aerei USA sono stati praticamente i soli ad effettuare bombardamenti in Siria  (nel mese di agosto, ad esempio, il 99% dei bombardamenti avvenuti era americano) (3). Ma quel che succede ora è soprattutto una ricomposizione in corso nel Medio Oriente: basti pensare al riavvicinamento fra Stati Uniti e Iran, fedele sostenitore di Damasco.

Gli Stati borghesi, grandi e piccini, dietro il vessillo della “lotta contro il terrorismo”, non vogliono difendere, anche con le armi, che i propri interessi e le proprie ambizioni nella nuova situazione regionale che si profila: la Russia rafforza la sua presenza militare in Siria. Proponendo degli accordi agli Occidentali; la Turchia rafforza la sua cooperazione con gli Stati Uniti ma attacca i Curdi del PKK e si prende la libertà di fare delle incursioni in Siria; l’Iran continua il suo sostegno militare al regime di Damasco pur dichiarandosi pronto a negoziare; l’Arabia Saudita e i suoi alleati intervengono militarmente in Yemen mentre continuano a finanziare le milizie antisciite in Sira, ecc.

La firma degli accordi di “pace” con l’Iran, destabilizzando gli equilibri stabiliti in precedenza, in realtà rilancia la guerra in tutta la regione!

L’imperialismo francese, invecchiato e indebolito ma che non ha perso nulla della sua aggressività, non intende rimanere ai margini; mentre riorganizza la sua presenza militare nel Sahel per renderla più efficace, abbandona la sua politica anti-Assad e si lancia in una nuova operazione militare per partecipare alla futura spartizione del Medio Oriente... (4).

I proletari francesi non hanno nulla da guadagnare dall’intervento militare del “loro” imperialismo che si accompagnerà inevitabilmente, col favore del clima guerresco e di unione nazionale da questo suscitato, con una recrudescenza degli attacchi anti-operai. Rifiutare di sostenerla, rompere con l’”union sacrée” e la “solidarietà nazionale” fra le classi: questi sono passi necessari per poter resistere alla gragnuola di colpi inflitti dai capitalisti e dai loro governi. Non vi sono interessi comuni tra borghesi e proletari!

Nello stesso momento in cui il governo francese gioca la ripugnante commedia dell’accoglienza umanitaria dei migranti, il governo, agli ordini dei capitalisti, prepara febbrilmente nuove misure antisociali. Nello stesso momento in cui esso fa il gesto di piangere sulla sorte dei rifugiati siriani (che finora ha ostinatamente rifiutato di accogliere!), si prepara in realtà, agli ordini degli imperialisti e dei militari, a partecipare ai bombardamenti americani, dichiarandosi pronto anche ad appoggiare delle operazioni sul suolo siriano. Gli aerei da combattimento e i soldati francesi non vanno a combattere per difendere le masse oppresse e i proletari del Medio Oriente o di Francia: essi difendono unicamente gli interessi del rapace imperialismo tricolore. I proletari devono opporsi senza esitare.

I proletari di Siria e d’Iraq non hanno nulla di buono da attendersi dagli interventi imperialisti; un anno dopo l’inizio dell’operazione militare degli Stati Uniti e dei loro alleati, i pozzi di petrolio iracheni sono salvi, ma milioni di siriani e di iracheni sono stati costretti a fuggire da casa loro e quelli che sono rimasti hanno visto peggiorare le loro condizioni di sopravvivenza. Gli eventuali negoziati che potrebbero aprirsi un giorno, finiti i combattimenti, non avranno altro scopo che giungere ad un arrangiamento fra banditi imperialisti e gangster borghesi locali circa la ripartizione delle zone da sfruttare e il funzionamento del sistema capitalistico – cioè, in ultima analisi, sullo sfruttamento dei proletari!

L’uscita da questa situazione non sta nella vitoria di uno o dell’altro dei fronti bellici che si scontrano, né tantomeno nei vani appelli pacifisti agli uomini di buona volontà, oppure nei soliti negoziati diplomatici che non sboccano se non in ulteriori motivi di scontro. La via d’uscita si trova soltanto nella lotta di classe rivoluzionaria contro tutti i fronti borghesi. Gli interventi militari, oggi “limitati”, annunciano future guerre più generali fino a sboccare in un nuovo conflitto mondiale: ecco lo sbocco verso il quale si dirige inesorabilmente il capitalismo.

Ma i proletari non sono eternamente condannati ad uccidersi l’un l’altro per far vivere e ingrassare i loro sfruttatori; la loro posizione sociale conferisce loro la forza potenziale di mettere fine a tutti i regimi e a tutte le forme di sfruttamento e di oppressione, liberando dal capitalismo le masse oppresse del mondo intero. Ma la condizione perché ciò avvenga è che i proletari del mondo si uniscano, si organizzino entrando in lotta sul terreno della difesa esclusiva dei loro interessi di classe, che sono identici per i proletari di ogni paese, di ogni razza e di ogni confessione religiosa. L’unione internazionale dei proletari diventerà allora una potenza irresistibile capace di scatenare la guerra sociale in grado di spezzare tutte le forze della borghesia e mettere fine al suo ignobile mondo di oppressione, di sfruttamento, di miseria e di guerra.

Questa prospettiva non è certo immediata, ma è la sola feconda e realista, la sola per la quale vale la pena di prepararsi a lottare e rischiare!

 

No all’intervento militare francese in Siria! Imperialismo francese fuori dall’Africa e dal Medio Oriente!

Per la ripresa della lotta indipendente di classe, per la rivoluzione comunista internazionale!

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

 

19 settembre 2015

 


 

(1) Secondo il sito airwars.org che compila i rapporti ufficiali della coalizione, le forze aeree avrebbero effettuato fino alla metà di settembre (quindi in un anno circa) 6910 bombardamenti in Iraq e in Siria, stimando di aver ucciso circa 15.00 partigiani dell’EI; vi sarebbero state fra 575 e 1600 vittimi civili innocenti.

(2) E’ il The Guardian che ha pubblicato un’intervista di un negoziatore finlandese che affermava che gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna avevano rigettato nel 2012 una proposta russa di negoziare degli accordi di pace in Siria che includevano la partenza di Bachar al-Assad.

(3) http://airwars.org/news/coalition-strikes-civilian-casualties-august-2015/

(4) L’imperialismo italiano, al contrario, non essendo in grado di partecipare attivamente alle operazioni militari perché la sua potenza militare non è paragonabile a quella francese o inglese, si ritaglia il ruolo dell’accoglienza dei profughi – e non solo siriani – anche perché quasi tutti i barconi che partono dalla Libia terminano il loro viaggio sulle coste siciliane o calabresi (ma si sa che soltanto una piccolissima parte di coloro che riescono a raggiungere vivi le coste italiane vogliono rimanere in Italia, mentre la loro meta è rappresentata dai paesi del Nord Europa, soprattutto Germania, Gran Bretagna e Svezia), prendendosi però anche il lusso di ammonire gli alleati della Nato a non rifare “l’errore” fatto in Libia dove l’intervento militare con i bombardamenti franco-inglesi-americani ha prodotto una situazione nel paese del tutto ingovernabile...

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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