Nel 2015

4 morti al giorno sul lavoro: la strage di proletari continua!!!

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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Quando il capitalismo va in crisi economica, come è successo dal 2008 ad oggi, uno degli effetti immediati, e drammatici, consiste nell'aumento della disoccupazione. Con l'aumentare della disoccupazione, aumenta la pressione del padronato sugli occupati ai quali vengono imposti carichi e ritmi di lavoro più pesanti - ad un organico più ridotto viene richiesta una quantità di lavoro pari e/o maggiore di quella distribuita su un organico più ampio - e, sempre più spesso, con margini e misure di sicurezza sul lavoro inferiori alla situazione precedente, già non adeguati rispetto a quello che le stesse leggi borghesi prevedono.

Sarebbe logico pensare che la lotta operaia contro i licenziamenti prevedesse nello stesso tempo, come minimo, l'opposizione all'aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro e la contemporanea rivendicazione di misure di sicurezza adeguate ai rischi del lavoro.

Un sindacato di classe ha come priorità la difesa degli interessi immediati operai, sul piano delle condizioni di lavoro e di vita, e agisce per sua natura in quella direzione.

I grandi sindacati confederali, che sono la "controparte riconosciuta" a livello contrattuale e a livello di negoziato con le associazioni padronali e il governo, in quanto sindacati tricolore, quindi collaborazionisti, hanno ben altra priorità: è la crescita economica, ossia il buon andamento delle aziende - quindi la loro attività economica finalizzata al profitto capitalistico - ad essere il perno intorno al quale devono girare tutti gli aspetti che costituiscono i rapporti tra forza lavoro e capitale, tra la massa dei lavoratori ai quali viene richiesta una produttività del lavoro sempre più alta e la cerchia dei capitalisti che cercano il maggior profitto possibile dai loro investimenti.

I capitalisti mettono in primo piano, e non possono fare diversamente, la redditività dell'attività economica delle loro aziende; questa redditività le rende più o meno competitive sul mercato, e dalla competitività essi fanno dipendere il numero dei lavoratori necessari per mantenerla e incrementarla e il loro salario.

Crescita, redditività, competitività, produttività, sono parole che contengono in sostanza un unico concetto-base: il profitto capitalistico. I capitalisti investono solo a fronte di una più che prevedibile quota di profitto medio; per ottenerla sono molti i mezzi utilizzati, nel campo delle innovazioni tecniche e delle materie prime, dell'organizzazione del lavoro e dei rapporti con la massa salariata impiegata nelle aziende.

Ma, per sostenere la lotta di concorrenza sul mercato e, quindi, per abbattere i "costi di produzione",  tra le misure più utilizzate dai capitalisti ci sono queste che sono vecchie quanto è vecchio il capitalismo: sfruttare più intensamente la forza lavoro nella giornata lavorativa, aumentare le ore giornaliere di lavoro pagandole il meno possibile e, naturalmente, ridurre i costi relativi ai macchinari e alla loro manutenzione e tutti quei costi, considerati "accessori", relativi alle misure di sicurezza sul lavoro!

E così, mentre aumenta il ricatto del posto di lavoro, e quindi del salario, sui lavoratori, aumentano i rischi da lavoro e aumentano le morti cosiddette "bianche".

Nel 2015, per l'appunto, gli infortuni, ufficialmente, sono diminuiti rispetto al 2014  del 3,9%. Ma gli infortuni mortali sono aumentati del 16% rispetto al 2014: ufficialmente sono stati 1172 contro 1009: quasi 4 al giorno! E per sovrappiù sono aumentate anche le malattie cosiddette "professionali": in media +2,6%.

Dunque, sul lavoro ci sono più morti e più malati, soprattutto tra i maschi (+3,6%) che tra le femmine (+0,4%). Aumentano le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (+5,4%), del sistema nervoso, dell'orecchio, dell'apofisi mastoide e del sistema respiratorio, mentre il dato relativo ai tumori è in diminuzione anno su anno, ma, come sappiamo, i tumori (come quelli provocati dall'amianto) emergono a distanza di anni!

Il capitalismo va combattuto, non difeso!

 

[dati Inail, da "la stampa"del 17/2/2016]

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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