Piacenza: Muore un operaio investito da un camion, durante un picchetto alla GLS. Incidente stradale?

NO, dicono gli operai: il camionista è stato incitato dal capo dell’azienda ad investirli!

(«il comunista»; N° 145;  Settembre 2016)

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Abd Elsalam Ahmed Eldanf era uno degli operai delle tante società appaltatrici di servizi per la multinazionale Gls che lottava per difendere le condizioni di lavoro sempre più precarie in questo settore. L’azienda non rispettava gli accordi sindacali regolarizzando 13 operai; in una assemblea sindacale si decidono 8 ore di sciopero, nel frattempo parte anche una trattativa con l’azienda che non porta a nulla; lavoratori e sindacato (USB) decidono di trasformare lo sciopero in picchetto. Per evitare che il picchetto bloccasse il viaggio dei camion e quindi gli interessi dell’azienda, raccontano gli operai, un preposto di Gls ha iniziato a incitare un camionista a muoversi e partire.

Il tir si è mosso poco prima di mezzanotte colpendo il 53enne, trascinandolo per 4-5 metri e infine l’ha schiacciato, mentre un altro facchino è stato ferito lievemente (da “il manifesto” 16.9.2016).

Già nel pomeriggio alcuni camionisti avevano acceso i tir facendo salire la tensione. Esiste, infatti, una pressione continua che le aziende principali adottano sistematicamente attraverso il subappalto generando una lotta di concorrenza tra sfruttati.

L’operaio è appena morto, ma l’azienda  chiede comunque ai camionisti di portare a termine il lavoro. Alcuni autisti dicono: «il limite per noi camionisti è di 85 km all’ora, da qui a Napoli ci vogliono circa 9 ore. Ci chiedono di fare il trasporto in 8 ore, se arriviamo in ritardo anche di un quarto d’ora ci tolgono 250 euro dalla busta paga e al terzo ritardo non ci rinnovano il contratto…». Facchini e autisti lavorano per Gls ma sono assunti da diverse cooperative o aziende, hanno diversi padroni, subiscono diverse pressioni, minacce e umiliazioni (sempre dal “il manifesto” del 16.9.2016).

L’operaio egiziano che è morto non era precario, ma assunto regolarmente, e per solidarietà di classe difendeva le condizioni di vita e di lavoro di tutti i suoi compagni di lavoro.

Queste condizioni peggiorano sistematicamente e drammaticamente per tutti i proletari in tutti i posti di lavoro; le aziende, i padroni, tendono a precarizzare sempre più le condizioni di lavoro al fine di abbattere i salari ed aumentare la produttività attraverso il ricatto del posto di lavoro. Per difendere i loro profitti in una situazione di crisi di sovrapproduzione delle merci e di concorrenza che accuisce inesorabilmente la guerra per accaparrarsi gli spazi sempre più angusti del mercato in cui andare a vendere le proprie merci, le aziende abbattono i costi di produzione facendoli pagare ai proletari. In che modo? Non solo abbassando il livello dei salari e precarizzando il lavoro ma provocando una  spietata lotta di concorrenza tra proletari, di fronte alla quale i proletari hanno l’ostacolo principale nella difesa della loro vita individuale, e della loro lotta contro i colpi che sistematicamente il capitale porta loro quotidianamente.

Ma in questo episodio emerge, tra i proletari immigrati, una combattività tendenzialmente classista, più disponibile alla lotta diretta e aperta contro il padronato, che riprende metodi di lotta che decenni di pratiche inculcate dal collaborazionismo sindacale tricolore hanno fatto dimenticare ai proletari autoctoni. Ciò dovrebbe risvegliare l’istinto di combattività necessario, con la solidarietà di classe, per  riprendere i metodi di lotta e gli obiettivi che difendono realmente i proletari dal loro “massacro” quotidiano negli ingranaggi della macchina produttiva del capitale.

A parte l’USB (Unione Sindacale di Base) che ha tentato di dare un po’ più di evidenza al fatto organizzando una manifestazione nazionale a Piacenza, 2 ore di sciopero a fine turno nel settore privato e 24 ore nel settore logistica, la dichiarazione di qualche ora di sciopero in alcune fabbriche metalmeccaniche da parte della Fiom-Cgil e un’ora a fine turno per lunedì 19.9.2016 di tutte e tre le sigle sindacali metalmeccaniche nel Veneto, nessuna informazione né assemblea è stata organizzata per ampliare la conoscenza viva dell’episodio e per incitare gli operai alla solidarietà contro i continui attacchi padronali alla vita stessa dei proletari! Si dimostra per l’ennesima volta il reale isolamento che questi lavoratori subiscono nei fatti anche da parte di chi “tuona” contro la precarietà delle condizioni di lavoro, ma nei fatti non organizza una reale lotta contro gli interessi dei padroni riunendo i lavoratori di tutti i settori, di tutte le aziende in una unica lotta contro gli interessi del mercato e del capitale.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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