Revisione della Costituzione repubblicana?

I proletari devono rifiutare il terreno

nel quale vince sempre l'interclassismo.

La loro emancipazione non sarà mai ottenuta con l'inganno democratico

(«il comunista»; N° 146;  Dicembre 2016)

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Un tempo in Italia, tra i politici e gli storici di sinistra, era normale un ammonimento: guai a parlar male di Garibaldi! Finita la seconda guerra mondiale e "vinto il fascismo", l'Italia si trovò di fronte ad un dilemma: conservare la monarchia o passare alla repubblica. Si passò alla repubblica ed ogni repubblica che si rispetti deve avere una Costituzione. Tutti i partiti politici, naturalmente "antifascisti", tra i quali primeggiavano cattolici, socialisti e comunisti (di fede moscovita, naturalmente), si riunirono, discussero e concordarono la stesura della nuova Costituzione della Repubblica italiana. Da allora, la classe dominante borghese, rappresentata in parlamento da tutte le tendenze politiche, dai monarchici ai fascisti, dai cattolici ai socialdemocratici, dai liberali ai repubblicani ai socialisti, dagli azionisti ai comunisti staliniani, ammonirono: guai a parlar male della Costituzione!

Tra le tante cose che l'Italia democratica ha ereditato dal fascismo vi è stato anche il conservatorismo attraverso il quale la Chiesa cattolica, abbandonando i suoi vecchi interessi legati ai regimi monarchici, si agganciava definitivamente al regime borghese; coi patti lateranensi del 1929 lo Stato italiano (allora ancora Regno d'Italia) e il Vaticano stabilivano le nuove relazioni tra  di loro, relazioni che sancivano la completa adesione della Chiesa di Roma al mondo borghese e, quindi, al regime mondiale del Capitale. Ma era interesse della borghesia dare alla Chiesa lo spazio non solo "morale" e "spirituale", ma anche materiale ed economico, affinché continuasse la sua opera di intossicazione religiosa tra le masse, sia sul piano direttamente chiesastico, sia sul piano scolastico, sia su quello, in cui la sua opera è sempre stata particolarmente efficace e utile per ogni classe dominante, della carità e della consolazione nei confronti delle masse sfruttate bestialmente dal capitalismo, dei poveri, dei derelitti, degli emarginati.

Caduto il regime fascista, la classe dominante borghese poté così contare su due forze particolarmente influenti sulle masse contadine e proletarie: il cattolicesimo e lo stalinismo, le stesse forze che avevano consentito alla borghesia italiana di mobilitare per la guerra le grandi masse prima dalla parte dell'imperialismo fascista e poi dalla parte dell'imperialismo democratico.

La classe dominante borghese italiana nella seconda guerra mondiale si comportò come da tradizione: ambigua e traditrice. La forte alleanza che, prima dello scoppio della guerra, la legava ad alcuni Stati (nella prima guerra mondiale all'Austria e alla Prussia, nella seconda alla Germania) veniva sistematicamente cancellata, passando al nemico di ieri diventato amico "di oggi" e, nel caso del 1945, addirittura "liberatore".

Oltre che sul conservatorismo, la borghesia italiana poté contare sul prodotto politico più efficace che il fascismo lasciò in eredità alla democrazia: l'interclassismo! Non a caso la Costituzione repubblicana mette in cima al proprio testo: la Repubblica italiana è fondata sul Lavoro, concetto che richiama direttamente la fascista Carta del Lavoro, varata il 21 aprile 1927. Certo, la Carta del Lavoro conteneva i principi del corporativismo, del sindacalismo fascista e della politica economica fascista. Ma, al di là delle forme, indubbiamente diverse, la sostanza di quella Carta la si ritrova nella nuova Costituzione repubblicana. Il corporativismo è una forma molto più centralistica dello stesso interclassismo che ispira le relazioni industriali tra sindacati imprenditoriali e sindacati operai; il sindacalismo fascista non è che l'espressione più diretta, aperta e centralizzata dello stesso sindacalismo tricolore a cui si sono richiamati e legati i nuovi sindacati democratici fin dalla loro costituzione sotto la protezione dei "liberatori" americani, della "nuova" borghesia democratica italiana e dello stalinismo moscovita. La politica economica fascista, ispirata alla centralizzazione capitalistica attraverso l'intervento diretto dello Stato nell'economia del paese, ha trovato la sua continuità nell'economia della ricostruzione e del rilancio del capitalismo italiano proiettato inesorabilmente verso una più larga e profonda industrializzazione per passare da un'economia agricolo-industriale ad una economia industriale e, quindi, prepotentemente capitalistico-finanziaria. L'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, fondato nel 1933 dal fascismo per evitare - in seguito alla crisi mondiale iniziata nel 1929 - il fallimento delle principali banche italiane e delle aziende a loro collegate, è sopravvissuto alla guerra ed ha continuato a svolgere la sua primaria funzione di ente pubblico per l'industrializzazione del paese. I settori economici più importanti facevano infatti capo all'IRI: le maggiori banche, l'industria degli armamenti, la siderurgia, la cantieristica navale, la meccanica, le costruzioni e le infrastrutture, il trasporto ferroviario, aereo e marittimo, le teleradiodiffusioni, le poste e le telecomunicazioni, l'alimentare e la grande distribuzione. Nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1000 società con oltre 500 mila dipendenti; nel 1993 era al 7° posto nella classifica mondiale delle società per fatturato; durò fino al 2002, quando venne smontato del tutto, dopo averlo ristretto, pezzo dopo pezzo, nel corso delle "privatizzazioni" che lo sviluppo capitalistico prevede sistematicamente, soprattutto quando le società a capitale privato possono incamerare gli effetti positivi degli investimenti pubblici, intascando profitti pur avendo sborsato capitali molto inferiori a quelli  necessari in un mercato non condizionato dall'intervento statale.

Tornando all'aspetto politico e sociale della nuova Costituzione repubblicana, era interesse di tutte le forze politiche "democratiche" riunite in parlamento che - in una situazione in cui la classe proletaria era  completamente ingabbiata dallo stalinismo nell'interclassismo mascherato da falso comunismo, mitizzante il "socialismo reale" di marca russa e inneggiante ad una "via nazionale al socialismo" - si facessero coincidere i loro propositi in una dichiarazione di principi che andasse bene a tutte; e, per andare in opposizione alla fascista Statolatria, non avevano da scegliere se non un diverso tipo di idolatria: quella dell' Individuo, la sacra e inviolabile dignità della persona umana, cosa che si sposa perfettamente con il mito della Nazione (così caro alla classe dominante borghese, fascista o democratica che sia). "Quando una cosa è divenuta sacra e inviolabile per tutti (...) questa è la prova certa che se ne fregano tutti nella stessa suprema misura" (1).

La teoria del comunismo rivoluzionario non si fonda sull'inviolabilità dell'individuo, né sul mito della nazione, della patria, dello Stato, perché non basa il comunismo sul modo di produzione capitalistico e, quindi, non prevederà mai che nel trapasso dall'epoca capitalista a quella socialista vi sia "una repubblica in cui i borghesi ammettono i lavoratori, ma una repubblica da cui i lavoratori espellono i borghesi, in attesa di espellerli dalla società, per costruire una società fondata non sul lavoro, ma sul consumo" (2).

I borghesi, e tutte le forze interclassiste, parlano di lavoro, e non di lavoratori salariati; per i capitalisti il mito del lavoro maschera la realtà dello sfruttamento del proletariato, dal quale estorcono il pluslavoro, quindi il plusvalore. Da comunisti siamo tenacemente antiborghesi, quindi contro qualsiasi forma costituzionale che la classe borghese dà alla propria organizzazione dello sfruttamento del lavoro salariato. Riformano, rivedono la loro Costituzione? Lo fanno solo per ingannare ancor più le masse proletarie. Nel socialismo non ci sarà posto né per l'individuo, né per l'azienda, né per il denaro: le priorità saranno le esigenze della collettività sociale in vista della società di specie, del comunismo.

 


 

(1) Vedi "Abbasso la repubblica borghese, abbasso la sua costituzione", Prometeo, n. 6 del 1947.

(2) Ibidem.

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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