Anche Marx si sta rivoltando nella tomba

(«il comunista»; N° 153; Maggio 2018)

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Tra le tante notizie ricavate dai giornali sui 200 anni dalla nascita di Karl Marx (5 maggio 1818) riprendiamo questa che sinteticamente dà l'idea di come in questa putrescente e mercificata società tutto si trasforma in articolo di commercio.

"Pneumatici, jeans, persino una carta di credito: le parole e l'immagine del barbuto padre del comunismo - che domani compie 200 anni - sono state saccheggiate dalla pubblicità" (Cfr il Venerdì, 4.5.2018). Certo, i creativi della pubblicità non hanno atteso la data fatidica del duecentesimo anniversario per saccheggiare le parole e l'immagine di Marx. Nel 1962, l'azienda di autonoleggio Avis si presentò come numero due del mercato citando il Manifesto di Marx-Engels, con lo slogan: "Numeri due di tutto il mondo, unitevi!". Di recente una campagna del servizio sanitario inglese diceva: "da ognuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni"; la fonte non era citata... ma era evidente il nesso con il famoso detto marxista. E come non ricordare la copertina di Sgt.Pepper dei Beatles, del 1967, con l'immagine di Marx in bianco e nero che fa capolino tra Oliver Hardy e H.G. Wells. L'immagine di Marx, le sue parole e i suoi concetti - naturalmente tolti completamente dal loro contesto sferzante e critico nei confronti della società del capitale - sono state strausate da tutti gli opportunisti di ogni epoca, e in particolare dagli stalinisti, e poi dai maoisti, che dovevano far passare l'introduzione e lo sviluppo del capitalismo nazionale come fosse la realizzazione del "socialismo", simboleggiando le loro teorie con la sequenza delle immagini di Marx, Engels, Lenin e naturalmente Stalin e Mao. Ma la creatività borghese non ha limiti né tantomeno pudore. Levi's, fabbricante di famosi jeans, utilizzò Marx associando due eventi "storici" del 1883:  i primi jeans color indaco e la morte di Marx. Anche la Omnitel, la compagnia di telefonia fondata dalla Olivetti, utilizzò l'immagine di Marx in una campagna pubblicitaria della fine degli anni Novanta dal titolo "La parola a chi lavora", mostrando Marx con il telefonino in pugno e barba colore del marchio. Le vicende pubblicitarie, nei normali alti e bassi dei cicli commerciali, ogni tanto dimenticavano la faccia di Marx ma a cicli la riprendevano. E così la si ritrovava, ora nella pubblicità della Vespa Piaggio ("Gennaio, Febbraio, Marx, Aprile... i ragazzi diventano uomini e Vespa cresce con loro"), ora nella carta di credito della banca Sparkasse di Chemnitz, città della Germania orientale che dal 1953 al 1990 si chiamava Karl-Marx-Stadt, ora nella pubblicità della Dacia Station Wagon o di un'acqua minerale finlandese.

Ci si potevano aspettare cose del genere? Da una classe dominante come la borghesia, dedita costantemente a trasformare qualsiasi elemento della natura organica e inorganica, qualsiasi elemento materiale e immateriale in  merce, in articolo di commercio, non ci si può attendere che questo, se non peggio.

Che la borghesia, per continuare a influenzare le menti delle vaste masse proletarie che sfrutta, martirizza, uccide quotidianamente per rimpinzarsi di profitti, tenti di esorcizzare la paura della rivoluzione proletaria, della rivoluzione comunista, è logico e comprensibile. Come ricorda Lenin, all'inizio del suo Stato e Rivoluzione:"Accade oggi alla dottrina di Marx quel che è spesso accaduto nella storia alle dottrine dei pensatori rivoluzionari e dei capi delle classi oppresse in lotta per la loro liberazione. Le classi dominanti hanno sempre ricompensato i grandi rivoluzionari, durante la loro vita, con implacabili persecuzioni; la loro dottrina è stata sempre accolta con il più selvaggio furore, con l'odio più accanito e con le più impudenti campagne di menzogne e di diffamazioni. Ma, dopo morti, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per così dire, di cingere di una certa aureola di gloria il loro nome, a 'consolazione' e mistificazione delle classi oppresse, mentre si svuota del contenuto la loro dottrina rivoluzionaria, se ne smussa la punta, la si avvilisce. La borghesia e gli opportunisti in seno al movimento operaio si accordano oggi per sottoporre il marxismo a un tale 'trattamento'. Si dimentica, si respinge, si snatura il lato rivoluzionario della dottrina, la sua anima rivoluzionaria. Si mette in primo piano e si esalta ciò che è o pare accettabile alla borghesia". Era il 1917. Oggi, a cent'anni dalla rivoluzione bolscevica che fece tremare i polsi ad ogni cancelleria imperialista, il trattamento di cui parlava Lenin si è allargato non solo alla dottrina e al nome dei grandi rivoluzionari, ma anche alla loro immagine. Trasformandoli in icone inoffensive, in foto da pubblicare e in manifesti da appendere, si tenta di scacciare anche solo il ricordo della paura che le classi dominanti di tutto il mondo ebbero - con ragione! - per una decina d'anni, dalla rivoluzione del 1917 in Russia alla rivoluzione cinese del 1927. Poi, la sconfitta del proletariato occidentale e della rivoluzione proletaria di Russia aprì le porte alla controrivoluzione che non ebbe alcuno scrupolo nell'utilizzare tutto l'odio e la spietatezza di cui era capace, e tutti i mezzi, dai più brutali ai più raffinati, per strappare dal cuore e dalle menti dei proletari anche solo il ricordo della gloriosa lotta rivoluzionaria di quegli anni.

Ma le "icone inoffensive" non salveranno alcuna classe dominante, alcuna borghesia: la storia è dalla parte della rivoluzione proletaria! La società delle merci, dei capitali, della proprietà privata, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo è segnata: sarà seppellita dagli stessi proletari sul cui sfruttamento si è arricchita.

Marx morì il 5 maggio 1883. Engels, il 28 giugno dello stesso anno, dovette firmare da solo la Prefazione all'ennesima edizione tedesca del Manifesto del partito comunista. La riprendiamo perché sintetizza in modo chiaro e netto il contenuto storico-dialettico del Manifesto, e il ruolo che ha avuto Marx ponendo in questo modo le basi anche dottrinali del comunismo rivoluzionario, che chiamiamo tradizionalmente marxismo. Engels scrisse:

"Purtroppo debbo firmare io solo la prefazione della presente edizione. Marx, l'uomo al quale tutta la classe operaia d'Europa e d'America deve più che a chiunque altro, Marx riposa nel cimitero di Highgate, e sulla sua tomba cresce già la prima erba. Dopo la sua morte, non si può più pensare, meno che mai, a una rielaborazione o a un completamento del Manifesto. Ritengo tanto più necessario di stabilire esplicitamente ancora una volta quanto segue.

"L'idea fondamentale che compenetra di sé il Manifesto, che la produzione economica, e la struttura della società che da essa necessariamente consegue, forma, in ogni epoca della storia, il fondamento della storia politica e intellettuale di tale epoca; che quindi (dopo il dissolversi della antichissima proprietà del suolo da parte delle comunità) tutta la storia è stata storia di lotte fra le classi, lotte fra classi sfruttate e sfruttatrici, dominate e dominanti, e in diversi stadi dell'evoluzione della società; che però tale lotta ha raggiunto ora uno stadio nel quale la classe sfruttata e oppressa (il proletariato) non si può più emancipare dalla classe che la sfrutta e l'opprime (la borghesia), se non liberando allo stesso tempo per sempre tutta la società dallo sfruttamento, dalla oppressione e dalle lotte fra le classi  - questa idea fondamentale appartiene esclusivamente a Marx. Ho detto questo già molte volte; ma proprio adesso è necessario che sia premesso anche al Manifesto stesso.

 

F.Engels    Londra, 28 giugno 1883". 

 

 

 

 

Partito comunista internazionale

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