Quadrante

Caporalato, l'odore dei soldi

(«il comunista»; N° 154; Luglio 2018)

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Caporalato, un business che non teme le inchieste e che continua al di là delle denunce, delle indagini, dei processi, degli arresti e della nuova legge 199/2016 che prevede l'arresto anche del datore di lavoro oltre che l'arresto del caporale e il sequestro e la confisca dei beni utilizzati per il reclutamento e lo sfruttamento.

Lo sfruttamento bestiale dei braccianti, per lo più senza documenti, clandestini, nascosti alle "autorità" in luoghi lontani da occhi indiscreti, continua senza sosta. Ai trafficanti di esseri umani che ammassano disperati in fuga dai paesi dell'Africa e dell'Asia (nelle campagne italiane vengono sfruttati braccianti provenienti dal sub-sahel come dall'India), si aggiungono i trafficanti di esseri umani legalissimi in Italia che dispongono della vita di decine di migliaia di profughi e rifugiati dagli altri continenti.

In un articolo pubblicato nel sito di articolo21 (www.articolo21.org/2018/03) sul caporalato è scritto: «E' un mondo brutto, sporco, che gronda sudore e rabbia per un verso. Ma è un mondo ricchissimo costellato di Ferrari nel pagliaio, evasione milionaria e chili di droga trasportati sotto la frutta per altro verso. Le due facce dell'agricoltura pontina che Marco Omizzolo [un giornalista che denuncia questo fenomeno da anni e per questo minacciato sistematicamente dalla camorra] racconta da anni e che lo hanno reso scomodo. Bersaglio. (...) Il suo pallino, il suo cruccio, l'oggetto di uno studio sociologico e di un lavoro giornalistico che da anni descrivono la situazione nell'agro pontino, purtroppo replicata in tanti altri polmoni agricoli del paese, dove il lavoro ai braccianti stranieri viene pagato meno di due euro l'ora e dura fino a 12 ore al giorno, senza sosta. (...) è un'analisi che, a guardar bene, non riguarda la criminalità organizzata ma un'intera economia criminale che ruota attorno alla filiera dei prodotti agricoli in Italia, che sono a loro volta una delle migliori voci del pil. Le organizzazioni controllano in modo metodico e capillare tutto (...) Un business che non conosce sosta né teme le inchieste, che pure sono state moltissime. Ndrangheta e mafia "vigilano" sui mercati, gestiscono il grosso del traffico su gomma, impongono i prezzi e mettono in piedi frodi sui fondi dell'Unione Europea per l'agricoltura. Più in basso ci sono loro, i braccianti stranieri, l'ultimo anello della catena dello sfruttamento. Se si guarda solo a Latina, un intero settore si regge su circa ventimila lavoratori senza diritti che hanno anche condizioni di vita assurde, abitano delle baracche che l'imprenditore mette a loro disposizione, quando va bene. L'affitto viene pagato a rate detraendolo dallo stipendio già bassissimo. E intanto si va verso un gradino ancora più basso: la questura indaga sull'utilizzo come braccianti di alcuni migranti ospiti di centri di accoglienza autorizzati. Lavoratori che costano ancora meno, perché aggiungono una misera paga alla quota giornaliera prevista per i centri di accoglienza [e che, per inciso, Salvini, intende ridurre ancor di più]. Tutto illegale, ma tutto fa business. Chi dice che l'agricoltura pontina è l'oro verde di quella provincia non sbaglia, perché è la voce che cresce di più nelle esportazioni e il cliente migliore è la Germania, seguita da un outsider, la Polonia. Un paio di processi e almeno quattro inchieste dicono anche altro: da venti anni il trasporto di ortofrutta e fiori da e per la provincia di Latina è un eccellente vettore per stupefacenti, quintali di hascisc dalla Spagna viaggiano in cassoni stipati sotto carichi di mandarini. Mentre la cocaina è nascosta nei tir che trasportano gerbere da Latina ad Amsterdam e ritorno; è scritto nel processo ai fratelli calabresi Crupi, in via di definizione in queste ore davanti al tribunale di Latina. Il pm ha chiesto 122 anni di carcere. Ed è solo l'ultimo processo che mette in connessione droga e prodotti agricoli. Il mondo dei coloni, dei contadini, degli allevatori messi all'angolo da una cricca solida e spietata di clan che fanno affari con l'agricoltura violando regole e diritti e aggiungendo molta droga».

Eh sì, nonostante tante indagini e processi e ogni tanto condanne vistose, il business legato al caporalato, all'agricoltura e alla droga va avanti imperterrito. Inchieste giornalistiche, denunce coraggiose non sono mai riuscite a bloccare questa attività criminale: come mai? La vera causa di ogni sfruttamento, di ogni attività illegale e criminale, di ogni spietatezza nella spasmodica ricerca del profitto sta nel modo di produzione capitalistico che mette costantemente al centro della "vita" il business, gli affari, non importa se legali o illegali. L'importante è fare soldi sulla pelle dei proletari!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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