Algeria: le manifestazioni di massa possono anche scuotere il clan Bouteflika, ma per rovesciare il capitalismo ci vuole la lotta del proletariato con il programma storico del comunismo rivoluzionario!

(«il comunista»; N° 158; Marzo 2019)

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29 marzo 2019. Per il sesto venerdì consecutivo, in molte città dell'Algeria continuano le manifestazioni di massa contro il presidente Bouteflika e  il suo clan. Ultimamente hanno protestato anche contro il Capo di Stato Maggiore dell'esercito per il timore che l'esercito sia in combutta con il clan presidenziale per aggirare le richieste delle manifestazioni di protesta e mantenere il potere. Un po' come è successo in Egitto, quando l'esercito, con a capo Al Sisi, ha preso il posto del clan di Mubarak dopo aver diffuso l'illusione che sarebbe stato "dalla parte del popolo". Le mobilitazioni di protesta sono iniziate lo scorso 22 febbraio contro la quinta candidatura di Bouteflika alla presidenza del paese; Bouteflika, di fronte all'insistenza delle massicce manifestazioni di piazza si è ritirato dalla candidatura, rinviando però le elezioni che si sarebbero dovute tenere il prossimo 18 aprile e, nel frattempo,  rimanendo con tutto il suo clan al potere. Pubblichiamo di seguito le prese di posizione del partito, del 3 e del 15 marzo scorsi.

 

 

Negli ultimi dieci giorni di febbraio, l’Algeria è stata teatro di dimostrazioni di massa di dimensioni ineguagliabili. Venerdì 1° marzo, secondo la stima della polizia (1), quasi 800.000 persone hanno manifestato ad Algeri e decine di migliaia in altre città. I manifestanti protestano contro la candidatura di Bouteflika ad un quinto mandato presidenziale.

I marxisti, abitualmente, denunciano le elezioni come una “farsa”: non sono, infatti, le schede elettorali che determinano la politica che segue lo Stato borghese, ma, qualunque sia il colore politico degli eletti, gli interessi della classe dominante o una qualsiasi delle sue frazioni. I proletari e le masse sfruttate non devono dare alcuna fiducia al sistema elettorale della democrazia borghese perché, come diceva Marx, è solo un mezzo per ingannare: contro i capitalisti e il loro Stato i proletari possono contare soltanto sulla loro lotta indipendente di classe. Lenin ha spiegato che la più democratica delle repubbliche borghesi non è che una forma della dittatura della borghesia. La funzione delle elezioni è quella di velare la dittatura della borghesia e di deviare il proletariato dalla lotta rivoluzionaria contro di essa facendogli intravvedere la possibilità, senza rischi né particolari sforzi, di eleggere i politici che gli sono favorevoli.

Ma perché le elezioni, e con essa tutti i meccanismi della democrazia borghese, possano svolgere efficacemente la loro funzione di difesa dell’ordine borghese, è necessario un minimo di credibilità. Ora, la candidatura di Bouteflika rovina questa credibilità: impotente e incapace di parlare, è per tutti di una figura decorativa, una mummia, un «quadro», che dimostra apertamente l’impostura della farsa elettorale e il disprezzo siderale con cui i leader borghesi considerano la popolazione. Al punto che essi non hanno previsto che le masse chiamate a partecipare a questa grottesca mascherata potessero ribellarsi!

Abituati a governare il paese come vogliono, a risucchiare le sue risorse, ad arricchirsi con i più disparati traffici e a sfruttare i suoi proletari senza che nulla turbi il loro dominio, fiduciosi nelle loro forze repressive e nel loro apparato militare per sedare ogni accenno di ribellione, e nei loro servi politici e sindacali (2) per soffocare qualsiasi contestazione, improvvisamente si trovano di fronte a grandi masse che scendono in strada - benché le proteste siano vietate ad Algeri da anni! – chiedendo la fine del regime! La vastità stessa di queste manifestazioni ha impedito finora il ricorso alla repressione (3), che è in realtà la regola quando i manifestanti sono poco numerosi: in effetti, sarebbe come dare fuoco alle polveri.

I politicanti e gli analisti politici borghesi sono perplessi: che cosa ha messo in moto le masse? Per loro, la drammatica situazione sociale vissuta dai proletari e dalle masse lavoratrici non entra in gioco. Eppure, le istituzioni economiche internazionali scrivevano da diversi mesi che «ciò che il governo algerino teme di più è l’aumento delle proteste sociali che erano apparse nel 2018, in risposta all’incapacità del governo di assicurare servizi di base, come l’acqua potabile, l’igiene e la cura nelle istituzioni pubbliche» (4).

Le condizioni di vita dei proletari sono precarie, i salari sono bassi (un sondaggio ufficiale ONS  li registra da 220 a 174 euro in media al mese per gli operai, a seconda del settore economico) (5), la crisi immobiliare persiste, il tasso di disoccupazione è in aumento ed è stimato a oltre il 17%,  l’inflazione sta galoppando (a dispetto delle cifre ufficiali che dipingono rosea la realtà) ecc. Ciò significa che, al di là della questione delle elezioni e della persona di Bouteflika, sono le cattive condizioni di vita delle masse, la povertà, la miseria e lo sfruttamento, che spiegano la loro «inaspettata» mobilitazione contro la tracotanza imperturbabile dei leader borghesi.

Contro questa situazione, che è la conseguenza del capitalismo, non c’è davvero altro modo di reagire che combattere lo sfruttamento capitalista. Una ripulitura di facciata del sistema, l’avvento al potere di un’altra squadra di politicanti borghesi al posto dell’attuale clan presidenziale, lascierebbero lo sfruttamento dei lavoratori e la povertà delle masse del tuitto inalterati. La «democratizzazione» del regime, magari per mezzo di un’Assemblea costituente, può benissimo far sognare il piccolo borghese, ma per gli operai sarebbe un’illusione supplementare.

I proletari possono contare solo sulle proprie forze; devono evitare di farsi inebriare dall’attuale clima di concordia interclassista. Se la potenza delle mobilitazioni in corso è evidentemente un fattore estremamente positivo per gli scontri futuri, l’indefinitezza completa degli obiettivi al di là dell’opposizione al quinto mandato di Bouteflika, lascia la porta spalancata alle forze borghesi e piccoloborghesi per deviare a loro vantaggio il malcontento delle masse.

Che Bouteflika resti ancora «provvisoriamente», come afferma il suo messaggio del 3 marzo; che il clan presidenziale non torni sui suoi passi o vengano sostituiti da altri politicanti borghesi, è inevitabile che il proletariato si attenda dure lotte: il capitalismo algerino e quello straniero vivono del suo sfruttamento. Alcuni gruppi operai stanno già lottando per rivendicazioni immediate classiste, come gli operai del complesso tessile turco-algerino di Relizane attualmente in sciopero ad oltranza, o gli insegnanti qualche mese fa.

Ma sarà per gli obiettivi generali di classe, sulla base del programma storico del comunismo e in unione con i loro fratelli di classe dei paesi del Maghreb e del mondo, che essi si dovranno organizzare in partito di classe e condurre la lotta contro il capitalismo. Essi potranno allora attirare in questa lotta anche alcuni elementi degli strati sociali delle classi medie, invece di essere manipolati e trascinati da loro in nome della democrazia e della nazione, in un’unione interclassista dalla quale hanno tutto da perdere.

 

Abbasso il capitalismo, i suoi servitori di ogni specie e lo Stato borghese!

Viva la lotta di classe e la solidarietà proletaria oltre ogni confine!

Viva la rivoluzione comunista internazionale!

 

3/3/2019

 


 

(1) Secondo TSA, 1/3/19

(2) Sidi Saïd, Segretario Generale della UGTA (vecchio sindacato unico), il 14/2 ha minacciato di punire i sindacalisti che non avrebbero sostenuto Bouteflika! Il primo febbraio aveva firmato formalmente a Batna con le organizzazioni padronali una dichiarazione di sostegno al quinto mandato... Ma il fallimento bruciante della manifestazione del 24/2 davanti alla sede del sindacato mostra che l’entusiasmo dei burocrati  per Bouteflika non sembra proprio condiviso dai lavoratori.

(3) Si è avuto un morto nella manifestazione del 1/3, sembra durante un parapiglia causato dal lancio di  lacrimogeni. Va notato che i poliziotti algerini sono molto meno armati delle loro omologhi francesi, o italiani!

(4) Rapporto del Carnegie Endowment for International Peace. Si tratta di una fondazione imperialista americana il cui obiettivo è la promozione degli interessi degli Stati Uniti nel mondo. Cfr. aawsat.com, 12/1/19.

(5) Cfr. Algerie Part, «Quanto guadagnano gli algerini?», 9/12/2017.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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