Sulle Vie della Seta

L'imperialismo italiano alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato si apre anche all'imperialismo cinese spinto ad un espansionismo planetario

(«il comunista»; N° 158; Marzo 2019)

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Il 23 marzo, a Roma, è stato firmato, dal presidente del consiglio italiano Conte e dal presidente cinese Xi Jinping, il Memorandum l'Intesa tra Italia e Cina sulla collaborazione nell'ambito della Via della Seta Economica e dell'iniziativa per una Via della Seta marittima del XXI secolo. Dieci le intese commerciali, dai porti all'energia, e diciannove quelle istituzionali, che riguardano arance, reperti archeologici, esplorazione spaziale, gemellaggi tra città e regioni d'Italia e Cina. Ventinove accordi per un totale di 2,5 miliardi, anche se il potenziale è di 20 miliardi, come annunciato dal vicepremier Di Maio. Così si può leggere nel sito "affariitaliani.it". A fine aprile è previsto un viaggio di Conte in Cina per incrementare gli accordi, ad esempio con le italiane Terna e Italgas, ed estendere l'interesse cinese ai porti non solo di Trieste e di Genova, ma anche di Taranto, e per affrontare il delicatissimo tema della telecomunicazioni (rete 5G).

Cerchiamo di puntualizzare alcuni aspetti di un accordo che ha sollevato molte critiche da parte dei paesi imperialisti alleati dell'Italia, a partire dagli Stati Uniti per finire con la UE.

1. L'Italia è il primo paese del G7 a firmare un accordo sul gigantesco progetto cinese delle Vie della Seta; progetto gigantesco dal punto di vista dei propositi della Cina moderna relativi alla necessaria spinta che sente l'imperialismo di Pechino rispetto allo sviluppo dei suoi traffici col mondo. Parliamo di propositi perché, a parte qualche accordo specifico con qualche paese dell'Asia centrale  per la costruzione di alcune infrastrutture terrestri e qualche acquisto strategico in Europa, come nel caso del porto greco del Pireo e il gemellaggio finanziario esistente tra il Pireo e il porto di Shangai attraverso  una grande società cinese, la Cosco Shipping, che è la principale azionista in entrambi i porti. Non va dimenticato che è già dal 2013 che Xi Jinping ha annunciato ufficialmente la volontà di attuare queste Vie della seta con l'apertura di sette corridoi, sei terrestri e uno marittimo, coi quali collegarla a tutta l'Asia, al Medio Oriente, all'Africa e all'Europa

2. Il fatto che l'Italia abbia firmato questo accordo, muovendosi indipendentemente dalle critiche e dalle pressioni di Washington e Bruxelles, tende a scostare la politica imperialista italiana dallo stretto abbraccio euro-unionista e dall'assoluta dipendenza da Washington. Ciò non significa che l'imperialismo italiano intenda perseguire i suoi interessi scontrandosi con gli altri imperialisti alleati; ma gli effetti negativi della crisi economica e finanziaria dell'ultimo decennio, che hanno portato l'Italia alla crescita zero e alla recessione, spingono il governo Lega-Cinquestelle a smarcarsi in particolare dalla UE e a non pestare troppo i piedi al gigante americano il quale deve ancora trovare il modo di concordare con quello che al momento appare come il suo concorrente mondiale principale, appunto la Cina, relazioni reciprocamente convenienti.

3. Questo accordo, in verità, sebbene preveda un incremento importante degli affari italiani con la Cina, e viceversa (e sebbene il proposito del governo di Roma sia quello di esportare di più in Cina rispetto a quanto è avvenuto finora, abbassando il gap tra le importazioni cinesi e le esportazioni italiane), se viene confrontato con gli scambi della Germania e della Francia con la Cina (tanto per rimanere in ambito UE), è ancora lontana da poter essere considerato di grandissimo peso. Andranno, in ogni caso, verificati in seguito i reali risultati dal punto di vista economico e finanziario per entrambe le parti. Indiscutibilmente la sua valenza politica, soprattutto in un periodo in cui gli USA stanno cercando di contenere il più possibile l'espansionismo dell'imperialismo cinese, risulta di interesse tanto per l'imperialismo cinese quanto per l'imperialismo italiano.

4. L'accordo con l'Italia apre alla Cina una finestra importante sull'Europa, perché l'Italia è un paese del G7, perché è uno dei fondatori dell'Unione Europea, perché la sua posizione centrale nel Mediterraneo risulta senza dubbio strategica anche per i commerci cinesi che vi arrivano via mare attraversando il Canale di Suez e per i buoni rapporti che l'Italia ha in generale con i paesi del Medio Oriente, al di là degli schieramenti obbligati per il fatto di essere un paese Nato. L'accordo con la Cina, per l'Italia, apre un possibile ruolo all'imperialismo di casa che, aumentando gli scambi commerciali e i rapporti diplomatici con la Cina, potrebbe riuscire a recuperare un po' di voce in capitolo che da tempo non ha più in Europa.

5. Le cosiddette "Vie della Seta", terrestri e marittime, denominazione che ricorda la lontana Via della Seta che la Cina aprì con l'Occidente ai tempi di Marco Polo, sono i corridoi attraverso i quali la Cina tenta di togliersi dall'isolamento terrestre e marittimo che ha vissuto fino a qualche decennio fa, intensificando i suoi traffici con tutti i paesi attraversati da questo corridoio ed espandendo la sua influenza politica, diplomatica, economica e finanziaria su cui impostare la nuova politica espansionista che non potrà passare se non dal rafforzamento della sua forza militare, soprattutto navale e aerea. E' questo che tutti i concorrenti imperialisti temono.

6. Si erge, quindi, una nuova potenza imperialista su un mondo che vede: l'imperialismo britannico in netto declino; l'imperialismo francese che tenta di mantenere una posizione di privilegio anche se ridotta; l'imperialismo tedesco, senza dubbio il più forte tra gli europei, ma ancora privo di una corrispondente forza militare; l'imperialismo americano, in difficoltà, pur rimanendo l'imperialismo più forte al mondo e con una capacità di intervento sul pianeta con cui nessun altro può ancora competere; e l'imperialismo russo, in stentato recupero della vecchia forza che gli permise di associarsi a quello americano in un condominio mondiale dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Il mondo sta cambiando perché i rapporti di forza tra gli imperialismi più forti stanno cambiando.

7. L'ordine mondiale uscito dalla seconda guerra imperialista, non tiene più come nei trent'anni dal 1945 in poi. Gli equilibri, lentamente, e con qualche periodico strattone violento, stanno modificandosi. Le potenze imperialiste, in particolare le nuove, come la Cina, e le vecchie ma ancora sotto controllo militare, come Germania e Giappone, si stanno preparando a scontri ben più violenti che nel 1939.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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