IL PROLETARIO

Pagina di intervento sul terreno immediato del Partito Comunista Internazionale per la riorganizzazione operaia indipendente e per la ripresa della lotta di classe


 

Il concetto di senza-riserva che il marxismo applica al proletariato

(«il proletario»; N° 12-bis; Supplemento a «il comunista» N. 159 - Maggio 2019)

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Il testo di partito “Raddrizzare le gambe ai cani”, del 1952, dal quale riprendiamo una citazione sulla questione del proletariato come classe dei senza-riserve, fa parte del lavoro pluriennale di riproposizione delle tesi classiche del marxismo nel periodo di restaurazione della dottrina marxista, in contrasto con la devastazione staliniana, al quale si dedicarono le forze che ricostituirono il partito comunista internazionalista, durante e dopo la fine del secondo macello imperialista mondiale, in strettissimo collegamento con la corrente della Sinistra comunista d’Italia e le sue battaglie di classe. E’, d’altra parte, uno dei testi che contribuirono a chiarire le posizioni marxiste corrette rispetto alle deviazioni di cui si fece vettore in quel tempo il gruppo che, nella prima grande scissione del partito, si impossessò della sua testata, Battaglia comunista.

In questo testo è condesata una trattazione in diretta critica con le formulazioni sbagliate (chiamate “controtesi”) che le correnti opportuniste, e in particolare la sua variante staliniana, hanno diffuso a piene mani per decenni, alle quale sono state opposte le classiche tesi marxiste in campo storico, economico e filosofico in perfetta continuità con la difesa della dottrina marxista, della sua possente unità e dialettica organicità che nessun fatto “nuovo”, né al 1952 né al 2014 ha potuto e potrà  incrinare.

La citazione che riprendiamo, dal capitoletto dedicato alle “Controtesi e tesi economiche”, chiarisce sinteticamente il concetto marxista di senza-riserva.

 

“Controtesi 1. Il ciclo di svolgimento dell’economia capitalista va verso una continua depressione del tenore di vita dei lavoratori, cui viene lasciato solo quanto basta ad alimentare la vita.

Tesi 1. Ferma restando la dottrina della concentrazione della ricchezza in unità sempre maggiori in volume e minori in numero, la teoria della crescente miseria non significa che il sistema di produzione capitalistico non abbia aumentato enormemente la produzione dei beni di consumo rompendo la produzione parcellare e il consumo entro isole chiuse, progressivamente aumentando la soddisfazione dei bisogni per tutte le classi. La teoria marxista significa che, nel fare questo, l’anarchia della produzione borghese disperde i nove decimi delle centuplicate energie, espropria spietatamente tutti i medi detentori di piccole riserve di beni utili, e quindi aumenta enormemente il numero dei senza-riserva che consumano giorno per giorno la remunerazione, in modo che la maggioranza della umanità è senza difesa contro le crisi economiche, sociali e di spaventosa distruzione bellica al capitalismo inerenti, e contro la sua politica preveduta da oltre un secolo di esasperata dittatura di classe”.

 

Era ed è, infatti, molto diffusa l’idea che lo sviluppo del capitalismo produca, mentre aumenta la ricchezza sociale che si appropria la classe borghese dominante, un aumento della depressione economica dal lato dei lavoratori salariati e che questa depressione economica, riguardante la maggioranza della popolazione, messa a confronto con il benessere economico riguardante la minoranza della popolazione, spieghi il fenomeno della miseria crescente nel capitalismo.

In realtà il capitalismo, sviluppando la produzione sociale, aumenta enormemente la produzione di beni di consumo rispetto ai modi di produzione precedenti; ma tale enorme disponibilità di beni di consumo, essendo i beni di consumo (detti anche mezzi di sussistenza) delle merci e soltanto merci, è sottoposta alle leggi del mercato, quindi, possono essere consumate effettivamente solo se comprate al prezzo deciso nel gioco della concorrenza mercantile. Ecco, dunque, che la produzione sociale, che caratterizza la produzione capitalistica e che è il risultato del lavoro associato sottoposto dal capitale al rapporto salariale e alla produzione per aziende, viene regolata nel mercato, dove ciascuna azienda porta la sua produzione, in cui vige la legge del valore (ogni prodotto-merce è, per il capitalismo, un valore di scambio prima che un valore d’uso) e in cui la produzione sociale si scontra con l’anarchia della produzione (la produzione per aziende è sottoposta ai rapporti di proprietà borghesi, perciò la produzione capitalistica pur avendo la caratteristica di essere non più produzione individuale ma sociale, non è generalmente pianificabile né a livello settoriale, né a livello nazionale né, tantomeno, a livello internazionale; è la concorrenza capitalistica che impedisce una pianificazione oculata, ordinata e razionale a livello generale della produzione).

La disponibilità dei beni di consumo, dei mezzi di sussistenza, e dei beni utili alla conduzione della vita quotidiana, è accessibile solo in quanto merci. Lo sviluppo dell’industria e l’applicazione delle innovazioni tecniche alla produzione aumenta enormemente la produttività del lavoro e, quindi, la massa di prodotti da vendere al mercato; la produzione capitalistica ha come sbocco il mercato e nel mercato accedono tutti coloro che hanno a disposizione denaro per acquistare ciò che serve e ciò che piace. La grande maggioranza della popolazione vi accede con una disponibilità di denaro limitata; il proletariato con una disponibilità di denaro molto limitata (il salario), praticamente quella che corrisponde all’acquisto dei beni di sussistenza, ai prezzi di mercato, affinché possa ricostituire la sua forza lavoro da offrire giorno dopo giorno al capitalista di turno. Rispetto all’aumento generale dei prodotti disponibili sul mercato, e maggiormente accessibili ai capitalisti, corrisponde tendenzialmente la riduzione dell’accessibilità generale ai prodotti presenti sul mercato da parte dei proletari. E tale condizione di miseria crescente dei proletari diventa più acuta e drammatica nei periodi di crisi economica, di carestia e di devastazione bellica, fenomeni inerenti al capitalismo, alla società dominata dalla dittatura di classe della borghesia.

Secondo il comunismo rivoluzionario l’obiettivo della lotta proletaria e rivoluzionaria non è  la riappropriazione individuale dei mezzi di produzione e della produzione, ma la disponibilità sociale della produzione sociale. I proletari nella società capitalistica, per obiettivo storico, hanno il superamento della società divisa in classi, dunque una società di specie che utilizzerà lo sviluppo delle forze produttive a beneficio dell’intera specie umana e delle sue esigenze di vita senza aver bisogno di accumulare la ricchezza sociale (mezzi di produzione e prodotto sociale) nella forme della proprietà privata e dell’appropriazione privata, ma organizzando la produzione e la  sua distribuzione razionalmente, mettendola a disposizione, per l’appunto, dell’intera collettività umana. Non esisteranno più proprietari e nullatenenti, occupati e disoccupati, ricchi e poveri, capitalisti e proletari; non esisteranno più la classe dei possessori di tutta la ricchezza sociale, gli appropriatori di ogni riserva, e la classe dei senza riserve, perché non esisterà più il sistema economico basato sul capitale e il lavoro salariato e i rapporti di produzione e sociali da esso derivati.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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