Fabbrica dell'Alluminio di Bécancour (ABI, Québec).

Dopo 18 mesi di serrata, vanno tirate le lezioni di una sconfitta

(«il comunista»; N° 161 ; Ottobre 2019)

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L’11 gennaio 2018, alle tre del mattino, 300 scagnozzi reclutati dal padrone dell’ABI, nei pressi di Trois-Rivières, misero alla porta i lavoratori del quarto turno di notte. Lo stabilimento appartiene a Rio Tinto Alcan e all’Alcoa, due multinazionali dell’alluminio (1). Ai lavoratori non venne nemmeno dato il tempo di fare la doccia dopo essere stati a contatto con prodotti tossici durante le ore di lavoro! Questa misura è stata seguita dalla cacciata di oltre un migliaio di lavoratori dell’ABI in 18 mesi!

Durante questo periodo la produzione è stata assicurata, in parte, dai quadri dell’azienda e, in parte, da crumiri appositamente reclutati.

Un anno e mezzo più tardi, il 2 luglio 2019, gli 800 lavoratori presenti ad una assemblea generale hanno votato in maggioranza (il 79,8%) per ratificare l’ultima offerta contrattuale del cartello Alcoa/Rio Tinto. Ciò ha messo ufficialmente fine alla serrata e alla minaccia di chiusura della fabbrica qualora l’accordo fosse stato rifiutato.

L’accordo concluso è meno negativo rispetto alle precedenti proposte padronali, ma rimette in discussione numerose conquiste precedenti. Ad esempio, la serrata ha permesso di diminuire sensibilmente l’organico: dei 1030 lavoratori totali, 130 sono andati in pensione e non sono stati rimpiazzati.

 

IL FRONTE UNITO PADRONATO-GOVERNO CONTRO I PROLETARI

 

Il crimine dei lavoratori colpiti dalla serrata? Di far parte del sindacato dei metallurgici (affiliato alla Federazione dei lavoratori e delle lavoratrici del Québec, FTQ) e di rigettare una nuova convenzione collettiva che riduce le pensioni, prevede di diminuire l’organico e cancella una serie di vantaggi conquistati dai proletari nel tempo.

Il cartello Alcoa/Rio Tinto ha ricevuto l’aperto sostegno del governo del Québec, diretto dal CAQ (2), e dell’impresa Hydro-Québec che è la sua fornitrice di elettricità. La Hydro-Québec ha accettato che ABI non paghi l’elettricità consumata durante il conflitto, giustificando questa misura col fatto che la serrata sarebbe stata un “caso di forza maggiore”. La “giustizia” borghese ha trascinato, intanto, in tribunale i sindacalisti in nome della “libertà del lavoro”.

I capitalisti e il loro Stato, in modo chiaro e prevedibile, hanno lanciato un’offensiva coordinata per cancellare le acquisizioni dei proletari del settore.

 

LA POLITICA BANCAROTTIERA DEL COLLABORAZIONISMO SINDACALE

 

A livello nazionale, le direzioni sindacali si sono accontentate di fare degli appelli alla solidarietà senza cercare di estendere lo sciopero alle altre fabbriche delle multinazionali in Canada o all’esterno del paese. Il contesto, in realtà, era favorevole affinché i lavoratori dell’ABI potessero ricevere importanti sostegni da altri settori del paese. Ma il sindacato dell’azienda ha sperperato le energie proletarie in appelli a tutte le forze politiche borghesi – dal Partito del Québec al Québec Solidaire passando per la CAQ – e anche all’impresa capitalista Hydro-Québec. Ha addirittura depositato una protesta presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT) perché il governo non sarebbe stato imparziale durante il conflitto!

Nello stesso tempo, il sindacato Metallurgico si era allineato alle campagne protezioniste, e ciò ha fatto sì che i giornalisti borghesi scrivessero che “la direzione e il sindacato condividono almeno lo stesso punto di vista rispetto alle famose tasse sull’alluminio decise da Donald Trump”. E il rappresentante del sindacato, citato dall’articolo, si appellava al “governo canadese di  prendere assolutamente le misure che si impongono per proteggere l’economia e l’occupazione in Canada” (3). Questa unione del sindacato con i padroni e lo Stato non ha portato nulla di buono ai lavoratori, ma ha preso, semmai, in contropiede la solidarietà internazionale da parte dei sindacati degli Stati Uniti, del Messico ecc. che si è espressa a favore dei proletari colpiti dell’ABI...

L’andamento di questo conflitto mostra una volta di più, non solo la semplice “passività” del collaborazionismo, ma il ruolo di ammortizzatore e di tampone giocato dalle direzioni sindacali, nel tentativo di spegnere tutti i focolati di lotta, moltiplicando gli appelli al suo sostegno simbolico per deviarne ed impedirne l’estensione reale. Come si può sperare di “spingere a lottare” simili specialisti della lotta contro l’incendio sociale, come farneticano i gruppi dell’ “estrema sinistra”?

 

ALTERNATIVA SOCIALISTA (AS) E RISPOSTA SOCIALISTA (RS), CANTORI DELLA STATIZZAZIONE

 

Questi gruppi trotskisti non hanno altre prospettive da offrire che la presa del controllo dell’azienda da parte dello Stato borghese canadese. RS difende l’idea che “la nazionalizzazione sotto controllo democratico [ma che cosa vuol dire?] è il solo modo di proteggere i nostri posti di lavoro e di assicurare buone condizioni di lavoro” (4), e AS, da parte sua, difende l’idea che “solo la nazionalizzazione delle imprese-chiave dell’economia, come la fabbrica dell’ABI, sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici permetterà alle comunità di porre fine alle cattive condizioni di lavoro e all’inquinamento” (5).

Lo Stato borghese, per questi “socialisti”, è un attore neutro che potrebbe difendere i proletari se coloro che lo dirigono dimostrassero buona volontà o se fossero sottoposti a pressione da parte dei lavoratori. Illusione dannosissima perché non serve che a disarmare i proletari di fronte ad uno Stato che è e sempre sarà il loro nemico!

Per AS, è necessario quindi un sostegno aperto a tutte le forze collaborazioniste che devono, a livello sindacale, organizzare “una giornata nazionale d’azione di tutti i sindacati FTQ” e, a livello politico, proporre un disegno di legge per la nazionalizzazione (da parte degli eletti del Québec Solidaire).

 

LTC E PCC(ML), AVVOCATI DELLA BONZERIA

 

Con stile piuttosto differente, gli spartachisti della Ligue Trotskyste du Canada (LTC) e i vecchi filo-albanesi del Partito Comunista del Canada (marxista-leninista) si sono fatti difensori della bonzeria sindacale.

Per il PCC(ml) si tratta di un sostegno totale e aperto al collaborazionismo; infatti questo partito afferma che “i metodi della sezione locale dei lavoratori dell’ABI nella sua lotta contro la compagnia hanno permesso di raggiungere risultati che i lavoratori cercavano” (6) I lavoratori hanno dunque subìto 18 mesi di serrata perché volevano vedere peggiorate le loro condizioni di lavoro e ridurre la loro pensione!

Questo sostegno si accompagna, naturalmente, col credere nella possibilità di un aiuto da parte dello Stato borghese: “Il governo avrebbe potuto intervenire in ogni momento per stabilire un equilibrio nelle relazioni fra i lavoratori sindacalizzati e il cartello mondiale, un equilibrio che rispetti i diritti dei lavoratori, il benessere e i diritti di tutti nel Québec” (7). Non c’è in realtà di che stupirsi quando si legge che il partito “marxista-leninista” decide di “mettere al primo posto il suo programma per il rinnovamente democratico. Fa appello alla modernizzazione della Costituzione secondo il principio che i diritti ci appartengono di fatto perché siamo degli esseri umani” (8). Difficile immaginare un più grande cretinismo riformista! Ma dietro questo cretinismo c’è un allineamento completo sui valori borghesi.

Da parte sua, la LTC monta anch’essa in cattedra per difendere il collaborazionismo. Ricorda giustamente che i “metodi di lotta – scioperi duri e massicci, occupazioni ecc.” e “la comprensione elementare che i lavoratori hanno interessi diametralmente opposti a quelli dei padroni capitalisti e dei loro governi” sono indispensabili. Denuncia la strategia fallimentare del sindacato Metallurgico e della FTQ che “incatenano i lavoratori alla borghesia e ai suoi partiti”, e le illusioni nello Stato borghese (9). Ma, nello stesso tempo, essa denuncia un articolo dei suoi concorrenti (il Socialist Equality Party, che pubblica il sito wsws.org) che chiede un “comitato di base indipendente dall’apparato sindacale”. Per la LTC, questa “non è che una posizione antisindacale, in quanto chiama i lavoratori ad abbandonare il loro sindacato”, e critica il WSWS perché così “fa causa comune con i padroni nella loro crociata contro i Metallurgici” (10). Assimilare l’organizzazione indipendente dei proletari ad una alleanza con il padronato è degno delle vecchie calunnie staliniane contro tutte le correnti che si trovavano alla loro sinistra, rivoluzionarie o centriste che fossero!

La strategia degli spartachisti consiste nella “costruzione” di una “direzione di lotta di classe” nei sindacati. Ma se i capi sindacali tradiscono gli interessi dei lavoratori, non è un problema individuale di qualche capo che dovrebbe essere rimpiazzato; i capi tradiscono perché gli apparati sindacali sono indissolubilmente legati alle strutture del mantenimento della pace sociale. E’ impossibile che questi apparati, modellati da decenni di collaborazione con i capitalisti, virino di bordo, rompano i legami che li legano strettamente alla borghesia per arrivare ad una politica anti-borghese e ammettano una direzione di lotta di classe.

Questo non significa che non bisogna militare nei sindacati; ma che si può soltanto militare alla base, in contatto con i lavoratori compagni di lavoro e non dell’apparato sindacale; e sapendo bene che, per difendere le posizioni di classe, lo scontro con questo apparato è ineluttabile. Dare come prospettiva quella di cambiare la direzione del sindacato, non è soltanto orientare i proletari verso un’impasse, è oggettivamente sostenere gli apparati sindacali venduti alla borghesia.

 

IL PCR, CAMPIONE DEL “SOCIALISMO SOLTANTO NELLE FABBRICHE”

 

Neppure Partito Comunista Rivoluzionario, che si richiama al maoismo e fa appello, nelle sue dichiarazioni, all’”offensiva rivoluzionaria” e al “potere operaio”, ha difeso una prospettiva proletaria.

Se, da un lato, denuncia il ruolo dello Stato canadese e delle direzioni sindacali, il PCR, dall’altro, avanza una prospettiva profondamente antiproletaria, a dispetto delle apparenze: “per sperare di vincere durevolmente, cioè per non tornare indietro, gli operai e le operaie devono ora lottare per prendere il controllo della produzione, dunque espropriare i capitalisti, e non accontentarsi di farlo in una sola fabbrica, ma impossessarsi della totalità della produzione alla scala del paese e, coordinandosi in seguito, produrre secondo i bisogni reali della società e non per arricchire una minoranza” (11). Come sarebbe possibile prendere il controllo delle fabbriche senza strappare il potere allo Stato borghese? Come sarebbe possibile espropriare i padroni e non produrre più per arricchire i capitalisti senza instaurare la dittatura del proletariato?

E’ la vecchia chimera autogestionaria che, sotto cervellotiche frasi rivoluzionarie, non è altro che un gradualismo riformista col quale far credere alla possibilità di prendere il potere “alla base” senza rovesciare lo Stato borghese con la rivoluzione.

Questa fraseologia pseudo-rivoluzionaria va di pari passo con la politica sindacale interclassista. Il sindacato locale, secondo i maoisti, deve “cercare di organizzare un fronte operaio locale intorno a lui, composto da tutti coloro che sono in grado di sostenere la lotta e partecipare alle azioni fino a quando i capitalisti presentino delle offerte accettabili” e di “interpellare le centrali sindacali affinché queste ultime sviluppino una battaglia popolare per il diritto al lavoro, per condizioni decenti di lavoro e per mantenere i posti di lavoro” (12). Basterebbe ricordare la critica di Marx contro i capi sindacali che avanzavano parole d’ordine “conservatrici”: “un salario equo per un lavoro equo” al posto della parola d’ordine “rivoluzionaria” dell’abolizione del lavoro salariato...

 

AL DI FUORI DEL TERRENO DI CLASSE, NESSUNA VITTORIA È POSSIBILE

 

Di fronte ad attacchi antioperai così potenti, soltanto la lotta determinata con armi di classe (sciopero senza limiti di tempo, blocco della produzione, occupazione e picchetti di sciopero senza preoccuparsi degli interessi dell’azienda o della nazione, estensione della lotta alle altre aziende ecc.) permetterà ai lavoratori di difendersi efficacemente.

L’organizzazione autonoma dei lavoratori sulle basi di classe indipendenti dal collaborazionismo sindacale è la condizione necessaria per opporre all’unione delle forze borghesi e dell’opportunismo il fronte operaio più compatto e più vasto possibile.

Malgrado la sconfitta nella lotta dei proletari colpiti dalla prolungata serrata dell’ABI, e la demoralizzazione che può seguire, questo episodio può tuttavia costituire un passo importante verso la ripresa della lotta di classe, se delle minoranze di lavoratori tireranno la lezione che bisogna lavorare alla costituzione di organismi proletari indipendenti che realizzino, malgrado e contro l’opportunismo politico e sindacale, la crescente unione dei lavoratori che è, secondo Marx, il vero risultato positivo delle lotte operaie, perché getta le basi del futuro assalto rivoluzionario proletario.

La preparazione dello scontro su una base di classe suppone per i proletari d’avanguardia un tenace lavoro di propaganda e di lotta politica mirata a denunciare la logica del capitale, capace in realtà solo di colpire le condizioni di vita e di lavoro dell’insieme dei lavoratori. Essa suppone anche, e contemporaneamente, un lavoro di intervento per preparare una mobilitazione alla base al fine di rispondere colpo su colpo alle offensive dello Stato e dei padroni e per favorire, nei sindacati e al di fuori di essi, un coordinamento attivo dei movimenti di risposta fuori dal controllo dei bonzi sindacali e contro i loro orientamenti traditori. Ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma è solo questa via che il proletariato dovrà imboccare per un’efficace difesa di classe.

Sarà questo il primo passo indispensabile perché i proletari possano acquisire le forze sufficienti per passare in seguito all’attacco rivoluzionario contro il capitalismo.

 

Per la difesa intransigente dei soli interessi operai!

Per il ritorno alla lotta aperta, ai metodi di classe e alla solidarietà proletaria!

Per l’organizzazione proletaria indipendente di classe!

Per la ricostituzione dell’organo supremo della lotta proletaria, il partito di classe rivoluzionario, internazionalista e internazionale! 

 


 

(1) La Alcoa era presente in Italia dal 1967, con due stabilimenti, uno in Veneto (Fusina, Mestre) e uno in Sardegna (Portovesme, nel Sulcis), con sede a Milano. Nel 2017 lo stabilimento di Fusina è stato venduto alla Slim Alluminium (del fondo tedesco Quantum), mentre lo stabilimento di Portovesme è stato chiuso e venduto nel 2018 alla svizzera Sider Alloys. E’ noto che la maggioranza dei lavoratori dello stabilimento di Portovesme sono in lotta da dieci anni e ancora non hanno avuto una risposta definitiva circa il posto di lavoro e il salario. Molte promesse, ma nulla di concreto finora; addirittura, nell’aprile del 2018, in una delle tante trattative consumate a Roma presso il Mise (Ministero dello Sviluppo economico, ministro Pd Carlo Calenda) era stato prospettata all’associazione dei lavoratori la partecipazione all’azienda come azionista (per un totale del 5% della “nuova Alcoa”) e, in più, un posto nel Comitato di sorveglianza, il che ha fatto gongolare sindacalisti, ministro e governo – ma in scadenza visto che le elezioni politiche di marzo 2018 hanno fatto rinculare il Pd al 18% e portato il Movimento 5 Stelle ad oltre il 32%. In realtà dal maggio del 2018 (quando si tenne l’ultimo tavolo di crisi al Mise), non si è saputo più nulla di concreto. La vicenda si è incagliata sul nodo del costo dell’energia elettrica poiché in Sardegna l’energia elettrica costa di più che nel continente e la Sider Alloys non ha alcuna intenzione di sobbarcarsi il costo di 15 euro a Mega Watt che equivalgono a 30 milioni di euro l’anno (il manifesto, 13/6/2019). Intanto gli operai non sanno ancora nulla del loro futuro e il salario non si vede...

(2) CAQ è la sigla della Coalizione Avenir Québec, partito di destra, nazionalista, fondato nel novembre 2011, con a capo François Legault.

(3) Le Nouvelliste, 6/3/2019.

(4) “Les leçons du lock-out à l’ABI”, 11/7/2019.

(5) “Solidarité avec les lock-outés d’ABI: Pour une journée nationale d’actions syndicales!”, 4/6/2019.

(6) “Les travailleurs d’ABI rentrent au travail la tête haute”, Forum Ouvrier, 18/7/2019.

(7) Ibidem.

(8) Les Marxiste-Léniniste, 29/6/2019.

(9) Un an de lockout à ABI”, République Ouvrière, primavera-estate 2019.

(10) “Méfiez-vous des pseudo-socialistes antisyndicaux du World Socialist Web Site”, Ibidem. Due anni fa gli Spartachisti hanno dichiarato, dopo decenni (!), che hanno avuto una linea politica social-sciovinista sotto l’influenza della loro borghesia imperialista americana. A seguito dell’intervento dei loro compagni canadesi, hanno riconosciuto il loro “errore” e si sono ora... adattati ai nazionalismi del Québec e di altri paesi. Nessuna speranza che trovino l’orientamento marxista...

(11) “Lock-out chez ABI: Legault avec les capitalistes”, 16/6/2019.

(12) “Appuyons les travailleurs et travailleuses d’ABI”, 26/3/2019.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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