Dizionarietto dei chiodi revisionistici

Antifascismo

(«il comunista»; N° 161 ; Ottobre 2019)

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Riprendiamo dal vecchio giornale di partito, "battaglia comunista", n. 12, giugno 1952, un'altra voce di un "dizionarietto" che intendeva fissare precisi concetti nella polemica con quelli che abbiamo sempre chiamato "chiodi revisionistici". L'Antifascismo, come la democrazia, l'attivismo, il culturalismo ecc., è uno di questi. Pubblichiamo qui la prima parte, per ragioni di spazio, rimandando al prossimo numero la seconda parte.

 

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Solo chi ha rotto col marxismo (o il marxismo non gli è mai entrato in testa) può stupirsi di veder catalogato l’antifascismo tra i chiodi revisionisti. Già, l’ideologia dell’antifascismo, di cui i dirigenti del P.C.I. hanno eletto non a torto rappresentante Antonio Gramsci, non è affatto conciliabile col pensiero marxista, ma piuttosto con tutte le posizioni di critica alla dominazione del grande capitale che , fin dall’epoca del Manifesto dei Comunisti, si svilupparono per le contraddizioni suscitate dal processo inarrestabile della concentrazione del capitale, esprimendo l’anticapitalismo non rivoluzionario e non classista proprio dei ceti non proletari. Il marxismo non ha mai preteso di monopolizzare l’opposizione sociale al capitalismo, ma solo ha sostenuto in ogni tempo di possedere una concezione della storia e un metodo critico di interpretazione dei fatti sociali, mancanti assolutamente agli ideologi piccolo-borghesi. Perciò, nel Manifesto dei Comunisti, Marx ed Engels allineano le esposizioni critiche dei «socialismi» non dialettici, propri delle classi feudali antiborghesi, della piccola borghesia, degli stessi dottrinari della borghesia perseguenti il sogno di una società borghese senza proletari. Nello stesso momento in cui sorge, il socialismo scientifico si preoccupa principalmente di discriminare rigidamente se stesso dalle ideologie anticapitalistiche dei ceti non proletari, anzi si può dire che sorga proprio in quanto a negare dialetticamente l’anticapitalismo reazionario, l’opposizione non rivoluzionaria, sul terreno critico e politico. alla tirannia del grande capitale. Nella fase dell’imperialismo, espressione tipica di questa opposizione riformista al regime del Capitale è appunto l’antifascismo. Non a caso dunque, la Sinistra Comunista Italiana si definiva e si discriminava compiutamente negli anni 1921-1926, in sede teorica e tattica, lottando contro l’antifascismo come contro il fascismo, cioè contro le forme in cui si esprime rispettivamente la dominazione del grande capitale sfruttatore e la pretesa di combatterne la virulenza con misure legali a base interclassista.

La dura quanto preziosa fatica polemica sostenuta dalla Sinistra Comunista Italiana nel seno della Terza Internazionale non ebbe altro significato che quello di salvare la teoria e la prassi marxista dalla degenerazione antifascista.

Ad un certo punto catastrofico della evoluzione della Terza Internazionale fu chiaro che le forze di centro e di destra della organizzazione proletaria abbandonavano il terreno del comunismo rivoluzionario, confluendo ignominiosamente con l’antifascismo internazionale. Il processo involutivo doveva mettere capo al termine della parabola, alla politica dei Comitati di Liberazione Nazionale, con cui l’opportunismo si saldava indissolubilmente all’imperialismo e alla guerra. Se dalla terribile rovina del partito mondiale del proletariato si salvava tuttavia la teoria marxista e non finiva essa pure stritolata nella totale confusione, ciò si doveva unicamente alla radicale e inflessibile opposizione della Sinistra Italiana contro la dirigenza liquidatrice della Terza Internazionale.

A guardare a ritroso le tappe dell’involuzione reazionaria del Comintern,  ogni scalzacane in vena di teorizzare e di posare a trascinatore di masse è in grado oggi di fare la mirabile scoperta che le prime deviazioni tattiche delineatesi dopo il III Congresso dell’I.C. dovevano necessariamente portare alla smobilitazione della lotta rivoluzionaria e alla ricaduta del movimento operaio nelle sabbie mobili dell’opportunismo. Assai diverso era il compito dei militanti della Sinistra Italiana che dovevano lottare contro le deviazioni inerenti apparentemente solo alla tattica, ma che dovevano ineluttabilmente condurre al rinnegamento totale del marxismo, commesse dalla Terza Internazionale. L’opposizione critica era tanto più faticosa e dura in quanto alla maggioranza dell’organismo internazionale sfuggiva il senso dello scivolamento su posizioni revisionistiche, o era addirittura acquisita più o meno coscientemente la tendenza liquidazionista dell’assalto rivoluzionario al capitalismo internazionale. In tali penose condizioni era inevitabile che la Sinistra Italiana dovesse sentirsi imputare ogni reato di ribellismo e di infrazione della disciplina rivoluzionaria, accuse tanto più disorientanti in quanto era ovvio per tutti che gli errori del partito comunista internazionale includevano certamente pericoli di tremende sconfitte per il proletariato mondiale.

Ieri, e purtroppo anche oggi, qualsiasi Chaulieu di Francia o di altri paesi si erge sui trampoli del ciarlatanismo, credendo di potere impunemente accusare la Sinistra Italiana e il suo continuatore, il nostro partito, di tendere a vivere nel chiuso dei gabinetti di lavoro o delle sedi sezionali.

Buffoncelli imberbi o di antica barba! Svolgere un lavoro di critica nel seno della Terza Internazionale e del Partito Comunista d’Italia, dominati dalle persone divinizzate, o dalle loro ombre non meno pericolose, dei Zinovieff, dei Bucharin, degli Stalin, cui si riconosceva purtroppo dalla maggioranza dei militanti comunisti il privilegio esclusivo della esatta interpretazione della tattica rivoluzionaria, e protestare contro le deviazioni opportunistiche contrapponendo ad esse non nuovi ritrovati teorici, ma l’applicazione esatta della tattica rivoluzionaria alla lotta dell’Internazionale, che era passivismo? era automatismo meccanicistico? L’opera di demolizione critica delle false tattiche prima, del travisamento opportunista dei principi poi, non si concretava in spostamenti  di masse e in successi immediati, ma è indubbio che fuori di essa i maniaci dell’attivismo (che è poi fregola maledetta elettorale) che appestano oggi il movimento operaio non saprebbero nemmeno differenziarsi dal volgare antifascismo messo in essere nei partiti comunisti dalla degenerazione della Terza Internazionale. E’ poca cosa? Allora, avanti gli Chaulieu, avanti i novatori.

La storia della Sinistra Italiana è la storia della violenta scissione del marxismo dal fermentante antifascismo novella reincarnazione di tutte le boiate ideologiche e le imposture demagogiche dell’opportunismo, infiltratesi nel seno dei partiti dell’Internazionale Comunista. Basta percorrere a ritroso la polemica della Sinistra Italiana nel seno della Internazionale Comunista per rendersi conto di questo fatto storico irrefragabile.

 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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