In lotta gli operai della Whirlpool di Napoli e si aggregano anche gli aspiranti “navigator”

(«il comunista»; N° 161 ; Ottobre 2019)

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Napoli, 25 settembre 2019

 

Grande mobilitazione degli operai della Whirlpool di Napoli già in presidio nello stabilimento di via Argine da diversi mesi. La retromarcia della multinazionale americana fatta a maggio di quest’anno e ribadita a Roma  nella  riunione  al Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) in presenza dei sindacati, rispetto agli accordi sottoscritti nell’ottobre 2018  che prevedevano  investimenti  in tutta Italia e l’azzeramento degli esuberi, ha fatto scattare una forte mobilitazione con occupazioni stradali e perfino dell’autostrada Salerno–Reggio Calabria, costringendo i sindacati tricolore, contestati nelle assemblee, ad indire uno sciopero per oggi 25 settembre con corteo verso il consolato americano e una manifestazione generale il 4 ottobre a Roma.

La protesta ha avuto eco in tutta Italia facendo aderire allo sciopero anche i lavoratori di altri siti Whirlpool.

La strategia della multinazionale statunitense di fare abbassare la tensione con promesse demagogiche per poi,  in un secondo momento, rivelare il loro vero programma antioperaio, rientra nella politica di tutte quelle aziende che da decenni sul territorio nazionale, e soprattutto nel napoletano, ha portato  al trasferimento ed alla chiusura di centinaia di aziende coinvolgendo anche l’indotto.

Il contentino che l’azienda vorrebbe dare ai lavoratori sarebbe quello della cessione dello stabilimento  ad un soggetto terzo, detta PRS (Passive Refrigeration Solution) salvando cosi i livelli occupazionali. Ma i lavoratori non ci stanno a ricevere questo “pacco”, cioè la strategia aziendale che mira al licenziamento progressivo dei lavoratori.

Gli operai della Whirlpool hanno capito sulla propria pelle, ma grazie anche alle lotte dei lavoratori degli anni scorsi, che restare chiusi e isolati nella propria fabbrica in attesa di false promesse è una strategia perdente. La solidarietà degli altri lavoratori dello stesso settore è scattata in modo quasi spontaneo anche perché la multinazionale statunitense ha un precedente in merito: in trentino, nel febbraio 2014, chiuse lo stabilimento di Spini di Gardolo, facendo assumere solo 120 operai nella Vetri Speciali, mandando circa 450 addetti in cassa integrazione e senza prospettiva di rientro.

L’irruzione nelle piazze della città ha coinvolto anche il sindaco De Magistris che, nei giorni scorsi, ha ricevuto una delegazione di lavoratori.  Il sindaco, con i suoi atteggiamenti populisti,  non si è limitato alla solita chiacchierata, ma è sceso in piazza con i manifestanti al grido di: “ Whirlpool, Napoli non molla”.  Durante un corteo di questi giorni, giunto alle scale dell’Università centrale di Corso Umberto, il rappresentante dei cittadini si è trasformato in una specie di Masaniello rivoluzionario con tanto di pugno alzato al canto di “Bella ciao”. De Magistris critica il governo accusandolo di non essere stato capace di fare rispettare gli accordi presi con Whirlpool, e ha anche dichiarato altresì di aver chiesto un appuntamento con il ministro dello Sviluppo Economico e che, inoltre,  parteciperà alla manifestazione indetta a Roma per il 4 ottobre.

Ai lavoratori Whirlpool si sono uniti  oggi anche i  “navigator” – specialisti internettiani che hanno il compito di aiutare i giovani disoccupati a trovare lavoro – che, con circa 471 aspiranti, rappresentano  una nuova figura professionale prevista nel decreto sul reddito di cittadinanza. Questi  aspiranti, da mesi chiedono una stabilizzazione alla Regione. Manifestando la loro protesta, hanno fatto irruzione giorni prima ad un convegno tenutosi a Castelvolturno a cui partecipava il presidente della Regione Campania, De Luca che, per reazione, ha abbandonato l’aula. Quest’ultimo dichiara, con toni sarcastici e spregiativi, che non ci sono fondi e che questi aspiranti possono prendere parte al concorso della Regione che si sta svolgendo in questi giorni con migliaia di partecipanti!

Queste “scintille di coscienza classista”, scoccate in questi giorni, mostrano un clima rovente in tutta la città, comprese le carceri, con ripercussioni su tutto il territorio nazionale. La spontanea tendenza all’unificazione delle lotte mostra la direzione di classe che il movimento, ora frantumato e parcellizzato da decenni di democratismo piccolo borghese e di opportunismo, dovrà intraprendere se vuole che le proprie rivendicazioni classiste non rimangano lettera morta.

Le contraddizioni capitalistiche diventano, così, l’oggettivo motore  acceleratore di questa tendenza . Saranno queste lotte a mettere sempre più in evidenza la necessità di una guida politica – che non può che essere il partito di classe – che coaguli queste lotte  impostandole verso un indirizzo di classe e rivoluzionario.

 

Roma, 4 ottobre: i lavoratori di tutti gli stabilimenti della Whirpool si fanno sentire!

 

5 ottobre 2019

 

Massiccia adesione allo sciopero di venerdì 4 ottobre dei lavoratori Whirlpool in tutta Italia contro la cessione dello stabilimento di via Argine di Napoli. Fabbriche ferme e grande corteo, con oltre duemila partecipanti a Roma, sfilato da Piazza della Repubblica fino al Ministero dello Sviluppo Economico.

La protesta dei lavoratori di Napoli ha fatto scattare la solidarietà di tutti i lavoratori Whirlpool con il blocco di tutti gli stabilimenti. Ovviamente non sono mancati i tentativi di boicottaggio da parte dei sindacati tricolore, come quello riuscito ai danni dei lavoratori ex Embraco di Riva di Chieri, gruppo Whirpool, che sono stati fatti scendere in sciopero separatamente il giorno 8 per sole due ore! Questi lavoratori sono usciti dalla fabbrica dopo un’assemblea in cui sono stati illustrati gli incontri di Roma. Essi chiedono al ministero di trovare un piano alternativo a quello che doveva partire circa 14 mesi fa e che prevedeva in un primo momento, poi venuto meno, la cessione della fabbrica alla giapponese Nidec Corporation. Stessa tattica, stesso obbiettivo: chiusura, cassa integrazione e licenziamento.

La reazione dei lavoratori, pur frammentati, è massiccia e senza l’ intervento dell’opportunismo collaborazionista di CGIL,CISL e UIL il “rischio” di unità reale  tra i lavoratori di tutti gli stabilimenti sarebbe alto.

A poche ore dallo sciopero, la multinazionale USA, con una lettera al ministro Putuanelli, chiede formalmente uno nuovo incontro. Isindacati e il governo dovranno iniziare quasi tutto daccapo per fare ingoiare il rospo anche allo stabilimento di via Argine a Napoli. Intanto il presidente del consiglio Conte convoca un incontro con i sindacati per il giorno 9 ottobre come “segnale di attenzione per questi lavoratori”. La diplomazia cammina a braccetto con il lavoro sporco dei bonzi sindacali.

 

Ancora incontri, ancora nulla di fatto

 

Governo e sindacati tricolore si sono incontrati il 4, il 9, l’11 ottobre; incontri che si rincorrevano ma che non hanno portano a nessun risultato: la Whirlpool Emea ha annunciato per iscritto di essere sempre disponibile ad incontrare governo e sindacati, ma resta ferma nella decisione di cedere l’attività degli stabilimenti italiani alla PRS. In pratica ha passato la mano ad un’altra azienda che avrà il compito di smantellare via via la produzione di lavatrici e di licenziare i 430 lavoratori dello stabilimento di Napoli. I sindacati Fiom, Fim, Uilm e Uglm si comportano come la prassi collaborazionista richiede: alzano la voce gridando che gli accordi dell’ottobre 2018 – che prevedevano investimenti e niente esuberi – vanno rispettati, e chiamano il governo perché convinca l’azienda a tornare sui suoi passi, ma nella realtà sono come sempre pronti a qualsiasi compromesso che salvi loro la faccia. Una lotta decisa, dura e che coinvolga almeno tutti i lavoratori del gruppo Whirlpool in Italia, in difesa del salario – e quindi del posto di lavoro – non è prevista: i sindacati tricolore demandano tutta la faccenda al negoziato, agli incontri tra i vari vertici, dell’azienda, del governo e magari della Confindustria. Da parte loro, il compito di tenere a freno la rabbia degli operai lo stanno svolgendo fino in fondo, e di questo nessuna “controparte” ha di che lamentarsi, solo che quella rabbia potrebbe sfuggire al controllo e questo provocherebbe un’ulteriore emergenza, questa volta di ordine pubblico... Lo stesso presidente del consiglio Conte è “sceso in campo”, ma semplicemente per fare il portavoce delle intenzioni della Whirlpool: nessun impegno e nessuna promessa da parte del governo (c’è già stata la promessa, ovviamente mai mantenuta, dell’ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Di Maio che sventolava addirittura la minaccia di sanzioni alle aziende che non  rispettino gli accordi sottoscritti...). Scende in campo anche il presidente della Confindustria Boccia per avvertire il governo che l’emergenza occupazionale va “gestita” e che “la fabbrica è il luogo del lavoro, elemento di coesione del Paese citato dal primo articolo della Costituzione”: ci mancava la sviolinata sulla Costituzione repubblicana... E non poteva mancare il sindaco de Magistris che alza barricate di parole: “Noi non consentiremo che questa esperienza finisca nel peggior modo possibile per incapacità e inconcludenza del Governo che rischia di essere subordinato a una multinazionale”, ma in che modo “non consentirà” che la vicenda Whirlpool finisca “nel peggior modo possibile”... non lo sa nessuno e nemmeno lui! Parole, parole, parole!

Gli operai vivono solo di salario e la loro lotta per il posto di lavoro in realtà punta ad avere certezza del salario: ma questa certezza non gliela danno né l’azienda, multinazionale o meno che sia, né il governo, né il municipio, né tanto meno la Confindustria. In generale, il capitalismo non dà alcuna certezza né sul piano dell’occupazione, e quindi salariale, né su quello della protezione salariale in mancanza di lavoro. E’ però certo che le condizioni di esistenza proletarie sono sempre più incerte, insicure. In questa situazione, cioè quando sarebbe ancor più necessaria la lotta proletaria condotta con durezza per riuscire a strappare ai capitalisti concessioni su cui non intendono cedere, risulta ancor più evidente l’opera devastante del collaborazionismo sindacale e politico che ha seppellito le organizzazioni classiste del passato. La vera emergenza, per questi proletari, non sta solo nel fatto che una grande fabbrica come la Whirlpool licenzi e chiuda, ma risiede nel fatto di non poter contare su un’organizzazione di difesa economica classista, capace di mobilitare la forza operaia in difesa esclusiva dei propri interessi di vita immediati. Far dipendere, sistematicamente, la propria vita, il proprio futuro e il futuro dei propri figli, dalla buona volontà dei governanti e dei capitalisti della vecchia o della nuova gestione della fabbrica, significa arrendersi totalmente alla logica capitalistica, alla logica del profitto che – come dimostrato in migliaia di esempi in tutti questi anni – non ha alcuna pietà per i lavoratori salariati.

L’alternativa, per i proletari di qualsiasi fabbrica, è quella di lottare, unendo il più possibile le forze, senza tener conto delle “esigenze” dell’economia aziendale, o addirittura nazionale, ma esclusivamente delle proprie esigenze di vita. L’unica possibilità di esercitare una pressione sui capitalisti e sul loro governo è di lottare contro le loro esigenze, ed è sulla base di questa lotta classista che è possibile riorganizzare le forze proletarie in associazioni economiche in grado di tener testa alle associazioni padronali, alle multinazionali e alle forze politiche e ai governi che ne difendono gli interessi.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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