Sulla Savona-Torino

(«il comunista»; N° 162 ; Dicembre 2019)

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Domenica 24 novembre, una frana di ingenti dimensioni si è abbattuta, come fosse un fiume di lava, sui piloni che sostengono il viadotto Madonna del Monte, alto una trentina di metri, vicino all’uscita di Millesimo nel tratto dell’Autostrada Savona-Torino, la A6, in direzione Torino, facendolo crollare.

Si temeva che qualche veicolo fosse precipitato, come nella sciagura del Ponte Morandi di Genova, ma la sorte, stavolta, ha giocato a favore dei vivi: nessun morto, nessun ferito. Per fortuna, un automobilista che stava per raggiungere il punto del crollo se ne è accorto in tempo, è riuscito a fermarsi prima del baratro e ha cominciato a segnalare ai veicoli che stavano arrivando di fermarsi.

La frana, però, non si era stabilizzata e il pericolo che continuasse a muoversi e a colpire anche i piloni del viadotto nel senso di marcia contrario era fortissimo, perciò quel tratto di autostrada è stato chiuso immediatamente. Per timore che si ripetesse una vicenda simile al Morandi, sono iniziate subito le operazioni di scavo della frana in prossimità delle fondamenta dei piloni crollati per stabilire le cause del crollo. Non bisogna essere superingegneri per capire che le cause sono, in genere, sempre le stesse: o costruzione non adatta al sito in cui il viadotto è stato innalzato, o materiali non adeguati per resistere all’erosione atmosferica e delle piogge, o impalcato non perfettamente orizzontale, e certamente controlli e manutenzione del tutto insufficienti e non solo sull’infrastruttura, ma sullo stesso sito e sui versanti del monte. Se le abbondanti piogge hanno provocato la frana che a 8 giorni di distanza dal primo episodio è ancora molto pericolosa, con milioni di metri cubi di terra, sassi e fango che possono ancora scivolare a valle, significa che i versanti del monte non erano poi così stabili e che la vegetazione esistente non era sufficiente a trattenere la terra. Perciò, per l’ennesima volta, si combinano due fattori di rischio che riguardano l’infrastruttura e il territorio in cui è stata costruita.

E infatti, risulta che la pila crollata, quella a monte, era più a rischio, più esposta a frane, e che non era stata rinforzata, mentre, e non si capisce perché, fu rinforzata solo quella a valle. Lavori di rinforzo al risparmio?  Evidentemente...

Nel frattempo, la circolazione automobilistica non è stata fermata, anche se su una corsia soltanto... e i pedaggi si continua a pagarli. Le istituzioni coinvolte, corse ai ripari, hanno deciso di installare sulla frana dei sensori attraverso i quali sembra sia possibile misurare tutti gli spostamenti della frana e i tempi degli spostamenti. Dal Sole-24 ore si viene a sapere che “sulla frana sono installati un pluviometro in telemisura in prossimità del coronamento (il punto più alto) della frana, gestito dalla Protezione civile. C’è poi un interferometro radar installato dall’Università degli Studi di Firenze, insieme alla Protezione civile, che consente di misurare gli spostamenti dell’ammasso ancora in sospeso, che trasmette i dati ogni 15 minuti al centro di competenza della Protezione civile. Autostrada dei Fiori ha poi annunciato anche un monitoraggio multiparametrico Dms, lo stesso delle valanghe, che bloccherà automaticamente il traffico in caso di spostamenti nel canale della frana” (1).

Visto che non ci sono stati morti, l’indagine sul crollo va avanti senza troppi clamori e uno dei motivi riguarda certamente il “commissario al rischio idrogeologico”, cioè il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, nominato commissario in seguito al disastro del Ponte Morandi. Costui è stato finanziato nella sua campagna elettorale dai Gavio, che, guarda caso, sono i gestori dell’A6. Gli interessi di parte, perciò, dettano l’agenda dei lavori e dei comunicati in cui, non per caso, si continua a parlare di fatalità.

Sempre il 24 novembre, sulla A21, tra Asti e Villanova, verso le nove di sera, si è improvvisamente aperta una voragine di una decina di metri. Un’auto per poco non ci finiva dentro. Fatalità anche qui?

L’asfalto, dicono le cronache, ha ceduto a causa delle insistenti piogge che hanno caratterizzato questo lungo novembre. Ma se una strada asfaltata non riesce a resistere alle piogge, vuol forse dire che è una strada asfaltata che in quel terreno non ci doveva essere? Tutti sanno che più terreno viene coperto da cemento e asfalto, e più l’acqua piovana scorre senza essere assorbita dal terreno; ma sanno anche che il terreno “libero”, assorbe per gravità un certo quantitativo di acqua, ma il resto dell’acqua corre in orizzontale sotto terra, inzuppandola oltre misura e rendendola fangosa e instabile, soprattutto se ad una certa profondità trova strati argillosi. Non sappiamo se le indagini, che ovviamente sono stata avviate, porteranno a questa conclusione; probabilmente no, perché è molto comodo continuare a parlare di fatalità. Ma non è fatalità, è cementificazione!

E il fatto che, dopo il crollo del Morandi e i suoi 43 morti, siano stati avviati monitoraggi a tutta la rete autostradale italiana con particolare riguardo ai viadotti, significa che finora tutti quei doverosi controlli, quei lavori di manutenzione, di rinforzo e di ripristino non sono mai stati completati o non sono mai stati eseguiti, come l’indagine sul Morandi sta svelando giorno dopo giorno. Considerando qui soltanto la Liguria e il Piemonte, i cantieri aperti per la Liguria riguardano la A26, la A10, la A7 e la A12, mentre per il Piemonte riguardano la Torino-Ivrea-Valle d’Aosta, la A33, la A32, la A4 e la A21. Insomma quasi tutte. Che poi tutti questi lavori vengano fatti a regola d’arte... lo sa solo lo spirito santo!

 


 

(1) Cfr. https://www.ilsole24ore.com/art/crollo-viadotto-chiuso-nuovamente-tratto-a6-frana-ACaVac2, 1 dicembre 2019. Il Dms (Differential Monitoring of Stability) è un sistema di monitoraggio geotecnico fisso, multiparametrico, automatico per il monitoraggio in continuo e in tempo reale della stabilità di versanti e di opere di ingegneria. Questo sistema è costituito da colonne multiparametriche, da unità di controllo e di teletrasmissione dati, e da un software di acquisizione ed elaborazione dati in tempo reale. Serve, appunto, per monitorare la stabilità di frane, fronti di scavo, opere di ingegneria, strutture ed in generale in tutti gli ambiti in cui il cinematismo richiede oltre alla misura degli spostamenti x-y, anche la conoscenza delle variazioni del livello di falda, della temperatura e delle accelerazioni lungo l’intera verticale di indagine (www.arpa.piemonte.it/geologia-e-dissesto/dms-lovisolo-csg).

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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