Farsa elettorale, repressione e scioperi in Bielorussia

(«il comunista»; N° 165 ; Luglio-Ottobre 2020)

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Presa di posizione del partito in data 21 agosto 2020

 

 

L’annuncio ufficiale della vittoria elettorale del presidente Lukashenko alle elezioni presidenziali del 9 agosto con oltre l’80% dei voti - contro meno del 10% per la sua principale concorrente, Svetlana Tikhanovskaya - ha scatenato numerose proteste in tutto il paese, poiché questo incredibile vantaggio può essere solo il risultato di una massiccia frode. Contrariamente a quanto accaduto nel 2011, quando le protestesi erano limitate all’intellighenzia piccolo borghese della capitale Minsk, questa volta hanno coinvolto praticamente tutto il paese.

Il potere ha risposto alle manifestazioni con una repressione brutale e massiccia (quasi 7.000 arresti, 2 morti, pestaggi, persino torture di prigionieri, uso di proiettili di gomma ecc.), l’interruzione di Internet, ma noin è riuscito a calmare i manifestanti. La rabbia degli oppositori, al contrario, è raddoppiata, le manifestazioni antigovernative si sono generalizzate in pochi giorni, raggiungendo molte fabbriche e aziende dove sono scoppiati scioperi, in particolare contro la repressione (come ad esempio tra gli autisti di autobus di Minsk per chiedere il rilascio di uno dei loro colleghi); i dipendenti della televisione di Stato hanno smesso di lavorare ecc. Anche se inizialmente gli scioperi erano apparentemente limitati, gli appelli ad uno sciopero generale hanno iniziato a circolare la scorsa settimana. Le dichiarazioni sprezzanti di Lukashenko, che paragonavano gli scioperanti alle pecore e che sostenevano che il loro numero non superava i 200 in una grande azienda, hanno avuto l’effetto opposto a quello che aveva voluto!

Domenica 16 agosto si è svolta a Minsk (così come in molte altre località) una manifestazione di 100-200.000 persone per chiedere le dimissioni di Lukashenko; mentre la manifestazione in suo sostegno ha raccolto probabilmente meno di 10.000 persone (60.000 secondo cifre ufficiali molto esagerate), venute da tutto il paese. Il 17 agosto, quando aveva fatto un discorso nella più grande fabbrica della città, MTZ (costruzione di trattori), Lukashenko, benché davanti a una platea di operai presumibilmente scelti dalla direzione, era stato sonoramente fischiato; gli scioperanti erano poi andati a manifestare. Martedì 18 agosto i sindacati indipendenti, che sostengono di aver dato origine ai comitati di sciopero nelle miniere e in varie imprese, hanno chiesto la generalizzazione di questi comitati e la rapida formazione di un “comitato di sciopero nazionale”.

Ma, dopo aver lasciato che le manifestazioni degli ultimi giorni si svolgessero pacificamente, Lukashenko, rassicurato da una dichiarazione di sostegno di Putin, mercoledì 19/8 ha invitato la polizia a prevenire “disordini” a Minsk, quando certe notizie indicavano un calo del movimento di sciopero; per esempio, ci sarebbero stati solo 2.000 scioperanti su 16.000 lavoratori alla MTZ, dove le manifestazioni a sostegno dello sciopero sono state disperse dalle forze dell’ordine. Tuttavia dal 18 agosto la produzione di potassio delle miniere di Belaruskali a Soligorsk (il più grande sito di produzione al mondo di questo minerale) è stata completamente bloccata dai minatori in sciopero e il proseguimento degli scioperi è segnalato in molte aziende nonostante le intimidazioni e gli arresti. .

 

LE RAGIONI DELLA COLLERA

 

La Bielorussia, un piccolo paese di poco più di 9 milioni di abitanti, ha inizialmente vissuto, durante i 26 anni di presidenza di Lukashenko, un periodo di notevole crescita economica, facilitata dal petrolio a basso costo fornito dalla Russia (parzialmente riesportato ai prezzi del mercato mondiale), che è il suo principale partner economico, rappresentando il 44% delle esportazioni bielorusse e il 60% delle importazioni bielorusse. Questa prosperità, molto relativa ma reale se paragonata all’esplosione delle disuguaglianze in un paese come l’Ucraina, spiega la popolarità di cui gode da tempo il regime.

Ma le cose hanno iniziato a cambiare negli ultimi anni. La crescita economica si è bloccata; la Bielorussia ha sempre più problemi a pagare le sue importazioni di materie prime, soprattutto dopo che la Russia ha aumentato il prezzo del petrolio che le vende, mentre le sue esportazioni di merci prodotte da un settore industriale poco redditizio soffrono per una concorrenza sempre più agguerrita. Le crescenti difficoltà economiche hanno spinto le autorità ad aumentare le misure antisociali e antioperaie: i contratti collettivi di lavoro sono stati sostituiti da contratti individuali a breve termine, sono state ridotte le pensioni di vecchiaia, è stata addirittura introdotta una tassa sulle indennità di disoccupazione. La disoccupazione è aumentata (sarebbe vicina al 10%) e i salari reali sono diminuiti di oltre il 30% a causa dell’inflazione (1), tutto questo in una situazione in cui le libertà di organizzazione e di lotta dei lavoratori sono limitate.

 

BIELORUSSIA E IMPERIALISMO

 

L’importanza dei legami economici con la Russia si traduce inevitabilmente negli stretti legami politici tra i due paesi. Tuttavia, nell’ultimo periodo questi rapporti sono diventati più tesi. La Bielorussia ha rifiutato il progetto di integrazione politico-economica proposto da Mosca e ha compiuto vari passi verso l’Europa; si è persino rivolta agli Stati Uniti per acquistare da loro il petrolio dopo la fine dei dazi preferenziali concessi dalla Russia! A fine luglio, la polizia bielorussa ha arrestato una trentina di mercenari russi, accusandoli di voler destabilizzare il regime durante le elezioni. Un avversario “democratico”, Barbaryko, era stato imprigionato e accusato di essere un fantoccio di Mosca (2). Queste dichiarazioni anti-russe sono effettivamente servite ad alimentare il nazionalismo che è la principale carta politica del regime.

Infatti, appena sono scoppiate le manifestazioni, Lukashenko ha fatto un voltafaccia: ora non accusa più la Russia, ma la NATO e la Polonia, di volerlo destabilizzare essendo gli organizzatori delle manifestazioni! Putin ha quindi rilasciato dichiarazioni – misurate – di sostegno al suo riluttante alleato: i leader russi, di fronte a grandi manifestazioni nella parte estremo-orientale del paese (3), devono fare di tutto per evitare l’esempio di un governo che cede alla pressione della strada.

Gli imperialismi occidentali, da parte loro, si sono rifiutati di riconoscere i risultati delle elezioni; hanno affermato a parole il sostegno al “popolo” della Bielorussia e hanno annunciato sanzioni economiche contro alcuni alti responsabili del paese. In realtà, essi contano sulla Russia per evitare che la Bielorussia diventi un altro focolaio di instabilità in questa parte d’Europa. Nessuno di questi imperialismi si preoccupa, in realtà, della sorte dei proletari e delle popolazioni in generale: per loro conta solo la difesa dei loro interessi, economici o geostrategici.

 

PER IL PROLETARIATO LA SOLUZIONE NON È L’UNIONE DEMOCRATICA INTERCLASSISTA MA LA LOTTA PROLETARIA PER LA DIFESA DEI SUOI INTERESSI DI CLASSE

 

Gli oppositori democratici sostengono “l’unione di tutte le classi” per raggiungere la democrazia; questo non può essere un obiettivo per il proletariato che ha urgente bisogno, invece, di lottare per difendere i propri interessi contro i capitalisti e, primo fra loro, lo Stato bielorusso (il settore statale è ancora dominante nel paese): la democratizzazione dello Stato non cambierebbe per nulla il suo destino. La sua entrata in lotta negli ultimi giorni, ha dimostrato il potere che possiede; tuttavia finora si è mobilitato solo come una forza guidata da oppositori democratici piccolo borghesi. Ciò era inevitabile data l’assenza di qualsiasi organizzazione e tradizione di lotta classista. Certo, esistono alcuni sindacati indipendenti “democratici” (BKDP); che però, anche se non sono asserviti al sistema come i grandi sindacati che servono soprattutto a disciplinare la forza lavoro, sono tuttavia organizzazioni collaborazioniste, estranee alle posizioni di classe e d’altronde riconosciute dalle Istituzioni. E lo stanno dimostrando di nuovo negli eventi attuali. Il 12 agosto hanno rilasciato una dichiarazione chiedendo la fine della repressione e il rilascio dei prigionieri, ma senza convocare scioperi in quanto rischierebbero di provocare “dei licenziamenti massicci”. Scavalcati dal movimento, come abbiamo visto pochi giorni dopo (17.8), hanno chiesto la formazione di un Comitato Nazionale di sciopero: ma la sua costituzione e il suo ruolo sarebbero quelli di pompieri sociali. L’obiettivo che si sono prefissati è infatti quello di far uscire il paese dalla crisi politica, ponendo fine alla “situazione di doppio potere” (tra Lukashenko e la sua rivale), grazie a questo Comitato che sarebbe l’unico capace di “intraprendere un dialogo diretto con le autorità su un passaggio di potere”(4).

Ma non è dal dialogo con le autorità che può uscire qualcosa di positivo per i proletari!

Solo la lotta contro queste autorità, nell’attesa di avere la forza di rovesciarle, può consentire di strappare loro concessioni sostanziali.

I proletari della Bielorussia dovranno liberarsi dall’unione interclassista e dalle illusioni democratiche per imboccare la via dell’organizzazione e della lotta di classe. Hanno già fatto un primo passo mobilitandosi massicciamente contro Lukashenko; i prossimi passi contro il capitalismo, qualunque sia la forma di governo e dei politici al potere, non saranno né automatici né facili; ma anche al di là dei risultati immediati dell’attuale movimento, i proletari della Bielorussia hanno già dato il segno che il lungo periodo di passività e di rassegnazione impotente dei proletari europei sta volgendo al termine.

Spetta ai proletari di altri paesi confermarlo e portarlo ad una effettiva solidarietà lanciandosi, su basi di classe, nella lotta contro i capitalisti e i loro Stati!

 


 

(1) https://lvsl.fr/la-bielorussie-se-dirige-t-elle-vers-un-nouveau-maidan/

(2) Il banchiere Barbaryko è stato arrestato con l’accusa di riciclaggio di denaro a beneficio della società russa Gazprom.

(3) Per settimane a Khabarovsk si sono svolte grandi manifestazioni antigovernative per protestare contro l’arresto del governatore, oppositore di Putin.

(4) Vedi il comunicato stampa del BKDP e l’intervista del 18/8al suo presidente, che è membro del consiglio dell’ILO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite che promuove la collaborazione di classe) ed è vicepresidente dell’ITUC (confederazione dei principali sindacati collaborazionisti del mondo). https:// belaruspartisan.by /politic/ 509539/

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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