No alla militarizzazione di Ceuta e Melilla!

Solidarietà agli immigrati repressi da esercito e polizia!

(«il comunista»; N° 168 ; Aprile / Maggio 2021)

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Tra lo scorso lunedì 17 e oggi martedì 18, quasi 8000 immigrati hanno attraversato il confine che separa il territorio marocchino da Ceuta e sono entrati in Spagna.

Di fronte a questa situazione, promossa dallo Stato marocchino, che ha utilizzato la propria polizia per sollecitare questo movimento di persone, la risposta del governo di Madrid è consistita nella militarizzazione delle città di Ceuta e Melilla, nelle quali è stato inviato un contingente militare, soprattutto nella zona di El Tarajal, che ha schierato i propri mezzi blindati sulla spiaggia come se dovesse fronteggiare un’invasione armata. Una volta che i militari hanno iniziato a reprimere la massa umana che cercava di superare anuoto il frangiflutti che, in questa zona, separa Ceuta dal Marocco, sono riusciti a fermare migliaia di immigrati, trasferirli nelle aree di detenzione e riportarli in Marocco; in altre parole, hanno applicato i famosi “respingimenti immediati” che non si sono mai fermati, né con il governo del Partito Popolare né con il governo socialista.

Alla fine di martedì 18 la situazione sembra essere tornata alla “normalità”: la polizia marocchina ha nuovamente chiuso dal suo lato il confine e ormai nessuno cerca di attraversarlo, ma migliaia di immigrati sono ancora imprigionati nelle mani del governo spagnolo, che non ha chiarito quale sarà la loro sorte. Alcune organizzazioni non governative affermano che l’assistenza legale gratuita a cui gli immigrati detenuti hanno diritto non è stata coinvolta, quindi tutto fa pensare che saranno rispediti in Marocco con corsia preferenziale.

Il presidente Sánchez si è recato nelle due città autonome insieme al ministro dell’Interno Grande-Marlaska. Da lì ha dichiarato che non permetterà che venga violata la sovranità territoriale spagnola e che difenderà ad ogni costo l’integrità nazionale con un discorso insolitamente chiaro sulla situazione che si protrae da anni a Ceuta e Melilla.

Da parte sua, il governo marocchino ha convocato per consultazioni la sua ambasciatrice a Madrid dopo che lei, incontratasi con le autorità spagnole, aveva accennato che il movimento migratorio incoraggiato dal Marocco era una risposta al sostegno fornito dalle autorità spagnole al leader del Fronte Polisario, Brahim Gali, ricoverato in un ospedale di La Rioja per essere curato per il Coronavirus.

Questo tipo di azioni da parte del Marocco è molto comune: periodicamente allenta la vigilanza che esercita sia sui cancelli che separano il Marocco dalla Spagna sia sugli immigrati, molti dei quali subsahariani che vivono per mesi in territorio marocchino in attesa di riuscire a passare in Spagna, provocando situazioni in cui la polizia e la Guardia civile spagnola vengono sopraffatte. Sono manovre che lo Stato alawita compie per riaffermare la sua posizione di gendarme del passaggio in Europa nei confronti delle centinaia di migliaia di immigrati che ogni anno cercano di fuggire dai loro paesi: in cambio dell’esercizio di questo ruolo, la cui importanza viene evidenziata da questo tipo di provocazioni, riceve grosse somme di denaro, concessioni in altri ambiti della politica internazionale ecc. Negli ultimi anni la situazione si è fatta sempre più tesa: alla chiusura dei valichi di frontiera è seguito il blocco di migliaia di lavoratori che ogni giorno varcano il confine per acquistare e vendere merci, condannando alla miseria le famiglie che sopravvivono con questo commercio. La pandemia mondiale ha aggravato le loro condizioni a causa delle aumentate pressioni sia dello Stato marocchino sia di quello spagnolo.

L’obiettivo della militarizzazione di Ceuta e Mellia non è tanto quello di controllare il passaggio di immigrati, cosa che si sarebbe potuta fare perfettamente rafforzando la polizia, ma di mostrare una posizione ferma di fronte alle “provocazioni” marocchine. Il discorso umanitario del governo spagnolo non può nascondere la tensione che esiste tra i due Stati che da quarant’anni mantengono una calma tesa, sempre a rischio di rottura e su cui si basano il controllo sia delle aree strategiche del Nord Africa che dei valichi marittimi del Mediterraneo e dell’Atlantico, così come la continuità della sovranità spagnola su Ceuta e Melilla. Le concessioni fatte dalla Spagna al Marocco cercano di evitare che il conflitto a bassa intensità che esiste al confine, soprattutto con l’emigrazione come merce di scambio, si aggravi e a questo scopo vengono continuamente erogati fondi allo Stato alawita, dandogli carta bianca per imporre i suoi interessi nel Sahara ecc. Da parte sua, il Marocco è una grande potenza regionale del Nord Africa e costituisce una sorta di cuscinetto che controlla parte dei flussi migratori subsahariani ed è in grado di prevenire lo sviluppo del pericolo terroristico del tipo ISIS che minaccerebbe da vicino i paesi europei. Come abbiamo detto, il Marocco fa pagare un prezzo per svolgere queste funzioni e quando la situazione si fa leggermente più difficile, esercita pressione aprendo la valvola dell’emigrazione.

In questa situazione, i migranti marocchini e subsahariani sono semplicemente una merce di scambio tra i due Stati. Dopo aver percorso migliaia di chilometri, abbandonando la propria terra e la propria famiglia e dopo essere caduti sotto il controllo delle reti criminali che controllano i passaggi dal Sahara alla costa nordafricana, i migranti subsahariani finiscono sotto il controllo delle forze armate marocchine, che li reprimono duramente, limitandone i movimenti, ammassandoli in foreste da cui non sono autorizzati a muoversi se non per convenienza del Marocco che, in questo modo, esercita ulteriori pressioni sulla Spagna. E se, alla fine, i migranti riescono a saltare la recinzione che separa il Marocco da Ceuta o Melilla, dall’altra parte trovano le forze repressive dello Stato spagnolo che li rinchiudono nei centri di detenzione per immigrati (i famigerati CIEs) o li deportano direttamente e senza seguire alcuna procedura legale.

Le masse africane diseredate, che subiscono nella loro terra le conseguenze dell’intervento da parte delle principali potenze imperialiste e dei governi indigeni ad esse alleati, scoprono, fuggendo, che le stesse potenze che le mantengono in una situazione di guerra permanente diffondendo la miseria in ogni angolo dei loro paesi, esercitano anche ogni possibile pressione sugli Stati del Maghreb settentrionale per controllare i flussi migratori e agire come polizia di frontiera su larga scala. Il prezzo di questa politica anti-immigrazione è il moltiplicarsi delle morti ai valichi di frontiera, marittimi o terrestri, nelle Isole Canarie, in Marocco, in Tunisia, in Sicilia ecc.

In Spagna, sia la repressione contro i migranti, sia il dispiegamento dell’esercito ai confini, sono stati mezzi usati dalla coalizione progressista PSOE-Podemos. Un’evidente dimostrazione che gli interessi nazionali, tra cui in primo luogo il controllo delle frontiere e il controllo della popolazione immigrata, sono al di sopra di qualsiasi governo è data dal fatto che questa coalizione ha proseguito esattamente la stessa politica portata avanti dal   Partito Popolare durante i suoi governi. I ministri di Podemos e del PCE, che indubbiamente si nascondono dietro al fatto di costituire la minoranza della coalizione di governo, seguono esattamente la stessa strada dei ministri dell’Opus Dei del precedente governo popolare.

Ma al di là della continuità con questa politica, che è quella imposta dalla classe borghese, la militarizzazione di Ceuta e Melilla ha a che fare con la dimostrazione da parte dello Stato spagnolo che l’ordine, in ogni suo aspetto, sarà imposto con la forza e senza esitazione ovunque lo ritenga necessario. Non è passato un mese da quando è finito lo stato di allarme, che il governo ha nuovamente riportato in piazza l’esercito mostrando a chiunque voglia rendersene conto che d’ora in poi lo Stato borghese non avrà problemi a risolvere questo tipo di questioni nel modo più rapido possibile.

I proletari hanno molto da imparare dalle lezioni che quest’ultimo anno ha messo sul tavolo.

La mobilitazione con il pretesto della pandemia, il confinamento forzato, il dispiegamento intimidatorio della polizia nelle grandi città, il divieto degli spostamenti, di riunioni ecc., e ora la militarizzazione dei confini, mostrano che lo Stato borghese non ha remore nell’usare tutta la forza di cui dispone quando deve affrontare situazioni che mettano minimamente a rischio l’ordine sociale.

I sacrifici che, senza dubbio, la borghesia esigerà dai proletari spagnoli saranno accompagnati da misure repressive molto forti. Così come si è visto il presidente del governo usare lo stesso tono militaristico abitualmente usato dal presidente di Ceuta, vedremo tutte le forze dello Stato rivolgersi contro la classe proletaria con le stesse parole usate oggi dall’estrema destra. Se i proletari non accetteranno le misure che sicuramente verranno imposte a partire da settembre (riforma delle pensioni, riforma del lavoro ecc.), la risposta della classe borghese non sarà così condiscendente come poteva essere dieci anni fa con il movimento 15 M. Oggi la situazione sociale è molto più tesa, anche per la borghesia, e di conseguenza il suo margine di manovra è molto minore. L’indurimento dello Stato, l’ascesa dell’estrema destra, l’adozione da parte del governo di sinistra di misure punitive contro la popolazione, sono prove con cui la borghesia allena i propri apparati e mostra ai proletari il futuro che li attende se non accetteranno le misure che verranno loro imposte per favorire la ripresa dell’economia nazionale.

Di fronte a ciò, la classe proletaria deve trarre le lezioni appropriate. Deve rompere con l’illusione che la politica di collaborazione tra classi, difesa specialmente da partiti come Unidas Podemos, PSOE, Esquerra Republicana o Bildu, rappresenti una possibilità per aggirare i mali della società capitalista.

Solo la lotta di classe, in difesa dei propri interessi, attraverso mezzi e metodi di classe, può dare alla classe proletaria una minima possibilità di vittoria di fronte alla tremenda forza che la borghesia è disposta a usare contro di essa.

 

Fuori i militari dalle frontiere!

Solidarietà di classe con gli immigrati denuti dallo Stato spagnolo!

Per il ritorno del proletariato sul terreno della lotta di classe!

 

18/05/2021

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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