Italia: proteste in molte città  contro il “green pass” al grido di “libertà, libertà”, “no alla dittatura sanitaria!”.

Ma quale “libertà”?

(«il comunista»; N° 169 ; Giugno / Agosto 2021)

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Sabato 24 luglio, a Roma, Milano, Genova, Torino, Napoli, Bologna, Firenze, Verona, ma anche ad Aosta, Sanremo e in decine di altre città, si sono svolte manifestazioni contro quello che è considerato un obbligo alla vaccinazione contro il Covid-19, il certificato di vaccinazione (o di tampone negativo) – il cosiddetto green pass – col quale si avrà libero accesso dal 6 agosto prossimo a ristoranti, bar, teatri, stadi, insomma a tutti quei luoghi al chiuso in cui è normale l’assembramento di persone, e naturalmente ai viaggi in treno, in aereo, in nave ecc. Dopo le grandi manifestazioni contro il green pass in Francia – con più di 160.000 manifestanti nelle varie città  (1) – anche in Italia una massa eterogenea di 80 mila “anti-green-pass” si è mobilitata questo sabato, ma le manifestazioni sono proseguite anche nei giorni successivi. I giornali e i servizi radiotelevisivi hanno messo in risalto che un variegato miscuglio di “No-Vax”, di studenti, di antirazzisti, di popolino spaventato in cui si sono infilati gruppi di estrema destra – da Forza Nuova a Casa Pound – ha riempito le piazze italiane protestando contro l’obbligo alla vaccinazione.

Che il green pass, per come l’ha congegnato il governo Draghi, sia un modo per mascherare l’obbligo a vaccinarsi secondo le direttive che lo stesso governo ha dato (pur avendo sostenuto fin dall’inizio che questa vaccinazione anti-Covid non era obbligatoria), e rappresenti una gigantesca presa in giro è ormai evidente. Il governo, il presidente della Repubblica, i parlamentari, i movimenti politici in generale, tutti si rifanno alla Costituzione: chi dichiarando che le misure prese, dal lockdown al coprifuoco, dalle mascherine al green pass ecc., sono del tutto coerenti con la carta costituzionale; chi invece, in nome della libertà individuale, dichiara che non si può imporre una cura sanitaria se la persona a cui la si vuole imporre non è d’accordo, tanto meno una vaccinazione... Il bello della democrazia borghese è che lascia sempre che i testi delle leggi siano aperti a diverse interpretazioni, a seconda degli interessi di parte. Inutile dire che, 99,9 volte su 100, gli interessi più forti (economici, finanziari, politici, privati o pubblici) la spuntano.

Nel caso della pandemia attuale, la Sars-Cov2, i cui dati ufficiali forniti dall’OMS parlano, a un anno e mezzo abbondante dalla sua prima apparizione, di 190.770.507 casi confermati nel mondo e di 4.095.924 decessi, il quadro generale presentato è stato assimilato a una guerra in cui il nemico – invisibile – è, per l’appunto, il coronavirus Sars-Cov2. Perciò, in un certo senso, le misure che i governi prendono sono pressoché misure da “tempo di guerra”; e si dovrebbero ringraziare i governi democratici se, in Europa o in America, a differenza dei governi autoritari – come ad esempio quello cinese – si è ancora “liberi” di manifestare per strada la propria opposizione…

In questa “guerra” – che vede il coronavirus contro la popolazione mondiale – i 190 milioni e passa di contagiati, sarebbero i feriti, e gli oltre 4 milioni di deceduti, i morti; in questa guerra, l’aggressore – il coronavirus – ha finora avuto la meglio sulle popolazioni umane perché ha attaccato all’improvviso, perché la sua contagiosità e letalità erano sconosciute e perché gli Stati sono stati presi alla sprovvista. Nel corso di questa guerra, e di fronte a un numero sempre più alto di morti e feriti che via via toccavano tutti i paesi del mondo, si è presentata alla ribalta la scienza borghese con tutto il suo portato di virologi, infettivologi, epidemiologi, e chi più ne ha più ne metta, sostenuti da mastodontiche strutture chimico-farmaceutiche multinazionali, a lanciare il verbo urbi et orbi: l’arma che sconfiggerà il Covid-19 sarà il vaccino!

Nel passato, a fronte di epidemie o pandemie, Mers, Sars, HIV, Ebola ecc., ci sono voluti anni e anni di ricerche e di test per giungere a vaccini che avessero una qualche efficacia non tanto nello sconfiggere una volta per tutte le malattie virali più gravi – per le quali i fattori naturali che le determinano si incrociano con l’intervento dell’uomo nell’ambiente naturale, e tale combinazione non è risolvibile con una “pozione magica” – quanto nel riconoscerne gli elementi essenziali affinché potessero essere individuate e curate, sapendo che morti e feriti ci sarebbero stati comunque. Questa volta, le Big Pharma hanno approntato i vaccini nel giro di qualche mese! Come se sapessero già di che cosa si trattava; e, in effetti, sulla base della Sars del 2003 evidentemente una serie di ricerche e di test erano stati fatti, tanto che in convegni internazionali la Fondazione Bill & Melinda Gates (specializzata in ricerche per produrre vaccini) aveva potuto simulare con estrema precisione una prossima pandemia da Sars.

Il nemico invisibile, Sars-CoV2, si è effettivamente presentato, ma in un periodo in cui l’economia mondiale era appena uscita da una profonda crisi economica che è durata, almeno per alcuni paesi, dal 2008 al 2012-2014, e dalla quale i paesi più industrializzati facevano fatica a risollevarsi se non al prezzo di indebitamenti sempre più onerosi e di un aumento delle tensioni interimperialistiche che non riguardavano soltanto il confronto con la Cina, sempre più aggressiva sul mercato internazionale, ma anche l’interno delle aree di mercato decisive come quella europea, quella nordmaericana e quella del Sud-Est asiatico. Le crisi economiche del capitalismo, fin dai primi del Novecento, sono ormai tutte caratterizzate dalla sovrapproduzione che può colpire un grande paese, più paesi o il mondo intero. E nelle crisi di sovrapproduzione il problema principale, dal punto di vista economico, è quello di liberare i mercati dalle enormi quantità di merci invendute e, dal punto di vista politico, è quello di approfittare della maggior debolezza dei concorrenti per sottometterli e per conquistare i loro mercati. La guerra è uno strumento capitalisticamente efficace per distruggere quantità immense di merci sovraprodotte – e di lavoratori salariati in eccesso – aprendo così ai capitali più forti e solidi la possibilità di rinnovare i cicli di produzione, e quindi di valorizzazione, e pertanto, di profitto. Dalla fine della seconda guerra mondiale non c’è stato un anno di pace reale in tutto il mondo. Il capitale ama la pace finché questa favorisce i profitti, ma la concorrenza tra aziende e tra Stati è tale per cui se c’è la pace in alcuni paesi o in determinate aree geopolitiche, in altri paesi e in altre aree c’è la guerra alla quale tutti i grandi paesi imperialisti sono direttamente o indirettamente interessati.

Che c’entra la pandemia in tutto questo discorso?

C’entra, perché il suo avvento ha avuto uno sviluppo – di fatto voluto – che è andato tutto a favore dei grandi paesi imperialisti, da un lato, sul piano dei profitti facendone man bassa, soprattutto da parte delle Big Pharma e di tutto l’indotto collegato ad esse e, dall’altro lato, sul piano sociale perché ha dato modo a tutti i governi borghesi di approfittare di una crisi sanitaria lasciata libera di diffondersi nel mondo, insieme alla paura che un’epidemia di questo genere diffondeva automaticamente, per ricalibrare i propri mezzi legislativi, politici e amministrativi al fine di aumentare il controllo sociale sul proletariato. Noi non dimentichiamo che i profitti capitalistici nascono dallo sfruttamento del lavoro salariato – e questo lo sa bene anche la classe borghese –, perciò il proletariato è la classe da cui la borghesia dominante può aspettarsi, prima o poi, una sollevazione che metta effettivamente in pericolo il suo dominio, il suo potere.

La borghesia di ogni paese si prepara costantemente ad affrontare le conseguenze di crisi economiche del suo stesso modo di produzione; sa perfettamente che prima o poi la concorrenza sui mercati la metterà in seria difficoltà, e quindi si ingegna a mettere a punto politiche e mezzi che le permettano di combattere la concorrenza al meglio delle sue possibilità. Ma è anche sufficientemente intelligente, data la sua esperienza di classe dominante pluricentenaria, da non scordarsi che il suo vero nemico interno è il proletariato, è la classe che produce le merci e che valorizza i suoi capitali. Lo deve perciò combattere, ma deve anche cercare di farselo alleato, deve ricattarlo, licenziarlo, sfruttarlo a più non posso, e anche cercare di dividerlo in strati differenziati, e di privilegiarne alcuni in modo che i proletari si combattano tra loro invece di combattere, unificandosi sul terreno di classe, contro il vero nemico di classe, cioè la borghesia.

La borghesia deve difendere i suoi interessi di classe e di potere su tutti i piani, all’interno del proprio paese come all’esterno; ma per essere più forte verso la concorrenza straniera ha bisogno di compattare le classi all’interno del proprio paese, ha bisogno dell’unione nazionale, della coesione nazionale, e cerca di ottenerla, naturalmente, al prezzo più basso possibile. E per questo obiettivo non può fare a meno di coinvolgere gli strati della piccola borghesia, facilmente indirizzabili a mobilitarsi tenendo alta la bandiera della democrazia – che la grande borghesia non ha scrupoli a calpestare tutte le volte che i suoi interessi di fondo vengono messi in pericolo –, e lasciarli sfogare nelle strade e nelle piazze proclamando la loro sacra “libertà individuale”, quella libertà di fare impresa, di sfruttare il lavoro salariato, meglio se in nero, quella libertà di esprimere il proprio razzismo o la propria rabbia per aver perso un’attività commerciale a causa del lockdown o semplicemente a causa di un concorrente più furbo.

Allo scopo di dividere il proletariato in strati differenziati, la borghesia ha favorito e sostenuto la formazione di organizzazioni proletarie opportuniste, collaborazioniste, sul piano sindacale, su quello economico, su quello politico. E questo certamente ha portato un beneficio alla conservazione sociale, e perciò al potere borghese. Ma tutto questo non basta ad assicurare alla borghesia che il proletariato, un domani, non si solleverà contro di lei, non si organizzerà come classe distinta con propri obiettivi politici, non si riconoscerà come l’unica classe che produce materialmente la ricchezza del paese ma non ne gode nemmeno una briciola, e come l’unica classe in grado di lottare per una prospettiva storica che supera completamente la società divisa in classi, la società che vive sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la società che ha trasformato tutti i prodotti, la terra, il mare e l’uomo stesso in merci.

Allora torna molto comodo, quando ancora il proletariato non si è risvegliato dal lungo sonno in cui è piombato e in cui ha perso fiducia nella sua forza sociale, nella sua forza di classe, dargli un’ulteriore batosta in termini di condizioni sociali ancor più disgreganti, ancor più isolanti, ancor più umilianti.

Basta guardare le misure di confinamento, di coprifuoco, di isolamento, di obbligo vaccinale prese in tutto questo anno e mezzo di Covid-19, dal punto di vista della vita quotidiana proletaria per capire che il vero intento della borghesia e del suo Stato non è di “proteggere la salute dei suoi cittadini”, ma è quello di impedire che l’aumento dei contagi porti ad “effetti enormi sui processi lavorativi nelle aziende”, come ha dichiarato il capo della cancelleria tedesca Helge Braun (2) riprendendo il ritornello che stanno ripetendo tutti, da Draghi a Macron, da Biden a Boris Johnson.    

Ma, aldilà delle reazioni politiche contrastanti tra Stato e Stato, quanto a misure prese per contenere la diffusione del virus e all’avviamento delle ricerche scientifiche e farmacologiche per trovare le “armi” più adatte per combattere il Covid-19, e aldilà degli interessi del tutto contrastanti tra Stato e Stato, e tra le stesse Big Pharma coinvolte nella ricerca e nella produzione dei vaccini, il denominatore comune che ha unito e unisce i governi di tutto il mondo è costituito dall’assoluta preminenza degli interessi economici di ogni economia nazionale e, quindi, di ogni Stato. Interessi economici che rispondono allo stesso modo di produzione, il capitalismo, le cui leggi oggettive superano da sempre ogni confine nazionale, e sulle quali nessuno Stato, fosse anche il più forte in assoluto, e nessuna multinazionale, fosse anche l’espressione di una ipotetica unificazione di tutte in una sola superorganizzazione imperialistica, hanno il potere di cambiare da cima a fondo. La legge del profitto capitalistico, quindi dello sfruttamento del lavoro salariato, con tutte le contraddizioni e le tensioni sociali che ciò comporta, impera come Giove sull’Olimpo borghese mondiale, e a quella legge sottostanno, lo vogliano o no, tutti i capitalisti e tutti i governanti e i loro tirapiedi.

Ebbene, protestare contro una delle tante imposizioni che i governi borghesi attuano in difesa del “bene del paese”, del “bene dell’economia” e, nel caso della pandemia da Covid-19, per “tornare alla normalità”, in pratica a “vivere” come prima – cioè a fare gli affari come prima, a sfruttare come prima, e magari di più, a godere dei propri soldi e delle proprietà come prima – invocando una “libertà” individuale che è solo scritta su una carta – “costituzionale” quanto si vuole – è una illusione ed un enorme spreco di energie. Illusione perché la “libertà” individuale, che la borghesia difende e diffonde in tutti i paesi, è un pilastro della sua ideologia e della sua politica, solo che la applica esclusivamente a beneficio della proprietà privata, dei rapporti di produzione e di proprietà borghesi e, quindi, in generale, degli interessi della classe borghese nel suo complesso e, in particolare, della grande borghesia. Perciò, manifestare a favore della “libertà” individuale tenendo in piedi tutto il sistema economico-politico borghese – quindi, in una parola, il capitalismo – è come muoversi in un enorme catino controllato dagli stessi poteri contro cui si protesta. La libertà di manifestare in questo modo è più che riconosciuta, visto che fa il gioco del potere borghese, perché dà sfogo alle tensioni che questo stesso sistema economico-politico genera. Sostanzialmente non cambia nulla rispetto ai normali rapporti di forza fra la grande borghesia e i molteplici strati della piccola borghesia che, in tempi di crisi economica (non importa se provocata da una pandemia o da una guerra guerreggiata, da un collasso economico dovuto alla sovrapproduzione o da speculazioni bancarie e finanziarie), vanno inesorabilmente in rovina.

Ben altra cosa è manifestare, e lottare, contro l’autoritarismo borghese con mezzi e metodi di classe che i proletari possono mettere in campo tutte le volte che vengono licenziati a causa di ristrutturazioni aziendali, dell’introduzione di nuove tecnologie che vanno a sostituire un certo numero di lavoratori, o di chiusura degli stabilimenti perché non sufficientemente “redditizi”; e lottare per condizioni di lavoro meno bestiali, meno nocive, meno rischiose per la loro vita, per salari più alti, mettendo in atto forme di lotta che mirano almeno a scalfire i profitti capitalisti generati dal loro lavoro, subendo per questo il ricatto padronale e la repressione poliziesca. Quella “libertà” di manifestare, di lottare per i propri interessi è tollerata dal potere borghese alla condizione di non mettere a rischio i profitti aziendali, alla condizione di non rappresentare un esempio ad altri proletari, per altre lotte, alla condizione di restare nei limiti in cui i poteri borghesi riescono a controllarle, cosa a cui provvedono, ormai da più di un secolo, le organizzazioni sindacali e politiche del collaborazionismo interclassista.

Nella lotta della classe proletaria, fin dal terreno immediato in difesa degli interessi economici di base, la libertà “individuale” – la libertà di protesta, di manifestazione, di sciopero, di organizzazione, di riunione, di espressione anche di obiettivi superiori agli interessi immediati e di finalità politiche più generali – è stata conquistata attraverso lotte durissime, scontri sociali che hanno provocato feriti e morti, lotte che si sono svolte nell’arco di più di un secolo e mezzo e che si ripropongono oggettivamente ogni volta che la borghesia esercita una pressione più dura sulle loro condizioni di vita e di lavoro. Questo dimostra che la libertà individuale di ogni proletario dipende strettamente dal movimento collettivo. Ma mostra anche il perché l’azione dell’opportunismo collaborazionista mira ad isolare i proletari che si dispongono, e magari si organizzano, a lottare con mezzi e metodi di classe: il collaborazionismo sa che per piegare i proletari alle esigenze aziendali o statali del capitalismo deve isolare tutti gli elementi che, al contrario, esprimono una sana reazione di classe alle imposizioni aziendali o statali.

Nel caso specifico delle vaccinazioni, e quindi del certificato di avvenuta vaccinazione, il governo ha concordato con la Confindustria non solo la possibilità – nelle aziende attrezzate internamente con un’infermeria – di vaccinare i propri dipendenti all’interno delle stesse aziende, ma anche di poter sospendere o licenziare i dipendenti che rifiutano di vaccinarsi. Così come è già successo per degli operatori sanitari, come dimostrato dal Tribunale di Modena nel caso di due fisioterapiste di una Rsa assunte da una cooperativa di Modena che erano state sospese senza retribuzione per aver rifiutato di vaccinarsi (quando ancora non era entrata in vigore la Legge 44/2021 che ha imposto l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario). Il presidente del Tribunale di Modena, Emilia Salvatore, emette l’ordinanza n. 2467, il 23 luglio scorso con questa motivazione: “c’è obbligo da parte del datore di lavoro di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori”; come dire, fatta la legge, trovato il modo di aggirarla anche da parte di un presidente di tribunale. A proposito delle misure di prevenzione e protezione necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori, come mai ogni anno ci sono almeno due morti e centinaia di infortunati al giorno sul lavoro, e quasi mai un “datore di lavoro” ci va di mezzo? Ma i tribunali, si sa da che parte stanno… E con ogni probabilità succederà la stessa cosa da settembre/ottobre nelle scuole e in tutta la Pubblica Amministrazione.

Aldilà dell’effetto benefico o meno dei vaccin che di volta in volta vengono approvati dall’OMS e dagli Istituti di Sanità nazionali, resta il fatto che non si sa mai quanti vaccinati abbiano avuto conseguenze negative. Dopo i casi venuti alla ribalta di vaccinati con Astra-Zeneca, ma anche Pfizer e Moderna, che invece di guarire sono morti, non si è saputo più nulla. Ovvio. Al potere serve completare l’operazione vaccinazione entro settembre/ottobre perché la macchina produttiva riprenda a tutta birra; e per questo le notizie che vengono diffuse ufficialmente parlano di “immunizzati” sebbene sia un falso totale, visto che vengono riferiti anche a chi ha fatto solo la prima dose e, in ogni caso, è ormai assodato che la protezione del vaccino (in questo caso Pfizer e Moderna) nella somministrazione della prima dose viene dichiarata valida per non oltre 6 mesi, e 9 mesi dopo la seconda dose. Il che significa, se gli scienziati hanno ragione nel dire che la circolazione del coronavirus Sars-Cov2, grazie alle sue modificazioni (attualmente va per la maggiore la variante Delta), continuerà per qualche anno, che l’obbligo vaccinale durerà per anni, fino alla comparsa di un nuovo virus – del tipo coronavirus o di tipo diverso – che verrà affrontato, con ogni probabilità, più o meno come il Covid-19.

Al ricatto del posto di lavoro, alla concorrenza tra proletari che, per ragioni di pura sopravvivenza, vendono la propria forza lavoro a costi più bassi, alle condizioni di lavoro sempre più pesanti, si aggiunge così la paura di perdere il lavoro e il salario per il solo fatto di esercitare un diritto sancito dalla legge borghese, la stessa legge che trasforma quel diritto in un reato.

I borghesi vogliono che i proletari pieghino, oltre che la schiena, anche la testa. Lottare con le armi spuntate di una democrazia che è solo immaginazione e con articoli di legge che si scontrano con altri articoli di legge che sostengono esattamente il contrario, non è una lotta, è uno spreco di energie, è uno sforzo che non porta ad alcun risultato reale.

La risposta all’autoritarismo borghese, oggi sull’obbligo di vaccinazione, domani sull’obbligo di non parlare, non scrivere, non pensare (ma in molti paesi questo è già in atto), non può essere data sul terreno più favorevole alla borghesia, ossia il terreno della democrazia formale, delle illusioni di avere dei diritti riconosciuti solo perché scritti su un pezzo di carta, ma sul terreno della forza, sul terreno della lotta proletaria di classe, che si basa su obiettivi e organizzazioni esclusivamente proletari, dunque non condivisibili né con i padroni, né con lo Stato, né con gli strati della piccola borghesia.

Le misure prese dai governi borghesi non sono una “dittatura sanitaria”; la classe borghese dominante esercita la sua dittatura di classe in tutti i campi, in tutti gli ambiti del lavoro, del sociale, della cultura, della scienza, del tempo libero, passando per la famiglia e per la religione. E’ contro questa dittatura di classe che bisogna combattere, perché impone all’umanità intera, e al proletariato in particolare, un modo di vivere che rende l’uomo schiavo del profitto capitalistico, schiavo del mercato, schiavo del lavoro salariato, schiavo di pregiudizi e di illusioni che lo rendono cieco e impotente.

La via d’uscita sta nella lotta di classe del proletariato che passerà inevitabilmente attraverso l’abbattimento del potere borghese, la distruzione dello Stato borghese e quindi del potere dittatoriale della classe borghese, e l’instaurazione della dittatura di classe del proletariato perché è l’unica via attraverso la quale si potrà sconfiggere una volta per tutte una società che, per salvare gli interessi di una minoranza borghese, condanna alla schiavitù, alla fame, alla miseria e alla morte centinaia di milioni di esseri umani.

 

29 luglio 2021

 


 

(1)   Cfr. la nostra presa di posizione: Francia: Manifestazioni contro il “pass sanitario”. La lotta contro l’autoritarismo borghese può essere condotta solo su posizioni proletarie di classe!, www.pcint.org

(2)   Cfr. il fatto quotidiano, 25/7/2021.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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