Riders in lotta

(«il comunista»; N° 171 ; Dicembre 2021 - Gennaio 2022)

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Con gran fatica, in questi ultimi anni, i riders si sono organizzati per lottare in difesa di rivendicazioni basilari: essere riconosciuti come dipendenti dalle varie aziende che consegnano cibo a domicilio e avere un contratto regolare.

Questo tipo di servizio – inizialmente consegna di cibo a domicilio – si è sviluppato dal 2015 nella grandi città e si basa, come tutti sanno, sul lavoro dei ciclofattorini, noti ormai come riders.

Il business per le aziende che operano in questo mercato consiste nel far recapitare al domicilio del cliente nel più breve tempo possibile (mediamente entro 20-30 minuti dall’ordinazione) quel che ha ordinato attraverso i dispositivi mobili o il sito internet delle aziende costituitesi appositamente per questo tipo di servizio.

Naturalmente stiamo parlando di un servizio svolto nella stessa città in cui si abita, non della consegna di prodotti acquistati sul catalogo di Amazon o simili.

Le aziende più note come Just Eat, Uber, Glovo, Deliveroo ecc. usano piattaforme digitali attraverso le quali gestiscono sia i tipi di prodotti che i clienti possono ordinare (soprattutto cibo, ma anche calzature, abbigliamento o altro), sia le consegne che devono fare i riders. Nelle grandi città, dove il tempo per fare le cose che servono o che si desiderano non basta mai, con le consegne a domicilio (che molti negozi di quartiere hanno iniziato a fare molti anni fa per i propri clienti) i “clienti””risolvono” l’acquisto di prodotti in un determinato ristorante o negozio.

Ma chi sono i riders, e come vengono pagati? Fino al 2019 erano oltre diecimila, oggi sono quasi il doppio; si muovono soprattutto con la propria bicicletta, ma anche con propri ciclomotori o scooter.

Sono in gran parte immigrati, inizialmente giovani, ma ormai anche adulti quarantenni/cinquantenni che non trovano altro lavoro. Il loro sfruttamento si basa sul loro bisogno di sopravvivere e, non trovando altro lavoro più regolare, sull’accettazione di paghe infime e su condizioni di lavoro tipiche del cottimo e del lavoro a chiamata, e sottoposte al solito ricatto: o dai la piena disponibilità giornaliera e consegni entro il tempo indicato, oppure non se ne fa niente... rimani senza consegne da fare... Non solo, si tratta di un lavoro che le aziende considerano autonomo, quindi senza alcun contributo fiscale, né assicurazione, né alcun riconoscimento di giorni di malattia, di gravidanza, di ferie, di riposo ecc. ecc. Si viene pagati a consegna (mediamente 3,30 euro lordi!) e non viene calcolato il tempo di attesa presso i ristoranti o i negozi da cui ritirare i prodotti da consegnare.

Ma i riders hanno iniziato a ritrovarsi e ad organizzarsi per chiedere migliori condizioni di lavoro, una paga più alta e, soprattutto, il riconoscimento del loro lavoro come subordinato e non autonomo, visto che la loro giornata è in realtà gestita interamente dagli algoritmi impostati dall’azienda da cui ricevono il lavoro. Molte lotte si sono svolte negli anni scorsi, sebbene separate tra di loro, nelle diverse città. Lotte portate avanti dai riders delle aziende più forti, come Glovo, Just Eat ecc., che li hanno oggettivamente spinti a unirsi, nelle diverse città, nella stessa lotta.

La mossa dei capitalisti della Glovo, una multinazionale tra le più impotanti, ha cercato di anticipare l’organizzazione sindacale dei suoi riders con la costituzione, nel 2019, di un’Associazione Nazionale Autonoma Rider (Anar) che poi è confluita nel sindacato di destra Ugl Rider (nata negli uffici della Glovo) con cui Glovo ha “firmato” un accodo sindacale mantenendo i riders come lavoratori autonomi, quindi a tutto vantaggio dell’azienda (1).

Che hanno fatto i grandi sindacati? Le lotte dei riders sono state abbandonate a se stesse, in attesa evidentemente che la questione prendesse connotati di una certa rilevanza, visto che in campo c’erano società multinazionali come appunto Glovo, Just Eat, Deliveroo, Uber e che questo particolare comparto è affine alla logistica e al trasporto di merci. Negli ultimi due anni, dati i confinamenti e le restrizioni previsti dalle misure governative e regionali anti-Covid19, queste aziende hanno conosciuto uno sviluppo insperato e alcune di loro hanno ritenuto che convenisse trovare un accordo con i propri riders perché il business non si fermasse nemmeno un minuto.

E’ stato il caso di Just Eat (4000 riders) che, a marzo del 2021, ha siglato un accordo con i sindacati della logistica e del trasporto merci di Cgil, Cisl e Uil, con il quale, sostanzialmente, l’azienda riconosce i propri riders come dipendenti che, quindi, godono di tutti i diritti previsti dal contratto nazionale trasporti e logistica.

Naturalmente, come tutti i contratti siglati da questi sindacati, sono previsti anche flessibilità, “premi di risultato”, turni pianificati mediante app, part time ecc., mentre la paga oraria è stata stabilita in 9,60 euro lordi per due consegne l’ora.

Vista la situazione generale, questo contratto è certamente un risultato positivo dovuto esclusivamente alla lotta dei riders. Una lotta che, anche solo per farsi ascoltare, ha utilizzato anche mezzi decisi, come nel caso dei lavoratori di Deliveroo nell’azione rivendicativa dell’aprile 2018.

Come esposto nell’Appello alla solidarietà con la lotta dei riders (2), pubblicato qui sotto, il 13 aprile 2018 i lavoratori di Deliveroo, in agitazione da diverso tempo ma inascoltati, sono entrati negli uffici della sede centrale di Milano dove hanno letto una lettera denunciando le condizioni di sfruttamento e di precarietà imposte dal cottimo nelle quali sono costretti a lavorare, e chiedendo di incontrare il general manager Sarzana, mentre all’esterno un gruppo di riders esprimeva pieno supporto all’azione.

Naturalmente il general manager ha chiamato immediatamente la polizia perché sgombrasse gli uffici, cosa che prontamente i poliziotti hanno fatto, manganelli alla mano. Mesi dopo, 17 tra rider e supporter sono stati indagati, e dovranno subire un processo (la cui prima udienza si è tenuta il 12 gennaio 2022), per violazione di domicilio, rifiuto di fornire le proprie generalità e oltraggio a pubblico ufficiale. Ma ecco l’Appello di cui parliamo e nei confronti del quale esprimiamo la nostra piena solidarietà.

 

 

 

Appello alla solidarietà  con la lotta Rider

 

Il giorno 13 aprile 2018 abbiamo supportato le rivendicazioni di lavoratori e lavoratrici di Deliveroo, entrando con loro nella sede degli uffici della multinazionale a Milano. Il gruppo di riders ha qui letto una lettera che denunciava le condizioni di sfruttamento e precarietà imposte dal cottimo (allora appena introdotto), dall’assenza di coperture assicurative e dall’organizzazione algoritmica nell’assegnazione di turni e ordini. Dopo la lettera, i/le riders hanno chiesto poi un confronto con il general manager di Deliveroo, Matteo Sarzana. Intanto, fuori dalla sede si formava un altro gruppo di riders e solidali a supporto di chi era dentro.

La risposta di Matteo Sarzana, lì presente, è stata quanto mai eloquente: chiamare la polizia per sgomberare gli uffici. Celere che ha prontamente risposto manganellando le persone presenti al presidio esterno.

Qualche mese dopo, ad alcuni tra riders e solidali viene notificato il procedimento di chiusura indagini per reati che vanno da violazione di domicilio, a rifiuto di dare le generalità, fino a oltraggio a pubblico ufficiale. Questo processo inizierà il 12 gennaio 2022. Al banco degli imputati ci sono 17 persone.

Da quel giorno sono passati alcuni anni, tante cose nel mondo del delivery sono cambiate. Ma noi di una cosa siamo sicure: quel 13 aprile avevamo ragione, quell’azione era giusta e la rifaremmo ancora.

La rifaremmo perché quelle misere condizioni di lavoro, che denunciavamo allora, sono oggi chiare a chiunque.

Attraverso gli scioperi e le lotte, i riders hanno imposto il lavoro del delivery quale uno dei problemi all’ordine del giorno nel dibattito pubblico: si sono moltiplicate le inchieste giornalistiche e persino istituzioni cieche e sorde quali il parlamento e i tribunali hanno timidamente – e spesso ipocritamente – iniziato a sentire e vedere.

La rifaremmo perché lo sfruttamento e la precarietà dei riders non hanno fatto che aumentare. Da un lato, riders di Deliveroo, Glovo e Uber – nell’ambito del contratto UGL/Assodelivery – continuano a essere inquadrati quali lavoratori autonomi, ma in realtà subordinati a un algoritmo che li costringe a contendersi consegne pagate sempre meno in assenza di una paga oraria garantita. Dall’altra parte, il nuovo sistema Scoober proposto da JustEat per introdurre il contratto subordinato non è che l’ennesima presa in giro: chi lavora continua a subire l’arroganza e la prepotenza dei suoi superiori che lo costringe a svolgere una delle mansioni più pericolose, nelle peggiori condizioni atmosferiche e in cambio di paghe da fame e di diritti praticamente inesistenti.

La rifaremmo perché la rabbia dei lavoratori e delle lavoratrici durante gli scioperi degli ultimi anni riscalda ancora i nostri cuori.

La lotta dei riders non è finita. Se quel 13 aprile si posò un primo tassello di questa storia, il 12 gennaio verrà inscenato un nuovo capitolo: quello, triste, della repressione. Chiamiamo quindi i lavoratori e le lavoratrici,chi fa uso delle piattaforme di delivery e chiunque ci sia solidale a sostenerci, a scrivere questo capitolo insieme a noi.

7 gennaio 2022

 

Alcuni imputati

 


 

(1) Cfr. Riders in lotta, “il comunista” n. 166, dicembre 2020.

(2) Vedi https://www.facebook.com/ permalink.php?story_fbid = 4060935213110 39 &id= 10489695 4764032

 

 

 

 

Accordo Just Eat e Cgil, Cisl e Uil: i riders sono dipendenti...

 

Il 29 marzo 2021 i sindacati nazionali dei trasporti, gli unici la cui firma è riconosciuta ufficialmente, hanno sottoscritto un accordo col quale la Just Eat si è impegnata ad assumere come dipendenti i circa 4000 riders che lavorano per lei. E' un risultato positivo delle lotte dei riders che da più di cinque anni si mobilitano per essere riconosciuti come dipendenti; mobilitazioni e scioperi condotti non certo su iniziative dei sindacati collaborazionisti ufficiali che si sono ben guardati dal pestare i piedi alle multinazionali e di mobilitare tutti i rider di tutte le piattaforme. Oggi si vantano di aver concluso un accordo con la Just Eat come modello per le altre piattaforme..., ma come in tutti i contratti firmati dai collaborazionisti sono presenti fome di flessibilità e di turnificazione a vantaggio esclusivo dell'azienda.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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