Turchia  /  Sri Lanka

(«il comunista»; N° 172 ; Marzo 2022)

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Turchia

Decine di migliaia di riders in sciopero

 

 

Il manifesto dell'8 febbraio scorso dà notizia dello sciopero in Turchia, che si stava prolungando da parecchi giorni, di decine di migliaia di riders.

Le aziende di consegna di pacchi e cibo coinvolte dallo sciopero nelle maggiori città sono la Trendyol Express (dove lo sciopero è iniziato il 24 gennaio, e i lavoratori hanno ottenuto un aumento del 39% sul salario, contro l'11% proposto dall'azienda), e successivamente la HepsiJet, la Getir (appena sbarcata anche in Italia), la Scotty, la Aras Kargo, la Sürat Kargo, la Yutiçi Kargo e la Yemeksepeti Banabi.

Come in tutti i paesi, i riders sono assunti a partita Iva, mentre nella realtà sono sottoposti ad un lavoro da dipendenti e in Turchia è a loro vietata l'iscrizione ad un sindacato. Con l'inflazione galoppante e il costo della vita i loro guadagni non consentono di arrivare alla fine del mese in modo decente. Perciò, come già in molti altri paesi europei e in America, anche in Turchia i riders sono scesi in sciopero. Attualmente la legislazione turca non prevede una classificazione esatta dei corrieri, perciò, per legge, essi dal punto di vista sindacale non esistono. Tra le rivendicazioni dei riders, quindi, non poteva mancare la regolamentazione legale di un sindacato. Essi, per scioperare, d'altra parte, si sono dovuti organizzare come fossero un sindacato, dimostrando anche su questo terreno che soltanto con la forza dell'unione è possibile avanzare delle rivendicazioni ed avere ascolto. Al momento, quel che si sa, è che le aziende hanno offerto di riconoscere loro il salario minimo garantito. In Turchia, infatti esiste da tempo questa forma salariale. Ma il salario minimo garantito corrisponde a 4.253 lire turche pari a circa 273 euro; ma con l'inflazione schizzata, secondo l'istituto di statistica governativo Tuik, oltre il 48%, e secondo un altro istituto di statistica indipendente, l'Enak, sopra il 115%, quel salario corrisponde ad una vera miseria. Il manifesto citato riporta anche la notizia che, secondo il sindacato confederale Turk-Is, nel mese di gennaio 2022 la soglia salariale che corrisponde alla povertà assoluta è di 4.249 lire turche, praticamente pari al salario minimo garantito. Dunque, quel che si garantisce è la fame!

In Turchia, come negli altri paesi, col trattamento a partita Iva sembra di guadagnare di più che non con l'assunzione da dipendenti; ma tutte le spese sono a carico del lavoratore (mezzo di trasporto, assicurazione contro gli incidenti, malattia, tasse ecc.), e alla fine il salario che rimane non basta per vivere. Il prezzo della benzina in un anno è aumentato di 46 volte e le tasse per i mezzi a motore del 25%, perciò i corrieri autonomi hanno grandi difficoltà non solo a lavorare ma anche a vivere. 

In Turchia, i corrieri, anche se lavorano per un'azienda soltanto, per legge sono inquadrati come lavoratori autonomi, perciò a partita Iva. La richiesta dei riders, quindi, tende a rivoluzionare il tipo di rapporto, forzando la legge. E questo può avvenire soltanto con una ampia e dura lotta di tutti i riders turchi, cosa che sta avvenendo, dimostrando in questo modo anche a tutte le altre categorie di lavoratori salariati che soltanto con la forza è possibile conquistare e difendere i propri diritti, primo fra tutti quello di vivere con salari non a livello di povertà assoluta.

Viva la lotta dei riders turchi! Viva l'organizzazione indipendente di difesa economica! Per la costituzione di organizzazioni sindacali di classe! 

 

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In Sri Lanka, folle inferocite manifestano contro la crisi economica

 

L'aumento dei prezzi, provocato dalla crisi pandemica alla quale si è aggiunta la guerra russo-ucraina con la penuria di beni di prima necessità, ha portato il paese in situazione di fallimento, cosa che lo fa sempre più dipendere dagli "aiuti" da parte della Cina. Il 15 marzo scorso, folle inferocite di manifestanti hanno assediato il palazzo presidenziale, ma poi sono state disperse dall'esercito il quale ha fatto migliaia di arresti. Il paese fonda la sua economia soprattutto sul turismo, ma la pandemia e il rialzo dei prezzi delle risorse energetiche lo ha messo completamente ko. E' il proletariato a pagarne il prezzo più alto, ed ha solo una via d'uscita: la via della lotta di classe.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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