Corre l'inflazione e i prezzi salgono

(«il comunista»; N° 173 ; Aprile-Giugno 2022)

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Al ritmo annuale (dati al marzo 2022), ecco l'incremento dell'inflazione nei paesi più importanti dei vari continenti:

 

Europa

Germania: 7,26%  -  Belgio: 8,31%  -

Spagna: 9,82%  -  Francia: 4,48%  - 

Italia: 6,46%  -  Regno Unito: 6,20%  -

Polonia: 10,96%  -  Rep. Ceca: 12,74%  -

Russia: 16,70%

Medio Oriente

Turchia: 61,14%  -  Iran: 34,7%  - 

Libano: 215% (a febbraio)

America Latina

Argentina: 55,1%  -  Brasile: 11,30%  -

Cile: 9,41%  -  Messico: 7,47%  -

Venezuela: 17,58%

America del Nord

Stati Uniti: 8,54%  -  Canada: 6,7%

Asia

Giappone: 1,20%  -  Sud Corea: 4,14%  -

India: 5,35%  -  Indonesia: 2,64%  -

Pakistan: 12,7%  -  Filippine: 4%  -

Cina: 1,49%

Africa

Algeria: 9,6% (a febbraio)  - 

Egitto: 10,5%  -  Nigeria: 15,92%  -

Sudafrica: 6,15%  -  Tunisia: 7,2%  -

Sudan: 258,4% (a febbraio)

 

In Europa, dal 2011, il costo del denaro non aumentava. Era il periodo del quantitative easing, quando la BCE era guidata da Mario Draghi, attuale presidente del consiglio italiano, con cui la banca centrale cercava di sostenere la ripresa economica in Europa dal salasso micidiale della crisi dei subprime americani del 2008. Ma la crisi di guerra russo-ucraina, e la concomitante crisi energetica provocata dalle sanzioni economico-finanziarie euro-americane alla Russia in conseguenza dell'invasione dell'Ucraina, hanno provocato un notevole rialzo dell'inflazione contro un rallentamente sensibile della crescita economica che si registrava dopo due anni di pandemia. Insomma, il capitalismo mentre cerca di tamponare una falla da un lato, ne apre un'altra dalla parte opposta.

La BCE, ora guidata da Christine Lagarde, annuncia che probabilmente già da luglio prossimo aumenterà il costo del denaro, ovviamente dell'euro, cosa che riguarda direttamente i 19 paesi europei della zona-euro. Nell'area euro i prezzi sono aumentati mediamente del 5,8% su base annua (dati di febbraio) e superano il 6% a marzo. Ormai lo sanno anche le pietre: a spingere l'aumento dei prezzi sono i costi dell'energia (gas, petrolio, carbone) e la carenza di materie prime, cosa che, come dicevamo, è dovuta in parte alla guerra russo-ucraina.

Nel frattempo gli Stati Uniti non stanno per niente meglio.  Secondo la Repubblica del 12.5, i prezzi negli USA sono aumentati in aprile, mediamente, dell'8,3%, raggiungendo un recod da 40 anni; il che provoca inevitabilmente una stretta monetaria importante. Draghi, che in quei giorni era a Washington, dichiarò che il problema dell'aumento dell'inflazione e della necessaria stretta monetaria "è un problema gravissimo negli Stati Uniti e in Europa", gravissimo ovviamente per i mercati finanziari, e per la crescita economica che in questa situazione si è fermata e tende a recedere.

Aldilà della media del rialzo dei prezzi, ciò che incide direttamente sulla crescita economica sono gli aumenti dei prezzi dell'energia. Con i dati di febbraio 2022, quando ancora le conseguenze dirette della guerra russo-ucraina non c'erano e non c'erano neppure le conseguenze delle sanzioni alla Russia (con l'annunciato blocco delle importazioni di gas e di petrolio russi nei paesi europei) l'aumento dei prezzi nei 19 paesi della zona euro si era già attestato al 31,7%. Il Belgio guidava la classifica dei paesi con i rialzi più consistenti, col 65,9%, seguiva l'Olanda con il 51,5% e l'Italia col 46,4%; in settima posizione la Germania con il 22,4% e in ottava la Francia con il 21,8% (1). Dunque non era tutta colpa dei costi energetici...

I politici e i giornali che li seguono hanno fatto moto rumore intorno al gas russo da cui dipende circa il 40% di tutto il gas naturale importato dai paesi europei. I maggiori importatori di gas russo sono Germania e Italia. La Germania, nel 2015, aveva concordato con la Russia - proprio per aggirare la fornitura di gas russo attraverso l'Ucraina -  la costruzione del secondo gasdotto Nord Stream 2 (affare da 11 miliardi di dollari, per 1.230 chilometri) che dalla Siberia occidentale passava sotto il Mar Baltico, grazie al quale dalla Germania si poteva rifornire l'intera Europa centrale e occidentale (erano previsti 55 miliardi di metri cubi di gas all'anno). Grazie a Nord Stream 2 la Russia avrebbe potuto aumentare le sue esportazioni di gas in Europa che già a metà 2021 rappresentava quasi la metà delle importazioni europee di gas. Il progetto si è interrotto dopo l'invasione russa in Ucraina, dato che Stati Uniti e Unione Europea hanno immediatamente preso posizione a sostegno dell'Ucraina tanto da inziare nel giro di poche settimane a fornire di armi e consiglieri di guerra l'Ucraina di Zelensky. E così la guerra russo-ucraina è diventata una guerra "europea" nella quale l'Unione Europea si è trovata del tutto scoperta sul piano delle forniture energetiche poiché in ben sette anni, dal 2014 - quando la Russia si è inglobata la Crimea - al 2021, le forniture di gas russo all'Europa sono praticamente raddoppiate.  E oggi, sull'onda delle sanzioni contro la Russia per bloccare le sue esportazioni in Europa di gas e petrolio, i paesi europei, e in particolare la Germania, si trovano a dover cercare nel mondo i paesi che potrebbero sostituire almeno in parte le forniture russe, andandosi a scontrare però, ad esempio, con Cina e Giappone che sono i due più grandi importatori mondiali di gas naturale liquefatto (Gnl) e che, ovviamente sono organizzati con i rigassificatori necessari a trasformare il gas liquefatto - utilizzato per il trasporto marittimo - in gas aeriforme che è quello che viene immesso nelle condotte della rete di distribuzione terrestre. Ma i paesi europei non sono sufficientemente attrezzati coi rigassificatori, cosa che richiede tempo, investimenti e collocazioni adeguate. Il Qatar, ad esempio, potrebbe essere uno dei fornitori di Gnl all'Unione Europea, ma il suo ministro dell'energia, Saad al-Kaabi ha dichiarato in una conferenza che il ruolo della Russia nel mix energetico globale è insostituibile: "Non c'è un solo paese che possa sostituire quel tipo di volume. Non c'è la capacità di farlo dal Gnl " (2).  Nel frattempo, al di là delle minacce verbali contro la Russia di Putin e le sanzioni che vanno a colpire alcuni oligarchi del suo "cerchio magico", Italia e Germania ed altri paesi europei (Ungheria ad esempio) continuano ad importare gas e petrolio russo che Putin obbliga a pagare in rubli. Sul pagamento in rubli si è assistito alla scenetta ridicola di una Commissione Europea che vieta assolutamente di cedere a questa richiesta, e delle aziende che comprano il gas e il petrolio russi per inventarsi degli escamotage che permettessero di far finta di pagare in euro mentre in realtà pagano in rubli in modo da assicurarsi le forniture almeno per tutto il periodo in cui vigerà lo scontro politico a livelli governativi.

Ovvio che, alla lunga, i paesi europei troveranno altri fornitori che, se non potranno sostituire completamente le quantità russe di gas e petrolio, le diminuiranno sensibilmente, tornando magari alle quantità del 2014.

Resta comunque il fatto che gas e petrolio sono indispensabili per la produzione capitalistica - una produzione generatrice di profitti che non riesce a funzionare con le fonti energetiche rinnovabili, che non riesce a sostituire completamente nemmeno il carbone, come i sacri discorsi sulle emissioni di CO2 vorrebbero, né il nucleare. Troppi interessi contrastanti si incrociano sulle fonti energetiche. Ieri, la crisi petrolifera del 1973 ha anticipato la crisi mondiale del 1975; oggi, la crisi del gas, se non anticipa di qualche anno una crisi mondiale delle dimensioni di quella del 1975,  ha avviato però la genesi dei suoi fattori.

 


 

(1) Cfr. https://www.wired.it/articole/inflazione-europa-italia-prezzi-energia-spesa/, del 5.3.2022.

(2) Cfr. https://www.wired.it/articole/russia-europa-gas-nord-stream-2/, del 5.3.2022.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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