Di fronte alla situazione mondiale in cui da tempo si fa sempre più necessaria l'attività teorica e politica del partito comunista rivoluzionario, continua il nostro lavoro di bilancio dei fatti storici che solo il marxismo può interpretare rendendolo base indispensabile per la ricostituzione del partito di classe e per la ripresa del movimento proletario e comunista internazionale
(Rapporti alla riunione generale di Milano del 12-13 ottobre 2024)
(«il comunista»; N° 184 ; Dicembre 2024)
I rapporti tenuti nella riunione generale di ottobre hanno trattato i seguenti temi : 1) Sulla guerra civile di Spagna 1936-39 : Le posizioni della Frazione del PCd'I all'estero ; 2) Breve storia del Partito comunista internazionale : sulla scissione del 1965 e il gruppo di "Rivoluzione comunista" ; 3) Sull'attività internazionale del partito. Il rapporto sull'imperialismo è stato rimandato ad altra riunione generale. Iniziamo qui con il primo rapporto.
Sulla guerra civile in Spagna 1936-39
Le posizioni della Frazione del PCd'I all'estero
In questo lavoro esporremo le posizioni che la Frazione del PCd’I all’Estero mantenne sugli aspetti più rilevanti, dal punto di vista marxista, della Guerra Civile Spagnola del 1936-1939. Per fare ciò, abbiamo fatto ricorso sia al lavoro del partito sulla Frazione (il rapporto del 1980 pubblicato ne “il comunista”, nn. 7, 8, 9 e10 del 1984, per esempio) (*), sia ai testi originali della Frazione, in particolare quelli pubblicati nella rivista Bilan, che allora era la pubblicazione teorica del gruppo, e di cui una raccolta in spagnolo è stata pubblicata più di vent’anni fa. Abbiamo provato a dare conto anche degli articoli che la Frazione pubblicò su Prometeo, il giornale politico del gruppo in quegli anni, ma il materiale, che pensavamo scarso, si è rivelato considerevole una volta che abbiamo cominciato a rivedere i numeri del giornale. Questa è, in parte, una buona notizia, perché potremo continuare a lavorare sull’argomento : ci aiuterà un indice degli articoli sulla guerra pubblicati su Prometeo e, poco per volta, traducendoli.
L’abituale considerazione che riguarda la Frazione valorizza come punto fondamentale la rottura avvenuta al suo interno tra una corrente di minoranza e un’altra, la maggioranza, sulla questione della difesa – da parte della prima – della necessità di intervenire attivamente sul versante repubblicano spagnolo per accelerare la sviluppo della lotta di classe dei proletari che ne facevano parte. O, vista da un’altra angolazione : la permanenza della maggioranza della Frazione sulle posizioni teoriche e politiche della Sinistra comunista d’Italia che, rifiutando la partecipazione ai blocchi antifascisti, poneva la minoranza fuori dall’organizzazione della Frazione e dal terreno storico della Sinistra.
Questo aspetto della vita della Frazione dimostra quanto questa sia stata toccata dagli avvenimenti spagnoli e, quindi, il peso reale che tali avvenimenti hanno avuto nel corso della sua lotta politica. Ma non è questo il punto essenziale, non è ciò che caratterizza l’importanza delle posizioni della Frazione riguardo alla guerra civile spagnola e al movimento proletario che l’ha preceduta e che in essa è stato annegato : la questione fondamentale che la Frazione ha messo in gioco con la sua rottura interna si manifesta in modo netto (nessuna partecipazione a uno dei blocchi imperialisti, rifiuto dell’antifascismo come fattore determinante della lotta di classe), ma ha implicazioni più estese, dense e complesse quando si tratta di valorizzarle, proprio perché non si manifestano (nemmeno per la Frazione stessa dell’epoca) in modo così chiaro. Al centro della vita della Frazione, che si esprime come continuità fisica prima ancora che politica, c’è la difesa del partito di classe, organo che garantisce la continuità nel tempo e nello spazio della lotta del proletariato, di fronte a qualsiasi contingenza, inclusa la più profonda delle controrivoluzioni vissute dalla classe operaia.
La lotta teorica, politica, organizzativa, ecc. che la Frazione portò avanti con tutte le sue forze aveva l’unico significato che un simile sforzo può avere per i marxisti : la difesa del partito di classe come unico organo in grado di impegnarsi nella lotta rivoluzionaria contro la borghesia. Ed è per questo motivo che, combattendo sia la tendenza minoritaria che chiedeva di rompere la continuità della Frazione con le posizioni storiche di Livorno nel 1921, sia con le posizioni trotskiste o di altri gruppi cosiddetti “di sinistra”, la Frazione difese le conclusioni minime, ma vitali, alle quali i militanti potevano aggrapparsi nel valutare il periodo che si aprì nel 1917 e si chiuse con il trionfo della controrivoluzione borghese :
« Un partito vive quando vive una dottrina e un metodo di azione. Un partito è una scuola di pensiero politico e, di conseguenza, un’organizzazione di lotta. Il primo è un fatto di coscienza, il secondo è un fatto di volontà, più precisamente di tendenza verso uno scopo (Partito e classe, 1921). »
La Frazione e la corrente trotskista prima della proclamazione della Repubblica spagnola
L’avvento della Repubblica spagnola, dopo sette anni di dittatura di Primo de Rivera che aveva praticamente messo fine al movimento operaio organizzato schiacciando i sindacati anarchici e integrando i socialisti nel lavoro governativo, catturò l’attenzione sia della Frazione che della Corrente trotskista, allora formalmente legate tra loro nell’Opposizione di Sinistra Internazionale guidata dai sostenitori del rivoluzionario russo.
La controversia tra la Frazione e Trotsky è nota e riguarda il peculiare movimento politico che l’avvento del regime repubblicano in Spagna comporta : per il rivoluzionario russo ciò significava l’apertura di un processo rivoluzionario che nella sua prima fase sarebbe stato inevitabilmente democratico, cioè, anche se fosse stato necessariamente diretto dal proletariato, avrebbe avuto come asse centrale le rivendicazioni popolari, nazionali, ecc.
Nella puntata precedente di questo lavoro abbiamo descritto tutto il nucleo di queste posizioni, che ricorderemo solo con questa citazione :
« Questa via [quella della rivoluzione democratica] presuppone, da parte dei comunisti, una lotta risoluta, audace ed energica per le parole d’ordine democratiche. Non capirlo sarebbe commettere la più grave mancanza settaria. Nell’attuale fase della rivoluzione, sul terreno delle parole d’ordine politiche, il proletariato si distingue da tutti gli altri gruppi “di sinistra” della piccola borghesia, non per il fatto di negare la democrazia, come fanno gli anarchici e i sindacalisti, ma per il fatto di lottare apertamente e risolutamente per questa parola d’ordine, denunciando allo stesso tempo e incessantemente le esitazioni della piccola borghesia.
« Avanzando prioritariamente parole d’ordine democratiche, il proletariato non intende dire che la Spagna va verso la rivoluzione borghese. Solo freddi pedanti imbottiti di formule di routine potevano porre la questione in questo modo. La Spagna si è lasciata alle spalle da molto tempo la fase della rivoluzione borghese.
« Se la crisi rivoluzionaria si trasforma in rivoluzione, supererà inevitabilmente i limiti borghesi e, in caso di vittoria, dovrà cedere il potere al proletariato ; ma, a quel punto, il proletariato non potrà dirigere la rivoluzione, cioè raccogliere intorno a sé le più vaste masse di lavoratori e di oppressi e diventarne la guida, se non a condizione di sviluppare attualmente, con e in relazione alle sue rivendicazioni di classe, tutte le rivendicazioni democratiche, nella loro interezza e fino alla fine.
« Ciò sarebbe di importanza decisiva soprattutto per il contadiname. Quest’ultimo non può concedere a priori la sua fiducia al proletariato, accettando la dittatura del proletariato come pegno verbale. I contadini, in quanto classe numerosa e oppressa, a un certo punto vedono inevitabilmente, nella parola d’ordine della democrazia, la possibilità di dare la preponderanza agli oppressi sugli oppressori. I contadini metteranno inevitabilmente in relazione la parola d’ordine della democrazia politica con la distribuzione radicale della terra. Il proletariato assume apertamente il sostegno a queste due rivendicazioni. Al momento opportuno i comunisti spiegheranno all’avanguardia proletaria in che modo queste rivendicazioni potranno essere realizzate, gettando così il seme del futuro sistema sovietico.
« Anche nelle questioni nazionali, il proletariato difende fino in fondo la parola d’ordine democratica, dichiarandosi disposto a sostenere, in un percorso rivoluzionario, il diritto dei diversi gruppi nazionali alla libera disposizione di sé stessi, fino alla separazione. »
(Trotsky, I compiti dei comunisti in Spagna, 1930, in “Rivoluzione in Spagna”, Ediz. Fondazione Federico Engels).
Da parte sua, la Frazione esprime una posizione completamente diversa : per essa, l’ascesa al potere della classe borghese spagnola si era già conclusa diversi decenni prima dell’arrivo della Repubblica. Anche se non si poteva parlare di rivoluzione borghese in senso stretto, simile a quella inglese, francese o italiana, non si poteva negare che a partire dalla fine del XIX secolo le borghesie industriali, commerciali e finanziarie (soprattutto quest’ultima) delle diverse regioni del paese avessero raggiunto una sorta di associazione con i resti dell’oligarchia terriera, che aveva perso il potere economico e aveva quindi ceduto parte del suo potere politico alla nuova classe ascendente.
In un’analisi molto più accurata di ciò che la corrente trotskista fu capace di fare durante tutto il periodo dal 1931 al 1939, la Frazione era pienamente consapevole che il ciclo rivoluzionario borghese era completamente liquidato in Spagna, che l’avvento della Repubblica non implicava la riapertura di quel ciclo, quindi i movimenti sociali piccoloborghesi o le correnti nazionaliste non implicavano più alcun sostegno da parte del proletariato.
« La Spagna appartiene ai più antichi paesi borghesi e se in essa non abbiamo assistito ad uno schema analogo a quello che portò il capitalismo al potere in altri paesi, ciò è dovuto alle condizioni eccezionalmente favorevoli nelle quali ha potuto affermarsi ed emergere la borghesia spagnola. Possessore di un immenso impero coloniale, il capitalismo ha potuto evolversi senza grandi shock interni ; seppe addirittura evitarli, proprio perché la base del suo dominio non consisteva – a differenza di quella degli altri capitalismi – in una modifica radicale dei fondamenti dell’economia feudale attraverso l’insediamento della grande industria nelle città e la liberazione dei contadini e del servaggio, ma nell’adattamento dell’intero sistema alle esigenze di un capitalismo che, disponendo di immensi territori in cui investire i propri capitali, poteva rallentare la corsa all’industrializzazione della propria economia. È significativo sottolineare [a questo proposito] che la borghesia ha perso le antiche colonie spagnole nel momento stesso in cui queste sono entrate nel vortice delle trasformazioni industriali.
« […] Gli eventi che si susseguirono nel corso degli anni 1931, 1932 e 1933 permettono quindi di spiegare con chiarezza la realtà sociale e il significato dell’instaurazione della Repubblica. Quest’ultima rappresentava, dal punto di vista del movimento sociale e del suo progresso, un elemento assolutamente accessorio. Non poteva, in nessun modo, essere paragonata all’instaurazione delle repubbliche borghesi del secolo passato, poiché, al contrario, rappresentava unicamente una nuova forma di dominio della borghesia, un nuovo intento del capitalismo spagnolo di fare fronte alle sue necessità. »
(Bilan, nº 33, luglio-agosto 1936)
E’ certo che, partendo da una corretta valutazione dei termini della rivoluzione borghese in Spagna e dalla fase apertasi con l’avvento della Repubblica nel paese, la Frazione ha esagerato a dismisura le conseguenze della sua lotta contro le posizioni errate del trotskismo, arrivando ad affermare che il proletariato non ha alcun interesse, mai e in nessun luogo, nella difesa delle rivendicazioni democratiche. Questo fu, in ogni caso, un punto di vista erroneo, indicativo della difficoltà con la quale, contro venti e maree, si difendeva la continuità con le tesi marxiste della Sinistra comunista d’Italia, ma fu rettificato. La realtà è che lo scontro tra la corrente trotskista e la Frazione aveva una rilevanza maggiore di una semplice disquisizione riguardo l’aspetto dello sviluppo politico ed economico della Spagna o il tipo di rivendicazioni che ci si poteva aspettare da questo. La discussione nascondeva una differenza molto più profonda perché, dietro l’argomentazione trotskista favorevole alla lotta proletaria per la democrazia, c’era il riconoscimento che il vero partito comunista, assente in Spagna, avrebbe dovuto sorgere attraverso la mobilitazione dei grandi strati non proletari, come il contadiname , i “popoli oppressi”, ecc. Per spiegarlo, ritorniamo a questa citazione di Trotsky :
« Sarebbe un dottrinarismo deplorevole e sterile opporre brevemente la parola d’ordine della dittatura del proletariato agli obiettivi e ai motti della democrazia rivoluzionaria (repubblica, rivoluzione agraria, separazione della Chiesa dallo Stato, confisca dei beni ecclesiastici, autodeterminazione nazionale , Cortes Costituenti rivoluzionarie). Le masse popolari, prima di poter conquistare il potere, devono riunirsi attorno ad un partito dirigente proletario. La lotta per la rappresentanza democratica, così come la partecipazione alle Cortes in una fase o nell’altra della rivoluzione, possono facilitare incomparabilmente il raggiungimento di questo compito
« […] Solo i pedanti possono vedere una contraddizione nella combinazione delle parole d’ordine democratiche con altre transitorie e puramente socialiste. Un programma così combinato, che riflette la struttura contraddittoria della società storica, nasce inevitabilmente dalla diversità dei problemi lasciati in eredità dal passato. Ridurre tutte le contraddizioni e tutti gli obiettivi ad un unico denominatore : la dittatura del proletariato, è un’operazione necessaria, ma del tutto insufficiente. Anche nel caso di fare un passo avanti, ammettendo che l’avanguardia proletaria abbia chiaramente compreso che solo la dittatura del proletariato può salvare la Spagna dalla decomposizione, il compito preliminare di raccogliere e unificare attorno all’avanguardia i settori eterogenei della classe operaia e alle ancor più eterogenee masse lavoratrici delle campagne. Opporre puramente e semplicemente la parola d’ordine della dittatura del proletariato agli obiettivi storicamente condizionati che attualmente spingono le masse sulla via dell’insurrezione significherebbe sostituire la concezione marxista della rivoluzione sociale con la concezione bakuninista. Sarebbe il modo migliore per perdere la rivoluzione. »
(Trotsky, La rivoluzione spagnola e la tattica dei comunisti, 1931, in “Rivoluzione in Spagna”, Ediz. Fundación Federico Engels)
L’agitazione per le parole d’ordine democratiche doveva cioè essere il punto di partenza della ricostituzione del partito di classe : il ritardo storico nella formazione di questo partito doveva essere corretto riunendo innanzitutto i vari gruppi sociali attorno alle parole d’ordine democratiche e, in questo modo, recuperare il tempo perduto e porre finalmente il proletariato alla testa della lotta rivoluzionaria.
La Frazione, dal canto suo, valuta diversamente sia il problema fondamentale dell’assenza di un partito comunista rivoluzionario sia l’origine di questa mancanza, mettendo a nudo il rapporto dialettico che esiste tra partito e classe, collegando lo sviluppo del primo alle tattiche di manovra che un gruppo di rivoluzionari potrebbe utilizzare e dando una visione pessimistica ma realistica delle possibilità storiche del movimento di classe del proletariato spagnolo :
« La presenza del partito di classe e la sua influenza decisiva sulle masse sono sempre state considerate dai marxisti come una condizione sine qua non per la vittoria, ma questa affermazione non risolve il problema, poiché ovunque sentiamo proclamare un accordo immediato tra militanti spagnoli o quelli di altri paesi – sulla base di un programma le cui formule progressiste seguiranno l’evoluzione violenta degli eventi – affinché, finalmente, in pochi giorni, possa germogliare il partito di classe del proletariato spagnolo. Il problema, secondo noi, è spiegare perché questo partito manca, proprio nel momento in cui le masse sono spinte a prendere le armi. Solo allora capiremo che la natura stessa di queste lotte armate è tale che, purtroppo, ogni prospettiva di evoluzione rivoluzionaria è esclusa a meno che una profonda modificazione della situazione internazionale e l’emergere di un’avanguardia del proletariato mondiale possano intervenire nello stesso processo di lotta sociale in Spagna, cristallizzando, attorno ad un nucleo marxista, le forze storiche capaci di esprimere le rivendicazioni finali della classe operaia spagnola. Il partito di classe non si inventa, non si improvvisa, né lo si può importare. Se non esiste è perché la situazione non ne ha permesso la formazione ; se, inoltre, i formidabili meccanismi precedenti non hanno aperto la strada, è perché, nel meccanismo stesso dell’evoluzione della società spagnola, non esistono ancora le molle che possano consentire la produzione di quello strumento indispensabile per la vittoria proletaria. »
(Bilan, n. 33, luglio-agosto 1936)
In questo paragrafo è perfettamente spiegata la difesa sia della necessità essenziale del partito di classe perché si possa parlare di lotta rivoluzionaria del proletariato, sia del fatto che in sua assenza, come è avvenuto in Spagna, la prospettiva di vittoria era nulla. Per la Frazione, in nessun momento era lecito pensare a raggruppamenti di elementi antistalinisti o di correnti unioniste per rimediare all’assenza storica di un partito comunista fermo sulla dottrina marxista e radicato nell’avanguardia proletaria. Ed è questo l’asse che dà alle posizioni della Frazione il valore che hanno ancora oggi : anche quando, con i proletari in piazza, armati e vittoriosi su un esercito reazionario (come accadde il 19 luglio) si scatenò l’euforia, la Frazione mantenne il polso fermo, affermando che la situazione non ammette ottimismo, che il grande sforzo dei proletari di Barcellona o di Madrid sarebbe andato perduto in assenza dell’organo-partito.
Senza nulla togliere al merito di questa forza politica della Frazione, è necessario sottolineare che, come è avvenuto per la questione delle rivendicazioni democratiche, quando si è passati dall’affermazione critica, dalla negazione di posizioni non marxiste, al dover affermare posizioni marxiste corrette, la sua lucidità vacillò. Il bilancio storico della controrivoluzione implica non solo dinegare i suoi aspetti deleteri rispetto alla dottrina marxista, ma anche di riaffermare la sua validità dottrinale nello spiegare i termini della ripresa della lotta proletaria. Ma questo equilibrio poteva essere raggiunto solo quando la forza violentissima della reazione controrivoluzionaria si fosse un po’ attenuata.
Nel 1936 non era ancora materialmente possibile realizzarlo e si giunse ad affermare quanto segue :
« In presenza di una struttura sociale così arretrata da poter essere paragonata a quella della Russia zarista, sorge la domanda : come, con una struttura sociale così eterogenea e di fronte ad una borghesia impotente quando si tratta di trovare soluzioni agli angosciosi problemi che la crisi economica pone, non si sono ancora formati, in quell’ambiente sociale particolarmente favorevole e simile a quanto avvenne in Russia, nuclei marxisti di potenza e grandezza dei bolscevichi ? Ci sembra che la risposta a questa domanda sia che la borghesia russa era in ascesa, mentre la borghesia spagnola, consolidata da secoli, attraversava una fase di putrida decadenza. Queste diverse situazioni dei due proletariati, per cui il fatto che il proletariato spagnolo si trovi incapace di ricavare, dai suoi movimenti giganteschi, il partito di classe indispensabile per la sua vittoria, crediamo dipenda dalla condizione di assoluta inferiorità in cui si trova la Spagna, che il capitalismo ha condannato a rimanere ai margini dell’odierna evoluzione politica e sociale. »
Come dire : far dipendere l’esistenza di un partito rivoluzionario dalla forza di classe… della borghesia. Poiché la classe borghese spagnola era in declino, a differenza di quella russa nel 1905-1917, il partito comunista non poté germogliare. Se questa tesi fosse vera, si creerebbe la situazione per cui il proletariato potrebbe diventare partito solo come appendice della lotta rivoluzionaria della borghesia, dimenticando che le grandi lotte di classe del proletariato internazionale, guidate dal partito rivoluzionario, si sono manifestate proprio contro una borghesia che non era più nella fase ascendente del suo ciclo economico e politico ?, oppure, la situazione per cui i confronti sociali che portarono alla fine della prima guerra mondiale avrebbero visto una borghesia ricca di uomini e ancora capace di offrire soluzioni rivoluzionarie ai problemi della umanità ? La fase imperialista del dominio borghese, nella quale si svolge la stessa rivoluzione russa, rappresenta la decadenza, in termini marxisti, della classe borghese e se in questa non riesce ad emergere il partito comunista, la condanna che grava su di noi è inappellabile.
Ma, a parte questo tipo di considerazioni, la cosa fondamentale è sottolineare che per la Frazione, soprattutto nel confronto con la corrente trotskista, il punto centrale non è mai stata l’opposizione tra le parole d’ordine democratiche e la parola d’ordine della dittatura del proletariato : noi abbiamo visto come per la Frazione né nel 1931 né nel 1936 la classe proletaria aveva come orizzonte immediato la presa del potere e l’esercizio della dittatura ; la lotta della Frazione si svolgeva in difesa del partito di classe come organo della rivoluzione e nella necessità di combattere tendenze come il trotskismo che, in definitiva, impose la liquidazione del partito così come concepito dal marxismo. D’altra parte, questa controversia non riguarda affatto questioni scolastiche o qualche tipo di prurito teorico che oppone due correnti irrilevanti. La questione delle rivendicazioni democratiche, del significato che avrebbero dovuto avere per il proletariato e della posizione che il partito comunista avrebbe dovuto mantenere nei loro confronti, fu fondamentale per tutto il periodo che va dal 1930 al 1937.
Il fatto che in Spagna non vi fosse alcuna rivoluzione democratica borghese in sospeso non significa che non rimanessero in attesa di essere soddisfatte le rivendicazioni che accompagnano questo tipo di rivoluzione, soprattutto nelle campagne, dove i termini di questo accoppiamento tra borghesia agraria e oligarchia terriera aveva mantenuto buona parte della struttura proprietaria, in un fenomeno più vicino alla junkerizzazione tedesca che alla distribuzione della proprietà francese. Questa situazione aveva creato una grande eterogeneità sociale nelle campagne, dove, a seconda delle regioni, predominava dal lavoratore giornaliero proletario senza terra sempre pronto ad elevarsi al piccolo proprietario terriero che utilizzava il lavoro salariato stagionale. E tra i due tipi, una vasta gamma di proprietari terrieri, semiproletari, mezzadri, ecc. Per tutti loro la questione fondiaria costituì l’elemento centrale del turbolento periodo repubblicano. Se si tiene conto che più del 60% della popolazione viveva nelle campagne, si può facilmente comprendere il peso che hanno avuto istanze democratiche di questo tipo.
Dal punto di vista della corrente trotskista, si trattava di promuovere al massimo le parole d’ordine democratiche, stabilendo un’alleanza con le classi contadine, la piccola borghesia liberale ecc., credendo di rafforzare in questo modo la classe proletaria, consentendo così la nascita e lo sviluppo di un grande partito di classe che avrebbe, quindi, la sua base in detta alleanza. Per la Frazione si trattava di affermare il programma rivoluzionario marxista come l’unico modo per radunare attorno a sé un partito comunista degno di questo nome, per quanto improbabile considerasse questa situazione : il partito non poteva crescere se non si basava sull’esperienza sia della rivoluzione che della controrivoluzione subite negli ultimi anni. Solo il bilancio di questa esperienza poteva impedire al proletariato di cedere il proprio ruolo ad altre classi sociali e di venirne infine schiacciato.
In effetti, questo è ciò che alla fine è successo. Assente il partito di classe, la direzione del movimento proletario cadde nelle mani della socialdemocrazia e dell’anarchismo, per essere infine liquidata dall’azione congiunta di questi e del Partito comunista stalinista. Ma questa sconfitta fu del tutto dovuta alle concessioni che la classe proletaria fece alle classi medie repubblicane, ai contadini, alle borghesie nazionaliste ecc. Particolarmente sanguinosa fu la situazione nelle campagne, dove anarchici e socialisti consegnarono alla reazione franchista i braccianti rivoluzionari e i contadini poveri (che avevano ottenuto il controllo economico e sociale di vaste aree di territorio e di città molto importanti). Il “trionfo” delle parole d’ordine democratiche (distribuzione delle terre, eliminazione del potere della Chiesa, ecc.) imposte nei primi giorni di guerra in piena consonanza con le rivendicazioni trotskiste, cioè attraverso l’alleanza dei proletari rurali con le classi piccoloborghesi, immobilizzarono il movimento, consentendo la controffensiva reazionaria che insanguinò le campagne spagnole. Infatti, il monito sulla questione centrale dell’assenza di un partito di classe rivoluzionario e sulle limitate prospettive della sua formazione nel corso degli avvenimenti del periodo, mostrano due lezioni fondamentali che per la Frazione stessa erano, in quanto marxisti, già scritte rispetto all’esperienza concreta degli avvenimenti spagnoli perché già presenti nella dottrina marxista.
Da un lato, il partito comunista non può sorgere durante le rivoluzioni : se la soluzione delle questioni centrali di teoria, politica, organizzazione o tattica poste dal movimento non avviene prima che gli eventi raggiungano il punto di ebollizione, non avverrà nel momento più difficile. Il partito non è un frutto della rivoluzione, ma deve precederla. Il caso spagnolo, dove un proletariato all’offensiva ha potuto liquidare una parte dell’esercito, impadronirsi dei mezzi di produzione, creare milizie capaci di diffondersi in tutto il paese ecc., mostra che nessuno di questi sforzi può sostituire il titanico compito di preparare il partito di classe e che, quando arriverà il momento, nessuno di essi sarà garanzia di vittoria rivoluzionaria se manca un’influenza ferma, non episodica e costante del partito su ampi settori del proletariato.
Dall’altro lato il partito non potrà mai costituirsi come un aggregato di gruppi diversi. La Frazione poteva essere tentata, in stile trotskista o come fece la stessa minoranza scissa, dal partecipare a qualche tipo di raggruppamento politico di tipo antistalinista o simile. Se avesse ceduto, avrebbe seguito la linea di tutte le organizzazioni politiche di sinistra spagnole, come il POUM, la FAI anarchica o lo stesso PCE. Ma ciò, avrebbe sicuramente generato un’alleanza con alcuni settori estremisti del POUM, dando l’impressione di espandere il suo raggio d’azione e la sua influenza pratica sul proletariato, e avrebbe comportato in realtà il suo fallimento teorico e politico e il cedimento, in nome dell’urgenza degli eventi, a posizioni che in realtà si discostavano completamente dalle loro.
Ma la valutazione che la Frazione ha fatto sugli avvenimenti spagnoli non è consistita soltanto nel riaffermare le tesi marxiste sul Partito o in una concezione generale della realtà del paese, ma ha basato le sue considerazioni su uno studio approfondito dell'evoluzione degli eventi, dalla proclamazione della Repubblica alla fine della Guerra Civile.
Per chi conosce la storia delle posizioni che le diverse correnti politiche mantennero sulle questioni centrali sorte in quel periodo in Spagna, il livello raggiunto dalla comprensione della Frazione al riguardo è sorprendente. Se si prendono in considerazione le posizioni sostenute, ad esempio, dalle correnti che hanno dato origine al POUM (di cui abbiamo parlato nella scorsa riunione generale) o dai gruppi anarchici meglio preparati dal punto di vista politico, queste sembrano poco più che fantasticherie, approcci irrealistici che non reggono nemmeno per un attimo il confronto con le tesi della Frazione. Anche oggi, quando sopravvive non solo la mistificazione democratica e antifascista, ma anche l’idealizzazione romantica della presunta “rivoluzione del 1936”, le analisi della Frazione rappresentano una concezione molto avanzata sulla natura della lotta di classe in quel decennio. Riassumiamo i punti principali di queste analisi per mostrarne la reale portata e profondità.
Il ruolo della Repubblica nella storia della Spagna
La tesi fondamentale di Bilan a questo proposito è quella che abbiamo già esposto sopra : la Spagna è un paese pienamente capitalista anche se permangono, nella sua struttura politica e giuridica, residui precapitalisti spiegati dallo sviluppo prematuro del modo di produzione borghese nel paese.
« […] La borghesia spagnola appartiene alle vecchie borghesie d’Europa ed è profondamente errato parlare di rivoluzione borghese, anche in relazione ad una struttura economica in cui persistono profondi anacronismi. […] La borghesia spagnola, invece di evolversi partendo da un capitalismo industriale che la portava verso una lotta mortale contro il feudalesimo, si è sviluppata, al contrario, sulla base dell’investimento dei suoi capitali in immensi territori coloniali, mentre si adattava alla struttura feudale, cercando di piegarla alle sue esigenze. La perdita di questi vasti territori [si riferisce all’emancipazione delle colonie sudamericane e caraibiche, avvenuta tra il 1812 e il 1898, la data della perdita di Cuba a favore degli Stati Uniti] e la rivoluzione industriale che aprì l’era del dominio mondiale del capitalismo getterebbero la Spagna in convulsioni sociali nelle quali il capitalismo sarebbe incapace di trovare, allo stesso tempo, una via d’uscita, una soluzione allo sviluppo economico, poiché, per questo, era necessario un cambiamento radicale e totale dell’economia. »
L’arco storico che la Frazione qui riassume si estende dal periodo di ascesa del mondo mercantile castigliano e aragonese (XIII e XIV secolo) all’ingresso nell’epoca imperialista. Per gran parte di questo tempo, la Spagna resterà un paese di second’ordine in cui uno sviluppo in termini francamente primitivi capitalisti, che si accompagnò all’estensione territoriale in America, dando origine all’impero coloniale, si incagliò in una stagnazione secolare che limitò la crescita. sia delle forme economiche capitaliste che delle forme politiche puramente borghesi, cosa che non dà adito che si possa parlare di un paese non capitalista, feudale ecc. L’apparizione della fase imperialista dello sviluppo capitalistico generale implicherebbe, per la Spagna, non solo il mantenimento di un ruolo di secondo ordine, subordinato sia ai suoi vicini europei che alla nascente potenza nordamericana, ma anche la perdita nei loro confronti dei suoi ultimi territori d’oltremare : in un certo senso, allo stesso modo in cui l’oro spagnolo riuscì a “finanziare” la rivoluzione industriale britannica, i territori spagnoli diedero forza all’ascesa degli Stati Uniti come nuova potenza mondiale. Ma, insistiamo, per il Frazione questa evoluzione corrisponde al cambiamento che ogni paese capitalista può sperimentare nel teatro della lotta tra le diverse potenze e non alla sopravvivenza di residui sociali feudali che, infatti, in Spagna erano meno accentuate che nel resto dei paesi circostanti.
Per quanto riguarda la struttura sociale spagnola,
« […] Dato che lo sviluppo economico e la struttura della società spagnola non contengono elementi che permettano di gettare le basi del moderno Stato capitalista (secondo il modello inglese o anche francese), sarà attraverso la violenza dell’Esercito che i liberali tenteranno di instaurare un regime “popolare”, così come verranno schiacciati dall’Esercito, insieme al liberalismo, i movimenti sociali che si scateneranno come reazione a tali tentativi. Dal 1812 all’attuale Repubblica democratica, la Spagna ha conosciuto più di cento costituzioni, senza contare l’attuazione della breve Repubblica di Pi i Margall. Nel corso di questo movimentato sviluppo storico si ripeterà lo stesso schema, ma in modo sempre più accentuato, a causa del crescente intervento del proletariato. Ogni passo che la borghesia farà per adattare il proprio sviluppo a quello del capitalismo negli altri paesi si scontrerà con l’impossibilità di trasformare radicalmente l’intera struttura economica e, di conseguenza, ai periodi di liberalismo seguiranno sistematicamente altri periodi della più nera reazione. La formazione e la crescita del proletariato iberico si svolgeranno all’interno di queste contraddizioni senza soluzione possibile. »
Questo paragrafo va compreso in tutto il suo valore : la debolezza dello Stato borghese, attanagliato da un movimento reazionario contro il quale non poteva svolgere una lotta “popolare” e da un movimento operaio che lo costringeva a gettarsi nelle braccia della reazione, è la chiave che ci permette di comprendere quel “sottosviluppo politico” che è sempre stato attribuito alla Spagna.
L’esercito spagnolo – e qui le tesi della Frazione riflettono le posizioni di Marx – si è forgiato nella lotta nazionale contro l’invasione francese e lo ha fatto a partire dalla struttura di una guerriglia molto attaccata al territorio e ben poco alle forme militari del vecchio regime. Ecco perché l’esercito assorbì non solo gli elementi più colti dell’intellighenzia borghese, ma anche tutti quegli “uomini del popolo” che guidarono la doppia rivoluzione antifrancese e antifeudale avvenuta tra il 1808 e il 1814. Ma tutta la forza della borghesia si era esaurita lì : nonostante la sua audacia e il dinamismo sociale che la resero vittoriosa nel 1814, la sua debolezza economica fece sì che non fosse in grado di creare un’altra istituzione forte e duratura cosicché, quando venne il momento, solo l’esercito rappresentò i suoi interessi. E si può anche dire che solo l’esercito era borghese. Bisognerà attendere altre guerre, quelle combattute dai settori reazionari in favore del pretendente al trono Carlos (guerre carliste), per spingere definitivamente verso una ristrutturazione dello Stato in termini decisamente borghesi, dando inizio al ciclo di guerre civili che sarebbe terminato solo nel 1876. Fu durante questo periodo che il movimento operaio organizzato emerse, prima come appendice della borghesia liberale anticarlista e, poi, come forza propria, indipendente e capace, almeno tendenzialmente, di contrastare tutte le fazioni borghesi.
Il debole Stato borghese riuscì a sopravvivere solo attraverso una transazione su larga scala con le forze reazionarie, che implicava il mantenimento della monarchia, il consolidamento di uno strato sociale militare con grande influenza sullo Stato, la fusione dei nuclei finanziari borghesi con l’oligarchia tradizionale, ecc. Solo lo sviluppo del capitalismo internazionale rappresentava un vettore di evoluzione delle relazioni sociali borghesi nel paese.
Nonostante ciò, questo ordine venne fatto saltare dopo il periodo della prima guerra mondiale.
« La guerra mondiale, che scosse profondamente l’intero assetto economico e sociale della Spagna – rispettandone però le caratteristiche essenziali – e l’afflusso di capitali stranieri avvenuto in quel periodo, determinarono un avanzamento dell’industrializzazione, anche se non nel senso della trasformazione del sistema dell’economia, ma nello sviluppo di alcune aree. I grandi scioperi del 1917-18 e i movimenti sociali che seguirono la guerra fino al 1923 costrinsero il capitalismo a ricorrere alla dittatura di Primo de Rivera, che, sotto un feroce terrore militare, dovette impedire che i movimenti proletari scardinassero completamente il sistema economico borghese. Solo a quel prezzo la borghesia ha potuto destinare i profitti realizzati durante la guerra allo sviluppo della rete bancaria, dei mezzi di comunicazione e dell’elettrificazione. Anche in questo caso l’esercito non ha fatto altro che svolgere la funzione di sostituire, con la violenza militare, le carenze di un apparato incapace di incanalare i movimenti dei proletari e allo stesso tempo di consentire alla borghesia di mantenere e sviluppare le sue conquiste come classe dominante. »
È l’epoca della comparsa dei grandi movimenti di classe del proletariato spagnolo che, soprattutto in Catalogna e nelle campagne andaluse, portano avanti durissimi scontri con la borghesia. Alcuni storici hanno definito questo periodo una guerra civile a bassa intensità perché, soprattutto a Barcellona, i grandi movimenti di scioperi, come quello che ottenne l’imposizione legale della giornata lavorativa di 8 ore, furono seguiti da un periodo di scontro armato tra il padronato e lo Stato contro i proletari.
Sui limiti di questo confronto, Bilan scrive :
« Se la borghesia riuscì, attraverso l’esercito, a unire le parti opposte della sua economia, mantenendo la centralizzazione delle regioni più differenziate dal punto di vista del loro sviluppo, il proletariato, al contrario, reagì sotto l’impulso delle contraddizioni di classe, tendendo a concentrarsi nei settori in cui tali contraddizioni si esprimevano violentemente. Così, il proletariato catalano fu gettato nell’arena sociale, non in funzione di una modificazione dell’intera economia spagnola, ma dello sviluppo della Catalogna. Lo stesso fenomeno si verificherà in altre regioni, comprese quelle agricole.
« Troviamo qui, a nostro avviso, la spiegazione del trionfo dell’ideologia anarchica in tutte le regioni periferiche, poiché corrispondeva a quel federalismo della lotta di classe, all’impossibilità, per il proletariato iberico, di armonizzare i suoi sforzi per giungere alla costituzione di un partito di classe. Solo a Madrid il marxismo poté mettere piede e necessariamente in modo superficiale poiché, invece di esprimere un processo economico che promuoveva la concentrazione industriale e la comparsa di un proletariato unificato, esprimeva la centralizzazione bastarda che la borghesia cercava di attuare attorno a Madrid nei settori avversari della sua economia. La mancanza, in Spagna, di un potente Partito socialista prima della guerra, l’incapacità – nonostante i grandi movimenti sociali degli operai della penisola iberica – di gettare le basi di un Partito comunista dopo la rivoluzione russa, ci rimanda, quindi, ai fondamenti stessi della lotta di classe nel paese, alle condizioni di formazione del proletariato e alle particolari coordinate storiche in cui si è sviluppata la borghesia. Poiché i lavoratori reagirono sotto l’impulso delle contraddizioni di classe, senza mai unire i loro sforzi per adottare una visione unitaria dei loro scopi, non sorprende che il movimento operaio si sia espanso attraverso organizzazioni sindacali basate sull’ideologia federativa degli anarchici. Ciò dimostra anche che i movimenti sociali, in Spagna, non hanno avuto la forza di superare la fase della rivolta e di giungere a quella della rivoluzione e che, lasciato a se stesso, il proletariato spagnolo non può creare organizzazioni che non si distacchino dal meccanismo della lotta di classe, non importa quanto violente possano essere le esplosioni sociali. Non saranno i fucili dei proletari che permetteranno loro di superare i veri ostacoli alla fondazione di un partito di classe, così come la borghesia non è mai riuscita a risolvere i contrasti del suo meccanismo economico e la sua impotenza, per raggiungere una centralizzazione equilibrata della sua economia, se non attraverso la violenza e la centralizzazione dei mezzi militari. Il proletariato spagnolo deve ricevere l’aiuto dei proletari più avanzati che, senza aver sperimentato tutte le esplosioni sociali che ha vissuto durante un secolo, hanno saputo, nonostante tutto, nelle condizioni più favorevoli della lotta di classe, acquisire una visione programmatica degli strumenti e delle posizioni che possono condurre il proletariato mondiale alla sua emancipazione. »
Ancora una volta sottolineiamo il valore di questa concezione puramente marxista della realtà storica della Spagna : bisogna tener conto che sia dal POUM che dalla CNT l’affermazione era la stessa : in Spagna la classe proletaria si trovava in un paese non capitalista e il predominio libertario sul terreno sindacale e politico esprimeva questa singolarità. Inoltre, questo fenomeno ha dato la propria impronta alla lotta proletaria in Spagna, che non poteva essere assimilata a quella di nessun altro paese e che richiedeva, quindi, di essere valorizzata nelle sue aspettative e risultati in modo diverso rispetto ad altri paesi. Le posizioni della Frazione mostrano quindi che non è stato il marxismo a fallire nel valutare la realtà spagnola, a fallire sono stati i partiti e le correnti che lo sostenevano solo a parole ma che erano passati in blocco nel campo opportunista.
Il significato del colpo di Stato del 1936 e la risposta proletaria
Per la Frazione, il “fallimento” che di solito viene attribuito alla Seconda Repubblica, sia per la sua incapacità di realizzare le riforme promesse sia per fermare la minaccia reazionaria concentrata nell’esercito e nei settori più reazionari della borghesia, non è tale : la Repubblica ha mostrato, come anni prima in Italia o in Germania, l’incapacità della forma democratica di risolvere le convulsioni sociali che la crisi capitalista aveva aperto. Questa incapacità, infatti, non fu caratterizzata da un comportamento benevolo o addirittura neutrale nei confronti della classe proletaria, ma da una sanguinosa repressione di ogni episodio della lotta operaia che spaventava la classe borghese. Così è avvenuto con la repressione dei lavoratori giornalieri a Casas Viejas (1932), Bajo Llobregat (1933), Asturie (1934), ecc.
Mentre il trattamento riservato ai diversi tentativi di rivolta antirepubblicana è stato, ora, condiscendente.
Per la Frazione :
« […] nulla di essenziale poteva essere modificato dalla Repubblica del 1931, che aveva soprattutto l’obiettivo di permettere al capitalismo spagnolo di resistere il più possibile all’assalto delle forze produttive e allo scoppio delle sue particolari contraddizioni. Ci sembra che la caratteristica essenziale di quest’epoca sia la seguente : attraverso la sinistra borghese, con l’appoggio dell’UGT, che si è opposta agli scioperi e li ha sabotati, la borghesia reprime le irruzioni proletarie e contadine, abbinando alla manovra democratica una sanguinosa repressione, il cui nuovo strumento sarà la Guardia d’assalto formata dalla Repubblica spagnola. »
Nemmeno in campo economico e sulla costituzione giuridica dello Stato, la Repubblica aveva nulla da offrire. Sul problema scottante della terra, sulla “fame di terra” che colpiva il proletariato agrario o sulle miserabili condizioni di vita dei piccoli proprietari terrieri che a malapena raggiungevano il livello minimo di sussistenza, i governi repubblicani non potevano far altro che fare false promesse : non era un problema di distribuzione delle terre, afferma la Frazione, ma di aratura, di industrializzazione agricola : le scarse possibilità delle terre, vera fonte di povertà agraria in un paese la cui borghesia non investiva capitali per migliorarle, non potevano essere risolta se non contro quella borghesia e non cercando un accordo per la cessione delle terre in cambio di un compenso, come intendeva la legge di riforma agraria del 1931.
Per quanto riguarda le tensioni nazionaliste che dal 1910 avevano colpito regioni come la Catalogna o i Paesi Baschi, per la Frazione non era, ancora una volta, un problema risolvibile dalla borghesia spagnola, qualunque fosse la sua forma di governo, per il semplice fatto che erano “espressioni irrisolvibili delle contraddizioni inerenti alla struttura della società capitalista spagnola”, sviluppata in termini industriali nella periferia e stagnante negli altipiani interni. La Repubblica, espressione politica della crisi economica del capitalismo spagnolo, non poteva risolvere un problema che proprio la sua crisi avrebbe esacerbato e al quale si interessavano le fazioni borghesi periferiche perché permetteva loro, attraverso l’esacerbazione nazionalista, di tenersi stretto il proletariato locale.
Pertanto, la crisi della Repubblica, per la Frazione, era impossibile da risolvere perché né la Repubblica stessa costituiva una pietra miliare della rivoluzione borghese imminente (cosa ampiamente smentita nella polemica con i trotskisti), né la classe proletaria poteva fermare la sua lotta in difesa delle proprie immediate condizioni di esistenza, né la borghesia di reprimerle con tutta la forza necessaria. La forma di governo repubblicana, che era stata una transazione tra gli alti rappresentanti della borghesia e i dirigenti della piccola borghesia urbana alleati del PSOE, dell’UGT e della CNT, non poteva essere altro che una soluzione molto limitata anche nel tempo. Ma la grande crisi del momento non era quella della classe borghese e del suo Stato, che si sarebbe ripresa rapidamente accettando una soluzione militare come quella del 1923, ma quella della classe proletaria, che non poteva contare sul partito di classe perché il partito non esisteva.
« […] Poiché i movimenti sociali non hanno la forza di fermentare una visione finalista degli obiettivi proletari, e poiché non trovano un intervento comunista orientato in quella direzione, cadranno definitivamente nell’orbita dello sviluppo capitalistico […]. »
Come dire che il movimento di classe, che nei primi anni della sua esistenza aveva raggiunto una forza capace di mettere in scacco lo Stato repubblicano, non poteva non finire per costituire l’appoggio dell’una o dell’altra delle fazioni in lotta della borghesia stessa. Il che, dopo il 1934, fallito il movimento d’Ottobre, significò la sua cooptazione da parte del movimento antifascista guidato dalla piccola borghesia repubblicana e dal PSOE con l’appoggio di tutte le correnti della sinistra operaia, dalla CNT alla BOC e la Sinistra Comunista di Andrés Nin. È stato il trionfo del Fronte popolare, parola d’ordine lanciata da Mosca e sostenuta dalle socialdemocrazie di tutti i paesi, che ha accelerato l’alleanza definitiva con le correnti borghesi di sinistra.
Nel febbraio 1936, tutte le forze che operavano all’interno del proletariato erano allineate attorno ad un unico orientamento : la necessità di ottenere la vittoria del Fronte Popolare per liberarsi del dominio della destra e ottenere l’amnistia [riferendosi all’amnistia per i lavoratori sollevatisi in armi nel 1934]. Dalla socialdemocrazia al centrismo, dalla CNT al POUM, senza dimenticare i partiti della sinistra repubblicana, tutti furono d’accordo nel condurre l’esplosione dei conflitti di classe nell’arena parlamentare. In questa convergenza era già scritta in lettere luminose la bancarotta degli anarchici e del POUM, così come la funzione reale di tutte le forze democratiche del capitalismo. Il governo Azaña prima e quello di Quiroga poi si trovarono messi alle strette dovendo immediatamente attaccare un proletariato che, sia nelle città che nei campi, cercava di far valere le sue rivendicazioni di classe.
« […] Il Fronte Popolare garantirà la dispersione dei movimenti di massa, consentendo allo stesso tempo la preparazione del colpo di stato militare, che avrà cura, a sua volta, di collegarsi alle reazioni sociali provocate dalla repressione messa in atto dal Fronte. »
A quel punto, sostiene la Frazione, la borghesia è pienamente consapevole che non potrà liquidare il conflitto operaio se non attraverso un attacco diretto ai proletari. Il Fronte Popolare, collegando l’UGT e la CNT agli obiettivi del governo, riesce a impedire diversi movimenti di protesta, come quello degli yunteros dell’Estremadura (contadini senza terra ma con attrezzi agricoli di loro proprietà) o quello degli operai edili a Madrid (uno sciopero quasi insurrezionale nel cui contesto si svolgono i prolegomeni diretti all’insurrezione militare) rimangono isolati e non ricevono la solidarietà del resto del proletariato spagnolo. Ma non può impedire che si verifichino, non può contenere l’ondata di movimenti di sciopero che si manifesta ovunque. In pratica reprime e isola, aspettando che l’ultima parola la dia l’esercito.
Il 17 luglio ha avuto luogo l’atteso colpo di stato militare. Ma quello che si pensava fosse un pronunciamento simile a quelli della storia recente della Spagna (accantonamento delle truppe, assalto al potere civile, repressione limitata dei leader rivali e formazione di un governo di unità nazionale che apriva le porte a una molto più ampia ed estesa repressione nel tempo) fallisce a causa dell’azione del proletariato in armi, che rompe con la disciplina delle sue organizzazioni, si organizza attorno ai settori più determinati e frena l’azione dei militari nelle strade. La cronologia degli eventi, a partire da questo momento e come riportato dalla stampa della Frazione, riflette lo sforzo continuo da parte degli organi statali borghesi (Generalitat della Catalogna, il governo regionale, e lo Stato centrale), con l’aiuto delle direzioni sindacali della UGT e della CNT, per assorbire quanto l’azione proletaria imponeva con la forza dei fatti. Per facilitare questo fatto, per porre fine alla forza che la classe operaia aveva dimostrato negli avvenimenti del 19 luglio, è stata organizzata la formazione di colonne di miliziani partite da Barcellona verso Saragozza e da Madrid verso Guadarrama e Guadalajara, zone controllate dall’esercito ribelle. L’obiettivo era chiaro : i proletari che erano riusciti a sconfiggere l’esercito e che per diversi giorni avevano controllato la situazione nelle due principali città del paese, dovevano essere evacuati da queste, con il pretesto di “attaccare il fascismo” lasciando via libera alle forze repubblicane perché si radunassero e preparassero il contrattacco.
Si delineano così i contorni precisi dell’attacco generale del capitalismo spagnolo. Nelle regioni agricole, dove la repressione del Fronte Popolare ha già avuto luogo e dove non esiste un proletariato numeroso e potente, il problema agrario sarà risolto attraverso. la repressione feroce e sanguinosa di Franco che, da questo punto di vista, non dovrà invidiare Mussolini e Hitler.
Nei centri industriali, e soprattutto in Catalogna, dove il problema agrario non si pone, il proletariato deve essere affrontato in modo indiretto, lanciandolo in un’imboscata militare che disintegra il suo fronte interno, per annientarlo ad ogni costo. A Madrid se ne occuperà il Fronte Popolare. In Catalogna, la Generalitat riuscirà, attraverso concessioni formali e non sostanziali nel campo della gestione economica e della leadership politica, a superare la faida tra la CNT e il POUM, partito opportunista del Bureau di Londra, di cui uno dei leader, l’ex trotskista Nin è oggi ministro della Giustizia [in realtà era Consigliere della Giustizia alla Generalitat, non ministro]
« […] Dato che a Barcellona e in tutta la Spagna gli operai, dopo il febbraio 1936, erano stati indotti a considerare il Fronte popolare come un alleato sicuro, quando scesero in piazza il 19 luglio non poterono puntare le armi nella direzione che avrebbe permesso loro di distruggere lo Stato capitalista e di sconfiggere Franco. Lasciano i Giral di Madrid e i Companys di Barcellona alla guida dell’apparato statale, accontentandosi di bruciare chiese e ripulire istituzioni capitaliste come la Sicurezza, la Polizia, la Guardia Civile e la Guardia d’Assalto. Espropriano i rami fondamentali della produzione della Catalogna, ma l’apparato bancario rimane intatto e continua il suo precedente funzionamento capitalista. »
La “rivoluzione spagnola” fu, quindi, per la Frazione, essenzialmente la storia del trionfo della reazione. Sebbene la borghesia sia stata sopraffatta in un primo momento da una reazione inaspettata da parte dei proletari delle principali città, non ha mai dubitato della forza che ancora conservava per riuscire a sottometterli nuovamente : l’alleanza antifascista, la politica di collaborazione tra le classi imposta dal Fronte Popolare e, attraverso la direzione delle sue organizzazioni, accettate anche da quelle più determinate alla lotta proletaria, ha avuto bisogno solo di tempo per essere nuovamente imposto. E così è stato.
Con i principali dirigenti sindacali fuori Barcellona e Madrid, seguiti da decine di migliaia di proletari rivoluzionari che si lasciavano sedurre dal fatto di avere un fucile in mano e davanti a sé un nemico contro cui sparare (quando il fucile aveva senso nelle retrovie e contro il nemico che si lasciavano alle spalle), la borghesia ha potuto sopportare l’assassinio di alcune decine dei suoi membri e altre brutalità come l’eliminazione del clero... con tutto questo, ne erano sicuri, i proletari si erano sfogati e avevano esaurito un odio di classe che così non poteva essere diretto contro il potere borghese.
Da questo punto, che la maggioranza della Frazione considera irrevocabile nel senso che, nonostante la violenza degli avvenimenti, ha legato definitivamente i proletari su posizioni interclassiste e alla difesa dello Stato borghese qualunque sia la sua forma, per la Frazione i campi sono completamente definiti e non corrispondono ai limiti dei fronti militari : sia il POUM che la CNT, che pretendono di condurre una rivoluzione al pari di quella russa del 1917, sono organizzazioni che collaborano con la classe borghese e sotto la cui responsabilità preparano la sconfitta e successivo massacro del proletariato. Per questo la loro lotta principale, privata di ogni capacità di intervento sugli eventi, è consistita nella demolizione critica della farsa secondo cui il proletariato, in Spagna, aveva preso il potere o era sul punto di prenderlo. Valutando come la lotta proletaria sia arrivata anche al livello della lotta armata in difesa delle posizioni democratiche e antifasciste imposte dalla classe borghese, la Frazione nega che questa forza armata rappresenti un passo avanti nelle possibilità rivoluzionarie del proletariato, sottolineandone così la tragica assenza di un partito di classe da cui avevano già messo in guardia nel 1931.
Il significato delle nuove istituzioni “rivoluzionarie”
La parola d’ordine difesa dagli anarchici della CNT-FAI e del POUM è che le nuove istituzioni create sotto il fuoco degli scontri con l’esercito costituiscono gli organi di governo del proletariato (CNT) o organismi del doppio potere suscettibili di trasformarsi in organi della dittatura di classe. Si tenga presente che entrambe le organizzazioni, insieme al PSOE e all’UGT, hanno partecipato ai governi regionali e nazionali di Catalogna e di Spagna, quindi la loro idea di potere rivoluzionario era totalmente insostenibile fin dall’inizio.
La principale di queste istituzioni era il Comitato delle Milizie Antifasciste, un organismo creato in Catalogna come raggruppamento di tutte le forze antifasciste che conferiva alla precedente alleanza del Fronte popolare un carattere falsamente insurrezionale. La sua funzione era quella di dirigere la guerra e controllare le retrovie e durerà solo fino a quando non sarà espletata la sua funzione fondamentale, quella di neutralizzare i proletari armati (settembre 1936, quando la CNT entrerà nel governo spagnolo).
« Il Comitato Centrale delle Milizie rappresenterà l’arma, ispirata al capitalismo, per trascinare i proletari, attraverso l’organizzazione delle milizie, lontano dalle loro città e paesi, verso i fronti militari dove saranno massacrati senza pietà. Sarà l’organismo che riporterà l’ordine in Catalogna, non a favore dei lavoratori, ma contro di loro, una volta dispersi sui fronti. È vero che l’Esercito regolare è stato praticamente sciolto, ma verrà gradualmente ricostruito con le colonne di miliziani il cui Stato Maggiore continuerà ad essere chiaramente borghese […] Le colonne saranno volontarie e potranno continuare ad esserlo fino al momento in cui riappariranno l’ebbrezza e l’illusione della rivoluzione e della realtà capitalista. »
Successivamente, al di là della direzione di questo “esercito di miliziani”, la Frazione rivolge la sua critica all’esistenza stessa di quelle colonne di miliziani che avanzavano dalle città in cui i proletari avevano impedito il colpo di stato militare verso le zone cadute nelle mani dell’esercito. Furono uno dei fenomeni più caratteristici del periodo, soprattutto perché, sulla loro scia e dato che erano guidati essenzialmente dal sindacato CNT e dall’organizzazione anarchica FAI, imposero il famoso “comunismo libertario”, basato sulla collettivizzazione dei villaggi conquistati e sulla sostituzione dei Consigli Comunali con Comitati operai. Si tenga presente che, mentre queste colonne avanzavano verso Saragozza o Teruel, l’ordine militare lanciato dagli anarchici o dal POUM riguardo le zone dove l’esercito ribelle avanzava sterminando i proletari delle campagne (Andalusia, Estremadura, ecc.) era stato la passività più assoluta. La politica militare della “Rivoluzione spagnola” non è mai stata intesa a costituire un esercito rosso, ma piuttosto a impedirne la formazione.
« Lungi dal poter costituire l'embrione di un Esercito Rosso, le colonne si formeranno in un campo e sotto una direzione che non sia quella del proletariato ; altrimenti sarebbe stato necessario prendere il potere, distruggendo lo Stato capitalista, o, almeno, che i lavoratori rivolgessero le loro armi contro quello Stato. Le colonne della milizia non sono state create per quello scopo […] I lavoratori armati sono stati portati all’antifascismo e non alla lotta contro ogni forma di capitalismo. In tali condizioni, tutte le forme democratiche che, in un primo momento, si manifestarono tra le colonne, non avevano che un’importanza insignificante. Ciò che contava era la direzione seguita dalle milizie, e questa era chiaramente quella del Fronte Popolare, poiché la lotta antifascista rispettava gli organi di dominio del capitalismo, anzi li rafforzava, attraverso l’appoggio fornito dagli anarchici e dal POUM quando essi entravano nei ministeri.
« […] In breve, se il grosso dell’Esercito regolare si è allineato con Franco, il Fronte Popolare e i suoi alleati, attraverso l’organizzazione delle milizie, hanno cercato di spingere gli operai, dal livello della lotta sociale a quello della costituzione del un nuovo esercito regolare. Questo spiega perché gli operai, nonostante il loro coraggio, furono schiacciati. »
Il potere politico della borghesia, di fronte alla minaccia della sua scomparsa, si concentra in una forza puramente militare. Il Comitato delle Milizie, organo di governo in contumacia delle istituzioni tradizionali, è un comitato che vincola militarmente tutte le organizzazioni, che sottopone i proletari al più severo regime militare, anche se non può imporlo in ogni momento. I proletari si mobilitano, vengono disciplinati fuori della città, lontano dal centro del potere borghese e sono abbandonati a una lotta di logoramento che non potrebbero in alcun modo vincere. Una volta vinto con questo trucco, il potere borghese tradizionale e non eccezionale viene lentamente ricostituito. Prima gli organi fondamentali, il governo e uno pseudo parlamento. Poi gli accessori, le organizzazioni repressive come la polizia, ecc. che ora si definiscono “sotto controllo antifascista”. Infine, si delimitano i termini per lo scontro definitivo contro i resti di un proletariato irredento, organizzato attorno a comitati di quartiere, ecc. e per la liquidazione anche dei suoi rappresentanti, anche se hanno ceduto alla borghesia.
Chiariti questi punti, la Frazione passa a combattere, sempre sul terreno della critica dato il suo terribile isolamento, l’altro grande mito della “rivoluzione spagnola” : l’autogestione operaia, il potere dei lavoratori sulla produzione. Come è noto, alla vittoria sull’esercito seguì la presa delle fabbriche da parte dei comitati operai e la loro messa “al servizio della rivoluzione”. Fu un fenomeno diffuso che comportò l’esproprio di buona parte della borghesia che o fuggì o fu fucilata o accettò rassegnata. Là dove si formarono questi comitati, la UGT e la CNT presero presto il controllo, imponendo in collaborazione con lo Stato una legislazione del lavoro che inizialmente era favorevole ai proletari, ma divenne lentamente una disciplina tipica dell’economia di guerra.
« Immediatamente soffocati, i comitati di fabbrica, così come i comitati di controllo sorti nelle aziende nelle quali (in considerazione del capitale internazionale o per altri motivi) non era stato effettuato l’esproprio, divennero gli organi incaricati di rilanciare la produzione, deformando così il suo significato di classe. Non si trattava di organizzazioni create, durante uno sciopero insurrezionale, per rovesciare lo Stato, ma piuttosto di organismi orientati all’organizzazione della guerra, condizione essenziale per consentirne la sopravvivenza e il rafforzamento. Così, immediatamente controllati dai sindacati, che dall’11 agosto li mobilitarono per la guerra antifascista, i comitati di fabbrica furono sottoposti al Consiglio economico, che, secondo il decreto ufficiale, era “l’organo deliberativo, per stabilire accordi in materia economica” […].
« D’ora in poi, gli operai, che credevano di aver conquistato le fabbriche senza distruggere lo Stato capitalista, ne diventeranno prigionieri e presto, in ottobre, con il pretesto di lavorare per, vincere la guerra, sulla via di una nuova era. , gli operai industriali saranno militarizzati. »
Conclusione
L’analisi della Frazione sugli eventi in Spagna è, in termini di profondità, disomogenea nel tempo. Dal 1930 al 1936, cioè il periodo che va dalla caduta della dittatura all’inizio della guerra, la Frazione sviluppò i suoi lavori migliori e più profondi sia sui problemi centrali della rivoluzione proletaria (questione del partito, dell' azione, delle parole d’ordine democratiche, ecc.), nonché sulla storia del paese e sulla formazione delle diverse correnti operaie (socialdemocratica, anarchica e stalinista, fondamentalmente). Dal 1937 al 1939 cambiano le caratteristiche del lavoro della Frazione : quell’analisi dettagliata dei fatti, quella capacità di collegarli al passato e al futuro della lotta di classe proletaria, che è così presente nei primi articoli, non si vede più. Invece, senza smettere di avere articoli di attualità, Prometeo e Bilan pubblicano più materiale sulle controversie con altre correnti (la Lega Comunista Belga, soprattutto), o sui riavvicinamenti (Gruppo dei Lavoratori Marxisti del Messico). Non va ignorato che negli ultimi mesi del 1936 si verificò la rottura della Frazione tra la minoranza “interventista” e la maggioranza, cosa che senza dubbio dovette influenzare le capacità della Frazione. Colpisce, in ogni caso, che se dal 1930 al 1936 la Frazione seppe dare una visione estremamente realistica di ciò che accadeva e prevedere gli eventi futuri, dal 1937, proprio quando la repressione controrivoluzionaria in Spagna acquistò una forza che solo la Frazione aveva anticipato, appare un solo testo di un certo significato (Piombo, schegge e prigione : così risponde il Fronte Popolare agli operai di Barcellona, che riprodurremo in seguito) e bisognerà attendere i lavori di un elemento vicino alla Frazione, militante della Lega comunista belga, per tornare a vedere un approfondimento su quanto stava accadendo. Consultando i testi di Prometeo, potremo dare in seguito una visione più completa delle posizioni prese dalla Frazione nel 1937 e nel 1938.
(*) In un altro articolo intitolato Sulla via del “partito compatto e potente” di domani, pubblicato in quattro puntate ne “il programma comunista” nn. 18, 19, 20 e 22 del 1977, si fa un breve referimento alla Frazione del PCd’I all’estero nella seconda puntata (n. 19).
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